Appartamenti da destinare all'utilizzo strumentale all'attività d’impresa: la detraibilità dell'IVA

L’indetraibilità dell’imposta per le locazioni abitative, per le attività di affittacamere e di case per vacanze, e in generale quando gli immobili abitativi vengono impiegati in seno a un’attività economica imprenditoriale.

 

Indetraibilità dell’IVA

immobile strumentale attività d'impresa

Secondo un orientamento che si sta affermando nella giurisprudenza e nella stessa prassi interpretativa dell’Agenzia delle Entrate, nonostante le norme IVA in materia (articolo 19-bis 1, comma 1, lettera i, del D.P.R. n. 633 del 1972) prevedano in via generale l’indetraibilità dell’imposta per le locazioni abitative, tale regola non si applica in caso di esercizio di attività di affittacamere e di case per vacanze, e in generale quando gli immobili abitativi locati vengono impiegati in seno a un’attività economica imprenditoriale.

Questo principio è stato affermato anche nella sentenza della Corte di Cassazione n. 21965 del 28.10.2015, in relazione all’IVA detratta sulle spese di ristrutturazione di un fabbricato abitativo, nel caso di specie destinato ad attività di agriturismo.

 

Le regole generali sulla detrazione IVA

Il diritto alla detrazione dell’IVA trova fondamento, per i soggetti passivi del tributo, nell’art. 1, comma 2, secondo periodo, della direttiva 28.11.2006, n. 2006/112 («a ciascuna operazione, l’IVA, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al bene o servizio in questione, è esigibile previa detrazione dell’ammontare dell’imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo»), nonché – nell’ordinamento interno – nell’articolo 19 del D.P.R. 26.10.1972, n. 633.

L’articolo 19–bis 1 del medesimo decreto individua delle ipotesi nelle quali, in deroga al principio generale, la detrazione non è consentita; tra tali ipotesi figura quella dell’acquisto, alla locazione e alle altre spese relative a fabbricati a destinazione abitativa.

La possibilità di limitare il diritto alla detrazione è prevista, nel diritto comunitario, nell’ambito del titolo X, capo 3, della citata direttiva n. 112 del 2006.

 

L’indetraibilità per gli immobili abitativi

In particolare, nelle disposizioni IVA interne, 19–bis 1, lett. i), dispone che è indetraibile l’IVA assolta sugli acquisti di fabbricati o porzioni di fabbricati a destinazione abitativa (appartamenti classificati nel gruppo A, con l’esclusione della categoria A 10).

Il diritto alla detrazione viene escluso, in particolare, con riferimento all’imposta relativa:

  • all’acquisto di fabbricati a destinazione abitativa;

  • all’acquisto di porzioni di fabbricati a destinazione abitativa;

  • alla locazione di fabbricati a destinazione abitativa;

  • alla manutenzione, al recupero e alla gestione degli stessi fabbricati.

L’imposta è invece ammessa in detrazione per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale della propria attività la costruzione o la rivendita dei medesimi fabbricati e porzioni.

Le disposizioni dell’articolo 19–bis 1, lett. i, non si applicano ai soggetti che esercitano attività che danno luogo a operazioni esenti ai sensi dell’art. 10, n. 8, che comportano la riduzione della percentuale di detrazione secondo l’art. 19, quinto comma, e l’art. 19–bis.

 

Le deroghe al regime di indetraibilità

Ai sensi della normativa sopra richiamata, l’indetraibilità non opera:

  • per le imprese aventi come oggetto esclusivo o principale dell’attività la loro costruzione o rivendita;

  • per i soggetti che locano o affittano tali immobili in esenzione IVA, in quanto già opera in tale ipotesi una riduzione pro-rata della detrazione.

Secondo l’art. 10, c. 8, del D.P.R. n. 633/1972, sono esenti da IVA le locazioni non finanziarie e gli affitti di fabbricati destinati a uso di civile abitazione da parte di imprese che li hanno costruiti per la rivendita.

L’amministrazione finanziaria ha precisato, con la circolare 11.7.1996, n. 182/E, che:

  • è «impresa costruttrice» anche quella che occasionalmente realizza la costruzione di immobili per la successiva vendita, a nulla influendo che la materiale esecuzione dei lavori sia eventualmente da essa affidata, parzialmente o totalmente, ad altre imprese;

  • è «impresa che ha come oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la rivendita di fabbricati» solo quella che (oltre che per espressa previsione contenuta negli atti societari) effettivamente svolga, in modo esclusivo o prevalente, operazioni di vendita di fabbricati precedentemente acquistati o costruiti.

