Un ripasso del Jobs act: i nuovi contratti di lavoro

un utilissimo ripasso delle diverse tipologie di contratto di lavoro subordinato che sono possibili dopo l’approvazione del Jobs Act: il contratto a progetto, il contratto a tempo parziale, il lavoro intermittente, il lavoro somministrato, l’apprendistato… abrogati i contratti a progetto e il superamento dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro

Premessa generale

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.144 del 24 giugno, supplemento ordinario n.34, il Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n.81, recante la disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni, emanato in attuazione delle disposizioni della legge delega n.183/14 (Jobs Act).

Il provvedimento è in vigore dal 25 giugno 2015 e con il presente contributo si analizzano i punti principali del decreto in oggetto partendo dal presupposto contenuto nell’art.1 ove si cita letteralmente che “Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”.

 

Contratto a progetto (art. 2)

Le disposizioni del decreto Biagi sul lavoro a progetto sono abrogate e, a partire dal 25 giugno 2015, tali contratti non possono più essere attivati, mentre quelli già in essere proseguiranno fino alla loro scadenza.

A far data dal 1′ gennaio 2016, ai rapporti di collaborazione continuativa organizzate dal datore di lavoro si applicheranno le norme del lavoro subordinato.

In sostanza dal 25/06/2015 non possono più essere stipulati nuovi contratti ma i contratti già in essere alla data del 25/06/2015 continuano fino alla loro naturale scadenza anche dopo l’1 gennaio 2016).

Al fine di evitare che alla collaborazione si applichi la disciplina del lavoro subordinato, le parti possono richiedere alle commissioni di certificazione di attestare l’assenza dei predetti requisiti (il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante sindacale, da un avvocato oppure da un consulente del lavoro).

Si considerano tuttavia lecite le seguenti forme di collaborazioni:

a) le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;

b)  le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;

c) le attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

d) le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I di cui all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

La presunzione di lavoro subordinato non trova applicazione nei confronti della Pubblica Amministrazione ma dall’1gennaio 2017 P.A. non possono più stipulare contratti di collaborazione.

E’ stata prevista una forma di stabilizzazione dell’occupazione mediante il ricorso a contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato al fine di garantire il corretto utilizzo dei contratti di lavoro autonomo e, a decorrere dall’1gennaio 2016, i datori di lavoro privati che procedono all’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di soggetti già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto e di persone titolari di partita IVA, fruiscono dell’estinzione delle violazioni previste dalle disposizioni in materia di obblighi contributivi, assicurativi e fiscali connessi alla eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso, salve le violazioni già accertate prima dell’assunzione (i lavoratori interessati devono sottoscrivere atti di conciliazione in una delle sedi di cui all’articolo 2113, comma 4, codice civile, e all’articolo 76 del decreto legislativo n. 276 del 2003, e nei dodici mesi successivi alle assunzioni di cui al comma 2, i datori di lavoro non devono recedere dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo).

Disciplina delle mansioni e del trasferimento (art. 3)

Con la modifica dell’art. 2103 c.c. si rende possibile l’assegnazione del lavoratore a mansioni del livello di inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria del lavoratore (il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni).

In presenza di processi di riorganizzazione aziendale e nei casi individuati dai Ccnl l’impresa potrà adibire il lavoratore a mansioni del livello di inquadramento inferiore, senza modificare però il suo livello di inquadramento e il suo trattamento economico (il mutamento delle mansioni è comunicato per iscritto, a pena di nullità, e il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa come , ad esempio, l’indennità di funzione).

È prevista la possibilità di sottoscrivere in sede protetta (commissioni di certificazione o sedi di cui all’art. 2113) accordi individuali per la modifica delle mansioni, della categoria legale, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, al fine della conservazione dell’occupazione, dell’acquisizione di una diversa professionalità o del miglioramento delle condizioni di vita (il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante sindacale, da un avvocato oppure dal consulente del lavoro).

Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva, salva diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi.

In tema di trasferimento del lavoratore rimane valida la necessità delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive per la sua legittimità, con riguardo alla nullità dei patti contrari, sono state escluse le ipotesi di ricorrenza delle condizioni sopra evidenziate in tema di assegnazione a mansioni del livello inferiore e fatto salvo quanto previsto in tema di patti individuali in sede protetta.

Lavoro a tempo parziale (artt. da 4 a 12)

In assenza di specifiche previsioni contenute nel Ccnl applicato il datore di lavoro può chiedere al lavoratore lo svolgimento di lavoro supplementare in misura non superiore al 25% dell’orario settimanale concordato e per il quale spetta la maggiorazione del 15% della retribuzione ed è consentito lo svolgimento del lavoro straordinario (il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale).

