Effetti dell'estinzione del processo per omessa riassunzione

in caso di estinzione del processo per omessa riassunzione della causa avanti al giudice di rinvio, quali sono gli effetti sull’azione di riscossione dei tributi ogggetto di causa?

giudice2-immagineDefinitività dell’atto impositivo

L’estinzione del processo, ex articolo 63, comma 2, D.Lgs. 546/1992, per omessa riassunzione della causa avanti al giudice di rinvio, comporta la definitività dell’avviso di accertamento impugnato (e della pretesa tributaria in esso incorporata), giacchè detto avviso non è un atto processuale, ma l’oggetto del giudizio. La mancata riassunzione di una controversia, dopo il deposito di una sentenza di Cassazione, fa estinguere l’intero processo, con salvezza degli atti impositivi ex adverso impugnati; riprende efficacia l’originario atto impositivo poiché la sentenza di primo grado è assorbita e sostituita dalla sentenza d’appello mentre quest’ultima è stata annullata in Cassazione. Tuttavia, non è del tutto corretto affermare che le sentenze del giudizio di merito siano tamquam non esset, giacché, per principio generale del diritto processuale, il travolgimento dell’attività processuale svolta trova un limite invalicabile nell’autorità di cosa giudicata che è acquistata da una pronuncia emessa nel corso del processo oppure nelle prescrizioni o decadenze nel frattempo verificatesi. Nell’ipotesi di mancata riassunzione:

  • Resta applicabile il giudicato interno formatosi nel processo; si salvano eventuali statuizioni di merito contenute nelle precedenti sentenze passate in giudicato. Le sentenze di primo o secondo grado sopravvivono nella sola parte non toccata dalle successive impugnazioni ossia non si verifica la caducazione di quei capi autonomi delle sentenze non contestati o espressamente accettati che, pertanto, sono divenuti irretrattabili.

  • Non opera l’effetto sospensivo dei termini di prescrizione, il quale svolge il suo effetto solo in presenza di un giudizio e non anche se detto giudizio si estingue (articolo 2945 c.c.). In seguito all’estinzione del processo viene meno l’efficacia sospensiva della prescrizione collegata alla pendenza del processo e, pertanto, l’esercizio del diritto non sarà più possibile quando dopo l’instaurazione del processo poi estinto sia maturata la prescrizione.

  • L’estinzione del giudizio non comporta l’estinzione dell’azione che può essere riproposta a condizione che nel frattempo non siano maturati i termini prescrizionali o decadenziali per il suo esperimento.

Occorrerà, quindi, di volta in volta, per ogni singola fattispecie, valutare l’opportunità e l’interesse alla riassunzione del giudizio (si pensi alla mancanza dell’interesse dell’Ufficio a riassumere il processo al fine di imputare al contribuente l’onere di ripresentare l’istanza di rimborso e di riproporre l’azione di rimborso; si pensi all’interesse dell’Ufficio alla riassunzione nell’ipotesi in cui il rimborso sia stato medio tempore concesso in modo indebito), tenendo conto, per ogni singolo caso, sia delle prescrizioni e decadenze eventualmente verificatesi, sia delle statuizioni di merito passate in giudicato interno nel corso del processo poi estinto.In particolare, l’estinzione del processo rende inefficaci gli atti compiuti (art. 310 c. 2 c.p.c.) e, primo fra tutti, il ricorso di parte, atto introduttivo della lite, al quale non può essere attribuito alcun effetto, né sostanziale, né processuale, eccezion fatta per quanto riguarda la prescrizione, per la quale resta fermo l’effetto interruttivo riconosciuto alla domanda giudiziale, dalla cui data comincia a decorrere il nuovo periodo di prescrizione, perdendosi, però, il vantaggio della neutralizzazione del tempo trascorso durante la pendenza del giudizio (art. 2943 c. 1 e art. 2945 c. 3, c.c.). In buona sostanza, l’estinzione del processo travolge i cd. effetti processuali che gli atti già compiuti hanno prodotto o sono destinati a produrre.

Tra i cd. effetti sostanziali rimane fermo l’effetto interruttivo della prescrizione ex art. 2945, c. 3, c.c., ricollegato alla notifica del ricorso introduttivo; il termine di prescrizione del diritto deve essere computato partendo dal giorno della domanda introduttiva del processo estinto. Peraltro, non interrompono la prescrizione gli atti processuali successivi al ricorso. Per le azioni di rimborso potrà verificarsi che alla declaratoria ex officio d’estinzione del processo sul credito fatto valere dal contribuente si accompagni la riproposizione dell’azione da parte del contribuente, poiché il termine di prescrizione del diritto fatto valere è ancora in corso di maturazione.

