Interposizione fittizia di persona e rimborso di imposta

in caso di interposizione fittizia le ‘persone interposte’ che provino di aver pagato imposte in relazione a redditi in tal modo successivamente imputati ad altro contribuente, possono chiederne il rimborso?

Normativa

In sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona. Le persone interposte, che provino di aver pagato imposte in relazione a redditi successivamente imputati, a norma del comma terzo, ad altro contribuente, possono chiederne il rimborso. L’amministrazione procede al rimborso dopo che l’accertamento, nei confronti del soggetto interponente, è divenuto definitivo ed in misura non superiore all’imposta effettivamente percepita a seguito di tale accertamento (art. 37, c. 3, del D.P.R. n. 600/1973).

 

Ratio

La norma di cui all’art. 37 del d.P.R. n. 600/1973 vuole impedire che il contribuente effettivo possessore del reddito si sottragga al prelievo occultando all’erario la propria identità, mediante interposizioni negoziali costitutive di altrui titolarità ingannevoli dello stesso reddito (Sentenza del 19/02/2014 n. 874, CTR Lombardia Sezione 42).

 

Tesi dell’interposizione fittizia

Elemento essenziale per l’applicabilità dell’art. 37 c. 3 D.P.R. 600/1973 è la interposizionefittizia di persona; l’interposizionefittizia presuppone un accordo trilaterale fra l’interponente, l’interposto e il terzo (Cass. Civ. nn. 20593/2011e 12788/2011). In buona sostanza, in tali circostanze l’accordo simulatorio interviene fra tre soggetti:

il contraente effettivo o interponente;

il contraente effettivo o interposto;

la controparte contrattuale.

La persona interposta finge di intervenire nel contratto, ma non è parte contrattuale; in sostanza essa è inattiva, passiva, senza volontà, non fa altro che prestare il suo nome. In tali circostanze si realizza, infatti, un duplice rapporto: il primo fra l’interponente e il terzo, e il secondo fra quest’ultimo e l’interposto, ma soltanto quest’ultimo rapporto viene ritenuto valido ed efficace dalle parti. In questo senso, l’interposizione fittizia determina uno “scollamento tra realtà effettuale ed economica dell’operazione e l’immagine che di tale realtà viene data a soggetti estranei all’operazione

In estrema sintesi ,si può affermare che, nella vicenda interpositoria, di cui all’art. 37, c. 3, del D.P.R. n. 600/1973, è sempre lo stesso reddito che, occultato da un soggetto (interponente), viene dichiarato da un altro soggetto (interposto) e tassato nei suoi confronti. In sostanza, quindi, non è il reddito che viene occultato; esso, infatti, non scompare, ma è imputato a una “testa di paglia” che ne appare il titolare. Conseguentemente, l’art. 37, c. 3, del D.P.R. n. 600/1973, riguarderebbe i soli casi d’interposizione fittizia1nel possesso del reddito trovando, pertanto,applicazione solo laddove sia dimostrato che un soggetto (interposto fittizio) èsimulatamente titolare dei beni o delle attività che costituiscono la fonteproduttiva del reddito (ad esempio immobili, denaro, partecipazioni), conl’intento di occultare il vero titolare giuridico di tale fonte reddituale(interponente), che dei redditi si appropria. Nei casi di partecipazione plurisoggettiva, si rende in primo luogo necessario verificare se lo schema adottato sia o meno riconducibile a quello dell’interposizione fittizia.

Ciò può avvenire, ad esempio, attraverso la dimostrazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria, della partecipazione all’accordo simulatorio non solo del soggetto interponente e di quello interposto, ma anche del terzo contraente o ancora, in base alla prova che il prezzo è stato pagato all’interponente dal terzo contraente, o è stato a lui immediatamente retrocesso dal soggetto interposto2.

Ricorre la fattispecie prevista dall’art. 37, c. 3, del d.P.R. n. 600/1973 allorquando il contribuente, ricorrendo ad una delle figure riconducibili all’interposizione di persona (“per persona interposta“) faccia apparire altri soggetti, quali possessori (“appaiono titolari“) di redditi dei quali egli mantenga il possesso effettivo. L’interposizione risulta dunque lo strumento per l’occultamento del reddito che viene sottratto al prelievo nei confronti dell’interponente ma assoggettato a prelievo nei confronti dell’interposto che dichiara di averne il possesso; più esattamente non è il reddito che viene occultato ma il suo possesso: il reddito non scompare ma risulta imputato ad una testa di paglia che ne appare titolare.

