Senza CVS si perde l'agevolazione: l’effetto decadenziale per l’inosservanza del termine

continua a consolidarsi l’orientamento della Cassazione in ordine al mancato invio del CVS: l’inottemperanza dell’adempimento fa perdere il diritto al credito d’imposta da parte del contribuente

Continua a consolidarsi l’orientamento della Corte di Cassazione, in ordine al mancato invio del CVS. Infatti, con due recenti sentenze i massimi giudici hanno confermato i principi sinora espressi, sbarrando le porte ad ogni diversa interpretazione. In particolare aggiorniamo la giurisprudenza con le ultime sentenze.

  • Con la sentenza n. 16711 del 12 agosto 2015 (ud. 21 maggio 2015) la Suprema Corte di Cassazione ha confermato che L’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. e), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto ‘modello CVS’) essendo il suddetto termine previsto dall’art. 62 cit. a pena di decadenza, e non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica” (Cass. n. 3578/2009). Né (cfr. Cass. nn. 19627/2009 e 19692/2012) “assume alcun rilievo la circostanza che il provvedimento del Direttore sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3, comma 3, (ed statuto del contribuente) per le norme che introducono adempimenti tributari, in quanto l’interessato è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del D.L. 12 novembre 2002, n. 253, ed il predetto termine legale non è comunque superabile con una diversa previsione di natura amministrativa“, atteso, fra l’altro, che le disposizioni contenute nello Statuto del contribuente “non hanno rango superiore alla legge ordinaria (Cass. n. 4815/2014)”;

  • Con la sentenza n. 18359 del 18 settembre 2015 (ud. 7 ottobre 2014) la Suprema Corte si pone sulla stessa linea della pronuncia sopra indicata, riproducendo i medesimi principi.

Osservazioni

Nella giurisprudenza di legittimità si è affermato un indirizzo favorevole all’Amministrazione finanziaria (cfr. la circolare n.55/E del 23 dicembre 2009, in ordine alla posizione dell’Amministrazione finanziaria), che conferma la decadenza dal diritto al credito di imposta di cui all’art. 8 della legge n. 388 del 2000 in caso di omessa o ritardata presentazione del modello CVS (cfr. sentenze della Corte di cassazione n. 3578 del 13 febbraio 2009 e n. 19627 dell’11 settembre 2009).

La stessa Corte di Cassazione ha più volte affermato che, in caso di omessa o tardiva presentazione del modello CVS contenentei dati relativi all’investimento effettuato, si verifica la perdita del beneficio di cui all’art. 8 della legge n. 388 del 2000. In particolare segnaliamo le pronunce più importanti.

  • Con l’ordinanza n. 22868 del 3 novembre 2011 (ud. 22 settembre 2011) la Corte di Cassazione ha confermato che il mancato invio del CVS fa perdere il diritto al credito d’imposta ex art. 8, della L. n. 388/2000. Infatti, “secondo la giurisprudenza di questa Corte, (Cass. nn. 3578/2009; 16442/2009; 19127/2010) l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto modello CVS), disposizione che fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di decadenza dal contributo”.

  • Con la sentenza n. 3774 del 15 febbraio 2013 (ud. 12 dicembre 2012) la Corte di Cassazione ha dichiarato la legittimità dell’avviso di recupero di un credito d’imposta per la mancata osservanza da parte della società del termine perentorio di invio della comunicazione telematica del modello CVS di cui all’art. 62, c. 1, lett. a, della L. n. 289 del 2002. Per la Corte il termine è perentorio, a pena di decadenza, “e non avendo, altrimenti alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica (Sez. 5, Sentenza n. 16442 del 15/07/2009 Cass. n. 3578/2009). Invero la norma di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 62, è diretta espressione del potere, demandato al Ministro delle finanze, di stabilire con D.M. le procedure di controllo prevedendo ‘specifiche cause di decadenza dai diritto di credito’, e trova la sua ‘ratio’ nell’esigenza di definire entro un tempo determinato l’inerente onere finanziario, altrimenti sospeso ‘ad libitum’ (cfr. anche Cass. Sentenza n. 15865 del 23/07/2005)”.

