Voluntary disclosure: le cause di inammissibilità

Agosto sta diventando il mese dedicato alle Voluntary Disclosure: ecco un ripasso delle cause che impediscono al contribuente di accedere alla procedura di collaborazione volontaria

 

La legge 15 dicembre 2014, n. 186, recante “Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché del potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio” (che ha apportato modifiche al D.L. 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, in l. 4 agosto 190, n. 227), ha promosso l’adozione di una procedura straordinaria di collaborazione volontaria, per consentire a tutti i contribuenti, e non solo a coloro che hanno commesso illeciti fiscali internazionali, di porre rimedio alle infedeltà dichiarative passate e porre le basi per un miglio rapporto con il Fisco.

Dopo aver delineato brevemente il quadro normativo di riferimento, puntiamo la nostra attenzione, con l’ausilio delle indicazioni di prassi offerte dall’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 10/E del 13 marzo 2015, e successivamente con la circolare n. 27/E del 16 luglio 2015, di risposta a specifici quesiti, sulle cause ostative che impediscono l’accesso alla procedura.

 

La voluntary internazionale

Possono accedere alla procedura di collaborazione volontaria internazionale le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed associazioni equiparate, fiscalmente residenti nel territorio dello Stato, che hanno violato gli obblighi in materia di monitoraggio fiscale, per tutti i periodi d’imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non sono decaduti i termini per l’accertamento o per la contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale.

L’oggetto della procedura è individuato:

a. negli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, in violazione degli obblighi di dichiarazione in materia di monitoraggio fiscale;

b. nei redditi connessi ovvero i redditi che servirono per costituire o acquistare tali investimenti e attività finanziarie nonché quelli derivanti dalla loro utilizzazione a qualunque titolo o dismissione, che sono stati sottratti a tassazione;

c. nei maggiori imponibili non connessi con gli investimenti e le attività illecitamente costituiti o detenuti all’estero, agli effetti delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’Irap, dei contributi previdenziali, dell’Iva e delle ritenute.

 

La voluntary nazionale

La procedura di voluntary nazionale, regolata attraverso il richiamo alla procedura di collaborazione volontaria internazionale, si applica anche ai contribuenti diversi da quelli assoggettati agli obblighi sul monitoraggio fiscale.

Con l’adesione alla procedura i contribuenti possono definire le violazioni degli obblighi dichiarativi commesse fino al 30 settembre 2014, in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive delle imposte sui redditi, Irap e Iva, nonché le violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta, “indipendentemente dalla circostanza che questa riguardi anche consistenze illecitamente detenute all’estero (cfr. circolare n. 10/2015).

Infatti, osserva il documento di prassi sopra citato, “la platea di soggetti che può avvalersi della collaborazione volontaria nazionale risulta più ampia rispetto a quella che può accedere alla collaborazione volontaria internazionale, atteso che, oltre che i contribuenti che si avvalgono della procedura di collaborazione volontaria internazionale, con riguardo alle annualità diverse da quelle interessate dalla stessa, i destinatari possono essere sia contribuenti ‘diversi’ da quelli indicati nell’articolo 4, comma 1, del decreto legge (persone fisiche, enti non commerciali, società semplici ed equiparate), tenuti agli obblighi dichiarativi previsti in materia di monitoraggio fiscale, sia i contribuenti destinatari degli stessi che vi abbiano adempiuto correttamente”.

 

Le cause di inammissibilità

Il comma 2, dell’articolo 5-quater, del D.L. n.167/1990, convertito con modif. in L. n. 227/1990, preclude la facoltà di accedere alle procedure (se le suddette attività e condizioni siano relative all’ambito oggettivo delle procedure stesse) qualora l’autore della violazione abbia avuto la formale conoscenza:

a) dell’inizio di accessi, ispezioni o verifiche (art. 52, del D.P.R. n. 633/72, richiamato in maniera espressa dall’art. 33 del D.P.R. n. 600/73, in materia di imposte sui redditi);

