Bonus prima casa: la Cassazione stringe le maglie sulla "forza maggiore" che permette di usufruire dell'agevolazione prima casa anche se non ci trasferisce entro un anno

la Cassazione stringe le maglie sulle casistiche di forza maggiore che permettono di usufruire dell’agevolazione prima casa anche se non ci trasferisce entro un anno

Con due recenti pronunciamenti, la Corte di Cassazione stringe sulle agevolazioni prima casa. In pratica:

  • Con l’Ordinanza n. 4800 del 10 marzo 2015 (ud. 5 febbraio 2015) la Corte di Cassazione ha ritenuto che le lungaggini burocratiche di rilascio delle autorizzazioni edilizie per le opere di ristrutturazione prima e abitabilità poi non costituiscano cause ostative sopravvenute, imprevedibili e non evitabili dal contribuente. Infatti, “le lungaggini burocratiche non riescono ad integrare la forza irresistibile ostativa al trasferimento nel comune dov’è ubicato l’immobile oggetto delle agevolazioni”;

  • con la sentenza n. 5015 del 12 marzo 2015 (ud. 5 febbraio 2015) la Corte di Cassazione non ha reputato causa di forza maggiore il protrarsi dei lavori di ristrutturazione dell’immobile. “La Corte ha già stabilito (Cass. 26 marzo 2014, n. 7067) che non integra l’evento inevitabile ed imprevedibile la mancata ultimazione di un appartamento in costruzione, atteso che, in assenza di specifiche disposizioni, non vi è ragione di differenziare il regime fiscale di un siffatto acquisto rispetto a quello di un immobile già edificato. A maggior ragione il principio va applicato nell’ipotesi in esame, in cui l’immobile è stato sottoposto a lavori di straordinaria manutenzione”.

 

Breve nota

La posizione della Corte di Cassazione, sulla derogabilità del termine dei 18 mesi per cause di forza maggiore, non è sempre univoca.

Con la sentenza n. 14399 del 7 giugno 2013 (ud. 18 aprile 2013), la Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di secondo grado che aveva ritenuto “che la sospensione dei lavori di ristrutturazione della casa, dovuta al ritrovamento di reperti archeologici, comportava l’impossibilità di stabilire la residenza nell’immobile acquistato, ricorrendo il caso di forza maggiore”. Prosegue la Corte che “Tale principio, espresso in riferimento al D.L. n. 12 del 1985, art. 2, convertito nella L. n. 118 del 1985, può trovare applicazione, data l’identità di ratio, anche in relazione al caso di acquisto di un immobile in altro Comune, in cui il trasferimento di residenza, rilevante ai fini del godimento dell’agevolazione, deve intervenire entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto. La realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, nella cui valutazione non può, però, non tenersi conto – proprio perchè inerente ad un suo comportamento – della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento, dovendo, in conseguenza, affermarsi il principio secondo cui il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato con l’agevolazione ‘prima casa’ noncomporta la decadenza dall’agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell’atto di acquisto dell’immobile stesso”.

 

Diversamente, con l’ordinanza n. 24926 del 26 novembre 2009 (ud. del 21 ottobre 2009), la Corte di Cassazione ha affermato che, ai fini della concessione dei benefici tributari perl’acquisto della prima casa, l’acquirente ha l’obbligo di stabilire laresidenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato, non rilevando alcun fatto impeditivo. Per la Corte, in tema di imposta di registro, la fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa richiede, in base alla disciplina introdotta a partire dal D.L. n. 12 del 1985, art. 2 che l’immobile sia ubicato nel comune ove l’acquirente ha, ovvero – come previsto dalle norme successivamente introdotte – stabilisca la residenza entro un determinato termine dall’acquisto (nella specie, regolata ratione temporis dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, un anno), senza che, attesa la lettera e la formulazione delle norme medesime, alcuna rilevanza giuridica possa essere riconosciuta nè alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, nè all’eventuale ottenimento della residenza oltre il termine fissato, essendo quest’ultima presupposto per la concessione del beneficio e trattandosi di normativa agevolativa e quindi di stretta interpretazione (cfr. Cass. nn. 8377 del 2001, 26115 del 2005, 1173 e 4628 del 2008)”.

