Accertamento sostitutivo: i limiti ai poteri del Fisco, a cui servono necessariamente nuovi elementi

il Fisco non può emettere un secondo avviso di accertamento avente alla base gli stessi elementi posti a fondamento del primo, solo perchè valutati in maniera diversa

 

La rettifica vuole nuovi elementi

L’Agenzia delle Entrate non può emettere un secondo avviso di accertamento avente alla base gli stessi elementi posti a fondamento del primo, ma valutati in maniera diversa. Dall’art. 43, c. 3, del D.P.R. 600/72 si ricava il principio “tendenziale” dell’unitarietà dell’avviso di accertamento. E ciò nel senso che la legge consente di frazionare gli accertamenti in caso di “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi”. Ne deriva che l’Ufficio non può per esempio sostituire in autotutela un avviso con un altro modificato fondato su una diversa valutazione dei medesimi elementi (sentenza del 3 giugno 2015 n. 11421 della Corte di Cassazione)

 

L’art. 43 del D.p.r. n. 600/73 riconosce il potere dell’ufficio di modificare l’avviso di accertamento solo quando subentrino nuovi elementi. Nell’ipotesi di integrazione o modificazione si esercita, quindi, un ulteriore potere accertativo, il quale, in quanto tale, richiede necessariamente la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. La rinnovazione per autotutela sostitutiva presuppone, invece, l’esercizio dell’identico potere già esercitato con il primo atto. Per la Suprema corte il presupposto della “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi“, per l’esercizio del potere di integrare o di modificare in aumento l’avviso di accertamento già notificato, non è richiesto per l’autoannullamento di precedente avviso di rettifica e la sostituzione dello stesso con uno nuovo, contenente lo stesso dispositivo (es. STESSO ANNO DI IMPOSIZIONE AI FINI IRPEF) ma una diversa motivazione, atteso che, in tal caso, non ricorre esercizio del predetto potere integrativo o modificativo, ma sostituzione di un precedente provvedimento illegittimo con un nuovo provvedimento conforme a diritto, nell’ambito del generale potere di autotutela della Pubblica amministrazione (sentenza n. 4534 del 28 marzo 2002).

L’adozione di un atto impositivo, modificativo o sostitutivo di altro avviso precedentemente notificato al contribuente, è subordinato alla sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi e differenti rispetto a quelli posti a base del primo atto di accertamento. Tale condizione non è peraltro richiesta nell’ipotesi di annullamento in autotutela del primo avviso di accertamento sostituito dal successivo ed avente identità di dispositivo e diversità in punto di motivazione  (Sent. n. 13891 del 26 febbraio 2008 dep. il 28 maggio 2008 della Corte Cass., Sez. Tributaria). 

Il giudice di legittimità (Cass. sez. V sentenza n. 2531 del 22/02/2002) riconosce al fisco la legittimazione a rinnovare ex nunc un avviso di accertamento invalido (i.e. per omessa indicazione dell’aliquota applicata; per omessa sottoscrizione del capo dell’ufficio), allorché la pretesa erariale non manifesti l’integrazione o la modificazione in aumento del precedente accertamento. L’obbligo di motivazione di un provvedimento amministrativo di ritiro di un precedente atto, di cui si conferma il contenuto dispositivo, è osservato attraverso l’inserimento nel secondo provvedimento di una motivazione diversa da quella contenuta nel primo. Il potere di integrare o di modificare in aumento il precedente avviso di accertamento, è anch’esso, al pari del potere di autotutela, un potere amministrativo di secondo grado che, tuttavia, a differenza del potere di annullamento, consente all’Ufficio di aggiungere al precedente accertamento legittimo, senza sostituirlo, una valutazione omogenea della fattispecie che si è potuta rilevare compiutamente solo per gradi. In conclusione, non è consentito annullare un avviso di accertamento già notificato al contribuente e sostituirlo con uno nuovo, contenente una diversa pretesa impositiva, come derivante da un più attento giudizio degli elementi già disponibili al momento dell’emanazione dello stesso accertamento.

