Studi di settore e intervallo di confidenza: sopra al "minimo" il contribuente è CONGRUO!

in fase di accertamento in base agli studi di settore, se i ricavi o i compensi percepiti ricadono all’interno dell’intervallo di confidenza, il contribuente può essere considerato quasi sempre congruo!

 

Manca ancora più di un mese alla prossima scadenza del 20 agosto, cioè del termine entro cui i contribuenti che hanno uno studio di settore approvato possono versare tempestivamente, con l’aggiunta dello 0,40%, le imposte risultanti dal Modello Unico 2015.

Entro questo periodo professionisti e contribuenti dovranno effettuare le valutazioni necessarie sul comportamento da assumere qualora il risultato di Ge.Ri.Co evidenziasse una situazione di non congruità.

Indipendentemente dagli elementi di valutazione specifica, attinenti alla situazione in cui si trova il contribuente, è opportuno, prima di effettuare la scelta avente ad oggetto l’adeguamento o meno all’ammontare dei compensi/ricavi congrui, ricordare gli elementi da prendere in considerazione.

In primis, come ribadito a più riprese dalla Corte di Cassazione, gli studi di settore non sono uno strumento di accertamento automatico. Il mero scostamento rispetto all’ammontare dei ricavi/compensi considerati puntuali, quindi congrui, non è in grado di assicurare la legittimità dell’eventuale avviso di accertamento. L’Agenzia delle entrate dovrà essere in grado di “sostenere” la propria pretesa unitamente ad altri elementi, anche di tipo presuntivo, in grado di confermare il responso di Ge.Ri.Co che, evidenziando la non congruità, individua l’ammontare dei ricavi e dei compensi che sono ragionevolmente stati conseguiti/percepiti dal contribuente. L’avviso di accertamento sarà considerato legittimo solo in presenza di questi ulteriori elementi che assolvono la finalità di dimostrare che il risultato di Ge.Ri.Co è attendibile.

 

Le valutazioni dovranno anche tenere conto che gli studi di settore rappresentano uno strumento concepito oramai più di quindici anni fa, anche se è stato costantemente monitorato ed aggiornato con un procedimento di evoluzione triennale. Tuttavia, tale strumento necessita, come invocato da più parti, di un profondo restyling che probabilmente “potenzierà” la finalità di compliance e non di accertamento. In buona sostanza lo strumento dovrebbe principalmente assolvere in futuro alla funzione di indurre i contribuenti ad adeguare spontaneamente l’ammontare dei ricavi e dei compensi dichiarati verso l’alto.

I contribuenti dovranno tra l’altro tenere conto, in sede di dichiarazione dei redditi, anche di una recente (ed importante) sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (n. 1665/27/2015). Secondo quanto affermato dai giudici di merito se l’ammontare dei ricavi o dei compensi dichiarati si colloca all’interno del c.d. intervallo di confidenza, il contribuente deve considerarsi ad ogni effetto congruo.

Preliminarmente deve essere rilevato come gli studi di settore rappresentino uno strumento di analisi statistica/matematica molto più sofisticato rispetto ad altri strumenti utilizzati in passato (ad esempio i coefficienti presuntivi o di congruità). Il software Ge.Ri.Co., al termine dell’applicazione della funzione di regressione, fornisce un duplice risultato: il ricavo o compenso puntuale ed il ricavo o compenso minimo ammissibile. La soglia compresa tra i due predetti valori assume la denominazione di intervallo di confidenza.

L’Agenzia delle entrate non ha fornito specifiche indicazioni, se non sporadicamente, circa gli effetti sull’attività di accertamento per i contribuenti che dichiarano compensi o ricavi compresi all’interno del predetto intervallo. Al contrario l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che si considera congruo ai fini dell’applicazione degli studi di settore unicamente il contribuente che dichiara un ammontare superiore ai ricavi o compensi puntuali determinati da Ge.Ri.Co. In buona sostanza se il contribuente si colloca naturalmente all’interno dell’intervallo di confidenza non può considerarsi congruo.

Una delle rare indicazioni fornite sul punto dall’Agenzia delle entrate con la Circ. n. 5/E del 2008 ha precisato che i valori all’interno del predetto intervallo presentano un’elevata “probabilità statistica di costituire il ricavo/compenso fondatamente attribuibile a un soggetto esercente un’attività avente le caratteristiche previste dallo studio di settore.

L’Agenzia delle entrate non si è spinta oltre, ma se tutti i valori presenti all’interno dell’intervallo di confidenza presentano un’elevata probabilità statistica di essere coincidenti con l’ammontare dichiarato dal contribuente, non si comprende sulla base di quali argomentazioni il reddito dichiarato dallo stesso contribuente possa essere oggetto di accertamento.

E’ questa, in sintesi, l’indicazione proveniente dai giudici della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che potrà essere tenuta in debita considerazione dai professionisti e dai contribuenti. Se l’ammontare dei ricavi o dei compensi dichiarati, pur non raggiungendo l’ammontare c.d. puntale, si colloca all’interno del c.d. intervallo di confidenza, l’accertamento fondato sullo studio di settore dovrebbe essere precluso o ancora l’Ufficio dovrà avere a disposizione un numero maggiore di elementi presuntivi al fine di dimostrare che i ricavi o compensi dichiarati non corrispondono all’ammontare effettivo.

15 luglio 2015

Nicola Forte