Accertamento: nullità dell’atto mai d’ufficio

la nullità degli atti tributari può essere eccepita solo ad istanza di parte già in primo grado e non può essere sollevata d’ufficio dal giudice

La nullità degli atti tributari può essere eccepita solo ad istanza di parte già in primo grado e non può essere sollevata d’ufficio dal giudice.

Quanto precede è contenuto nella sent. n. 1848/2015 della Corte di Cassazione da cui emerge che gli atti prodromici alla pretesa impositiva sottoscritti dai funzionari decaduti e non impugnati non sono nulli e l’eventuale nullità degli atti non può essere dichiarata d’ufficio. Non si può configurare, pertanto, il vizio di incompetenza che determina la nullità dell’atto amministrativo (per difetto di attribuzione, previsto dall’art. 21 septies legge n. 241/1990 ossia il vizio di cosiddetta “incompetenza assoluta”).

E’ bene ricordare che l’art. 42, c. 3, del Dpr n. 600/1973 prevede la sanzione di nullità dell’avviso di accertamento privo di sottoscrizione, mentre l’art. 39 disciplina il potere di accertamento dell’ufficio finanziario, che, in presenza di irregolarità contabili, può procedere ad accertamento analitico, utilizzando gli stessi dati forniti dal contribuente, mentre quando riscontri un’inattendibilità globale delle scritture è autorizzato ai sensi del secondo comma a procedere al metodo induttivo.

Nel caso di specie una società ha impugnato alcune cartelle di pagamento legate ad avvisi di accertamento divenuti definitivi in quanto gli atti risultavano sottoscritti in modo illeggibile, prive di timbro e della qualifica del funzionario competente senza possibilità di risalire al Capo dell’ufficio. In primo grado la CTP ha respinto il ricorso, mentre i giudici tributari di appello hanno ritenuto che la mancanza di uno degli elementi essenziali (sottoscrizione) rendesse la totale invalidità dell’atto impositivo.

La Suprema Corte, accogliendo la tesi dell’amministrazione finanziaria, ha ritenuto che la sanzione di invalidità di cui all’art. 42 del Dpr. n. 600/1973 (il vizio di sottoscrizione, di motivazione o di mancata allegazione dei documenti), si configura come vizio di legittimità che può essere dedotto dal contribuente solo attraverso di motivi di ricorso dinanzi alla CC.TT. entro il termine di decadenza di sessanta giorni ex art. 21 D Lgs n. 546/92 e non può essere rilevato d’ufficio dal giudice.

La natura impugnatoria del giudizio tributario, come rilevato più volte dalla giurisprudenza di legittimità determina che le nullità di diritto tributario devono essere eccepite dalla parte e non possono essere rilevate di ufficio. Infatti l’eccezione di nullità dell’atto tributario ha natura di eccezione ad istanza di parte, come previsto dall’art. 61, c. 2, del Dpr n. 600/73.

 

I giudici di legittimità hanno ritenuto errato l’iter logico-giuridico seguito dalla CTR che ha qualificato come carenza di un elemento essenziale dell’avviso la mancata indicazione della qualifica del funzionario incaricato nonché la firma illeggibile; tale carenza va qualificata come vizio di incompetenza che è deducibile in via esclusiva ad istanza del contribuente come vizio di invalidità-annullabilità dell’atto impositivo.

La decisione in esame risulta interessante in quanto affronta, pur non entrando nel merito, la questione riguardante gli atti sottoscritti dai funzionari dell’Agenzia delle entrate la cui nomina è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale (sent. n. 37/2015). La Corte di Cassazione, infatti, rileva che la firma apposta dal funzionario incaricato non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, derivandone che il contribuente è tenuto ad eccepire l’eccezione di nullità sin dal ricorso introduttivo. Pertanto la Corte, pur non esprimendosi sulla validità degli atti sottoscritti dai funzionari “incaricati”, accogliendo la tesi erariale, afferma la nullità degli atti ritenuti illegittimi se non eccepiti tempestivamente dal contribuente.

 

24 novembre 2015