I nuovi limiti previsti per il pignoramento e la cessione della retribuzione e del TFR

il recente decreto sulle procedure fallimentari ed esecutive ha introdotto nuovi limiti e nuove regole per il pignoramento della retribuzione (pensioni e stipendi): una prima analisi delle novità

 

Con l’entrata in vigore del D.L. n. 83/2015 convertito nella L. n. 132/2015, norma recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile, sono stati introdotti nuovi limiti e nuove regole per il pignoramento della pensione e dello stipendio, attraverso la modifica degli articoli del Codice di Procedura Civile che lo regolano.

Di seguito, dunque, faremo il punto della situazione sotto l’aspetto normativo, con particolare riferimento al pignoramento delle retribuzioni, nonché nel caso di concorso tra il pignoramento e le cessioni dello stipendio, alla luce delle novità recentemente introdotte.

PIGNORAMENTO: OBBLIGHI PER IL DATORE DI LAVORO E DETERMINAZIONE DELL’IMPORTO DA TRATTENERE

L’azienda datrice di lavoro alla quale venga notificato un atto di pignoramento è tenuta al rispetto di alcuni adempimento nonchè dei limiti di pignorabilità previsti dalla legge, questo in quanto, dal giorno in cui viene notificato l’atto di pignoramento, è soggetta agli obblighi che la legge impone al custode, ai sensi dell’art. 546 c.p.c.

Per quanto concerne il pignoramento, come disciplinato dall’art. 545 c.p.c., le somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento (per esempio l’indennità sostitutiva del preavviso), possono essere pignorate nel rispetto dei seguenti limiti:

  • nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o dal giudice delegato per crediti alimentari;

  • nella misura di 1/5 per i tributi dovuti allo Stato, alle province ed ai comuni (mentre per la pignorabilità da parte dell’agente della riscossione sono previste regole particolari);

  • nella misura di 1/5 per ogni altro credito.

 

Qualora sussista concorso tra più crediti di diversa natura, i limiti di capienza della retribuzione pignorata sono i seguenti:

  • per il concorso di crediti tra cui quelli di natura alimentare, il pignoramento non può eccedere la metà dello stipendio;

  • per il concorso di crediti diversi da quelli alimentari, il limite di capienza è pari ad 1/5.

 

Inoltre, è opportuno segnalare che per effetto di diversi interventi giurisprudenziali, anche il trattamento di fine rapporto è da considerarsi pignorabile e sequestrabile nei limiti stabiliti dall’art. 545 c.p.c.

Fatti salvi i limiti precedentemente descritti, con riferimento al pignoramento presso terzi disposto dall’Agente di riscossione, l’art. 3 c. 5 del D.L. n. 16/2012 conv. nella L. n. 44/2012, ha previsto che le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall’Agente della riscossione nelle seguenti misure:

  • 1/10 qualora la retribuzione pignorata sia di importo fino a 2.500 euro;

  • 1/7 qualora la retribuzione pignorata sia di importo compreso tra 2.500 e 5.000 euro;

  • 1/5 qualora la retribuzione pignorata sia di importo superiore a 5.000 euro.

Ritornando alle modifiche introdotte dalla L. n. 132/2015 con riferimento al pignoramento delle retribuzioni, tale norma ha aggiunto due commi all’art. 545 c.p.c., prevedendo che le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale (per l’anno 2015 pari a euro 1.345,56), quando l’accredito abbia luogo in data anteriore al pignoramento.

Quando, invece, l’accredito abbia luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nel rispetto dei limiti precedentemente analizzati.

La novella normativa si applica esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del D.L. n. 83/2015, ovvero dal 27 giugno 2015, non avendo subito modifiche in fase di conversione.

Sul punto è opportuno rammentare che il pignoramento eseguito in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti è parzialmente inefficace e l’inefficacia è rilevata dal giudice, anche d’ufficio.

 

Quanto alle modalità di calcolo delle trattenute, il D.P.R. n. 180/1950 prevede che le quote che sono oggetto di pignoramento e sequestro, nei limiti indicati, si determinano sull’importo della retribuzione calcolata al netto delle trattenute previdenziali e delle ritenute fiscali, così come risultante dal cedolino paga.

Esistono inoltre delle somme, legate al rapporto di lavoro, che non possono essere oggetto di pignoramento:

  • gli assegni per il nucleo familiare: non possono essere sequestrati, pignorati o ceduti se non per causa di alimenti a favore di coloro per i quali gli assegni sono corrisposti;

  • i sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza.

CONCORSO TRA CESSIONE SEQUESTRI E PIGNORAMENTI DELLA RETRIBUZIONE

Sempre in materia di limiti quantitativi, l’art. 68 del D.P.R. n. 180/1950 disciplina l’ipotesi del cumulo della cessione e del pignoramento della retribuzione.

Il cumulo può verificarsi in due distinte ipotesi:

  1. CESSIONE SUCCESSIVA AL PIGNORAMENTO: quando l’atto di cessione della retribuzione è posto in essere dopo il pignoramento, la cessione della retribuzione, fermo il limite di 1/5, non può eccedere la differenza tra i 2/5 della retribuzione (al netto delle trattenute) e la quota colpita da sequestri e pignoramenti.

Esempio: se la retribuzione al netto delle trattenute è pari a 1.000 ed è intervenuto un pignoramento nel limite di 1/5 (200), la quota di retribuzione cedibile è pari alla differenza tra i 2/5 di 1.000 (400) e la quota pignorata (200), ovvero sarà pari a 200.

 

  1. CESSIONE ANTECEDENTE AL PIGNORAMENTO: nel caso in cui la cessione sia stata perfezionata e notificata anteriormente al pignoramento, quest’ultimo sarà consentito solo per la differenza tra la metà dello stipendio e la quota già ceduta dal lavoratore, fermi i limiti previsti in caso di sussistenza di crediti alimentari e in caso di concorso tra crediti alimentari e crediti di altra natura.

Esempio: se la retribuzione netta è pari a 1.000 e vi è stata una cessione nei limiti del 1/5 (200), un eventuale successivo pignoramento potrà essere eseguito per un importo che non oltrepassi la differenza tra la metà dello stipendio (500) e la quota ceduta (200) ossia (non oltre) 300, ma fatti salvi i limiti di precedentemente descritti (generalmente 1/5).

Di conseguenza, si potrà arrivare fino alla quota di 300 solo nel caso di concorso tra crediti alimentari e crediti di altra natura.

Ciò significa che esiste un doppio limite: quello concernente i singoli pignoramenti o sequestri e l’altro nell’ipotesi di coesistenza di pignoramenti, sequestri e cessioni della retribuzione.

20 ottobre 2015

Sandra Paserio e Giulia Vignati