Le parti possono stipulare clausole elastiche per la variazione della collocazione temporale della prestazione nel rispetto dei contratti collettivi e, in assenza di contrattazione collettiva, si può ricorrere alle commissioni di certificazione, al fine di prevedere condizioni e modalità alternative nel rispetto del limite del 25% della normale prestazione annua per le variazioni in aumento e della maggiorazione retributiva del 15% onnicomprensiva (se l’ organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione relativa alla durata e alla collocazione temporale dell’orario può avvenire anche mediante rinvio ai turni programmati di lavoro articolati in fasce orarie).

È inoltre prevista la possibilità, per il lavoratore, di richiedere il passaggio al part-time in caso di necessità di cura connesse a malattie gravi o in alternativa alla fruizione del congedo parentale.

Il lavoratore può chiedere per una sola volta, in luogo del congedo parentale di cui al D.Lgs. 151/2001, la trasformazione del rapporto di lavoro full time in part time, entro i limiti del congedo ancora spettante, per il periodo corrispondente, con una riduzione dell’orario di lavoro non superiore al 50% (il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro 15 giorni dalla richiesta).

Lavoro intermittente (artt. da 13 a 18)

Come noto il lavoro intermittente è un contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi.

Questo contratto può essere stipulato con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni (sono salvi i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto è ammesso, con il medesimo datore di lavoro, per un periodo massimo di 400 giorni di lavoro in tre anni solari).

Anche il Decreto Legislativo conferma la modalità di comunicazione preventiva alla DTL competente per territorio della durata della prestazione mediante posta elettronica o sms primadell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni.

In caso di violazione di tale obbligo si applica la sanzione amministrativa da 400 a 2.400 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione (non si applica la diffida).

Lavoro a tempo determinato (artt. da 19 a 29)

Il Decreto non dispone novità sostanziali e pertanto si riepilogano i punti salienti della normativa.

Il contratto di lavoro subordinato a termine non può avere durata superiore a tre anni (fatte salve diverse disposizioni dei contratti collettivi, e con l’eccezione delle attività stagionali, la durata dei rapporti a termine intercorsi tra le medesime parti per effetto di una successione di contratti non può superare i tre anni).

Il superamento del limite comporta la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto dalla data di tale superamento.

Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi non possono essere assunti lavoratori a termine in misura superiore al 20% del dipendenti a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. In caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, la percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione.

 

Sono esenti dal limite del 20% le seguenti casistiche:

1) i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti;

2) i contratti a tempo determinato conclusi:

a) nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai CCNL anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;

b) da imprese start-up innovative ex art. 25 D. L. 179/12, per quattro anni dalla costituzione della società ovvero per il più limitato periodo previsto dal comma 3 del medesimo articolo, per le società già costituite;

c) per lo svolgimento delle attività stagionali;

d) per specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi;

e) per sostituzione di lavoratori assenti;

f) con lavoratori di età superiore a 50 anni;

g) tra università pubbliche o private, istituti di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa, tra istituti della cultura di appartenenza statale ovvero enti, pubblici e privati derivanti da trasformazione di precedenti enti pubblici, vigilati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

In caso di violazione del limite percentuale, il contratto a termine non si trasforma in un rapporto a tempo indeterminato, ma per ciascun lavoratore trova applicazione la sanzione amministrativa pari a:

a)al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a 1;

b)al 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore a 1.

L’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta da atto scritto e una copia del contratto deve essere sempre consegnata al lavoratore entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione (sono fatti salvi i rapporti di durata non superiore a 12 giorni).

Il contratto può essere prorogato solo entro il limite complessivo di tre anni di durata del rapporto e, comunque, per non più di cinque volte. In caso di superamento il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della sesta proroga.

Se la riassunzione a tempo determinato avviene entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero entro venti giorni dalla scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

Il datore di lavoro deve informare i lavoratori a tempo determinato, nonché le RSA ovvero le RSU, circa i posti vacanti che si rendono disponibili nell’impresa secondo le modalità definite nei contratti collettivi.

I contratti collettivi definiscono modalità e contenuti delle informazioni da rendere alle RSA o RSU in merito all’utilizzo del lavoro a tempo determinato.

Salvo diversa disposizione, ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi 2 anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.

Al personale artistico e tecnico delle fondazioni di produzione musicale di cui al D.Lgs. n. 367/1996, non si applicano le disposizioni di cui all’art. 19, cc. da 1 a 3 (36 mesi e proroghe ma resta fermo quanto già disposto dall’art. 36 del D.Lgs. n. 165/2001 in merito al ricorso ai contratti di lavoro flessibile per esigenze particolari).

Non è più previsto che nel caso in cui vengano effettuate due assunzioni successive a terminesenza soluzione di continuità il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto.

L’impugnazione del contratto a termine deve avvenire entro 120 giorni dalla cessazione del singolo contratto.

Somministrazione di lavoro (artt. da 30 a 40)

Il contratto di somministrazione di lavoro è il contratto (a tempo indeterminato o determinato) con il quale un’agenzia di somministrazione autorizzata mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.

