Il reato di produzione di falsa documentazione al Fisco

dal 2012 è prevista la punibilità ai sensi del codice penale per chi esibisce o trasmette al Fisco atti o documenti falsi in tutto o in parte ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero; tale reato può essere estremamente insidioso per il profesionsita che assiste un cliente in fase di contenzioso

Il “decreto Monti”, D.L. 201/2011, convertito nella L. 214/2011 (c.d. “salva Italia”) con l’art. 11, comma 1 (entrato in vigore il 7.12.2011), ha previsto la punibilità ai sensi del codice penale per chi, previa richiesta dell’Amministrazione Finanziaria (Agenzia delle Entrate o GdF) nell’esercizio dei poteri di cui agli artt. 32 e 33 del DPR 600/73, e agli artt. 51 e 52 del DPR 633/72, esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero.

In sostanza la norma prevede che le violazioni indicate siano perseguite alla stregua delle false autocertificazioni disciplinate dal DPR n. 445/2000.

La nuova fattispecie di reato tributario si articola in due distinte condotte:

  1. esibizione o trasmissione di atti o documenti falsi;

  2. e di comunicazione di dati e notizie non rispondenti al vero, a seguito di legittime richieste dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza.

Si tratta di una fattispecie che rientra nella generale categoria di FALSO (IDEOLOGICO E MATERIALE), fuori del corpus normativo del D.Lgs. 74/2000.

In molti casi le informazioni sono fornite dallo stesso contribuente controllato, o da soggetti ad esso collegati per convergenza di interessi economici, e purtroppo sono caratterizzate da mendacio, finalizzato a evitare la scoperta dell’evasione.

Dunque, la strategia del legislatore sembra muoversi in una duplice direzione:

  • da un lato, nei confronti dei soggetti diversi dal contribuente nei confronti dei quali pure possono indirizzarsi le richieste degli accertatori, per ottenere con la comminatoria della sanzione penale un atteggiamento di lealtà e di collaborazione nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria;

  • dall’altro, nei confronti dello stesso contribuente, per imporre un ulteriore deterrente dalla commissione di violazioni tributarie, con la creazione di un obbligo sulle stesse eventualmente commesse di non fornire documenti falsi e qualora queste costituiscano reato, di non mentire.

FALSO MATERIALE IN DIRITTO PENALE

In diritto penale, si ha falso materiale quando un documento è stato oggetto di:

  • contraffazione, nel senso che il documento è stato posto in essere da persona diversa da quella che appare esserne l’autore;

  • alterazione, nel senso che al documento, redatto da chi ne appare l’autore, sono state apportate, posteriormente alla sua redazione, modifiche di qualsiasi genere da parte di altro soggetto non legittimato.

FALSO IDEOLOGICO

Il “falso ideologico” si ha quando i “falsi documenti” contengono delle dichiarazioni non rispondenti al vero”.

La nuova fattispecie di reato in esame è costituita dunque da due tipologie di condotta, il cui presupposto è costituito dalle richieste, nell’ambito dei loro poteri di accertamento, di Agenzia Entrate e Guardia di Finanza:

  1. La prima consiste nell’esibire o trasmettere atti o documenti in tutto o in parte falsi;

  2. la seconda nel fornire dati e notizie non rispondenti al vero.

La disposizione che concerne la seconda condotta si applica solo se a seguito delle richieste si configurano le fattispecie penali previste dal d.lgs. 74/2000.

Sono entrambe condotte commissive, che richiedono pertanto un comportamento attivo.

La mera omissione, cioè il non rispondere alle richieste degli organi accertatori, non ha rilevanza penale, ma solo amministrativa con la relativa sanzione pecuniaria disposta dall’art. 11 D.lgs. 471/97. Per questa ragione molti destinatari delle richieste saranno indotte al silenzio.

Si evidenzia che la sanzione amministrativa, in caso di mancata ottemperanza alle richieste, sarebbe esclusa quando l’autorità finanziaria sia già in possesso o possa reperire presso altre amministrazioni i documenti o i dati richiesti, in base a quanto previsto dall’art. 7, c. 1, lett. f, DL n. 70/2011, convertito nella L. 106/2011.

DOLO

L’elemento soggettivo è costituito dal dolo generico. È sufficiente, quindi, la coscienza e volontà di esibire o trasmettere atti o documenti in tutto o in parte falsi ovvero di fornire dati e notizie non rispondenti al vero, in presenza di legittima richiesta dell’Agenzia Entrate o della Guardia di Finanza.

Non sono dunque necessarie finalità particolari quali quella di sviare o ostacolare l’accertamento o quella di occultare violazioni precedentemente commesse. È pertanto ammessa la configurazione anche del dolo eventuale.

Si ritiene opportuno (così come previsto per le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà) che, nelle richieste, il destinatario venga avvertito previamente delle conseguenze penali della falsità; ciò nell’ottica di mettere il destinatario a conoscenza dell’esistenza dell’obbligo e delle conseguenze della sua violazione (art. 48, c. 1, dpr 445/2000).