 

Tesi dell’interposizione reale: operazioni effettive e reali

L’art. 37, c. 3, del D.P.R. n. 600/1973, nel prescrivere l’imputazione diretta al contribuente dei redditi di cui appaiono titolari altri soggetti, quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti3, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona, ha finalità antielusiva (nel senso che mira a impedire che, attraverso operazioni commerciali compiute mediante negozi giuridici conformi all’ordinamento giuridico, si realizzi lo scopo di sottrarre alla corretta tassazione, in tutto od in parte, il reddito prodotto ed imputabile al medesimo soggetto giuridico) e non presuppone un comportamento fraudolento, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale proprio dell’operazione che costituisce il presupposto d’imposta. Ne consegue che il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito del quale può ricomprendersi l’interposizione personale fittizia, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo mediante operazioni effettive e reali4, nelle quali difetta del tutto l’elemento caratteristico dei negozi simulati costituito dalla divergenza tra la dichiarazione esterna e l’effettiva volontà dei contraenti o meglio dalla relazione funzionale, integrante la causa unitaria, che intercorre tra il negozio apparentemente stipulato (simulato) e quello effettivamente concluso dalle parti (dissimulato) (Cass. civ. Sez. V, 10-06-2011, n. 12788).

La sentenza n. 449 del 10 gennaio 2013, precisa che il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito del quale può ricomprendersi l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali5. Lart. 37, c. 3, del D.P.R. n. 600/1973, che ha evidenti finalità antielusive (nel senso che mira aimpedire che, attraverso operazioni commerciali compiute mediante negozigiuridici conformi all’ordinamento giuridico, si realizzi lo scopo di sottrarre allacorretta tassazione, in tutto o in parte, il reddito prodotto e imputabile almedesimo soggetto giuridico) non presuppone un comportamento fraudolento (diretto ad aggirare il divieto imposto da una norma imperativa: art. 1344 c.c.),essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante (in quanto non sorretto da valutazioni economiche diverse dal profilo fiscale) di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale proprio dell’operazione che costituisce il presupposto d’imposta.

Il fenomeno della simulazione relativa (nell’ambito del quale può trovare posto l’interposizione personale fittizia) non esaurisce, infatti, il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi loscopo elusivo mediante operazioni effettive e reali6, nelle quali difetta del tutto l’elemento caratteristico dei negozi simulati, costituito dalla divergenza tra la dichiarazione esterna e l’effettiva volontà dei contraenti o meglio dalla relazione funzionale, integrante la causa unitaria, che intercorre tra il negozio apparentemente stipulato (simulato) e quello effettivamente concluso dalle parti (dissimulato)7.

 

Contrasto ermeneutico

Secondo diverso orientamento l’art. 37 c. 3d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, che prevede l’imputazione al possessore effettivo dei redditi di cui appaia titolare un altro soggetto, si applica alle sole ipotesi di Interposizione fittizia8, e cioè simulata, nel possesso del reddito. Per contro, tale disposizione non può trovare applicazione nel caso in cui si verifichi un effettivo trasferimento della fonte produttiva del reddito (Cass. civ. Sez. V, 03-04-2000, n. 3979).

 

Rimborso delle persone interposte

La norma dell’art. 37, cc. 3 e 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, comporta che in sede di accertamento siano imputati al contribuente i redditi di cui appaiano titolari altri soggetti quando sia fornita la prova positiva, anche sulla base di presunzioni gravi precisi e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persone. Le “persone interposte” che provino di aver pagato imposte in relazione a redditi in tal modo successivamente imputati ad altro contribuente, possano chiederne il rimborso, cui l’amministrazione procede dopo che l’accertamento, nei confronti del soggetto interponente, è divenuto definitivo ed in misura non superiore all’imposta effettivamente percepita a seguito di tale accertamento. Nel caso in cui un soggetto, cd. interposto, risulti titolare di redditi dei quali sia dimostrato che l’effettivo possessore è un altro soggetto, cd. interponente, il primo è comunque tenuto al versamento delle imposte dovute in relazione a quei redditi, potendone chiedere il rimborso, in base al quarto comma dell’articolo in rubrica, solo dopo che l’accertamento nei confronti dell’interponente sia diventato definitivo ed in non misura superiore all’imposta effettivamente percepita in seguito a tale accertamento9. E’ errato ritenere che, essendo i contribuenti soggetti interposti, solo apparentemente titolari (ad esempio delle quote di una s.a.s.), ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 37, che disciplina l’imputazione dei redditi dell’interponente, non sarebbero tenuti al pagamento delle imposte sui maggiori redditi da partecipazione accertati dall’ufficio (Cassazione, Sentenza 10 giugno 2015, n. 1198)10.