  • Con l’ordinanza n. 453 del 13 gennaio 2014 (ud. 4 dicembre 2013) la Corte di Cassazione ha confermato l’indirizzo rivelatosi ormai costante, secondo cui “l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, primo comma, lett. e), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto ‘modello CVS’) essendo il suddetto termine previsto dall’art. 62 cit. a pena di decadenza, e non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento, e nonanche all’invio della comunicazione telematica (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3578 del 13/02/2009)”. Nel caso di specie risulta pacifico che la comunicazione non è stata effettivamente inviata entro il prescritto termine (negli stessi termini Cass. Ord. nn. 3296/2014 e 3305/2014; sent. n. 17671/2014).

  • Con la sentenza n. 13075 del 24 giugno 2015 (ud. 19 maggio 2015) la Suprema Corte di Cassazione ha confermato che il mancato invio del CV determina la perdita del credito d’imposta. L’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. e), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto ‘modello CVS’) essendo il suddetto termine previsto dall’art. 62 cit. a pena di decadenza, e non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica (Cass. Sez. 5′, Sentenza n. 19127 del 07/09/2010; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16442 del 15/07/2009 Sez. 5′, Sentenza n. 3578 del 13/02/2009)”. Prosegue la Corte evidenziando che la presentazione del CVS, “a prescindere dalla realizzazione degli investimenti e dalla fruizione del credito di imposta nella dichiarazione dei redditi, costituisce non già una facoltà del contribuente, ma un vero e proprio onere a suo carico, finalizzato all’accertamento delle condizioni necessarie all’attribuzione, in via definitiva, del beneficio in questione, cioè la legittima fruizione del credito”.

Ricordiamo che anche la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione.

  • Con l’ordinanza n. 124 del 2006, la Consulta ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 3 della Costituzione, sulla base del fatto che “la norma censurata non dispone per il passato, ma fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di ‘decadenza dal contributo’, a nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito”. La Corte Costituzionale ha affermato, ancora, che “non è irragionevole che il mancato rispetto del termine fissato per la comunicazione dei dati stessi sia sanzionato, indipendentemente dall’effettiva sussistenza dei requisiti per fruire dell’agevolazione, con la ‘decadenza dal contributo’ automaticamente conseguito”, in quanto “tale sanzione è diretta a garantire il rilevante interesse pubblico all’immediata disponibilità dei dati non ricavabili dalla dichiarazione dei redditi all’epoca presentata, ma necessari allo svolgimento sia di uniformi ed organiche politiche di incentivazione, sia di più agevoli e solleciti controlli sulla spettanza del contributo”.

  • Con l’ordinanza n. 180 del 2007, la Consulta ha confermato la legittimità della norma sia in riferimento all’art. 24 Cost. (sul presupposto che il termine fissato dall’art. 62 della L. n. 289 del 2002, non avendo natura processuale, è estraneo all’ambito di tutela del diritto di difesa) sia in riferimento all’art. 97 della Cost., in ragione della già accertata natura irretroattiva della norma censurata.

  • Con l’ordinanza n. 185 del 2009, la Cort Costituzionale, confermando ancora la legittimità dell’art. 62 della legge n. 289 del 2002, ha osservato, tra l’altro, che “la sollecita acquisizione di dati esaurienti assume una speciale importanza in relazione alle imprese che hanno già conseguito in via automatica il contributo … che … avevano fornito all’amministrazione finanziaria, con la dichiarazione dei redditi, soltanto quei pochi dati richiesti all’epoca per far valere il credito di imposta; con la conseguenza che esse potevano essere assoggettate solo agli eventuali controllidella dichiarazione previsti in via ordinaria”.

12 marzo 2016

Gianfranco Antico