 

IVA e locazioni turistiche

Qualche problema può presentarsi se il soggetto che acquista l’immobile è un’impresa commerciale che utilizza tale immobile per un’attività di locazione turistica. La materia è disciplinata in via generale dalle normative regionali di settore; i riflessi fiscali della fattispecie possono però essere trattati in modo unitario.

Infatti, atteso che il fabbricato acquistato, costruito o ristrutturato dall’impresa verrebbe a inserirsi in un contesto economico finalizzato alla produzione dei servizi commercializzati, soggetti a IVA con aliquota del 10%, il trattamento del bene potrebbe essere equiparato a quello di un qualsiasi cespite strumentale.

Svanirebbe infatti in tale ipotesi quel presupposto oggettivo, della destinazione extraimprenditoriale del bene, che è valsa (per il legislatore nazionale) a escluderne la detrazione IVA.

 

Indirizzo dell’ADCMI  sul diritto alla detrazione dell’IVA per l’acquisto di immobili destinati alla locazione 

Con la propria norma di comportamento n. 174, l’Associazione Italiana Dottori Commercialisti di Milano (ADC, ora ADCMI) ha affermato che il diritto alla detrazione dell’IVA assolta da una società per l’acquisto di immobili destinati alla locazione dipende, nella sostanza, dalla qualità di soggetto passivo d’imposta di tale società e dall’assoggettamento ad IVA dei suoi introiti.

In tale prospettiva, risulta secondo l’ADC incoerente con le norme comunitarie la previsione di vincoli alla detrazione dell’IVA indotti dalla natura «immobiliare» – anziché «commerciale» di una società.

Secondo quanto è stato affermato dall’ADC, il diritto alla detrazione dell’IVA assolta da una società per l’acquisto di uno o più immobili destinati alla locazione, oltre che per il sostenimento delle spese di gestione afferenti a tali immobili, è strettamente collegato alla qualità di soggetto passivo d’imposta in capo alla società medesima e all’assoggettamento a IVA dei relativi introiti, reali o potenziali, derivanti da attività svolte con carattere di stabilità.

È a tale riguardo affermato che le norme IVA nazionali derivano dalla trasposizione nell’ordinamento giuridico italiano della menzionata direttiva comunitaria 2006/112/CE, alla luce della quale devono essere interpretate le disposizioni dei singoli Stati membri dell’Unione. In tale prospettiva, risulta necessario esaminare le nozioni di soggetto passivo d’imposta e di diritto alla detrazione dell’IVA assolta «a monte».

 

Soggettività passiva

Secondo l’art. 4 del D.P.R. n. 633/1972, l’esercizio d’impresa, che qualifica il «soggetto passivo», si manifesta anche nel caso di svolgimento abituale di attività agricole e commerciali rispettivamente non organizzate in forma d’impresa, nonché nel caso delle attività di prestazione di servizi che, ancorché non definibili come «commerciali» ai sensi dell’art. 2195, c.c., sono condotte in forma di impresa. Nel caso delle società e di altri enti menzionati dal decreto IVA, le cessioni e prestazioni si considerano invece sempre effettuate nell’esercizio di impresa. Il requisito della commercialità è invece negato, in particolari situazioni, per la gestione di unità immobiliari abitative con classificazione catastale nella categoria A, ad esclusione di quelle appartenenti alla categoria A/10 (uffici).

In base alla direttiva del 2006 e agli orientamenti giurisprudenziali comunitari, l’attività abituale di locazione di una o più unità immobiliari, svolta da una società, conferisce invece a quest’ultima la qualificazione di soggetto passivo ai fini IVA.

Integrando la direttiva, la CGCE ha altresì stabilito che, ai fini IVA, non viene meno il requisito dell’indipendenza nello svolgimento dell’attività economica neppure se si tratta di una locazione immobiliare fatta da un soggetto passivo a un’impresa da egli stesso controllata, anche se egli è, al contempo, amministratore di quest’ultima .

