Il bar all'interno all'associazione: guida alla fiscalità con schema pratico

la gestione di un bar interno ad un circolo associativo presenta una serie di dubbi fiscali, anche perchè il regime di favore previsto per gli enti non commerciali prevede l’utilizzo del bar solo ed esclusivamente per usi ‘non commerciali’

il bar nell'associazione senza fini di lucroLa disciplina che regola la normativa fiscale degli enti e associazioni con finalità non lucrative è sancita dagli art. 148 TUIR ai fini reddituali, e dall’art. 4 DPR 633/72 ai fini Iva.

Sulla interpretazione di tali norme in tema di somministrazione di alimenti e bevande è intervenuta più volte la giurisprudenza (sentenza Corte di Cassazione 30/03/2007 n. 7953, Sentenza della Corte Costituzionale 19/11/1992 n. 467) e la prassi (C.C. M.M. 12/05/1998, n 124/E e 16/07/1998 n. 188/E, Risoluzione 21/05/2001, n. 75/E) definendo il corretto trattamento fiscale in merito alla gestione di un bar da parte di una associazione.

Si procede di seguito ad esaminare i principali aspetti fiscali della gestione di attività di bar da parte di enti di tipo associativo prestando particolare attenzione alle Associazioni di Promozione Sociale.

 

 

Il regime fiscale agevolato delle associazioni

Come noto alle associazioni è rivolto uno specifico trattamento fiscale che prevede l’esenzione dall’imposizione fiscale dei proventi derivanti dall’esercizio dell’attività istituzionale e delle attività direttamente connesse con la stessa.

Ai sensi del comma 1 dell’articolo 148 TUIR non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Tale esenzione deriva dal fatto che l’esercizio dell’attività istituzionale di una associazione non è da considerarsi commerciale.

Il comma 3 dell’articolo 148 stabilisce che non si considerano mai commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonche’ le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati a condizione che si tratti di:

  • associazioni politiche,
  • sindacali e di categoria,
  • religiose,
  • assistenziali,
  • culturali,
  • sportive dilettantistiche,
  • promozione sociale
  • e di formazione extra-scolastica

 

E’ chiaro che fondamentale importanza è assunta dall’esercizio effettivo di una attività associativa da parte dell’ente che appalesi una concreta attività dell’associazione.

In secondo luogo, ma non per importanza, è essenziale che l’attività sia esercitata solo nei confronti degli associati.

L’agevolazione non si applica all’attività di somministrazione di pasti che è sempre considerata dal TUIR commerciale anche a fronte del pagamento di corrispettivi specifici.

La norma è confermata ai fini IVA dalla lettera d) del periodo 1 del 5 comma dell’articolo 4 del DPR 633/72 che prevede che sono sempre considerate commerciali le attività di gestione di mense e di somministrazione di pasti da chiunque siano esercitate, compresi gli enti non commerciali e anche gli enti pubblici.

 

Regola generale su “BAR INTERNO”

Art. 148 Tuir , comma 4 (IRES)
Art. 4 , comma 5 , lettera d) del DPR 633/72 (IVA)
La somministrazione di pasti è sempre attività commerciale

 

 

Le attività connesse e la gestione del bar interno di una associazione

Per delimitare l’area di esenzione dei proventi conseguiti e dare una definizione di attività direttamente connesse si è espressa la Corte Costituzionale con sentenza del 19/11/1992 n. 467, citata dalla C.M. 12/05/1998 n. 124/E, che ha sancito che per definire l’attività istituzionale, oltre a far riferimento a quanto specificamente indicato nell’atto costitutivo o nello statuto , è necessario valutare la reale natura dell’ente alla stregua dei criteri obbiettivamente riscontrabili e non solo sulla base di un’autoliquidazione risultante dalla sole indicazioni statutarie.

Il legislatore subordina l’applicazione del regime di favore alla circostanza che l’anzidetta attività costituisca il naturale completamento degli scopi specifici e particolari dell’ente associativo.

Infatti, sempre la Circolare del 98 afferma che:

le attività cd “accessorie dell’attività istituzionale” per essere considerate in “diretta attuazione degli scopi istituzionali” devono anch’esse costituire il naturale completamento degli scopi specifici e particolari dell’ente/associazione.

Successivamente la R.M. 21/05/2001, n. 75/E sottolinea che l’accessorietà di una attività presuppone un collegamento non solo sul piano funzionale, ma anche e soprattutto su un piano meramente materiale, nel senso che la stessa non deve potersi configurare come un’attività commerciale esercitabile anche separatamente dall’attività istituzionale.

In riferimento alla gestione di un bar da parte di enti, associazioni o circoli privati l’Agenzia delle Entrate si è espressa affermando che detta attività, ancorché il servizio sia destinato ai singoli associati, non può essere ricompresa tra le attività istituzionali dell’associazioni (Risoluzione 17/07/1995, n. 217/E).

