Un ripasso sul problema della continuità aziendale (going concern)

Ripasso delle problematiche che coivolgono il principio di continutà aziendale: i casi in cui va valutata la continuità, un ripasso dei principali indicatori, la scelta/obbligo della liquidazione.

La continuità aziendale – Premessa generale

il principio di continuità aziendale o going concernCome noto la continuità aziendale è il principio base previsto dal codice civile per la redazione del bilancio di esercizio delle imprese in funzionamento.

L’art. 2423-bis c.c. dispone, infatti, che

“la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività”

e la mancanza del requisito in oggetto comporta che il bilancio non possa più essere redatto seguendo i principi di funzionamento, ma applicando i criteri di liquidazione, ossia di realizzo delle attività ed estinzione delle passività.

Nota: se viene meno il presupposto della continuità aziendale (going concern), occorre adottare i cd. criteri di liquidazione per la valutazione delle attività e passività (capitale di liquidazione), in quanto la finalità perseguita non è più il normale funzionamento, ma la disgregazione del complesso aziendale.

Il presupposto della continuità aziendale si manifesta pertanto quando l’impresa è in grado di continuare la propria esistenza operativa per un futuro prevedibile.

In conclusione, secondo quanto disposto dai principi contabili Internazionali (IAS 1) e dall’art. 2423-bis c.c., la direzione aziendale deve effettuare una precisa valutazione sulle capacità dell’impresa di continuare ad operare nel futuro nel presupposto che l’azienda possa normalmente proseguire la sua attività senza adire ad ipotetiche procedure di liquidazione o procedure concorsuali.

 

La continuità aziendale: focus sugli aspetti principali

Gli amministratori e i revisori devono dimostrare e verificare che le prospettive future non siano tali da compromettere il requisito della continuità aziendale e, quindi, la redazione dei bilanci secondo gli ordinari principi (costo storico).

Nota: un’impresa si può definire in continuità aziendale quando attraverso la propria attività risulta in grado di soddisfare i seguenti requisiti:

  1. soddisfare le aspettative dei soggetti che apportano capitale di rischio e dei prestatori di lavoro;
  2. mantenere l’equilibrio economico della gestione ovvero di conseguire un ammontare di ricavi almeno equiparato ai costi sostenuti;
  3. soddisfare l’equilibrio finanziario della gestione ovvero riuscire a far fronte alle uscite con le entrate monetarie.

 

Going concern: normativa di riferimento

1) IAS 1: a livello internazionale il going concern è regolato dal principio contabile IAS 1 che recita:

“nel processo di redazione del bilancio, sia valutata la continuità aziendale, ossia la capacità dell’impresa di continuare ad operare come entità in funzionamento”. La verifica del presupposto del going concern necessita di tutte le informazioni disponibili, relative ad un orizzonte temporale di almeno 12 mesi.

2) art. 2423 c.c.: dispone che

“la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato”.

 

La verifica della continuità aziendale

la verifica della continuità aziendaleAl fine di verificare il principio della continuità aziendale, alla luce del documento della Fondazione Nazionale dei Commercialisti emanato il 15 ottobre 2015, risulta utile applicare quanto riportato nella seguente tabella operativa:

  1. Principio di revisione n. 570;
  2. Analisi del margine di struttura;
  3. Trend di alcuni indicatori altamente significativi (MOL, ROI, ROD…);
  4. Rischio operativo e finanziario.

Gli indici che occorre tenere in considerazione ai fini del principio della continuità aziendale appartengono a variegate tipologie ovvero

– Indicatori finanziari

a) situazione di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo;

b) prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano prospettive di rinnovo o di rimborso ovvero eccessiva presenza di prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine;

c) indicazioni di cessazione del sostegno finanziario da parte dei creditori/finanziatori;

d) bilanci storici o in prospettiva che mostrano cash flow negativi (gestione della liquidità delle aziende con lo scopo di indicare le variazioni positive e negative della liquidità con riferimento ad un determinato periodo di tempo);

e) principali indici economico-finanziari negativi;

f) consistenti perdite operative e perdite di valore delle attività;

g) mancanza o discontinuità nella distribuzione dei dividendi;

h) incapacità di saldare i debiti alla scadenza;

i) incapacità nel rispettare le clausole contrattuali dei prestiti;

l) cambiamento delle forme di pagamento concesse dai fornitori dalla condizione “a credito” alla condizione “pagamento alla consegna”;

m) incapacità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di nuovi prodotti ovvero per altri investimenti necessari.