Per quanto riguarda, invece, i diritti soggetti a decadenza, ben più gravi sono le conseguenze dell’estinzione del processo, in quanto, mancando l’effetto interruttivo (applicabile solo alla prescrizione), viene a cadere l’effetto conservativo della domanda ex art. 2945 c.c..

Orbene, va allora considerato che, riacquistando piena validità l’atto impositivo, in quanto il ricorso a suo tempo prodotto ha perso l’effetto di impedirne la definitività, la durata del processo, poi dichiarato estinto, può provocare sia la prescrizione, che la decadenza (a seconda delle varie fattispecie impositive) dell’azione di riscossione del tributo.In particolare, per quanto attiene alla riscossione dei tributi, secondo una precisa ricostruzione ermeneutica1, deve ritenersi che, resosi definitivo, per effetto dell’estinzione del processo, l’avviso d’accertamento a suo tempo notificato, vada, comunque, rispettato il termine decadenziale per l’iscrizione a ruolo, che, se decorso durante lo svolgimento del processo, renderebbe tardivo il successivo recupero del tributo accertato; sussiste, quindi, secondo tale orientamento, in questo caso, l’interesse dell’ufficio al mantenimento del processo. L’estinzione del processo, per mancata riassunzione davanti al giudice del rinvio, ai sensi dell’art. 2945 c.c., comma 3, determina la retrocessione dell’inizio della decorrenza del termine di prescrizione della pretesa fiscale al momento della notificazione dell’avviso di accertamento.Anche le iscrizioni a ruolo parziali avvenute in via provvisoria devono necessariamente obbedire alle stesse considerazioni fin qui esposte, per cui esse, trovando il loro titolo in atti che l’estinzione del processo ha reso del tutto privi di effetti sia sostanziali che processuali (il ricorso introduttivo di parte e le sentenze) non possono in alcun modo essere considerate definitive, ma devono essere sostituite da iscrizioni a titolo definitivo secondo le regole fin qui esposte, nel rispetto del termine di decadenza ex art. 17 D.P.R. 602/73 che, se decorso nel corso del processo, rende irrecuperabile il credito accertato, a meno che l’ufficio non eviti l’estinzione del processo, riassumendolo nei termini

Peraltro, secondo diverso orientamento, la liquidazione o recupero del tributo troverebbe titolo nella sentenza di cassazione del processo estinto per mancata riassunzione e non nella definitività dell’atto impositivo determinatasi per l’inefficacia del ricorso proposto dal contribuente.

Si afferma che la sentenza del giudice di legittimità è sostitutiva dell’atto impugnato ovvero le sentenze del giudice tributario sono sostitutive dell’atto impositivo e pertanto con la sopravvenienza della sentenza il rapporto tributario è regolato dalla sentenza combinata con l’atto impositivo. Con la conseguenza, sotto il profilo della riscossione, della decorrenza del termine di decadenza dell’iscrizione a ruolo dal deposito della sentenza del giudice di legittimità; il deposito della sentenza del giudice di legittimità di rinvio della controversia al giudice di secondo grado costituisce il presupposto legittimante l’iscrizione a ruolo.

Si afferma, inoltre, sotto il profilo della riscossione, la decorrenza del termine di decadenza dell’iscrizione a ruolo dal momento dell’estinzione del processo appurata dal decreto di estinzione del giudice del rinvio2 ex articolo 45 del dlgs 546/1992 oppure successivamente ex articolo 28 del D.lgs. 546/1992; il decreto di estinzione3 (non oggetto di reclamo)del giudice del rinvio costituisce il presupposto legittimante l’iscrizione a ruolo.

Secondo un altro orientamento giurisprudenziale in ipotesi di estinzione del processo, per omessa riassunzione della causa avanti al giudice di rinvio, il dies a quo del termine di prescrizione (come di quello di decadenza) va ancorato, a prescindere dalla previsione di cui all’arti. 2945, c. 3, c.c., alla data di scadenza del termine utile per la (non attuata) riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio, posto che solo da tale data, per effetto dell’acquisita definitività dell’atto impositivo, l’Amministrazione può, ai sensi del D.Lgs. 546/1992, articolo 68 e D.P.R. 602/1973, articoli 14 e 15 far valere in modo definitivo e compiuto il proprio credito, attivando la relativa procedura di riscossione; ciò tanto più in presenza di sentenze di primo e di secondo grado ad essa sfavorevoli, dato l’obbligo di restituzione del tributo eventualmente corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dal giudice tributario, sancito dal D.Lgs. 546/1992, articolo 68, comma 2. (Cassazione sentenze nn. 3040/2008, 5044/2012, 16689/0213, 21143/2015e n. 556/2016).

