Quando è valido l'accertamento parziale

l’accertamento parziale è possibile se risulta fondato su elementi acquisiti in esito all’istruttoria su soggetti terzi estranei all’amministrazione finanziaria procedente; tali elementi devono essere idonei autonomamente a motivare l’atto impositivo

giudice2-immagineABSTRACT

La suprema Corte di Cassazione disegna la geografia di applicazione dell’accertamento parziale stabilendo che tale metodo di accertamento è legittimo unicamente se la motivazione dell’atto impositivo risulti fondata su elementi segnalati da fonti esterne all’amministrazione finanziaria procedente che siano idonei all’immediata utilizzabilità ai fini dell’azione di accertamento.

Dall’interpretazione fornita dai supremi giudici ne deriva l’illegittimità di quegli accertamenti parziali fondati su motivazioni risultanti in esito ad attività istruttorie elaborate dall’Agenzia delle Entrate che non si risolvano nel mero recepimento delle segnalazioni esterne a cui fa riferimento la norma.

COMMENTO

L’accertamento parziale è possibile unicamente se risulta fondato esclusivamente su elementi acquisiti in esito all’istruttoria di terzi enti estranei all’amministrazione finanziaria procedente, idonei autonomamente a motivare l’atto impositivo.

E’ questa la sintesi interpretativa fornita dalla Cassazione con la sentenza n. 2633 del 10 febbraio 2016.

L’accertamento parziale ex art 41 bis del DPR 600/73 ed ex art. 54 comma 5 del DPR 633/72, si fonda sul presupposto che gli elementi a base dell’atto impositivo provengano da enti esterni all’amministrazione finanziaria procedente. Non rileva quindi il grado di certezza degli elementi probatori segnalati che possono avere anche natura analitica o induttiva. Il presupposto dell’accertamento parziale consiste nell’aspetto formale della procedura di accertamento che deve risultare radicata, esclusivamente, sugli elementi segnalati da organi od enti distinti ed esterni all’amministrazione finanziaria procedente, attraverso una sorta di automatismo di recepimento degli stessi nell’atto impositivo in assenza dell’esercizio di un’ulteriore attività valutativa rispetto a quella che si deve risolvere nel fare proprio il contenuto della segnalazione.

In altri termini, la legittimità dell’atto di accertamento parziale deve essere verificata non con riferimento alla certezza e determinatezza delle prove a fondamento della pretesa tributaria, ma dalla possibile utilizzazione immediata degli elementi contestati di fonte esterna all’amministrazione procedente.

Ne deriva che risultano non superare il dettato normativo tutti quegli accertamenti di tipo parziale che si fondano su elementi probatori in esito ad attività istruttorie effettuate dalla stessa amministrazione finanziaria procedente.

Sarà quindi legittimo l’atto di accertamento “parziale” emesso dall’Agenzia delle entrate sulla base degli elementi segnalati dalla Guardia di Finanza e contenuti nel PVC, ma non anche l’atto di accertamento “parziale” radicato su elementi probatori e motivazioni generate in esito ad un’attività istruttoria elaborata dalla stessa Agenzia.

Peraltro, la segnalazione da parte dell’entità estranea all’ufficio procedente deve essere di una latitudine tale da essere idonea autonomamente a fondare l’azione di accertamento. Laddove la stessa sia acquisita dall’ufficio per l’esercizio di un’ulteriore attività istruttoria di valutazione della posizione fiscale del contribuente, l’atto di accertamento parziale è illegittimo dovendo l’amministrazione finanziaria procedere con l’accertamento ordinario e generale del rapporto tributario che interessa il contribuente.

Il presupposto dell’accertamento parziale, afferma la Cassazione, non è quello del notevole grado di certezza degli elementi segnalati, ma è esclusivamente il dato formale estrinseco che la comunicazione degli elementi a fondamento della pretesa provengano da organi od enti distinti ed esterni dall’amministrazione finanziaria procedente, indipendentemente dalla maggiore o minore complessità delle indagini che hanno portato alla acquisizione di tali elementi.

