Cartella nulla se non motivata, se non specifica l’iter logico-giuridico da cui si origina la pretesa tributaria

è nulla la cartella di pagamento emanata in seguito a controllo formale se non specifica l’iter logico-giuridico da cui si origina la pretesa tributaria: analisi della diversa motivazione per i controlli formali ex articoli 36-bis e 36-ter che rilevano un debito del contribuente

E’ nulla la cartella di pagamento emanata in seguito a controllo formale se non specifica l’iter logico-giuridico da cui si origina la pretesa tributaria.

Quanto sopra è contenuto nella sent. n. 22489/2015 Cass. da cui emerge che la cartella di pagamento è illegittima se non è preceduta dalla comunicazione di irregolarità da inviare al contribuente ex art. 36-ter, c. 4, del Dpr n. 600/1973.

La cartella di pagamento è il documento che il concessionario della riscossione trasmette al contribuente dietro incarico dell’ente impositore (Agenzia delle entrate; enti locali, ecc). In essa sono specificate tutte le informazioni utili (il nome dell’ente creditizio, il nominativo del contribuente-debitore, la somma da versare, l’iter che Equitalia attiverà in caso di mancato pagamento nel termine dei 60 giorni). Nella cartella si trovano, inoltre, il dettaglio degli interessi, delle sanzioni e di tutte le altre spese, le indicazioni di come e dove pagare, presentare ricorso o richiedere una rateazione. Il ricorso può essere presentato per vizi propri della cartella ex art. 19, comma 3, D Lgs n. 546/92 (mancata notifica, prescrizione, errori nel calcolo ecc.).

L’onere della prova è a carico del ricorrente e anche in caso di contestazione di cartelle esattoriali è sempre a carico del contribuente che propone ricorso.

Controllo dell’ufficio

L’art. 36-ter del Dpr n. 600/1973 prevede che gli uffici periferici dell’amministrazione finanziaria procedono entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione, al controllo formale delle dichiarazioni delle dichiarazioni e dai sostituti d’imposta.

A seguito del controllo formale delle dichiarazioni, l’ufficio finanziario comunica al contribuente o al sostituto d’imposta l’esito del controllo indicando i motivi che hanno portato alla rettifica degli imponibili (art. 36 ter Dpr n. 600/1973). L’art. 36 ter del Dpr n. 600/1973 prevede che “L’esito del controllo formale è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute, dei contributi e dei premi dichiarati, per consentire anche la segnalazione di eventuali ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale entrai i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.

La cartella di pagamento deve essere preceduta, quindi, dalla comunicazione dell’esito del controllo, a pena di nullità, assolvendo la stessa d una precisa funzione di garanzia (cfr. Cass. n. 15311/2014).

La procedura di cui sopra (diversa da quella delineata nell’art. 36-bis in base al quale la notifica della cartella di pagamento avviene a seguito di controllo c.d. automatico), viene eseguita mediante preventivi controlli su dati e documenti esterni rispetto al contenuto cartolare della dichiarazione.

Tale notifica ex art. 36-bis Dpr 600/73 resta legittima anche nell’ipotesi che non sia stato preventivamente emesso l’avviso bonario, a condizione che la pretesa erariale consegua ad una mera divergenza tra somme dichiarate e somme versate, ulteriormente precisando che l’avviso rimane obbligatorio solo in caso di controllo formale ex  Art. 36-ter Dpr 600/73 (cfr. Cass. Sent. 1306/2015; CTR Toscana, Sez 30, 20/10/2015 n. 4513)

Fattispecie

Nel caso in esame l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso avverso la sentenza della CTR eccependo che la comunicazione inviata al contribuente ai sensi dell’art. 36-ter del Dpr n. 600/1973, fosse sufficiente ai fini della motivazione dell’atto impositivo notificato. Infatti i giudici di merito avevano accolto il ricorso del contribuente a cui era stata notificata una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo formale della dichiarazione dei redditi ex art. 36 ter del Dpr n. 600/1973. In particolare l’ufficio non aveva riconosciuto la detrazione dell’assegno di mantenimento corrisposto all’ex coniuge in quanto versato in unica soluzione.

La Suprema Corte ha ribadito che “La cartella di pagamento deve essere preceduta dalla comunicazione di cui al citato art. 36 ter, a pena di nullità,poiché tale comunicazione assolve ad una funzione di garanzia e realizza la necessaria interlocuzione tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente prima dell’iscrizione al ruolo”.

La procedura di cui all’art. 36-ter, diversamente da quella indicata all’art. 36-bis, si connota per l’effettuazione di controlli su dati e documenti esterni rispetto al mero contenuto cartolare della dichiarazione, che si risolvono per lo più nell’accertare la veridicità di quanto in essa riportato piuttosto che l’esistenza di errori di calcolo o interessi.

Tale comunicazione di irregolarità rappresenta, quindi, un atto amministrativo istruttorio, emesso dall’Agenzia delle entrate e relativo a somme non ancora iscritte a ruolo.

I giudici di legittimità hanno ritenuto che nel caso in esame si dava solo atto della rettifica dei dati indicati in dichiarazione sia per detrazioni di spese spettanti al 50% per inidoneità della documentazione presentata.

Tuttavia non essendo stato descritto il contenuto della cartella di pagamento, la Corte ha confermato l’invalidità della cartella in quanto dalla stessa non emergeva l’iter logico-giuridico che ha determinato l’Ufficio accertatore a iscrivere a ruolo gli importi asseritamente dovuti dal contribuente.

La giurisprudenza di legittimità in precedenza ha chiarito che le cartelle esattoriali sono nulle se non contengono l’indicazione della base di calcolo degli interessi, ossia omettano di indicare, in modo dettagliato, le aliquote applicate per ciascuna annualità, concludendo che saranno quindi illegittime “tutte le cartelle che riportino solo la cifra globale degli interessi dovuti, senza indicare come si è arrivati a tale calcolo, non specificando le singole aliquote prese a base delle varie annualità” (Cass. ordinanza n. 8934/2014).

La Cassazione ha, inoltre, esplicitamente statuito che non competono al contribuente indagini per ricostruire l’operato dell’Ufficio e decifrare un computo degli interessi “criptico e non comprensibile” e che “l’obbligo di una congrua, sufficiente ed intellegibile motivazione non può essere riservata ai soli avvisi di accertamento” e che “alla cartella di pagamento devono ritenersi comunque applicabili i principi di ordine generale indicati per ogni provvedimento amministrativo” Nel caso di specie non è stato in alcun modo esplicitato il conteggio degli interessi posti a ruolo con aliquote, periodo e tassi applicati con conseguente illegittimità dell’atto riscossivo (Cass. n. 4516/2012).

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26 novembre 2015

Enzo Di Giacomo