Canoni di locazione non riscossi: disciplina tributaria per le persone fisiche

Una guida approfondita alla gestione fiscale della morosità e dello sfratto quale tutela a favore del proprietario per l’IRPEF dovuta sui canoni di locazione maturati se l’inquilino è moroso

canoni non percepitiI rimedi posti in essere dal contribuente che non vuole assoggettare a tassazione i canoni non riscossi in presenza di un contratto vigente, si differenziano a seconda che l’immobile sia locato ad uso abitativo piuttosto che commerciale.

Per gli immobili locati ad uso abitativo in base all’art. 26 del TUIR è possibile non dichiarare i canoni non riscossi dal momento in cui intervenga una sentenza di convalida di sfratto per morosità del conduttore.

Se quest’ultima interviene dopo la dichiarazione dei redditi ed accerti la non imponibilità al reddito complessivo, è previsto un credito d’imposta di ammontare pari alle imposte già versate ma non dovute.

L’art. 26 del TUIR dispone con chiarezza che

“i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale,… per il periodo d’imposta in cui si è verificato il possesso”.

La tesi dell’Agenzia delle Entrate in merito ai canoni non riscossi

L’Agenzia delle Entrate con Circolare Ministeriale del 21/05/2014 numero 11/E, si è espressa per quanto concerne contratti di locazione ad uso commerciale sul fatto che la rilevanza del canone pattuito, anziché della rendita catastale, opera fin quando risulta in vita il contratto di locazione.

Solo a seguito della cessazione della locazione, per scadenza del termine ovvero per il verificarsi di una causa di risoluzione del contratto, il reddito è determinato in base alla rendita catastale.

D’altronde, la Commissione Tributaria Regionale Toscana del 23/6/2015 n. 1160 accoglie la possibilità di usufruire della clausola risolutiva espressa inserita nel contratto di locazione per la risoluzione contrattuale facendo riferimento però a contratti ad uso abitativo.

Ne consegue che secondo tale interpretazione con la quale la CTR da ragione al contribuente non solo per gli immobili locati ad uso commerciale ma anche per gli immobili ad uso abitativo parrebbe possibile possibile non dichiarare i canoni non incassati ogni qualvolta si presenta una causa di risoluzione contrattuale (clausola risolutiva espressa 1456 c.c, diffida ad adempiere 1454 Codice Civile e azione di convalida di sfratto art. 657 c.p.c. e ss).

Immobili locati ad uso abitativo

Prima di poter analizzare le possibili soluzioni utili al contribuente per evitare l’assoggettamento a tassazione dei canoni d’affitto non incassati occorre specificare che l’art. 25 del TUIR definisce i redditi fondiari come quei redditi

“inerenti a terreni e fabbricati situati nel territorio dello stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano”.

Dato il carattere catastale dei redditi fondiari, quindi, vi è tassazione anche se un fabbricato non è abitato o locato.

Premesso ciò, la tassazione dei redditi da locazione segue quanto disposto dall’articolo 26 del TUIR secondo cui:

i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale,… per il periodo d’imposta in cui si è verificato il possesso “.

Il locatore-persona fisica che non incassa i canoni d’affitto contrattualmente convenuti, è danneggiato due volte: una prima perché perde il reddito derivante dall’investimento immobiliare, e una seconda perché in base all’art. 26 del TUIR, egli è costretto a dichiarare i canoni da locazione a prescindere dal fatto che siano incassati o meno (principio di percezione).

Sentenza di sfratto e credito d’imposta

In buona sostanza la norma obbliga il contribuente a dichiarare i canoni d’affitto risultanti da un contratto di locazione vigente, indipendentemente dal loro incasso.

È prevista, però un’eccezione alla regola generale, dettata dall’art. 8, c. 5, della L. 09/12/1998 n. 431 la quale è intervenuta integrando l’art. 26 del TUIR che al comma 1 testualmente recita:

“i redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito d’imposta di pari ammontare”.