 

Decadenza

In tema di rimborso di somme versate per tributi non dovuti, il termine decadenziale previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 si applica ad ogni tipologia di indebito tributario conseguente a versamenti sin dall’origine non dovuti, mentre l’art.21 del d.lgs. 546/92 è norma di carattere residuale e concerne le diverse ipotesi in cui il diritto alla restituzione sorge in data posteriore al pagamento dell’imposta. Una tale ipotesi si configura nel caso dell’interposizionefittizia e della restituzione dell’imposta alle persone interposte, in ordine al quale l’art. 37 del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede, al quarto comma (introdotto dal d.lgs. n. 358 del 1997), una applicazione particolare della regola più generale fissata in precedenza dal citato art.21 (Cass. civ. Sez. V, 23-05-2005, n. 10838)

 

10 agosto 2015

Ignazio Buscema

1 Si ha una simulazione soggettiva e l’interposto figura soltanto come acquirente, mentre gli effetti del negozio (trasferimento della proprietà) si producono a favore dell’interponente mentre “nella interposizione reale non esiste simulazione, in quanto l’interposto, d’accordo con l’interponente, contratta con il terzo in nome proprio ed acquista effettivamente i diritti nascenti dal contratto, salvo l’obbligo, derivante dai rapporti interni, di ritrasferire i diritti in tal modo acquistati all’interponente”. E ancora “un tipico caso d’interposizione reale è quella che si viene a configurare in forza di un mandato senza rappresentanza dove, come stabilito dall’art. 1705 del codice civile, il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato”.

2 L’art. 37 d.P.R. 600/1973 impone l’imputazione di redditi all’effettivo possessore anche se appaiono titolari altri soggetti, sulla base di prove gravi, precise e concordanti. Sono dirimenti, a tal fine, le dichiarazioni con le quali l’interponente ammette di aver falsificato le firme dell’amministratore della società interposta (Sentenza del 13/01/2014 n. 172, CTR Lombardia Sezione 67).

3Non può ritenersi esistente per le attività svolte da titolare di ditta individuale per le edificazioni di costruzioni da parte di cooperative edili l’interposizionefittizia quale ipotesi di simulazione relativa in mancanza di prova dell’accordo simulatorio tra i soci delle cooperative l’interposto ed i terzi contraenti a fronte di elementi e circostanze avvaloranti l’effettiva esistenza delle cooperative di costruzione, configurandosi invece attività di amministratore di fatto in capo al titolare dell’impresa individuale. Neppure può ritenersi provata la percezione da parte del titolare dell’impresa individuale di proventi destinati alle società cooperative per l’impossibilità di dimostrare, rispetto a due perizie giudiziarie con rilevazioni notevolmente contrastanti dei costi di costruzione degli immobili realizzati dalle cooperative, i maggiori versamenti eseguiti dai soci delle cooperative medesime (Sentenza del 15/03/2013 n. 29, CTP Savona Sezione 1).

4 La donazione di un terreno a un prossimo congiunto, seguita, dopo pochi mesi, dalla cessione del bene a un terzo, è un’operazione elusiva. Il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione dell’art. 37 del D.P.R. n. 600/73, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo mediante operazioni effettive e reali. Il carattere reale, e non simulato, dell’operazione di vendita e l’effettiva percezione del prezzo da parte dei cessionari (donatari), contrariamente a quanto ritenuto dal giudice d’appello, non sono sufficienti a escludere lo scopo elusivo dell’intera operazione negoziale posta in essere, nella sequenza donazione – vendita (Corte di Cassazione sentenza n. 449/13, pubblicata il 10 gennaio 2013). Con l’ordinanza numero 13089 del 25 luglio 2012, la Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dal Fisco, in relazione alla sentenza della C.T.R. del Piemonte che aveva escluso l’applicabilità dell’art. 37, c. 3, del D.P.R. 600/1973 (norma che prevede l’imputabilità al contribuente dei redditi di cui appaiano titolari altri soggetti quando egli ne risulti l’effettivo possessore per interposta persona) al caso di un contribuente che aveva donato un terreno alla figlia. Il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione personale fittizia, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo mediante operazioni effettive e reali (Cass. 12788 del 10/6/2011). La prova della natura elusiva delle operazioni poste in essere dal contribuente può ben scaturire, infatti, da presunzioni, spettando allo stesso contribuente fornire la prova dell’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti con carattere non meramente marginale o teorico (Cass. n. 8772/2008; Cass. 20816/2005).