L’applicazione di tale contratto è stata estesa eliminando le causali e fissando al contempo un limite percentuale all’utilizzo calcolato sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’impresa che vi faccia ricorso (20%).

Salvo diversa previsione dei contratti collettivi, il numero dei lavoratori somministrati a tempo indeterminato non può eccedere il 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del predetto contratto di somministrazione, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5.

In caso di inizio attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipula del contratto di somministrazione a tempo indeterminato.

Possono essere somministrati a tempo indeterminato esclusivamente i lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato.

Ai fini della contestazione del contratto se il lavoratore chiede la costituzione del rapporto di lavoro con l’utilizzatore, trova applicazione il termine di impugnazione di 60 giorni e quello dei successivi 180 giorni previsti dall’art. 6 della L. 604/1966 (il termine di impugnazione decorre dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore).

Se il giudice accoglie la predetta domanda del lavoratore, condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno stabilendo un’indennità omni-comprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, avuto riguardo ai criteri di cui all’art. 8 della L. 604/1966 (numero dei dipendenti, dimensione azienda, anzianità di servizio, comportamento e condizioni delle parti).

L’indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, relativo al periodo compreso tra la data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la costituzione del rapporto di lavoro.

Apprendistato (artt. da 41 a 47)

L’apprendistato è un contratto a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani.

Il contratto si articola nelle seguenti tipologie:

a) apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore;

b) apprendistato professionalizzante;

c) apprendistato di alta formazione e ricerca.

La disciplina dell’apprendistato per la qualifica e per il diploma è stata rinominata “apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore” e dell’apprendistato di alta formazione e ricerca.

La prima e la terza tipologia sopra indicate integrano il sistema formazione e lavoro, con riferimento ai titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni professionali contenuti nel Repertorio nazionale di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, nell’ambito del Quadro europeo delle qualificazioni.

Nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale e nell’apprendistato di alta formazione e ricerca il piano formativo individuale è predisposto dalla istituzione formativa di provenienza dello studente con il coinvolgimento dell’impresa.

Nel contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, costituisce giustificato motivo di licenziamento anche il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi come attestato dall’istituzione formativa di provenienza.

Per le ore di formazione svolte nell’istituzione formativa il datore di lavoro è esonerato da ogni obbligo retributivo mentre per le ore di formazione a carico del datore di lavoro è riconosciuta al lavoratore una retribuzione pari al 10% di quella che gli sarebbe dovuta (fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi).

La registrazione nel libretto formativo del cittadino è di competenza:

a) del datore di lavoro, nel contratto di apprendistato professionalizzante, per quanto riguarda la formazione effettuata per il conseguimento della qualificazione professionale ai fini contrattuali;

b) dell’istituzione formativa o ente di ricerca di appartenenza dello studente, nel contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e nel contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca.

 

In caso di inadempimento nella erogazione della formazione a carico del datore di lavoro, tale da impedire la realizzazione delle finalità dell’apprendistato, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto al termine dell’apprendistato, maggiorata del 100%, con esclusione di sanzioni per omessa contribuzione.

Lavoro accessorio (artt. da 48 a 50)

L’importo massimo annuale elargibile al lavoratore è elevato fino a euro 7.000,00 per anno civile ed è stata reintrodotta la possibilità, entro euro 3.000,00 per anno civile, di svolgere queste prestazioni per i percettori di prestazioni integrative o di sostegno al reddito (viene fissato il limite di 2.000 euro nei confronti dei singoli committenti imprenditori e i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, che possono essere rese in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali).

Il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio è consentito alla PA nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e dal patto di stabilità.

L’Inps provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.

È stato introdotto un sistema di tracciabilità, secondo cui il committente imprenditore o professionista potrà acquistare i vouchersolo in via telematica, comunicando preventivamente l’uso che ne farà, indicando il codice fiscale del lavoratore e il luogo di svolgimento della prestazione, in un arco temporale di 30 giorni.

Fino al 31 dicembre 2015 resta ferma la previgente disciplina per l’utilizzo dei buoni per prestazioni di lavoro accessorio già richiesti alla data di entrata in vigore del decreto in commento.

I compensi percepiti dal lavoratore secondo le modalità di cui all’articolo 49 sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

È vietato il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’ambito della esecuzione di appalti di opere o servizi, fatte salve specifiche ipotesi individuate con decreto del Ministero del lavoro.

Superamento dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro (artt. da 51 a 56)

E’ stato modificato l‘art. 2549 c.c. prevedendo che , nel caso in cui l’associato sia una persona fisica, il suo apporto non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro (i contratti di associazione in partecipazioni in essere sono fatti salvi fino alla loro cessazione).

7 settembre 2015

Celeste Vivenzi