Quindi, le soluzioni per evitare l’assoggettamento a tassazione dei canoni d’affitto percepiti ma non incassati, possono risolversi:

  • Ex-ante: Concedendo direttamente al contribuente la possibilità di non dichiarare tali canoni dal momento in cui si conclude una sentenza di convalida di sfratto per morosità del conduttore.
  • Ex-post: Concedendo al contribuente la possibilità di recuperare, attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta, la tassazione dei canoni dichiarati ma non incassati che sono stati considerati “non imponibili” da una sentenza di convalida di sfratto per morosità del conduttore.

In particolar modo, è possibile escludere i canoni non riscossi dal reddito complessivo attraverso la contemporanea sussistenza delle seguenti condizioni:

  1. L’IMMOBILE RISULTA LOCATO AD USO Rientrano nel concetto di immobili ad uso abitativo tutti gli immobili classificati nella categoria catastale A, ad eccezione della categoria A/10.
  2. IL CONDUTTORE DELL’IMMOBILE RISULTA MOROSO RISPETTO AI CANONI Il conduttore si intende moroso attraverso una puntuale verifica fattuale coordinando quanto stabilito dal contratto di locazione con le disposizioni di cui alla Legge del 27/07/1978 numero 392 all’art. 5, secondo cui “salvo quanto previsto dall’art. 55,
    il mancato pagamento dei canoni decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l’importo non pagato non superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell’art. 1455 del codice civile“.
  3. SI È CONCLUSO IL PROCEDIMENTO GIURISDIZIONALE DI CONVALIDA DI In particolar modo se quest’ultimo si è concluso:
  • Prima del termine della dichiarazione dei redditi: il contribuente può evitare di inserire in dichiarazione i canoni non incassati risultanti dal momento di conclusione della Da tale momento, il contribuente dovrà dichiarare il reddito fondiario sulla base delle disposizioni dettate dalla rendita catastale.
  • Successivamente al termine della dichiarazione dei redditi: il contribuente ha la possibilità di recuperare le imposte versate sui canoni dichiarati ma non incassati, attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta di pari Nello specifico, il credito d’imposta, può essere utilizzato senza limiti, alla prima dichiarazione dei redditi utile ed in ogni caso entro il termine di prescrizione decennale.

In base al momento in cui si conclude la sentenza di convalida di sfratto per morosità del conduttore, l’Agenzia delle Entrate con la circolare del 21/05/2014 numero 11/E, si è espressa chiaramente sul fatto che i

canoni non incassati non devono essere riportati nella relativa dichiarazione dei redditi se, entro il termine di presentazione della stessa, si è concluso il procedimento di convalida di sfratto per morosità e, nel caso in cui il giudice confermi la morosità del locatario anche per i periodi precedenti il provvedimento giurisdizionale, al locatore è riconosciuto un credito d’imposta di ammontare pari alle imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti”.

trattamento fiscale dei canoni di locazione non riscossi

Immobili locatui ad uso commerciale

La legge del 27/07/1978 n. 392 distingue gli immobili ad uso commerciale da quelli abitativi per l’attività che il conduttore svolge all’interno dell’immobile. Si può trattare di attività industriali, commerciali, artigianali, di lavoro autonomo ecc…

La disciplina degli immobili locati ad uso commerciale riguardante i canoni d’affitto non riscossi si differenzia da quella relativa agli immobili locati ad uso abitativo per il non riconoscimento del credito d’imposta anche in presenza di una sentenza di convalida di sfratto per morosità del conduttore.

La palese discriminazione fra locatori che concedono in locazione immobili ad uso commerciale da quelli che concedono in affitto immobili ad uso abitativo è stata destituita di fondamento da un’importante sentenza della Corte Costituzionale del 26/07/2000 n. 362.