SANZIONE (massimo di pena edittale di 2 anni)

La previsione normativa della pena non è affatto chiara e si presta a dubbi interpretativi: viene infatti effettuato un rinvio “è punito ai sensi … all’art. 76 dpr 445/2000 in materia di dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà, norma che a sua volta lascia indefinita la pena con un rinvio alle sanzioni previste ‘ai sensi del c.p. e delle altre leggi speciali in materia’”.

L’individuazione della pena appare incerta.

Qualcuno ha ritenuto d’individuare la norma di riferimento nell’art.483 c.p. trattandosi dell’unica fattispecie che prevede la condotta del privato che rilasci una dichiarazione a un pubblico ufficiale, condotta che può essere ricondotta a quella contemplata nella previsione in esame.

Altri hanno ritenuto richiamare la sanzione prevista dall’art. 489 c.p.; altri agli artt. 477-483 e c.p..

È da ritenere plausibile una sanzione che tenga conto della natura materiale ovvero ideologica del falso. Comunque, per qualsiasi soluzione si ritiene di adottare un massimo di pena edittale di 2 anni.

COMPETENZA

La competenza per territorio è determinata, secondo le regole ordinarie stabilite dall’art. 8, dal luogo in cui il reato è stato consumato, ove cioè l’autorità richiedente ha ricevuto i documenti o le risposte false; la competenza per materia spetta, con citazione diretta, al Tribunale in composizione monocratica.

Il limite edittale comminato non permette il ricorso ad arresto in flagranza, fermo di indiziato di reità e misure cautelari personali (coercitive o interdittive). Neppure sono consentire le intercettazioni.

L’imputato può invece chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 168-bis c.p., introdotto dall’art. 3 L.67/2014.

Il termine di prescrizione sarà quello ordinario di 6 anni, considerato che al reato non si applica l’art. 17 d.lgs. 74/2000.

D.L. 6/12/2011, n. 201 (convertito con modificazioni dalla L. 22/12/2011, n. 214) “recante disposizioni urgenti per la crescita, equità e consolidamento dei conti pubblici”.

  • Art.11 (Emersione di base imponibile): chiunque, a seguito delle richieste effettuate nell’esercizio dei poteri di cui agli artt. 32 e 33 del dpr 600/73, e agli artt. 51 e 52 del dpr 633/72, esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero è punito ai sensi dell’art.76 del dpr 445/2000. La disposizione di cui al primo periodo, relativamente ai dati e alle notizie non rispondenti al vero, si applica solo se a seguito delle richieste di cui al medesimo periodo si configurano le fattispecie di cui al d.lgs. 74/2000.

In linea di principio, chiunque è soggetto destinatario della norma: amministratori di società, soci di società e associazioni, imprenditori individuali, professionisti, privati cittadini, banche, assicurazioni.

In pratica può riguardare i soggetti nei cui confronti sia in corso un controllo fiscale della Guardia di Finanza o dell’Agenzia delle Entrate, i soggetti destinatari di un controllo fiscale incrociato, i professionisti a cui viene richiesto di fornire dati circa i rapporti con i propri clienti.

Si evidenzia che a seguito della richiesta dell’Amministrazione Finanziaria, nel caso si fornissero “Fatture false”, si incorrerebbe in due distinti reati (con l’effetto del cumulo dei reati):

  1. Utilizzo o emissione di Fatture per operazioni inesistenti (previsto dal d.lgs. 74/2000);

  2. Esibizione di documenti falsi (previsto dal D.L. 201/2011).

Invece, nell’ipotesi in cui si dovessero fornire solo notizie non rispondenti al vero e, non si configurano le fattispecie di cui al d.lgs. 74/2000, non si avrebbe alcuna conseguenza penale.

DPR N.445 DEL 28/12/2000 – Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.

  • Art.76 (Norme penali):Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale (artt.482 e 483 c.p.) e delle leggi speciali in materia.

L’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso.

Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell’articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale.

Se i reati indicati nei commi 1, 2 e 3 sono commessi per ottenere la nomina ad un pubblico ufficio o l’autorizzazione all’esercizio di una professione o arte, il giudice, nei casi più gravi, può applicare l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione e arte.

Art.482 c.p. (Falsità materiale commessa dal privato) Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 (rispettivamente di Falsità materiale in atti pubblici; Falsità materiale in certificati o autorizzazioni amministrative; Falsità materiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti)è commesso da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell’esercizio delle sue funzioni, si applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.

Art. 483 c.p. (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico)Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.

Art. 476 c.p. (Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici)Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni.

Art. 477 c.p. (Falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative)Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 478 c.p. (Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti)Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, supponendo esistente un atto pubblico o privato, ne simula una copia e la rilascia in forma legale, ovvero rilascia una copia di un atto pubblico o privato diversa dall’originale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a otto anni. Se la falsità è commessa dal pubblico ufficiale in un attestato sul contenuto di atti, pubblici o privati, la pena è della reclusione da uno a tre anni.

