Lo strumento deflattivo della conciliazione tributaria anche in appello

la delega ficale, nell’intento di ridurre il contenzioso, intende rafforzare anche il poco utilizzato istituto della conciliazione durante il processo: i possibili benefici e rischi per il contribuente che vuole tentare la via della conciliazione

Restyling

La conciliazione giudiziale, istituto tipico del processo civile com’è noto è disciplinata dall’art. 48 D.Lgs. n. 546/1992. La conciliazione giudiziale è il mezzo attraverso il quale si può chiudere un contenzioso aperto con il fisco.

L’art. 10, c. 1, lett. a, della legge delega fiscale n. 23/2014 configura il “rafforzamento e la razionalizzazione dell’istituto della conciliazione nel processo tributario, anche ai fini della deflazione del contenzioso e di coordinamento della disciplina del contraddittorio tra il contribuente e l’amministrazione nelle fasi amministrative di accertamento del tributo, con particolare riguardo ai contribuenti nei confronti dei quali sono configurate violazioni di lieve entità”.

L’art. 9, c. 1, lett. s,dello schema di decreto legislativo (n. 184) interviene sull’istituto della conciliazione, al fine della riduzione dei contenziosi avverso gli avvisi di accertamento del fisco.

In relazione alla conciliazione, attualmente regolata dall’art. 48 del D.Lgs. n. 546/1992, sono stati inseriti dal predetto schema di decreto legislativo due articoli:

– l’art. 48-bis che disciplina la conciliazione in udienza (che, specifica la norma, “si perfeziona con la redazione del processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento”), e

– l’art. 48-ter che regola la definizione e il pagamento delle somme dovute.

Lo schema di decreto citato rivisita l’art. 48, D.Lgs. n. 546/1992, ed introduce nel corpo normativo gli articoli 48-bis e 48-ter, in modo da razionalizzare e potenziare l’istituto, fornendo al contempo una disciplina più organica rispetto a quella attuale.

La conciliazione fuori udienza e in udienza

Sono disciplinate distintamente due forme di conciliazione.

Conciliazione fuori udienza (art. 48). Le parti, allorché abbiano raggiunto un accordo, possono presentare “istanza congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori” per la definizione parziale o totale della lite; a seconda che la definizione sia totale o parziale, la Commissione pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere o ordinanza che, dichiarata la cessazione parziale, dispone per l’ulteriore trattazione della causa. Nel caso in cui la conciliazione avvenga prima della fissazione dell’udienza di trattazione, provvede il Presidente di sezione con decreto.

Conciliazione in udienza (art. 48-bis). Ciascuna parte può presentare istanza di conciliazione totale o parziale fino a 10 giorni liberi dall’udienza di trattazione e la Commissione, valutate le condizioni di ammissibilità, invita il contribuente e l’Ufficio a tentare un accordo e, in caso positivo, si redige processo verbale e dichiara con sentenza l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.

Limite temporale esteso

Viene ampliato il limite temporale entro cui è possibile conciliare la lite, considerato che la disciplina attualmente in vigore fissa come limite invalicabile la prima udienza1 di trattazione dinanzi alla Commissione tributaria provinciale. In particolare, in base al nuovo art. 48-ter, la conciliazione delle parti può avvenire sia in primo che in secondo grado, anche se l’intesa matura fuori udienza. Conseguentemente, viene rivisto anche il regime sanzionatorio con applicazione delle sanzioni:

  • al 40% del minimo, se l’accordo si raggiunge in primo grado;

  • nella misura del 50% del minimo se l’accordo avviene in secondo grado di giudizio.

Perfezionamento della conciliazione

Nello schema di decreto il perfezionamento si verifica con la sottoscrizione dell’accordo nella conciliazione fuori udienza o con la redazione del processo verbale nella conciliazione in udienza , laddove nella disciplina attualmente in vigore ciò avviene con il versamento entro il termine di 20 giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’intero importo o della prima rata. Nel decreto citato viene, rivisto il momento in cui la conciliazione si perfeziona: in particolare, il perfezionamento si verifica con la sottoscrizione dell’accordo nel caso di conciliazione fuori udienza o con la redazione del processo verbale in caso di conciliazione in udienza, laddove invece, nella disciplina attualmente in vigore, ciò avviene con il versamento, entro il termine di 20 giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’intero importo o della prima rata.