– Indicatori gestionali

a) perdita di amministratori o di dirigenti chiave senza riuscire a sostituirli;

b) perdita di mercati fondamentali, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori importanti;

c) difficoltà nell’organico del personale o difficoltà nel mantenere il normale flusso di approvvigionamento da importanti fornitori.

– Altri indicatori

a) capitale ridotto al di sotto dei limiti legali o non conformità ad altre norme di legge;

b) contenziosi legali e fiscali che, in caso di perdita in giudizio, potrebbero comportare obblighi di risarcimento che l’impresa non è in grado di rispettare;

c) modifiche legislative o politiche governative dalle quali si attendono effetti sfavorevoli all’impresa.

 

La valutazione della continuità aziendale: le possibili situazioni

Relativamente al presupposto della continuità aziendale gli Amministratori possono identificare tre diverse situazioni:

1) ragionevole aspettativa che la società continuerà con la sua esistenza operativa in un futuro prevedibile e quindi predisporre in tal senso il bilancio da approvare;

2) presenza di elementi che possono far sorgere dubbi di lieve entità sulla capacità della società di continuare la propria operatività per un prevedibile futuro e procedere comunque alla redazione del bilancio in presenza della continuità aziendale;

3) verificare la presenza di una improbabile/remota possibilità che la società continui la propria esistenza in un futuro prevedibile e quindi non redigere il bilancio sul presupposto della continuità aziendale.

Nota: nella ipotesi di cui al punto 2 le motivazioni devono essere descritte nella relazione sulla gestione con le modalità che gli Amministratori intendono adottare per far fronte alle difficoltà riscontrate; in presenza invece del punto 3 occorre esplicitare i motivi nella nota integrativa con la descrizione delle motivazioni che hanno indotto alla redazione del bilancio in assenza del presupposto della continuità aziendale.

Il Documento della Fondazione Nazionale dei Commercialisti chiarisce che nella valutazione della continuità aziendale i redattori del bilancio possono doversi confrontare con specifiche cause che, pur avendo effetti deleteri per il patrimonio aziendale , non trovano la loro origine nel principio del Going concern (ad esempio la sopravvenuta impossibilità a conseguire l’oggetto sociale, il decorso della durata della società, l’inattività dell’assemblea…); tali casi infatti possono manifestarsi anche in condizioni di equilibrio gestionale.

Nota: una causa invece tipica di mancanza del presupposto della continuità aziendale è rappresentato dalla presenza di perdite che riducono il capitale sociale al di sotto del minimo di legge ovvero che comportano l’azzeramento di tutto il capitale in mancanza di ricostituzione delle stesse.

 

Assenza del presupposto della continuità aziendale e criteri di valutazione del bilancio

L’art. 2490 c.c. dispone che:

“I liquidatori devono redigere il bilancio e presentarlo, alle scadenze previste per il bilancio di esercizio della società, per l’approvazione all’assemblea o, nel caso previsto dal terzo comma dell’articolo 2479, ai soci”.

Nella relazione i liquidatori devono illustrare l’andamento, le prospettive, anche temporali, della liquidazione, ed i principi e criteri adottati per realizzarla e nella nota integrativa i liquidatori debbono indicare e motivare i criteri di valutazione adottati.

Nel primo bilancio successivo alla loro nomina i liquidatori devono indicare le variazioni nei criteri di valutazione adottati rispetto all’ultimo bilancio approvato, e le ragioni e conseguenze di tali variazioni.

Nota: come dettato dall’art. 2490 c.c. i criteri di redazione dei bilanci nella fase di liquidazione differiscono da quelli previsti per un’impresa in normale funzionamento.