Secondo alcune pronunce della Corte di Giustizia , è ininfluente ai fini della qualificazione come soggetto passivo lo svolgimento o meno di attività isolate, ovvero plurime, di acquisto e locazione di uno o più immobili e che tale locazione sia rivolta a terzi piuttosto che al mercato, ovvero a soggetti correlati con il locatore dell’immobile.

Secondo la nota e già richiamata sentenza «Halifax», inoltre, qualsiasi soggetto passivo, che svolga un’attività economica nel senso riferito dalla direttiva, deve assoggettare all’imposta le cessioni di beni e le prestazioni di servizi compiuti «a valle». Dall’ammontare dell’IVA relativa alle operazioni effettuate è poi detraibile quella assolta o dovuta in relazione ai beni e ai servizi importati o acquistati nell’esercizio d’impresa, arte o professione.

In tale contesto, la nozione di esercizio d’impresa deve intendersi come attività economica svolta dal soggetto passivo, comprensiva dello sfruttamento di un bene finalizzato a ricavarne introiti con carattere di stabilità [art. 9, direttiva n. 2006/112/CE].

Sulla base di tutti i riscontri esaminati nelle normative nazionali e comunitarie e nella giurisprudenza della CGCE, l’ADC ritiene quindi fuor di dubbio che «… una società, proprietaria o comunque detentrice di una o più unità immobiliari date in locazione a terzi, costituisca “soggetto passivo” ai fini IVA», con i conseguenti diritti e obblighi.

 

Inerenza delle operazioni a monte

Ai fini della detrazione dell’IVA, la richiesta condizione di inerenza delle operazioni compiute «a monte» deve essere riferita solamente alle operazioni compiute a valle, soggette a imposta. Devono quindi considerarsi infondate, secondo l’ADC, eventuali altre ipotesi di preclusione della detrazione quali, ad esempio, l’unicità dell’operazione compiuta nell’ambito di uno stesso gruppo societario o il mancato inserimento dell’operazione nel contesto di un’attività imprenditoriale diversa da quella immobiliare o in una serie di altre operazioni similari, di acquisto, vendita, locazione, ristrutturazione…

In ogni caso deve essere poi riconosciuta la detrazione dell’imposta assolta/dovuta a monte, che non viene pregiudicata neppure se si tratta di attività solo preparatorie/prospettiche, ossia prive di un concreto esercizio dell’attività «a valle» .

 

Carattere commerciale della locazione

Per quanto sopra evidenziato, l’ADC ha potuto affermare che, in assenza di comportamenti riconoscibili come «abusivi» sulla base delle indicazioni della Corte di Giustizia, una società che svolga l’attività di gestione di uno o più immobili dalla quale percepisca abitualmente affitti attivi anche se da parti ad essa correlate (altre società del gruppo di appartenenza, o soci delle stesse) si pone in ogni caso come soggetto passivo di imposta, svolgendo un’attività economica soggetta ad IVA e conservando il diritto alla detrazione.

Al riguardo appare utile precisare che la sussistenza di pratiche abusive può essere individuabile solo nell’ambito delle operazioni compiute dal soggetto passivo e non anche con riferimento alla sua qualificazione giuridica soggettiva, sia essa individuale o societaria.

Sulla base della ricostruzione effettuata e delle considerazioni espresse, l’ADC afferma quindi che «… deve (…) essere respinto qualsiasi tentativo di configurare, quale pratica abusiva, la costituzione di una forma societaria per lo svolgimento di attività commerciali, così come qualificate ai fini IVA. e, dunque, anche per lo svolgimento della mera attività di locazione di uno o più immobili».

 

Orientamenti dell’Agenzia delle Entrate

Secondo quanto è stato puntualizzato nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 22.2.2012, n. 18/E, relativa alla detraibilità IVA delle spese di ristrutturazione di immobili abitativi destinati ad attività di impresa, la preclusione alla detrazione dell’IVA, prevista dalla disposizione citata, non opera,

«in virtù di una specifica previsione contenuta nella norma, per le spese sostenute dalle imprese di costruzione nonché da quelle che pongono in essere locazioni esenti [di cui all’art. 10, n. 8)] che determinano l’applicazione del pro rata (artt. 19, c. 5 e 19-bis)».

Rammenta inoltre che «l’indetraibilità dell’imposta riguarda i fabbricati abitativi che risultano tali secondo le risultanze catastali e, in linea generale, prescinde dall’utilizzo effettivo dei medesimi (principio consolidato e da ultimo affermato nella circolare 1° marzo 2007, n. 12)».