b) dell’inizio di altre attività amministrative di accertamento (“inviti”, “richieste” e “questionari” di cui all’art. 51, c. 2, del D.P.R. n. 633 del 1972 e all’art.32 del D.P.R. n. 600 del 1973, restando escluse le richieste di indagini finanziarie e sia la comunicazione derivante dalla liquidazione delle imposte, effettuata ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, che quella derivante dal controllo formale delle medesime dichiarazioni a norma dell’art. 36-ter dello stesso D.P.R.);

c) della propria condizione di indagato o di imputato in procedimenti penali per violazione di norme tributarie (detta preclusione opera per i procedimenti riguardanti tutti reati tributari e non è sufficiente l’iscrizione nel registro degli indagati; la formale conoscenza viene raggiunta dal contribuente con la notificazione della c.d. informazione di garanzia ai sensi dell’art. 369 c.p.p. o di un c.d. “atto equipollente”, quali ad esempio l’invito a presentarsi a norma dell’art. 375 c.p.p. o l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ai sensi dell’art. 415-bis c.p.p.).

 

Sulla base delle indicazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria con la circolare n.10/E/2015:

  • è necessaria la formale conoscenza delle stesse da parte di colui che desidera attivare la procedura;

  • l’effetto preclusivo riguarda soltanto le annualità interessate dall’avvio di tali attività di accertamento amministrativo;

  • l’effetto preclusivo non si realizza se l’attività istruttoria è relativa ad un tributo diverso da quello oggetto della procedura;

  • la preclusione rileva solo con riguardo alla singola procedura interessata;

  • il contribuente che abbia avuto formale conoscenza dell’inizio di un’attività di accertamento amministrativo per violazione di norme tributarie, relative all’ambito oggettivo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria, potrà avvalersene anche per gli anni cui si riferiscono tali attività, nel caso in cui queste si siano concluse con un atto impositivo che sia stato definito o con uno di archiviazione dell’istruttoria, precedente alla data di presentazione della richiesta di accesso alla procedura;

  • costituiscono causa di inammissibilità della procedura, oltre alla consegna di un processo verbale di constatazione con esito positivo (non rilevando ovviamente quello che non abbia individuato rilievi), anche la notifica di un avviso di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA o dell’IRAP, nonché di un invito al contraddittorio di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 218/97, sia pure limitatamente all’annualità, al tributo e alla procedura interessata dai suddetti atti, in relazione all’ambito oggettivo di applicazione);

  • la conoscenza delle cause di inammissibilità va riferita non solo all’autore della violazione ma anche ai soggetti solidalmente obbligati in via tributaria o, nel caso di procedimenti penali, a soggetti concorrenti nel reato. Ne consegue che il contribuente non potrà accedere alla procedura se altro soggetto (solidamente obbligato in via tributaria o concorrente nel reato) abbia avuto formale conoscenza dell’inizio di un’attività istruttoria amministrativa o penale nei suoi confronti, come tale integrante una causa di inammissibilità per l’accesso alla procedura; per soggetti solidalmente obbligati in via tributaria, si devono intendere coloro che in relazione all’obbligo tributario riconducibile ai maggiori imponibili accertati o alle dichiarazioni omesse assumono la qualifica di coobbligati solidali d’imposta;

  • l’occultamento della formale conoscenza di una causa di preclusione all’accesso alle procedure denota una volontà di utilizzare illecitamente le procedure stesse per godere indebitamente dei vantaggi premiali connessi al loro perfezionamento; tale comportamento dovrà essere comunque oggetto di denuncia all’Autorità giudiziaria per le valutazioni di competenza.

 

Sul punto è intervenuta la circolare n. 27/E del 16 luglio 2015, in ordine al contribuente ignaro in merito alla presenza di una causa di inammissibilità alla procedura.

Mentre l’effetto preclusivo opera sicuramente nelle ipotesi in cui il provvedimento tributario o penale sia stato ricevuto dal medesimo soggetto che vuol aderire alla procedura in argomento, più incerta (rileva la stessa Amministrazione finanziaria) appare l’interpretazione della norma nella parte in cui prevede che l’inammissibilità operi anche nel caso in cui tali provvedimenti siano conosciuti da soggetti solidamente obbligati in via tributaria o dai concorrenti nel reato (non essendovi coincidenza soggettiva tra il soggetto che richiede l’accesso alla procedura e chi ha avuto la formale conoscenza del provvedimento suscettibile di determinare la inammissibilità alla stessa, l’effettiva conoscenza della causa ostativa da parte dell’istante non è certa, potendo essere lo stesso ignaro).