 

E con la sentenza n. 17597 del 12 ottobre 2012 (ud. 12 luglio 2012) la Corte di Cassazione ha negato il riconoscimento delle agevolazioni prima casa, in conseguenza del mancato trasferimento della residenza, nel comune dell’immobile acquistato, nel prescritto termine di diciotto mesi, pur in presenza di lungaggini burocratiche che ne hanno impedito il trasloco. La Suprema Corte, facendo propri precedenti pronunciamenti, ha confermato che “è consolidato il principio secondo cui – in tema di imposta di registro e ai sensi del comma 2 bis della nota all’art. 1 della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – ai fini della fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa assume rilievo la residenza anagrafica dell’acquirente (già stabilita o da trasferire, nel termine prescritto, nel comune dell’immobile acquistato), mentre nessuna rilevanza giuridica può essere riconosciuta alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico (cfr Cass. 1530/12, 14399/10, 4628/08, 1173/08, 22528/07, 18077/02, 8377/01); ciò anche in rapporto alle ineludibili esigenze di celerità e certezza nell’applicazione dell’agevolazione”;

 

E con la sentenza n. 17442 del 17 luglio 2013 (ud. 29 maggio 2013), la Corte di Cassazione ha, invece, riconosciuto le agevolazioni prima casa in presenza di una causa di forza maggiore (l’ufficio aveva provveduto al recupero non avendo la contribuente rispettato l’impegno a stabilire la residenza anagrafica nel Comune ove era ubicato l’immobile acquistato entro il termine di diciotto mesi, per causa di forza maggiore, causa non addebitabile alla contribuente, che, al cessare dell’impedimento vi aveva trasferito la residenza).La Corte rileva che “la realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del benefìcio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, nella cui valutazione non può, però, non tenersi conto – proprio perchè non inerente ad un suo comportamento – della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all’adempimento dell’obbligatorio, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento, dovendo, in conseguenza, affermarsi il principio secondo cui il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato con l’agevolazione ‘prima casa’ non comporta la decadenza dall’agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell’atto di acquisto dell’immobile stesso”.Pertanto, “la non imputabilità del mancato trasferimento della residenza, per effetto della sopravvenienza di un impedimento oggettivo, imprevedibile ed inevitabile, esclude, di per sè, la decadenza dall’agevolazione, senza che possano esser, a tal fine, richiesti ulteriori comportamenti (in tesi il reperimento di altro immobile) a carico del contribuente”. Nel caso di specie, i giudici del merito hanno ritenuto che il mancato tempestivo trasferimento della residenza, pur richiesto a seguito dell’acquisto dell’abitazione, sia ascrivibile a causa di forza maggiore, e tale natura dell’impedimento non è stata, in alcun modo, contestata dalla ricorrente.

 

E con l’ordinanza n. 8620 dell’11 aprile 2014 (ud 20 febbraio 2014) la Corte di Cassazione ha confermato il principio di diritto secondo cui, “nel caso di vendita ante tempus di un immobile acquistato con i benefici prima casa, nella nozione forza maggiore astrattamente idonea ad impedire la decadenza da tali benefici non sono sussumibili meri motivi soggettivi, quali la separazione coniugale, ma solo impedimenti oggettivi, imprevedibili ed inevitabili”. A supporto la Corte richiama la sentenza di Cassazione n. 2552/03, “la quale ha affermato che nel caso di mancato riacquisto di altro immobile destinato ad abitazione principale, entro un anno dalla vendita infraquinquennale dell’immobile precedentemente acquistato con i benefici fiscali, detti benefici devono essere revocati pur quando il mancato riacquisto sia dipeso da causa di forza maggiore; ma anche con la successiva sentenza n. 14399/13, con la quale la Sezione Tributaria – pur affermando che ai fini del giudizio sulla decadenza del contribuente dai benefici fiscali fruiti per l’acquisto di un immobile non può non tenersi conto delle cause di forza maggiore che abbiano inciso sulla condotta del contribuente – sottolinea che può considerarsi come forza maggiore solo un impedimento oggettivo, imprevedibile ed inevitabile e non già un mero motivo soggettivo e si premura di precisare che, proprio per tale ragione, nel caso al suo esame (in cui il contribuente non aveva preso tempestivamente la residenza nel comune ove si trovava l’immobile acquistato con i benefici prima casa perchè i lavori di ristrutturazione del medesimo erano stati sospesi per il rinvenimento di reperti archeologici) non era utilmente richiamabile la sopra citata sentenza n. 2552/03 in quanto quest’ultima concerneva un caso in cui i comportamenti prescritti per il godimenti dei benefici prima casa non erano stati osservati dal contribuente a causa della sua separazione coniugale”.

 

E da ultimo, con l’ordinanza n. 1115 del 21 gennaio 2015 (ud. 17 dicembre 2014) la Corte di Cassazione, dopo aver preliminarmente ribadito che i benefici fiscali invocati spettano alla sola condizione che, entro il termine di decadenza di diciotto mesi dall’atto, il contribuente stabilisca, entro il Comune dov’è situato l’immobile, la propria residenza, così adempiendo l’obbligo su di lui incombente e da lui assunto al momento del rogito (fra varie, Cass., ord. 2 aprile 2014, n. 7764 e ord. 14 luglio 2014, n. 16082), ha affermato che “la prospettazione del motivo si scontra con l’accertamento di fatto contenuto in sentenza, che, valorizzando giustappunto il contenuto della perizia di parte, ha escluso la configurabilità di circostanze sopravvenute ed imprevedibili, tali da rappresentare cause di forza maggiore”.

 

4 luglio 2015

Francesco Buetto