Si tratta pertanto di una nozione di strumentalità stringente, di tipo formale.

Ciò nonostante, secondo l’Agenzia delle Entrate gli immobili abitativi che vengono utilizzati dal soggetto passivo nell’ambito di attività di tipo ricettivo (gestione di case vacanze, affittacamere, etc.), con la prestazione di di servizi imponibili ad IVA, devono essere trattati, a prescindere dalla classificazione catastale, alla stregua dei fabbricati strumentali per natura.

Le spese di acquisto e manutenzione relative ai suddetti immobili – ancorché classificati catastalmente come abitativi – non risentono quindi, secondo l’Agenzia, dell’indetraibilità di cui all’art. 19-bis 1, lett. i), del D.P.R. n. 633/1972.

Ciò è affermato con riferimento sia alla predetta circolare n. 12/E del 2007, sia alla risoluzione 10.8.2004, n. 177/E (è affermato in tali pronunce che le prestazioni rese nell’ambito delle attività sopra citate sono imponibili ad IVA con aliquota del 10%).

 

Le case per vacanze sono strutture ricettive

La più recente circolare n. 12/E del primo marzo 2007 [paragrafo 9] ha affermato che: «in base all’attuale quadro normativo, delineato dall’art. 10, n. 8), del D.P.R. n. 633/1972, come riformulato dall’art. 35, comma 8, del decreto legge n. 223/2006 le locazioni, anche finanziarie, di immobili abitativi costituiscono operazioni esenti da IVA.

Dall’ambito di esenzione devono ritenersi escluse, tuttavia, in conformità a quanto espressamente stabilito dalla normativa comunitaria [Dir. 2006/112/CE del 28 novembre 2006, art. 135, punto 2, lett. a), rifusione della VI direttiva CEE 17 maggio 1977, n. 388, art. 13, B, b), n.1], le prestazioni di alloggio effettuate nel settore alberghiero, individuato secondo le definizioni degli ordinamenti interni dei singoli Stati membri.

Questa Agenzia si è già espressa in tal senso con la risoluzione n. 117 del 10 agosto 2004, con la quale ha chiarito che l’attività di locazione immobili ad uso turistico può essere qualificata come attività di prestazione di alloggio nel settore alberghiero se sia qualificabile come tale sulla base della normativa di settore. In tal caso è assoggettata ad IVA, con applicazione dell’aliquota del 10 per cento, ai sensi del n. 120) della Tabella A, parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972, concernente

” prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle strutture ricettive di cui all’art. 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217 e successive modificazioni .. “.

Tale orientamento deve ritenersi confermato anche in relazione al mutato quadro normativo disposto dal decreto legge n. 223/2006.

Pertanto, anche in base al vigente quadro normativo, affinché le locazioni di immobili abitativi possano essere qualificate attività di tipo turistico – alberghiero, e attratte nella specifica normativa IVA prevista per l’attività propria degli alberghi, motel, esercizi di affittacamere, case ed appartamenti per vacanze, e simili, è necessario che ricorrano i requisiti a tal fine richiesti dalla normativa di settore».

 

Richiamo alle norme regionali

Secondo la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 117/E del 10.8.2004, nell’ambito delle attività del settore turistico-alberghiero, possono essere ricondotte alla fattispecie di «affittacamere, case ed appartamenti per vacanze» le prestazioni nell’ambito di una gestione imprenditoriale di immobili locati.

Osserva tuttavia la risoluzione che è intervenuto in materia il D.P.C.M. 13.9.2002, il cui articolo unico dichiarava che nel settore turistico-alberghiero erano devolute alle Regioni le funzioni amministrative non riservate allo Stato [secondo quanto disposto dagli artt. 43 e ss. del D.Lgs. 31.3.1998, n. 112].

Il riferimento alle norme regionali di settore, se presenti, diviene pertanto necessario per poter individuare il corretto trattamento IVA in ogni caso specifico.

Se le prestazioni, in base a tali norme, possono ritenersi riferite al settore turistico-alberghiero, esse sono imponibili con aliquota del 10% e danno correlativamente diritto alla detrazione dell’IVA a monte.