Tuttavia, precisa la suprema Corte, le attività istruttorie esterne devono dare contezza della sussistenza, a qualsiasi titolo, di attendibili posizioni debitorie e non devono quindi richiedere, in ragione della loro oggettiva consistenza, l’esercizio di una valutazione ulteriore (dell’ufficio procedente) rispetto all’attività che si risolve nel recepire e fare proprio il contenuto delle segnalazioni.

In conclusione la legittimità dell’accertamento parziale è subordinata alla verificata provenienza esterna della segnalazione e dalla consistenza della stessa che deve consentire la sua immediata utilizzabilità ai fini della formazione dell’atto impositivo.

Infine, e a completamento, si rileva che dal dettato normativo l’elemento presupposto dell’atto di accertamento parziale deve provenire in esito alle attività istruttorie da indagini finanziarie, da quelle effettuate dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla Guardia di Finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici ovvero dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria.

Se sulla base di tali segnalazioni ed elementi risulta possibile accertare, “immediatamente e senza ulteriore attività istruttoria valutativa da parte dell’ufficio procedente”, una maggiore imposta l’Agenzia delle Entrate potrà adottare la procedura dell’accertamento parziale.

NORMA

Art. 41 bis del DPR 600/73

Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall’articolo 43, i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dalle attività istruttorie di cui all’articolo 32, primo comma, numeri da 1) a 4), nonchè dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, compresi i redditi da partecipazioni in società, associazioni ed imprese di cui all’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o l’esistenza di deduzioni, esenzioni ed agevolazioni in tutto o in parte non spettanti, nonchè l’esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter, possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili, ovvero la maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218. Non si applica la disposizione dell’articolo 44.

Art. 51 comma 5 del DPR 633/72

Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall’articolo 57, i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dalle attività istruttorie di cui all’articolo 51, secondo comma, numeri da 1) a 4), nonchè dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di corrispettivi o di imposta in tutto o in parte non dichiarati o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l’imposta o la maggiore imposta dovuta o il minor credito spettante, nonchè l’imposta o la maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all’articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

SENTENZA CASSAZIONE

CASS. 10 FEBBRAIO 2016 N. 2633 – Estratto

L’accertamento parziale è strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile laddove le attività istruttorie diano contezza della sussistenza a qualsiasi titolo di attendibili posizione debitorie e non richiedano perciò, in ragione della loro oggettiva consistenza, l’esercizio di una valutazione ulteriore rispetto all’attività che si risolve nel recepire e fare proprio il contenuto della segnalazione (Cass. n. 27323/2014).

Questo porta anche a sottolineare, nel confronto con gli altri strumenti accertativi di cui dispone l’amministrazione, che, rispetto all’accertamento che ha luogo nelle forme ordinarie, sia esso analitico o induttivo, l’accertamento parziale, pur potendo fare perno sulle medesime acquisizioni istruttorie che sono talora alla radice del primo, risulta tuttavia qualitativamente diverso, poiché esso si vale, come si è affermato (Cass. n. 13799/14), di una sorta di “automatismo argomentativo” indotto da quelle fonti di conoscenza, per modo che il confezionamento dell’atto risulta possibile sulla base della sola segnalazione, senza che si renda necessario perciò dar corso ad ulteriori attività di approfondimento che sono appannaggio di regola degli accertamenti più complessi.

Il presupposto dell’accertamento parziale non è dunque quello del “notevole grado di certezza degli elementi segnalati”, come affermato dalla CTR, ma è esclusivamente il dato formale estrinseco che la comunicazione degli elementi a fondamento della pretesa provengano da organi od enti distinti ed esterni dall’Amministrazione finanziaria procedente, indipendentemente dalla maggiore o minore complessità delle indagini che hanno portato alla acquisizione di tali elementi. E’ stato a questo proposito affermato che in tema di accertamento dell’IVA, l’Ufficio ha facoltà di procedere all’accertamento parziale, previsto dall’art. 54, comma quinto, del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, quando ad esso pervenga una segnalazione della Guardia di finanza che fornisca elementi idonei a far ritenere la sussistenza di introiti non dichiarati, non essendo l’utilizzazione di tale strumento subordinata ad una particolare semplicità delle indagini compiute. (Cass. 13 febbraio 2009, n. 3566; 19 ottobre 2007, n. 21941; 12 maggio 2006, n. 11057).

2 maggio 2016

Mario Agostinelli