Il credito d'imposta in ricerca e sviluppo, le novità per l'utilizzo: attività ammesse, soggetti beneficiari, costi ammissibili, misura e modalità di calcolo dell’agevolazione

solo da fine di maggio ha ricevuto completa attuazione il credito d’imposta previsto a suo tempo dal decreto “Destinazione Italia”: tale misura non ha carattere di specialità, ne territoriale, né settoriale, in quanto opera nei riguardi di tutte le imprese (Fabrizio Stella e Vincenzo Mirra)

  1. Premessa.

La fase degli investimenti nella ricerca e nello sviluppo sicuramente è di fondamentale importanza per ogni processo aziendale. Ed oggi lo è ancor di più.

In un mondo globalizzato, dove si cerca di correre per arrivare primi e meglio, stare “a passo con i tempi” significa essere competitivi nei mercati di riferimento.

Il nostro legislatore, negli ultimi decenni, proprio con lo scopo di incentivare le imprese, ha tentato più volte di dare concretezza alla misura agevolativa del credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo.

In realtà tale misura, che ha cambiato più volte forma e ambito di applicazione, non ha assunto mai un carattere strutturale.

Un primo intervento si ebbe nel 2011, con il decreto-legge n. 70 del 2011, laddove l’articolo 1 istituiva un credito di imposta, per gli anni 2011 e 2012, in favore delle imprese che avrebbero finanziato progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca (anche avuto riguardo a joint venture).

Il comma 5, del predetto articolo 1, quantificava gli oneri connessi all’attuazione delle disposizioni in esame in 55 milioni di euro per l’anno 2011, 180,8 milioni di euro per l’anno 2012, 157,2 milioni di euro per l’anno 2013 e 91 milioni di euro per l’anno 2014.

Successivamente, l’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 istituì un credito di imposta a favore delle imprese che avrebbero investito in attività di ricerca e sviluppo, nel limite di 600 milioni di euro per il triennio 2014-2016, a valore sulla proposta nazionale relativa alla successiva programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari.

In sintesi, la misura prevedeva un credito d’imposta pari al 50 per cento delle spese incrementali sostenute dalle imprese rispetto all’anno precedente, con un’agevolazione massima di 2,5 milioni di euro per impresa ed una spesa minima di 50 mila euro in ricerca e sviluppo per poter accedere all’agevolazione.

 

Discorso diverso va, invece, fatto, per la legge n. 190 del 2014, la legge di Stabilità 2015, laddove i commi 35 e 36, hanno fortemente modificato la disciplina, prevedendo:

  • la riduzione dell‘aliquota dell’agevolazione, dal 50 al 25 per cento. La misura più elevata rimane per le spese relative al personale altamente qualificato impiegato in attività di ricerca e sviluppo e per i contratti di ricerca con università ed enti di ricerca e start-up innovative;

  • l’aumento dell’importo massimo per impresa, da 2,5 milioni a 5 milioni di euro per impresa;

  • la riduzione della soglia minima di investimenti agevolabili, da 50 mila a 30 mila euro;

  • l’eliminazione della procedura di istanza telematica per usufruire del credito d’imposta;

  • l’eliminazione del riferimento al limite massimo di stanziamento di euro 600 milioni per il triennio 2014-2016,

inoltre che:

  • per poter beneficiare del credito d’imposta, gli investimenti devono essere effettuati dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 fino a quello in corso al 31 dicembre 2019;

  • non sia previsto un limite di fatturato delle imprese (il previgente articolo 3 prevedeva come condizione un fatturato annuo inferiore a 500 milioni di euro);

  • non siano contemplate le spese relative alla creazione di nuovi brevetti;

  • per la fruizione del credito d’imposta non si applica il generale limite annuale di 250.000 euro;

  • la copertura non si avvali dei fondi strutturali comunitari, ma delle abrogate agevolazioni (credito d’imposta per i lavoratori altamente qualificati e Fondo per credito d’imposta per ricerca e sviluppo) assorbite dal credito d’imposta in esame.

 

I successivi commi 37-45 della legge di stabilità 2015 recano, poi, una specifica disciplina agevolativa per marchi e brevetti, introducendo il c.d. patent box, laddove le imprese potranno optare per un regime fiscale di favore, consistente nell’esclusione dal reddito del 50 per cento dei redditi derivanti dall’utilizzazione di alcune tipologie di beni immateriali (marchi e brevetti) nonché delle plusvalenze derivanti dalla loro cessione, se il 90 per cento del corrispettivo è reinvestito.

Tornando al contendere, in sintesi, quindi, il comma 35 dell’articolo 1 della legge di Stabilità, come detto, ha ridefinito il credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo, di cui al decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, ribattezzato “Destinazione Italia”, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9.

Il comma 14 del novellato articolo 3 del citato decreto-legge n. 145/2013 rinvia ad un successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con quello dello sviluppo economico, le istruzioni operative per l’applicazione del predetto credito.