L’art. 11, comma 1, D.L. 201/11 citato, prevede sanzioni penali per coloro che esibiscono documenti falsi in sede di controllo ovvero comunicano notizie non rispondenti al vero. In particolare rischia sanzioni penali chiunque,

  • a seguito delle richieste da parte degli organi di accertamento effettuate nell’esercizio dei poteri di cui agli artt.32 (Poteri degli Uffici) e 33 (Accessi, verifiche e ispezioni), dpr 600/1973, nonché degli artt.51 (Attribuzioni e poteri degli uffici IVA) e 52  (Accessi, verifiche e ispezioni), dpr 600/1972,

  • esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte,

  • ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero, nell’ipotesi che ricorrano le fattispecie fiscali penalmente rilevanti di cui al d.lgs. 74/2000.

In pratica, tutto quello che viene esibito, trasmesso o comunque reso noto al Fisco a fronte di una sua richiesta (per esempio gli inviti ad esibire documentazione o fornire chiarimenti, i questionari per reperire dati, notizie e documenti sul contribuente o su talune operazioni…), è considerato una vera e propria autocertificazione ai sensi del dpr 445/2000, con quel che ne consegue in termini di punibilità, in caso di rilascio dichiarazioni mendaci o forma atti falsi o ne fa uso ai sensi dello stesso decreto.

La fattispecie di reato è riconducibile all’art. 76, dpr 445/2000, nonché alle disposizioni di cui agli artt. 482 e 483 c.p.in materia di falsità materiale e ideologica, puniti con la reclusione fino a tre anni.

Si precisa che:

  • nel caso di esibizione di documenti falsi la fattispecie di reato si configura in maniera autonoma rispetto agli eventuali altri reati (Per esempio esibire fatture false comporta la commissione di due reati: quello di false fatturazioni e quello di esibizione di documenti falsi);

  • Invece, nel caso di comunicazioni di informazioni o dati non rispondenti al vero la sanzione penale scatta solo nel caso in cui si configura un reato in base al d.lgs. 74/2000.

Si evidenzia che prima della norma in commento, le reticenze e le omissioni del contribuente, in sede di risposta a questionari o inviti a contradditori, risultavano punite con la sanzione amministrativa da €.206 a €.1.032 (art. 11, c. 1, D.Lgs 471/1997).

In base al tenore letterale della norma, si evince che l’ambito applicativo riguarda le indicazioni mendaci fornite in  sede di verifica ovvero, di richiesta di dati e notizie comprese le informazioni riportate nei P.V.C..

Pertanto, è da ritenere che siano escluse:

  • le comunicazioni di dati e notizie riconducibili ai beni concessi in godimento ai soci;

  • le comunicazioni rilevanti ai fini dello spesometro;

  • i dati contenuti negli studi di settore;

  • le informazioni non rispondenti al vero comunicate da terzi non interessati agli accertamenti (per esempio questionari a clienti di soggetti sottoposti a controlli) perché l’eventuale reato tributario sarebbe imputabile non a loro bensì a persone diverse (soggetto sottoposto a controllo).

Alla luce della norma in commento, si evidenzia che il professionista, in sede di verifica fiscale nei confronti dei propri clienti, deve prestare la massima attenzione ai documenti trasmessi e alle dichiarazioni rilasciate. Egli può cautelarsi facendo scrivere nel verbale giornaliero delle operazioni compiute, o in altro documento consegnato ai verificatori, frasi del seguente tenore:

  • si tratta di documenti fatti pervenire dal cliente … con riferimento ai quali il sottoscritto non ha effettuato alcuna modificazione.”

  • con riferimento ai quesiti sottoposti si forniscono le relative risposte premettendo che i contenuti degli stessi sono stati riferiti al sottoscritto dal legale rappresentante della società …”.

Eventualmente, se è possibile e legittimo, si può opporre il diniego di collaborazione, perché anche da errori o dimenticanze possono derivare conseguenze pesanti.

Si evidenzia che la “mera reticenza”, anche laddove non giustificata, è sanzionata soltanto in via amministrativa, con la multa da €.258 a €.2.065, ai sensi dell’art.11, d.lgs. 471/97.

Al riguardo, si evidenzia che in base all’art. 7, c. 1, lettera f), D.L 70/2011, convertito nella L. n.106/2011, “i contribuenti non devono fornire informazioni che siano già in possesso del Fisco e degli enti previdenziali ovvero che da questi possono essere direttamente acquisite da altre Amministrazioni”.

Pertanto, è legittimo che il contribuente o il professionista in sede di richiesta dati, notizie e documenti da parte dell’Amministrazione Finanziaria, ex artt.32 e 33 dpr 600/73, opponga il suo diritto di non esibire, trasmettere o fornire nulla, allorquando si tratta di informazioni e documenti già in possesso della P.A. (per esempio allorquando si tratti di bilanci, di beni immobili e mobili registrati, qualsiasi rapporto con intermediari finanziari).

Abbiamo predisposto un facsimile per tutelare il professionista da questo specifico reato, clicca qui…

30 ottobre 2015

Antonino Pernice