Le irregolarità formali non pregiudicano il diritto alla detrazione dell'IVA, conta la sostanza

la recente giurisprudenza di Cassazione ha riconosciuto il diritto alla detrazione dell’Iva, valutando la sussistenza dei requisiti sostanziali, indipendentemente dal rispetto delle condizioni formali

Nel corso dell’anno 2015 si è consolidato con maggior vigore un orientamento della Corte di Cassazione che ha riconosciuto il diritto alla detrazione dell’Iva valutando la sussistenza dei requisiti sostanziali, indipendentemente dal rispetto delle condizioni formali. La sentenza della Suprema Corte n. 18925/2015 ha riconosciuto la spettanza del diritto alla detrazione anche se le relative fatture di acquisto non sono state registrate. Nello stesso senso si è espressa la sentenza n. 5400/15 riguardante una fattispecie diversa, ma che nella sostanza afferma il medesimo principio. La controversia riguardava un’irregolarità formale avente ad oggetto la nomina di un rappresentante fiscale di una società olandese.

L’Agenzia delle entrate ha contestato il diritto alla detrazione in quanto il rappresentanze fiscale si è limitato ad ottenere l’attribuzione del numero di partita Iva senza accreditarsi preventivamente. l’Agenzia delle entrate ha sostenuto che in base alla legge il rappresentante fiscale deve risultare da atto pubblico, da scrittura privata autenticata o da lettera annotata in apposito registro presso l’ufficio competente, avendo riguardo al domicilio fiscale del rappresentante o del soggetto rappresentato.

 

La soluzione della Cassazione ha ritenuto che il rappresentante fiscale è legittimato ad operare sulla base della mera comunicazione prevista dall’art. 35 del Decreto Iva. La legittimazione proviene dall’art. 1, comma 4 del D.P.R. n. 441/1997. Diversamente, sarebbe posto a carico del rappresentante fiscale un duplice adempimento formale che contrasta con la ratio semplificativa delle disposizioni di cui al citato decreto.

La Corte di Cassazione ha affermato, senza mezze misure, che un’interpretazione rigidamente formalistica, come quella proposta dall’Agenzia delle entrate, finirebbe con il pregiudicare il principio di neutralità del tributo. L’interpretazione fornita dall’Amministrazione finanziaria si porrebbe in evidente contrasto con la ratio di semplificazione di cui al D.P.R. n. 441/1997.

Il diritto alla detrazione del tributo è strettamente collegato ai requisiti sostanziali. Pertanto, una volta accertato che i requisiti sostanziali sono stati soddisfatti non possono essere imposti, a carico del soggetto passivo, ulteriori condizioni che rischiano di vanificare l’esercizio del diritto medesimo.

La soluzione è perfettamente in linea con la concreta attuazione del principio di neutralità quale caratteristica essenziale dell’imposta sul valore aggiunto. Non possono essere imposti ai contribuenti oneri formali che rischiano la trasformazione del credito Iva in un costo a causa dell’indetraibilità del tributo. Gli oneri formali assolvono la finalità di evitare il rischio di possibili comportamenti fraudolenti. Pertanto se il contribuente è comunque in grado di dimostrare la veridicità dell’operazione che è stata effettivamente posta in essere, quindi la sussistenza dei requisiti sostanziali, sarebbe illegittimo negare il diritto alla detrazione dell’Iva.

Nel caso in esame il Fisco non ha mai contestato alla società olandese alcuna violazione se non il mancato accreditamento del rappresentante fiscale in Italia. Pertanto al fine di riconoscere il diritto alla detrazione dell’Iva “va affermata la sufficienza della dichiarazione di inizio/variazione attività (mod. AA7/6)”. L’irrilevanza dei requisiti formali deve essere riconosciuta a condizione che l’Agenzia delle entrate disponga delle informazioni necessarie al fine di accertare la sussistenza dei requisiti sostanziali. Risulta così confermato che la finalità dei requisiti sostanziali è solo di tipo probatorio. Se a seguito del mancato accreditamento del rappresentante fiscale l’Amministrazione finanziaria non è in grado di verificare i requisiti sostanziali dell’operazione la ripresa a tassazione del tributo detratto deve essere considerata legittima. Non sembra, però, che il mancato accreditamento sia in grado di ostacolare tale verifica. Pertanto la soluzione della Corte di Cassazione è ragionevolmente condivisibile.

20 ottobre 2015

Nicola Forte