Il decreto 27 maggio 2015, a firma del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con quello dello sviluppo economico, individua le disposizioni applicative necessarie per poter dare attuazione all’incentivo, sotto forma di credito d’imposta, agli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, le modalità di verifica e controllo dell’effettività delle spese sostenute per il periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2014, le cause di decadenza e di revoca del beneficio, nonché le modalità di restituzione del credito indebitamente fruito.

 

Analizziamo il predetto ultimo decreto nelle parti di maggior interesse.

 

  1. Le attività ammesse, quelle escluse ed i soggetti beneficiari.

Le attività ammesse al beneficio del credito d’imposta sono le seguenti:

  • lavori teorici o sperimentali, aventi quale fine principale l’acquisizione di nuove conoscenze sui fenomeni e fatti osservabili, senza le successive applicazioni o gli usi commerciali diretti;

  • ricerca mirata ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per creare nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento di quelli già esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi di cui al successivo alinea;

  • acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale al fine di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati; può trattarsi anche di altre attività, destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi, che possono comprendere l’elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, inclusi gli studi di fattibilità, purché non destinati ad un uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota, se il prototipo stesso è necessariamente il prodotto commerciale finale ed il suo costo di fabbricazione non è troppo elevato per il solo fine di dimostrazione e di convalida;

  • produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali.

 

Sono escluse dal beneficio tutte le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche se tali modifiche rappresentino miglioramenti.

Per ciò che concerne i beneficiari diciamo subito che trattasi di una misura che non ha carattere di specialità, né territoriale, né settoriale, anzi tende a favorire un po’ tutte le imprese.

L’unica condizione necessaria, infatti, è che le stesse, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, effettuino investimenti in attività di ricerca e sviluppo a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019.

  1. I costi ammissibili.

Premesso che il costo è quello di competenza del periodo d’imposta di riferimento, direttamente connesso allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo, sono ammissibili:

  • i costi (effettivamente sostenuti) relativi al personale altamente qualificato in possesso di un dottorato, ovvero iscritto ad un ciclo di dottorato presso una università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline tecnico o scientifico, che sia:

  • dipendente dell’impresa, impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo ammissibili, con esclusione del personale amministrativo, contabile e commerciale, ovvero,

  • in rapporto di collaborazione con l’impresa, compresi gli esercenti arti e professioni, impiegato nelle predette attività, a condizione che svolga la propria mansione presso le strutture della medesima impresa;

  • quote di ammortamento delle spese1 di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nei limiti dell’importo risultante dall’applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze 31 dicembre 1988, in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l’attività di ricerca e sviluppo e comunque con un costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto dell’iva;

  • spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up innovative, diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;

  • competenze tecniche e privative industriali relative ad un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne.

 

Per l’ammissibilità dei costi, nell’ipotesi di un’attività di ricerca e sviluppo commissionata da un’impresa residente in Italia ad una all’estero, è necessario che il contratto venga stipulato con imprese residenti o localizzate in Stati membri dell’Ue, in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) ovvero in Paesi e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni.

A tale riguardo va precisato che sono esclusi dal beneficio i soggetti che effettuano attività di ricerca e sviluppo su commissione di terzi.

Infatti, l’articolo 3 del citato decreto-legge n. 145/2013, contrariamente a quanto aveva previsto l’articolo 1, commi 280 e successivi, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, riconosce tale beneficio solo alle imprese che investono direttamente risorse in attività di ricerca e sviluppo o le commissionano a terzi sulla base di specifici contratti.

Va da sé che, una ricerca commissionata da un’impresa non residente, priva di stabile organizzazione nel nostro territorio, ad una residente o alla stabile organizzazione di un soggetto non residente, non potrà beneficiare della misura agevolativa in argomento.

  1. Misura e modalità di calcolo dell’agevolazione.

Il credito d’imposta è riconosciuto fino ad un importo massimo annuale di 5 milioni di euro, a condizione che la spesa incrementale complessiva per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, effettuata in ciascun periodo d’imposta in relazione al quale si intende fruire dell’agevolazione, ammonti ad almeno a 30.000 euro ed ecceda la media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015; qualora si tratti di imprese con meno di 3 anni, la media è calcolata sul minor periodo dalla costituzione.

La spesa incrementale complessiva è data dalla differenza positiva tra l’ammontare complessivo delle spese per investimenti in attività di ricerca e sviluppo (nel periodo d’imposta in relazione al quale si intende fruire dell’agevolazione) e la media annuale delle medesime spese realizzate nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015 (ovvero nel minor periodo dalla data di costituzione).

 

La misura del beneficio è riconosciuta in maniera differente a seconda della tipologia di spesa, ovvero:

  • nella misura del 50% della spesa incrementale relativa ai costi di cui al precedente paragrafo 3, 1° cpv, 1° e 3° alinea;

  • del 25% per cento della spesa incrementale relativa ai costi di cui al precedente paragrafo 3, 1° cpv, 2° e 4° alinea.

In sostanza, è stato adottato il criterio secondo cui, ai fini del calcolo del credito d’imposta spettante, è necessario in primis determinare la spesa incrementale agevolabile separatamente per ciascun tipologia di spese, confrontando i costi di cui ai due precedenti alinea.