Infatti la Corte afferma che la differenza di trattamento fra locazioni abitative e locazioni commerciali è motivata dal fatto che nelle locazioni di immobili ad uso commerciale il locatore può avvalersi di tutti gli strumenti previsti per provocare la risoluzione del contratto (clausola risolutiva espressa, diffida ad adempiere..) e ciò compensa l’assenza del diritto di richiedere credito d’imposta come avviene nelle locazioni abitative.

Un riferimento utile a chiarire quanto detto per gli immobili locati ad uso commerciale può essere dato dalla sentenza della Corte di Cassazione del 18/01/2012 n. 651.

Si discute sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 26 del TUIR sollevata in riferimento agli art. 53, 24 e 3 della Costituzione ponendo quindi una discriminazione nei confronti di coloro che concedono in affitto immobili locati ad uso commerciale piuttosto che concessi in locazione per finalità abitative.

La Corte di Cassazione stabilisce che per gli immobili locati ad uso commerciale non è previsto il rimborso Irpef relativo ai canoni di locazione non incassati (anche in presenza di una sentenza di convalida di sfratto che riconosca la non imponibilità a tassazione relativamente a quei canoni), perché l’art. 8, comma 5 della L. 09/12/1998 n. 431 si rivolge soltanto agli immobili locati ad uso abitativo.

La stessa Corte, richiamando la succitata sentenza della Corte costituzionale, si pronuncia ritenendo non fondata la controversia in oggetto in quanto il sistema di tassazione che presiede alle locazioni non abitative non risulta gravoso e irragionevole dal momento che il locatore può utilizzare tutti gli strumenti previsti per provocare la risoluzione del contratto di locazione (clausola risolutiva espressa, diffida ad adempiere, azione di convalida di sfratto).

E’ dunque oramai pacifico che la diversità di trattamento fra le due tipologia locative sia legittima.

Si tiene a precisare la citata C.M. n. 11/2014 chiarisce che in riferimento a locazioni non abitative si ritiene sufficiente il realizzarsi della clausola risolutiva espressa o di altre forme di interruzione del contratto.

In buona sostanza al fine di interrompere la tassazione dei canoni non è pertanto necessaria sentenza di convalida di sfratto ma è ritenuta sufficiente la prova di risoluzione del contratto come sopra meglio descritta.

Per converso nelle locazioni commerciali non spetta credito di imposta.

i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo per il periodo d’imposta in cui si è verificato il possesso“, sottolineava che “solo a seguito della cessazione della locazione, per scadenza del termine ovvero per il verificarsi di una causa di risoluzione del contratto, il reddito è determinato in base alla rendita catastale”(C.M. 11/2014).

Nota bene

In conclusione, la morosità del locatario “commerciale”, in presenza di una specifica clausola che risolve il contratto al verificarsi dell’inadempimento, con la successiva dichiarazione da parte del proprietario al conduttore di avvalersi della clausola, legittima il locatore a non dichiarare i canoni non riscossi senza necessariamente aspettare una pronuncia giudiziale.

Un’altra possibile soluzione (sulla falsariga di quella sopra indicata) alla problematica oggetto di disamina può essere quella di inserire nel contratto di locazione una clausola che preveda il cosiddetto “termine essenziale”.

Attraverso tale modalità il locatore viene autorizzato, in caso di inadempimento del conduttore, a inviare a quest’ultimo una diffida ad adempiere (art. 1454 c.c) con cui gli attribuisce un termine (di norma 15 giorni) entro cui effettuare il pagamento: se entro tale scadenza l’adempimento non avviene, il contratto si considera automaticamente risolto.

Come per la clausola risolutiva espressa, anche in questo caso il contribuente deve inviare all’Agenzia delle Entrate un’istanza di autotutela.

trattamento fiscale dei canoni di locazione non riscossi immobili commerciali

La CTR Toscana: l’ultima sentenza a favore del contribuente

Come disposto dalla recente sentenza della Commissione Tributaria Regionale Toscana del 23/06/2015 n. 1160, che tratta di un caso di locazione ad uso abitativo, il contribuente può evitare di dichiarare i canoni non incassati quando opera la clausola risolutiva espressa pattuita contrattualmente.