Sulla stessa linea anche la maggior parte della giurisprudenza che ha portato, per lo più, i giudici a sostenere l’impossibilità di ricondurre l’esercizio dell’attività di bar alle finalità istituzionali dell’associazione.

Per tutte si cita la sentenza della Corte di Cassazione 30/03/2007 n. 7953:

“la gestione di esercizi bar-caffè, per la mescita di bevande ai propri associati, effettuata verso il pagamento di corrispettivi specifici, non rientra in alcun modo fra le finalità istituzionali di un club sportivo, culturale o ricreativo e, quindi, devesi ritenere l’attività di natura commerciale, i cui proventi sono assoggettati ad imposizione fiscale”

 

Ciò comporta che la gestione di un bar interno all’Associazione va considerata commerciale e conseguentemente i relativi proventi vanno tassati sia ai fini Ires che ai fini Iva.

 

“BAR INTERNO” alle associazioni

Orientamento consolidato di prassi e giurusprudenza

attività commerciale ai fini IRES e IVA

 

 

L’eccezione delle Associazioni di Promozione Sociale

Per determinate associazioni, cosiddette Associazioni di Promozione Sociale (di seguito denominate APS), iscritte nel Registro Nazionale dell’Associazionismo di cui all’art. 7 della Legge 383/2000, il comma 5 dell’articolo 148 sancisce la non imponibilità dei proventi derivanti dalla somministrazione di alimenti e bevande.

Sono considerate APS le associazioni che promuovono la solidarietà ed il volontariato nonché l’aggregazione sociale attraverso lo svolgimento di attività culturali o sportive.

L’iscrizione al Registro Nazionale delle APS costituisce un requisito indispensabile per beneficiare delle agevolazioni fiscali e nello specifico per non considerare commerciale la somministrazione di alimenti e bevande effettuata dal bar dell’associazione medesima (C.M. n. 124/1998).

 

Il comma 5 dell’art. 148 TUIR dispone che:

“per le associazioni di promozione sociale … le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, semprechè le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.”

 

L’eccezione di non imponibilità di cui al comma 5 riconosciuta ai fini Ires viene riconosciuta anche ai fini della disciplina dell’IVA, che all’art. 4 c. 6 del D.P.R 633/72 sancisce che:

“Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, non si considera commerciale, anche se effettuata verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, da bar ed esercizi similari, sempreché tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel secondo periodo del quarto comma”.

 

Il beneficio fiscale viene riconosciuto a condizione che gli atti costitutivi o gli statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata si conformino alle seguenti clausole (art. 148 c. 8 TUIR) :

a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonchè fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;

b) obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito il parere dell’Agenzia per le Onlus, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività’ del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;

d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;

e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all’articolo 2532, comma 2, del codice civile, la sovranità dell’assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti;f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilita’ della stessa.

 

GESTIONE DI UN BAR INTERNO AD APS
la somministrazione non è attività commerciale a determinate condizioni
I PROVENTI NON SONO ASSOGGETTATI A TASSAZIONE
Condizioni:
• L’iscrizione al Registro Nazionale delle APS, le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno;
• Attività effettuata all’interno della sede istituzionale;
• Attività effettuata nei confronti dei soci, associati;
• Attività complementare agli scopi istituzionali;
• atti costitutivi o gli statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata;
• conformità degli statuti delle regole di cui al comma 8° dell’art. 148 TUIR

 

Conclusioni

E’ chiaro che tutte le condizioni sopra evidenziate devono essere rispettate non solo formalmente ma fattivamente.
Sarebbe infatti troppo facile affidarsi ad uno statuto, seppur ben fatto, e dimenticare che esistono condizioni imprescindibili ed essenziali al fine di essere riconosciuti fiscalmente come enti non commerciali soprattutto quando si parla di associazioni di promozione sociale.

Preme sintetizzare i punti che si ritengono più importanti nello schema a seguire:

ATTIVITA’ RIVOLTA SOLO AGLI ASSOCIATI

NEI CONFRONTI DEI NON SOCI L’ATTIVITA’ E’ SEMPRE COMMERCIALE

VALUTAZIONI DI SANZIONI AMMINISTRATIVE PESANTI NEL CASO IN CUI LA LICENZA PER BAR INTERNO DELL’ASSOCIAZIONE VENGA RICONOSCIUTA INSUFFICIENTE IN PRESENZA DI ATTIVITA’ COMMERCIALE

ESERCIZIO DEL BAR SOLO NELLA SEDE SOCIALE

COMPLEMENTARIETA’ ALLE FINALITA’ ISTITUZIONALI NO RISTORAZIONE

 

22 ottobre 2015

Fabio Balestra

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