 

Attività di agriturismo

La sentenza n. 21965 del 28.10.2015, qui commentata, riguarda l’ipotesi in parte differente degli immobili abitativi destinati allo svolgimento di attività di impresa agrituristica.

La nuova pronuncia è conforme all’indirizzo interpretativo già assunto dalla Cassazione nelle due sentenze n. 3454 e n. 3455 del 14 febbraio 2014.

Il contenzioso di merito traeva origine dall’avviso di rettifica con il quale l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate aveva negato la detrazione del credito Iva maturato nell’anno di imposta 2003, con riguardo alle spese di ristrutturazione del fabbricato destinato ad attività agrituristica. Secondo l’ufficio tali spese, avendo l’edificio mantenuto la sua destinazione rurale ed agricola, dovevano imputarsi all’attività agricola, per la quale però, in mancanza di opzione per il regime ordinario, valeva la regola del regime forfetario, che non consentiva la detrazione dell’IVA.

La Corte ha compiuto al riguardo una puntuale ricostruzione della normativa di settore riguardante gli agriturismi, affermando che:

  • la L. 5.12.1985, n. 730 – art. 2, comma 2 – si limita a prevedere che l’utilizzo di edifici per lo svolgimento di attività agrituristiche non distrae i fondi, sui quali essi insistono, dalla destinazione agricola;

  • la L. 26.2.1994 n. 133, ha attribuito carattere rurale agli edifici destinati all’agriturismo ai fini catastali: il fatto che l’immobile conservi – ai soli fini catastali – la destinazione rurale, non esclude però – ai diversi fini del regime IVA – che i soggetti che esercitino più attività nell’ambito della stessa impresa agricola possano optare per l’applicazione separata dell’imposta, con conseguente fruizione del regime speciale per una o più attività, e di quello ordinario per le restanti;

  • in presenza quindi di valida opzione per il regime ordinario, le attività agrituristiche possono rimanere distinte dalle attività agricole svolte in regime forfetario e beneficiare, così, della detrazione analitica, fermo restando che analoga opzione per il regime ordinario è possibile anche per le attività agricole in senso stretto.

Secondo la lettura delle disposizioni normative compiuta dalla Corte, è palese «l’intenzione del legislatore di considerare in modo unitario l’attività agrituristica (in quanto attività connessa allo svolgimento di quelle agricole in senso stretto), la quale include tipicamente l’attività di organizzazione ed esecuzione del servizio di ospitalità ed alloggio, che non può essere fornito se non attraverso la realizzazione e messa a disposizione di immobili costruiti sul fondo ed adibiti ad uso abitativo, in funzione del temporaneo soggiorno dei clienti. Ne consegue che anche le spese sostenute per la ristrutturazione e manutenzione di tali immobili, la cui funzione tipica, riconosciuta dalla legge, è “strumentale” all’esercizio della attività agrituristica (a sua volta connessa a quella agricola), debbono godere dell’ordinario regime di detrazione IVA, laddove la relativa opzione sia stata regolarmente esercitata».

 

Carattere «abitativo» dell’immobile agrituristico

Ha chiarito ulteriormente la Corte (sulla linea, come si è visto, della propria giurisprudenza pregressa) che non opera in casi come quello esaminato neppure la previsione di indetraibilità oggettiva riferita alle ristrutturazioni di immobili abitativi [art. 19-bis 1, c. 1, lett. i), D.P.R. n. 633/1972].

Questa trova infatti giustificazione «solo laddove il consumatore finale benefici direttamente di tali lavori in quanto utilizzatore “in proprio” del bene immobile, a fini esclusivamente abitativi, ovvero laddove l’immobile ristrutturato venga destinato ad utilizzo promiscuo del soggetto passivo, poiché – salva l’ipotesi di imprese che abbiano quale attività esclusiva o principale la costruzione degli immobili – in questi casi viene meno lo stesso presupposto su cui si fonda il diritto alla detrazione d’imposta, in attuazione del principio di neutralità fiscale, e cioè l’impiego strumentale del bene immobile nell’esercizio dell’attività economica soggetta ad Iva.