5L’interposizione reale si realizza quando l’interposto agisce come effettivo contraente, assumendo in proprio i diritti derivanti dal contratto e impegnandosi a ritrasferirli all’interponente con un ulteriore atto che diviene necessario in ragione dell’estraneità di quest’ultimo rispetto al rapporto principale.

Pertanto, mentre nell’interposizione fittizia tutti i soggetti vogliono che gli effetti del negozio si producano nei confronti di una persona diversa da quella che appare nell’atto, nell’interposizione reale manca l’accordo simulatorio, cosicché gli effetti del contratto stipulato si producono realmente nei confronti del secondo.

Soltanto a seguito di un successivo negozio di trasferimento, gli effetti potranno avere luogo a favore dell’altro soggetto. Nell’interposizione reale, quindi, l’accordo è sempre e solo bilaterale tra interponente e interposto, con assoluta estraneità del terzo contraente. L’interposizione reale può assumere due distinte forme che si differenziano in ragione della rilevanza attribuita alla volontà dell’interposto. La prima ricorre nelle ipotesi in cui l’interposto acquisisce un diritto da un terzo per trasferirlo all’interponente, compiendo un atto che non presuppone alcuna specifica qualità. In tali circostanze egli assume la veste di mandatario in nome proprio e si ha rappresentanza indiretta. L’altra forma di interposizione reale, si ha in tutti i casi in cui “è richiesta una posizione prestabilita, una vocazione determinata, un diritto anteriore … la quale presuppone nell’agente la qualità di proprietario o di creditore”e l’interposto riceve dall’interponente, al solo scopo di trasferirlo al terzo o di ritrasferirlo all’interponente. In queste circostanze si è nell’ambito dei negozi fiduciari.

6 Costituisce elusione fiscale la vendita di un bene immobile da poco ricevuto in donazione, anche se si dimostra che il prezzo della vendita è stato effettivamente incassato dal venditore-donatario. Per l’applicazione della norma antielusiva, infatti, non è necessaria una interposizione fittizia di persona, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo mediante operazioni effettive e reali. Pertanto, il carattere reale e non simulato della vendita, nonché l’effettiva percezione del prezzo da parte dei venditori-donatari, non sono sufficienti ad escludere lo scopo elusivo dell’intera operazione “donazione-vendita”. A fornire questo rigoroso principio è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25671 depositata il 15 novembre 2013. La disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dall’art. 37, c. 3, D.P.R. n. 600/1973, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio ed ingiustificato di uno strumento giuridico legittimo. Uso che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto di imposta. Per l’applicazione della norma antielusiva, quindi, non è necessaria una interposizione fittizia di persona, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo mediante operazioni effettive e reali. Pertanto, il carattere reale e non simulato della vendita, nonché l’effettiva percezione del prezzo da parte dei venditori-donatari, non sono sufficienti ad escludere lo scopo elusivo dell’intera operazione “donazione-vendita”. Nel caso di specie, poi, i giudici del merito avevano dimostrato l’esistenza di copiosi elementi di fatto (trattative intervenute tra la contribuente e l’acquirente già prima della donazione, vicinanza temporale dei due atti) idonei a costituire presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, tali da far ritenere provata la finalità elusiva del negozio giuridico.

7 La disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dall’art. 37, c. 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta: ne deriva che il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può essere fatta rientrare l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della nonna, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali.