Al riguardo, le Entrate ritengono che “la norma introduce una presunzione di conoscenza che non deve essere considerata in senso assoluto. Fermo restando in capo al contribuente l’obbligo di evidenziare, qualora ne abbia avuto comunque cognizione, l’avvenuta formale conoscenza della causa di inammissibilità da parte di soggetti solidalmente obbligati in via tributaria o concorrenti nel reato, dovrà esser cura dell’ufficio eccepire la causa di inammissibilità nel caso nel corso dell’istruttoria emergano elementi comprovanti la effettiva conoscenza (anche non formale) da parte del contribuente richiedente l’accesso alla procedura della causa ostativa formalizzata in capo agli altri soggetti solidalmente obbligati o concorrenti”.

Naturalmente, l’occultamento della conoscenza di una causa di inammissibilità all’accesso della procedura, denotando una volontà di utilizzare illecitamente la stessa per godere indebitamente dei vantaggi premiali connessi al loro perfezionamento, comporta la denuncia all’Autorità giudiziaria per le valutazioni di competenza connesse alla ricorrenza del reato di cui all’articolo 5-septies del decreto legge e all’eventuale sanzionabilità della condotta del contribuente apparso ignaro.

 

La presenza di una causa di inammissibilità deve essere necessariamente rappresentata nel dettaglio all’interno della relazione. Nella pratica, si traduce nella preclusione dell’attivazione della specifica procedura sul cui ambito oggettivo effettivamente questa causa va ad incidere, ma unicamente per il periodo (o i periodi) d’imposta e per il tributo (o per i tributi) a cui si riferisce.

Nel caso in cui il contribuente desideri comunque collaborare anche per il periodo d’imposta precluso, ai fini del controllo fiscale o delle eventuali indagini penali in corso, l’Ufficio, nella determinazione delle sanzioni relative alle violazioni accertate, terrà conto anche dell’atteggiamento collaborativo del contribuente.

Qualora la presenza di una causa di inammissibilità sia stata occultata dal contribuente e venga scoperta prima del perfezionamento della procedura, la stessa non si realizzerà e le violazioni relative al periodo d’imposta e al tributo per il quale opera la preclusione saranno adeguatamente sanzionate, anche in considerazione del grave comportamento del contribuente.

Nel caso in cui la causa di inammissibilità occultata dal contribuente emerga successivamente, l’Ufficio si limiterà a rappresentare compiutamente i fatti all’Autorità giudiziaria.

 

Atteso che l’istanza si considera presentata nel momento in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle entrate, pur se la stessa può essere integrata nell’arco di trenta giorni dall’invio della stessa, ai fini della rilevanza delle cause di inammissibilità si deve tener conto della data di presentazione della prima richiesta di accesso alla procedura.

Nel caso in cui tra la data di ricevimento della richiesta di collaborazione volontaria e quella di decadenza dei termini per l’accertamento di cui all’art.43 del D.P.R. n. 600 del 1973 e all’art.57 del D.P.R. n. 633 del 1972 e dei termini per la notifica dell’atto di contestazione ai sensi dell’art.20 del D.Lgs. n. 472 del 1997 intercorrono meno di novanta giorni, in difetto e in mancanza, entro detti termini, della definizione mediante adesione ai contenuti dell’invito o della sottoscrizione dell’atto di accertamento con adesione e della definizione agevolata relativa all’atto di contestazione per la violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’art. 4, c. 1, del decreto legge n.167/1990, il termine di decadenza per la notificazione dell’avviso di accertamento e quello per la notifica dell’atto di contestazione sono automaticamente prorogati, in deroga a quelli ordinari, fino a concorrenza dei novanta giorni.

 

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4 agosto 2015

Gianfranco Antico