Presupposto invece pienamente ricorrente laddove le spese di ristrutturazione riguardino immobili utilizzati per l’esercizio dell’impresa avente ad oggetto l’attività agrituristica, per i quali la funzione abitativa dell’immobile – costituendo mezzo di attuazione della prestazione di servizio concernente la ospitalità e ricettività alloggiativa della clientela – è direttamente strumentale allo svolgimento dell’attività economica assoggettata ad Iva, e perciò stesso soggetta al generale regime di detrazione delle spese inerenti, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19».

Su tale base, deve ritenersi secondo la Corte che le spese di ristrutturazione del fabbricato destinato all’esercizio dell’attività agrituristica rientravano nel regime ordinario di detrazione dell’imposta, in forza dell’opzione che era stata esercitata dalla società contribuente.

D’altro canto, sotto il profilo fattuale, il servizio di ospitalità ad alloggio dell’impresa agrituristica

“non può essere fornito se non attraverso la realizzazione e messa a disposizione di immobili costruiti sul fondo ed adibiti ad uso abitativo, in funzione del temporaneo soggiorno dei clienti”.

Dal che

“ne consegue che anche le spese sostenute per la ristrutturazione e manutenzione di tali immobili, la cui funzione tipica, riconosciuta dalla legge, è «strumentale» all’esercizio dell’attività agrituristica (…), debbono godere dell’ordinario regime di detrazione IVA, laddove la relativa opzione sia stata regolarmente esercitata”.

Tra i precedenti possono essere riportate anche la sentenza n. 3458 del 14.2.2014, avente a oggetto una pluralità di immobili, classificati come abitativi, ristrutturati per essere destinati ad «alberghi, residence, agriturismi, ristoranti, pizzerie e infrastrutture a carattere ricreativo in genere», e la pronuncia n. 8628 del 29.4.2015, avente a oggetto la ristrutturazione di un fabbricato abitativo destinato all’esercizio dell’attività di affittacamere e a locazione turistica.

 

10 marzo 2016

Fabio Carrirolo

***

Al momento di andare in linea ci pregiamo sottolineare una nuova sentenza in materia assunta proprio ieri 9 marzo 2016 dalla Corte di Cassazione:

Agriturismo: è detraibile l’Iva sulla ristrutturazione di fabbricati: secondo la Corte di Cassazione, sentenza n. 4606 del 9 marzo 2016, poiché gli immobili abitativi utilizzati nell’ambito di un’attività di tipo ricettivo vanno trattati come fabbricati strumentali per natura, può essere dedotta l’IVA sulle spese sostenute per la ristrutturazione e manutenzione dei fabbricati rurali strumentali all’esercizio dell’attività agrituristica.

La Suprema Corte ha, così, accolto il ricorso di una società agricola esercente anche l’attività di agriturismo.

La società contribuente aveva ricevuto un avviso di accertamento con il quale l’ufficio pretendeva anche il recupero a tassazione, per l’anno 2003, dell’indebita detrazione IVA versata in rivalsa sui corrispettivi relativi ai lavori di ristrutturazione di appartamenti destinati allo svolgimento dell’attività turistico-ricettiva di case vacanze. A differenza dei giudici di primo grado, che avevano subito accolto il ricorso della società, i giudici regionali avevano dato ragione all’Amministrazione finanziaria.

Con una serie di motivi la società ha, quindi, impugnato la pronuncia d’appello, sostenendo tra l’altro la tesi in virtù della quale la “destinazione abitativa”, di cui alla norma che dispone l’indetraibilità IVA (art. 19-bis1, comma 1, lett. i) del DPR n. 633/1972), non può intendersi riferita alla mera classificazione catastale (nel caso di specie i fabbricati oggetto di ristrutturazione erano censiti nella categoria A/3), ma deve interpretarsi in funzione dell’impiego per uso personale, cioè non commerciale, dell’immobile a destinazione abitativa acquistato o ristrutturato.

I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso: secondo la Suprema Corte, gli immobili abitativi, utilizzati dal contribuente nell’ambito di un’attività di tipo ricettivo (ad esempio, gestione di case vacanze e affitto camere) che comporti l’effettuazione di prestazioni di servizi imponibili ad IVA, devono essere trattati, a prescindere dalla classificazione catastale, alla stregua dei fabbricati strumentali per natura.

Ne consegue che le spese di acquisto, manutenzione e ristrutturazione relative ai medesimi immobili non confluiscono nella “voce” dell’indetraibilità di cui all’art. 19-bis1, comma 1, lett. i) del DPR n. 633/1972.