Da quanto esposto consegue che il carattere reale, e non simulato, dell’operazione di vendita e l’effettiva percezione del prezzo da parte dei venditori-donatari, non sono sufficienti a escludere lo scopo elusivo dell’intera operazione negoziale posta in essere, nella sequenza donazione-vendita (Sentenza 15 novembre 2013, n. 25671, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria). L’art. 68, c. 2, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 , stabilisce che, per i terreni acquistati per successione o donazione, il prezzo di acquisto è assunto come il valore dichiarato nelle relative denunce e atti registrati, o in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente. Conseguentemente, qualora un contribuente riceva in donazione un terreno e successivamente lo ceda, la plusvalenza tassabile deve essere determinata in misura pari alla differenza tra il prezzo di cessione e il valore dichiarato nell’atto di donazione, sommato degli eventuali ulteriori oneri. In ragione delle richiamate regole di determinazione delle plusvalenze, si è diffusa la prassi di dichiarare nell’atto di donazione un valore uguale o comunque prossimo a quello della successiva cessione, ottenendo in tal modo un consistente risparmio d’imposta. Tali condotte vengono contestate dall’Amministrazione Finanziaria che accerta la plusvalenza in capo al donante, sulla scorta del richiamo alla previsione dell’art. 37, c. 3, del D.P.R. n. 600/1973. Il ragionamento seguito in tali circostanze è il seguente: il reddito di cui risulta apparentemente titolare il cedente del terreno, in realtà, deve essere considerato attribuibile al donante per interposta persona. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dal D.P.R. n. 600, del 1973, articolo 37, comma 3, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte delcontribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante diun legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta. Da ciò facendo discendere che “il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione personale fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali”. L’Amministrazione finanziaria può recuperare a tassazione la plusvalenza determinatasi a seguito di procedura di esproprio anche nel caso in cui l’immobile sia stato donato dal contribuente al coniuge (Corte di Cassazione ordinanza n. 9905 / 2014).

8In sostanza, quindi, per “interposizione fittizia” deve intendersi l’inserimento nel rapporto giuridico di uno o più soggetti estranei che fungono da schermo per celare le parti effettive, determinando un contesto fittizio di persone. Il profilo caratterizzante tale figura è quindi rappresentato dalla simulazionedell’intervento dell’interposto, in quanto chi opera realmente la contrattazione è il soggetto interponente. L’interposizione fittizia altro non è se non una simulazione relativa soggettiva che viene realizzata attraverso l’attribuzione a un soggetto, che in realtà è un mero nuntius, della qualifica di destinatario dell’atto.

9 L’interposizionefittizia di persone non può essere esclusa dall’adempimento dell’obbligazione a favore del prestanome, costituendo spesso tale adempimento l’aspetto esteriore del fenomeno simulatorio per meglio celare il negozio dissimulato. Provata l’interposizionefittizia di persone non è necessario, al fine dell’imposizione tributaria in capo al vero titolare del reddito, provare il trasferimento del cespite a suo favore dal titolare apparente essendo questi un mero detentore e realizzandosi immediatamente a favore del vero titolare l’incremento patrimoniale. L’art. 30 d.l. 2 marzo 1989, convertito in l. 27 aprile 1989 n. 154 (cosiddetto decreto antielusivo) non ha carattere innovativo ma interpretativo contemplando una regola di imputazione esclusiva del reddito in capo al vero titolare del rapporto. La norma ha lo scopo di eliminare le perplessità insorte per il rischio di doppia imposizione, vietata dall’art. 67 del d.P.R. n. 600 del 1973, allorchè l’onere tributario sia stato già assolto dal titolare apparente del reddito (CT 1′ grado Napoli, 20-12-1993, n. 3230).

10In relazione all’ambito di operatività di tale disposizione, la Corte di Cassazione, nella sentenza 22 gennaio 2010, n.1166, ha affermato che “la disciplina dell’interposizione prevista dal D.P.R. n. 600/1973 art. 37, commi 3 e 4 risulta invocabile dagli interposti solo qualora provino di aver pagato imposte in relazione a redditi successivamente imputati ad altro contribuente, e comporta il diritto al rimborso di quanto indebitamente versato soltanto dopo che l’accertamento, nei confronti dell’interponente, diventi definitivo”. Nel caso di specie, è stata esclusa l’applicabilità delladisciplina dell’interposizione, difettandone i relativi presupposti, nel caso in cui un contribuente – intestatario di quota di una società di persone – intenda dimostrare la sua estraneità al rapporto societario, per contestare un avviso di accertamento contenente l’imputazione proporzionale dei redditi di partecipazione, ex art. 5 del D.P.R. n. 917/1986.Conseguentemente, l’Amministrazione ha la facoltà di effettuare il rimborso dopo che l’accertamento, nei confronti del soggetto interponente, è divenuto definitivo, e in misura non superiore all’imposta effettivamente percepita a seguitodell’accertamento stesso.