Novella

In data 7 ottobre 2015 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il D.Lgs. n.156 del 24 settembre 2015 il quale ha dato concreta attuazione alla delega fiscale contenuta nella legge n. 23 dell’11 marzo 2014 in materia di revisione della disciplina del contenzioso tributario e degli interpelli. Tra le modifiche al processo tributario, espresse dal D.Lgs n. 156/2015 ed entrate in vigore a far data dall’1 gennaio 2016, va segnalata la modifica dei tempi per la riassunzione in rinvio ex art. 63 del Dlgs. 546/1992 e della riscossione in pendenza di giudizio (art. 68).

Riassunzione in rinvio (art. 63)

Viene dimezzato da un anno a sei mesi il termine per la riassunzione del processo a seguito del rinvio della causa, in primo o in secondo grado, ad opera della Corte di Cassazione. In caso di rinvio della causa alla commissione tributaria provinciale o regionale da parte della Corte di cassazione, il termine per la riassunzione del giudizio, previsto al comma 1 dell’articolo 63, è stato ridotto da un anno a sei mesi, decorrenti dalla pubblicazione della sentenza. Le altre disposizioni dell’art. 63 sono rimaste invariate. Il predetto termine di sei mesi coincide con quello già previsto dall’art. 43 del decreto n. 546 per la riassunzione del giudizio interrotto o sospeso. Il termine ridotto si applica per le sentenze depositate dall’1 gennaio 2016 e risponde all’obiettivo di accelerare la definitiva conclusione del processo.

Riscossione in pendenza di giudizio (art. 68)

Il decreto attuativo della delega fiscale per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario ha introdotto (art. 9 le. f D.Lgs. n. 156/2015) la lettera c-bis) nell’articolo 68, D.Lgs. n. 546/1992 relativo alla riscossione in pendenza di giudizio. In caso di sentenza di Cassazione di annullamento con rinvio, la riscossione avviene per l’ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado; in caso di omessa o non tempestiva riassunzione del processo in sede di rinvio, la riscossione avviene per gli interi importi indicati nell’atto impugnato. In sostanza, nelle ipotesi più frequenti, in pendenza di giudizio, si avrà questa situazione:

1/3 del tributo, nelle ipotesi di avvisi di accertamento riguardanti le imposte sui redditi, l’IRAP e l’IVA;

– l’intero importo, in ipotesi di giudizi riguardanti cartelle di pagamento per somme dovute in base agli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973;

– l’intero importo, in ipotesi di avvisi di liquidazione relativi alle imposte di registro, ipotecarie e catastali;

1/3 dell’imposta per gli atti di rettifica di valore di immobili ed aziende riguardanti l’imposta complementare di registro e le imposte ipotecarie e catastali.

Per gli altri tributi per i quali non è prevista una disciplina speciale in pendenza di giudizio, la riscossione dovrebbe risultare sospesa fino alla pronuncia della Commissione tributaria regionale, investita del giudizio di rinvio4.

19 marzo 2016

Ignazio Buscema

1 La mancata riassunzione della controversia rinviata dal giudice di legittimità al giudice di merito comporta che il fisco è decaduto dall’esercizio di ogni azione finalizzata alla riscossione di una pretesa che avendo origine da un avviso di accertamento notificato nel 1998 non può essere più validamente azionata.(CTP Roma 23-01-2013 n. 40 sez. 1).

2 La Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in accoglimento del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, ha cassato la sentenza della CTR del Lazio n. 12/34/2007. Nessuna delle parti processuali ha provveduto alla riassunzione del processo, entro il termine perentorio di un anno dal deposito della sentenza, come previsto dall’art. 63 del D.Lgs. n. 546/92. Tenuto conto che il termine anzidetto è scaduto, senza che sia stato presentato nessun atto di riassunzione, questo Giudice deve emettere declaratoria di estinzione del presente giudizio, ai sensi dell’art. 45 del decreto legislativo sopra citato (CTR Roma 16-10-2012 n.437 sez. 1).

3 L’estinzione è dichiarata dal presidente della sezione con decreto o dalla commissione con sentenza. Avverso il decreto del presidente è ammesso reclamo alla commissione che provvede a norma dell’art. 28.

4 Non è inoltre contemplata la riscossione frazionata per i tributi locali che, dunque, possono essere riscossi interamente da Equitalia in caso di mancato pagamento anche se in attesa di giudizio. Si tratta, in particolare, di: Ici, Tarsu, Tasi, Tosap, imposta sulla pubblicità, nonché accise e dazi doganali.