Viene evidenziata anche la possibilità di un esercizio provvisorio dell’attività dell’impresa (o di singoli rami) e, nel caso di specie, l’art. 2490 c.c. richiede una separata indicazione in bilancio delle poste patrimoniali ed economiche dell’azienda che prosegue la sua attività e l’adozione di criteri di valutazione diversi da quelli applicabili alle restanti attività e passività.

Dal punto di vista contabile Il principio nazionale OIC 5 “Bilanci di liquidazione” fornisce indicazioni in merito ai criteri di valutazione da adottare precisando che il momento a partire dal quale devono essere adottati i criteri di liquidazione coincide con l’inizio della gestione affidata ai liquidatori.

Nota: secondo l’OIC 5, lo IAS 10 “Fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio”, e dal principio contabile nazionale OIC 29, “Fatti successivi che possono incidere sulla continuità aziendale”, occorre ribadire che se il presupposto della continuità aziendale non risulta essere più appropriato al momento della redazione del bilancio, è necessario che nelle valutazioni di bilancio si tenga conto degli effetti della mancanza di continuità aziendale gli amministratori, nella redazione del bilancio , devono applicare i criteri liquidatori.

Come raccomandato dal principio contabile OIC n. 5 i Liquidatori devono redigere il “bilancio iniziale di liquidazione”, al fine di verificare la situazione del patrimonio aziendale.

In seguito i Liquidatori procedono alle rettifiche delle poste di bilancio attraverso il conto apposito “Rettifiche di liquidazione” (tali voci costituiscono le rettifiche di liquidazione date dalle differenze fra i valori di funzionamento ed i valori di liquidazione di attività e passività).

Il saldo delle rettifiche costituisce una posta aumentativa o diminutiva rispetto al patrimonio del rendiconto e non influisce sul risultato economico del primo periodo di liquidazione .

Il documento della Fondazione Nazionale Commercialisti del 15 ottobre 2015 chiarisce che, nel momento in cui viene meno il presupposto della continuità aziendale, occorre applicare i Criteri di liquidazione per la valutazione delle attività e passività (capitale di liquidazione).

Nota: il conto “Rettifiche di liquidazione” accoglie i minori valori di realizzo stimati per le attività patrimoniali, i maggiori valori di realizzo stimati per le passività patrimoniali, i minori valori di realizzo stimati per le passività patrimoniali e l’Annullamento di attività patrimoniali (il saldo del conto è imputato al “Patrimonio netto di liquidazione”).

 

I revisori sindaci e la continuità aziendale 

In attuazione del principio di Revisione n. 570, anche l’Organo di Revisione della società deve cimentarsi nella valutazione della continuità tenendo in considerazione l’esistenza di incertezze significative.

Nota: I revisori devono acquisire elementi probativi sufficienti e corretti sull’appropriato utilizzo da parte degli amministratori del presupposto della continuità aziendale nella redazione del bilancio e concludere se vi sia un’incertezza significativa riguardo alla capacità dell’impresa di continuare ad operare almeno per 12 mesi come entità in funzionamento (il revisore deve prendere in considerazione un periodo di almeno 12 mesi ai fini della valutazione della continuità aziendale).

In buona sostanza anche i Sindaci sono tenuti a monitorare la continuità aziendale e a comunicare agli amministratori la sussistenza di fatti idonei a pregiudicare la continuità aziendale dell’impresa con invito a sistemare eventuali problematiche.

Nota : Il revisore legale e/o il collegio sindacale , devono esaminare le valutazioni degli amministratori in merito al going concern e descrivere nella propria relazione gli eventi e le circostanze che fanno sorgere dubbi significativi ,esaminare e valutare i piani di azione futuri su cui la direzione ha valutato la continuità aziendale, richiedere le attestazioni scritte in merito e raccogliere elementi adeguati che confermino la fattibilità dei piani ovvero accertarsi se sono intervenuti fatti successivi di una certa importanza dopo che gli Amministratori hanno compiuto la propria valutazione.

Leggi anche: Il going concern (continuità aziendale) e gli effetti fiscali in bilancio

28 aprile 2016

CELESTE VIVENZI