Infatti, la Commissione interpreta l’art. 26 del TUIR stabilendo che:

“in tema di imposte sui redditi, non può essere incluso nella base imponibile il reddito della locazione, corrispondente ai canoni non riscossi in ragione della risoluzione consensuale del contratto di locazione prima della scadenza, in quanto un contratto risolto non può essere considerato fonte di produzione di redditi, restando irrilevante la mancata registrazione della risoluzione, che risponde a mere finalità di pubblicità, senza incidere sul regime sostanziale del rapporto contrattuale”.

La clausola risolutiva espressa, come modalità tipica di risoluzione del contratto per inadempimento, è disciplinata dall’art. 1456 c.c che prevede la possibilità per le parti di pattuire la risoluzione del contratto nel caso in cui una o più delle obbligazioni che formano oggetto del regolamento contrattuale non siano esattamente adempiute.

Per cui se nel contratto viene inserita una clausola risolutiva espressa, si stabilisce che, al mancato pagamento anche di una sola rata (ma potrebbe prevedersi un limite superiore), il contratto si intenderà risolto.

In realtà la risoluzione non è un effetto propriamente immediato, ma necessita di una raccomandata A.R. con avviso di ricevimento, inviata dal locatore al conduttore con cui gli comunica che intende valersi della facoltà attribuitagli dal contratto di invocare la clausola risolutiva, e quindi, lo scioglimento della scrittura privata.

È altresì opportuno da parte del contribuente che si avvale della clausola risolutiva espressa, inviare all’Agenzia delle Entrate un’istanza di autotutela che dimostri la mancata riscossione dei canoni d’affitto al fine di evitare in sede di accertamento, il riconoscimento di un maggior reddito da locazione.

procedura da seguire per morosità conduttore

Nello specifico la CTR tratta il caso di un accertamento che la proprietaria riceve da parte dell’Agenzia delle entrate relativamente ad alcuni contratti di locazione ad uso abitativo registrati presso il comune di Lucca.

In particolar modo, la proprietaria dichiara il reddito da rendita catastale, e non da locazione, perchè i canoni locativi non le erano mai stati corrisposti dall’inquilino moroso.

Ciò viene provato dalla ricorrente attraverso l’inoltro al conduttore, con lettera raccomandata, di plurimi atti di messa in mora dove fra l’altro si fa espresso riferimento alla pattuita clausola risolutiva espressa.

Nota bene

La CTR considera corretto il comportamento del contribuente che non dichiara il reddito derivante da canoni di locazione non riscossi in quanto, nel contratto d’affitto, è presente una clausola risolutiva espressa che comporta la risoluzione del contratto in caso di inadempimento del conduttore.

Conclusione

Per concludere occorre sottolineare che la soluzione proposta dalla CTR Toscana di non tassare i canoni derivanti da locazioni di immobili ad uso abitativo a decorrere dal verificarsi di un motivo di risoluzione contrattuale (clausola risolutiva espressa) è certamente una scelta non gradita all’Agenzia delle entrate che senza dubbio tenterà di applicare rigidamente la disposizione di cui all’art. 26 TUIR che impone l’ottenimento della sentenza di convalida di sfratto.

Senonchè va comunque ricordata l’opportunità di inserire nei contratti di locazione ad uso abitativo clausola risoltiva espressa affinchè, nella speranza che la giurisprudenza si consolidi sul punto, in futuro il contribuente possa avvalersi della facoltà di non dichiarare i canoni non percepiti.

Si tiene a precisare infatti, che nella prassi professionale, non è raro imbattersi in situazioni in cui i canoni non incassati non siano stati dichiarati. Soccorre dunque tale pronuncia fornendo uno spunto difensivo.

21 dicembre 2015

Fabio Balestra

NdR: segnaliamo un ulteriore approfondimento sulla materia, del 12 giugno 2023: Canoni non percepiti e dichiarazione dei redditi

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