Se entrambe le tipologie di spese dovessero evidenziare un incremento, il credito d’imposta spettante verrà determinato applicando a ciascun incremento l’aliquota del credito d’imposta prevista per il relativo gruppo di spesa, nell’ipotesi in cui, invece, l’incremento dovesse riguardare solo una tipologia di spesa, allora il predetto credito d’imposta sarà calcolato applicando l’aliquota, prevista per quel gruppo di spesa, sull’ammontare della spesa complessiva incrementale determinata ai sensi di quanto descritto al cpv 2 di questo paragrafo.

  1. Fruizione del credito, documentazione e controlli.

Il credito d’imposta in argomento:

  • deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale sono stati sostenuti i relativi costi;

  • non concorre alla formazione del reddito e della base imponibile dell’IRAP;

  • è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i relativi costi sono stati sostenuti;

Allo stesso credito, inoltre:

  • non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 532, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all’articolo 343 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni;

  • non si applica la preclusione di cui all’articolo 31 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che prevede un divieto di compensazione, come disciplinato dall’articolo 17, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 241/97, dei crediti relativi alle imposte erariali quando sono in essere debiti iscritti a ruolo per imposte ed accessori di ammontare superiore a 1.500 euro.

 

Le imprese beneficiare del credito d’imposta sono obbligate a conservare, con riferimento ai costi sulla base dei quali è stato determinato il beneficio in questione, tutta la documentazione utile a dimostrare l’ammissibilità degli stessi.

Tale documentazione contabile deve essere certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel Registro dei revisori legali (responsabili in caso di colpe e/o omissioni). Tale obbligo:

  • opera anche nei confronti delle imprese non soggette a revisione legale dei conti e prive di un collegio sindacale;

  • non è previsto per le imprese con bilancio certificato.

Spetta all’Agenzia delle entrate effettuare i controlli sulla corretta fruizione del credito d’imposta, verificando la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio, la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal decreto in argomento.

La predetta Agenzia, qualora nell’ambito delle attività di verifica siano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere.

Se a seguito dei controlli venga accertata l’indebita fruizione, anche parziale, del credito d’imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste ovvero per inammissibilità dei costi, l’Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni.

  1. Cumulo dei crediti di imposta e monitoraggio.

Il decreto in argomento consente il cumulo tra il credito d’imposta in argomento e le agevolazioni previste dall’articolo 24 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (Contributo tramite credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati).

La soluzione adottata ha lo scopo di far fronte a possibili criticità derivanti dalla cessazione, a far data dal 1° gennaio 2015, come disposta dal comma 13 del novellato articolo 3 del menzionato decreto-legge n. 145/2015, proprio del beneficio previsto dal predetto articolo 24 nella misura del 35% del costo aziendale sostenuto per il personale altamente qualificato nel settore della ricerca, per un periodo di 12 mesi decorrente dalla data di assunzione. In sintesi, poteva essere contestata la violazione del legittimo affidamento di tutte quelle imprese che, nell’anno 2014, avevano effettuato assunzioni con la consapevolezza di poter beneficiare della misura agevolativa anche per i costi, previsti per le citate assunzioni, che sarebbero stati sostenuti nell’anno 2015.

Ecco spiegato il motivo del cumulo dei 2 crediti d’imposta: quello per le assunzioni nel 2014 e quello per le attività di ricerca e sviluppo.

Infine il monitoraggio delle fruizioni del credito d’imposta, che il Ministero dell’economia e delle finanze deve effettuare con cadenza mensile, ai fini di quanto previsto dall’articolo 17, comma 134, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per la verifica che le stesse fruizioni avvengano nei limiti dell’onere ascritto al credito d’imposta stesso, valutato in 255,5 milioni di euro per il 2015, 428,7 milioni di euro per il 2016, 519,7 milioni di euro per il 2017, 547 milioni di euro per gli anni 2018 e 2019 e, infine, 164 milioni di euro per l’anno 2020.

28 settembre 2015

 

Fabrizio Stella e Vincenzo Mirra

1Gli strumenti e le attrezzature di laboratorio devono essere acquisiti dall’impresa, a titolo di proprietà o di utilizzo. Nel caso di locazione finanziaria, alla determinazione dei costi ammissibili concorrono le quote capitali dei canoni, nella misura corrispondente all’importo deducibile ai sensi dell’articolo 102, comma 7, Tuir. Diversamente, si fa riferimento al costo storico del bene.

2A partire dal 1° gennaio 2008, anche in deroga alle disposizioni previste dalle singole leggi istitutive, i crediti d’imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi possono essere utilizzati nel limite annuale di 250.000 euro. L’ammontare eccedente è riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive ed è comunque compensabile per l’intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l’eccedenza”.

3A decorrere dal 1° gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in lire 1 miliardo per ciascun anno solare”.

4Il Ministro dell’economia e delle finanze, allorché riscontri che l’attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione. La medesima procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri, fermo restando quanto disposto in materia di personale dall’articolo 61 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.