Viene previsto che:

– per definire la conciliazione non è più necessario il pagamento della somma concordata o della prima rata ma è sufficiente la sottoscrizione dell’accordo tra le parti (conciliazione fuori udienza) o con la redazione del processo verbale (conciliazione in udienza);

– in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del primo di giudizio, le sanzioni amministrative si applicano nella misura del 40 per cento del minimo previsto dalla legge;

– in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del giudizio di gravame le sanzioni amministrative si applicano nella misura del 50 per cento del minimo previsto dalla legge .

Qualora la procedura deflattiva si perfezioni e ciò nonostante nel termine previsto non venga corrisposto quanto pattuito ai sensi del nuovo art. 48–ter il competente Ufficio provvederà all’iscrizione a ruolo delle residue somme e della sanzione di cui all’articolo 13 del D.Lgs. 471/1997, applicata in misura doppia, sul residuo importo dovuto con l’attivazione di un ulteriore procedimento

Altre novità

a) Conciliazione anche alle fattispecie derivanti dalle procedure di reclamo

Con la riscrittura dell’art. 17-bis ad opera del medesimo schema di decreto, viene eliminato l’inciso secondo cui “è esclusa la conciliazione giudiziale di cui all’articolo 48”; si elimina, pertanto, l’alternatività tra reclamo/mediazione e conciliazione che caratterizza il sistema vigente. Viene estesa la conciliazione anche alle fattispecie derivanti dalle procedure di reclamo; permane così durante tutto il processo la possibilità di stringere sulle sanzioni e di evitare contenziosi.

b) Sanzione a carico della parte che rifiuti senza giusti

Per quanto concerne le spese di lite l’art. 15, c. 2-octies, per effetto dell’articolo 9 del citato schema di decreto stabilisce che qualora una delle parti abbia formulato una proposta conciliativa, non accettata dalla controparte senza giustificato motivo, restano a carico di quest’ultima le spese del processo, “ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata”: è evidente la finalità di detta previsione, la quale mira a fungere da deterrente per le parti in ordine alla prosecuzione strumentale dei giudizi, laddove sussistano in concreto ipotesi conciliative. Orbene, se la Commissione determina ad esempio l’ammontare del reddito o del tributo in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, deve condannare la parte che, senza un giustificato motivo, la ha rifiutata al pagamento delle spese del processo. Si tratta di una eccezione alla regola generale fissata dall’art. 92 c.p.c. per il caso di soccombenza reciproca, quale sostanzialmente si realizza nella fattispecie presa in esame dalla norma de qua, ed ha lo scopo, come è evidente, di favorire una risoluzione transattiva della controversia, evitando il compimento di dispendiose o dilatorie attività processuali. Lo scopo in questo caso, infatti, è quello di stimolare la parte che ha ricevuto la proposta conciliativa ad accettare un ragionevole accordo, evitando di proseguire nel giudizio, che verosimilmente si concluderà con una decisione che soddisfarebbe la sua domanda in misura uguale o inferiore a quella oggetto della proposta conciliativa. Si faccia il caso del contribuente che formuli una proposta conciliativa (i.e. 100), che l’Ente locale non accetta, senza fornire una valida motivazione, e la Commissione tributaria provinciale accolga parzialmente la domanda del ricorrente, annullando in parte l’atto impugnato e riducendo il valore accertato ad un importo uguale o inferiore a quello oggetto della sua proposta conciliativa (i.e. 90).In tutte le ipotesi sopra descritte, a seguito dell’innovazione introdotta, la Commissione tributaria provinciale dovrà condannare l’ente impositore “al pagamento delle spese del processo”.

2 settembre 2015

Ignazio Buscema

 

1 Secondo la sentenza 18 aprile 2007, n. 9222 del giudice di legittimità non si può ritenere tardiva la conciliazione solo perché è intervenuta all’indomani di alcune udienze non ultimate e proficuamente celebrate; non è, quindi, preclusa, alla luce sia del canone della ragionevole durata del processo (Cass. n. 1540/2007) che del riconoscimento da parte dell’ordinamento del cd. diritto di azione, la conciliazione giudiziale, fuori dall’udienza, nell’ipotesi in cui siano state tenute in precedenza alcune udienze di mero rinvio.