Autotutela sostitutiva e integrazione o modificazione dell’atto di accertamento

Occorre differenziare i casi concreti di autotutela sostitutiva dalle diverse ipotesi di integrazione o modificazione dell’atto di accertamento (cfr. Cass., 22.02.2002 n. 2531; 28.03.2002 n. 4534) sia dalle diverse ipotesi in cui l’Ufficio, riscontrata l’illegittimità o l’infondatezza dell’atto lo annulla definitivamente (cd. autotutela non sostitutiva). Si suole parlare di “atto integrativo” nel caso in cui l’integrazione si riferisca a categorie di reddito non considerate nel precedente avviso e di “atto modificativo” qualora il nuovo atto incida sui profili quantitativi di categorie reddituali che abbiano già formato oggetto di accertamento. Nell’ipotesi di integrazione o modificazione si esercita un ulteriore potere di rettifica della dichiarazione, alla base del quale si richiede la necessaria sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, mentre la rinnovazione per autotutela sostitutiva presuppone l’esercizio dell’identico potere esercitato con il primo atto;l’autotutela a contenuto positivo, con carattere rinnovatorio ex nunc,elimina e sostituisce il precedente atto affetto da nullità. Occorre distinguere tra autotutela sostitutiva e non sostitutiva. Nella prima, l’Amministrazione, previo ritiro dell’atto precedente, provvede all’emanazione di un nuovo provvedimento, favorevole o meno al contribuente. Il fondamento della cd. autotutela sostitutiva ovvero ritiro di un atto impositivo ed emanazione di un nuovo atto d’identico contenuto ma emendato dai vizi formali (non è vizio formale lo spostamento della tassazione o imposizione ai fini IRPEF di una plusvalenza da un anno d’imposta a un diverso anno d’imposta), va rintracciato nel “principio di perennità della potestà amministrativa” e nei principi espressi dagli articoli 53 e 97 della Costituzione.

Autotutela non sostitutiva

L’ipotesi di autotutela non sostitutiva riguarda invece le fattispecie in cui il mero ritiro dell’atto viziato non è seguito dall’adozione di un nuovo provvedimento; il potere discrezionale del soggetto pubblico si esaurisce quindi nella semplice rimozione dell’atto considerato non più idoneo a soddisfare l’interesse collettivo.

Presupposti autotutela sostitutiva

Il consolidato orientamento della Cassazione (sentenza n. 8854 del 21 agosto 2003, sentenza n. 4534 del 28 marzo 2002), in tema di esercizio del potere di autotutela da parte del Fisco, ha chiaramente delineato i presupposti di ammissibilità della cosiddetta autotutela sostitutiva, consistente nel ritiro di un atto impositivo e nella emanazione di un nuovo atto di identico contenuto, ma corretto dai suoi vizi formali (i.e. aliquota, sottoscrizione dell’atto). La Suprema Corte si è, dunque, costantemente espressa nel senso di riconoscere la legittimità dell’autotutela sostitutiva, preoccupandosi di distinguere esattamente tra le ipotesi di autotutela sostitutiva e quelle di autotutela integrativa (dell’atto di accertamento). Il vizio di invalidità dell’avviso di accertamento per la mancata indicazione delle aliquote può essere sanato dall’Amministrazione mediante l’esercizio del potere di “autotutela sostitutiva”, esperibile attraverso la rinnovazione ex nunc dell’atto viziato. Tale possibilità è stata riconosciuta dalla stessa consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione (su tutte cfr. sez. V, 16 luglio 2003, n. 11114), che ha ritenuto legittimo l’esercizio del potere di autotutela sostitutiva, a condizione che l’atto impositivo sia inficiato esclusivamente da nullità derivante da vizi di natura formale (i.e. omessa indicazione delle aliquote d’imposta ovvero errata individuazione del destinatario della notifica e non spostamento della imposizione dello stesso presupposto da un anno d’imposta ad un diverso anno d’imposta) tali da non incidere sull’esistenza o l’ammontare del credito tributario. La rinnovazione ex nunc dell’atto viziato è, quindi, stata riconosciuta dalla consolidata giurisprudenza di Cassazione (su tutte, vedi la sentenza 16 luglio 2003, n. 11114), che ha ritenuto legittimo l’esercizio del potere di autotutela sostitutiva, a condizione che l’atto impositivo sia inficiato esclusivamente da nullità derivante da vizi di natura formale tali da non incidere sull’esistenza o l’ammontare del credito tributario. La rimozione degli errori formali è condizionata, secondo l’orientamento della stessa suprema Corte, dai seguenti limiti:

  • la rinnovazione dell’avviso di accertamento presuppone il mancato decorso del termine di decadenza dell’azione accertatrice, previsto, per le imposte dirette, dall’articolo 43 del Dpr 600/73;

  • la rinnovazione è preclusa qualora sia intervenuto giudicato di merito in relazione all’atto da annullare. Si tratta del generale limite frapposto al potere di autotutela, comune sia all’autotutela sostitutiva che all’annullamento d’ufficio;

  • nel caso in cui il nuovo provvedimento sia emanato sulla base di ragioni del tutto diverse, occorre dare dimostrazione del perché quelle ragioni non siano state poste a base dell’avviso originario e del perché le stesse siano state considerate solo successivamente all’annullamento dell’atto basato su ragioni diverse;

  • la rinnovazione deve “essere preceduta dall’annullamento del precedente atto impositivo, ai fini della tutela delle ragioni di difesa del contribuente e del divieto della plurima imposizione in dipendenza dello stesso presupposto ex art. 67 DPR n. 600 del 1973“.

E’ indispensabile distinguere tra vizio formale (i.e. aliquota, sottoscrizione dell’atto) e vizio sostanziale (i.e. spostamento della tassazione o imposizione ai fini IRPEF da un anno d’imposta a un diverso anno d’imposta dello stesso presupposto come nel caso di specie); l’autotutela sostitutiva può aversi ogni volta che il vizio dell’atto, benché sanzionato a pena di nullità, sia formale e sanabile con la rinnovazione dello stesso atto epurato dai vizi. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui consente modificazioni dell’avviso di accertamento soltanto in caso di sopravvenienza di nuovi elementi di conoscenza da parte dell’Ufficio, non opera con riguardo ad avviso di accertamento nullo, alla cui rinnovazione ex nunc l’Amministrazione è legittimata in virtù del potere, che ad essa compete, di correggere gli errori dei propri provvedimenti: l’esercizio di tale potere, tuttavia, non potendo risolversi nella compressione dei diritti del contribuente o nella violazione dei principi che regolano il contraddittorio processuale, può aver luogo soltanto in presenza di vizi formali dell’atto ed entro il termine previsto per il compimento dello stesso, non può tradursi nell’elusione o nella violazione del giudicato eventualmente formatosi sull’atto viziato, e dev’essere preceduto dall’annullamento di quest’ultimo, a tutela del diritto di difesa del contribuente ed in ossequio al divieto di doppia imposizione in dipendenza dello stesso presupposto (Corte di Cassazione, sez. VI Civile-T, ordinanza 13 febbraio; 13 marzo 2013, n. 6329; Cass. civ. Sez. V, 20-11-2006, n. 24620).

 

La reiterazione della potestà di accertamento non va, dunque, confusa con l’autotutela sostitutiva. Tra i due istituti sussiste una notevole differenza di scopo: il potere di reiterazione della potestà di accertamento rappresenta lo strumento concesso all’Amministrazione finanziaria per accertare la pretesa tributaria sulla base della (necessaria) acquisizione di nuovi elementi conoscitivi. L’autotutela sostitutiva persegue, invece, lo scopo di eliminare dal mondo giuridico atti caratterizzati da vizi di legittimità, perseguendo così l’interesse pubblico. L’art. 43 del DPR 29/09/1973, n. 600, nella parte in cui consente modificazioni dell’avviso di accertamento soltanto in caso di sopravvenienza di nuovi elementi di conoscenza da parte dell’ufficio, non opera con riguardo ad avviso nullo (nella specie, per omessa indicazione dell’aliquota applicata), alla cui rinnovazione ex nunc l’Amministrazione è legittimata in virtù del potere, che le compete, di correggere gli errori dei propri provvedimenti nei termini di legge, salvo che l’atto rinnovato non costituisca elusione o violazione dell’eventuale giudicato formatosi sull’atto nullo (Cassazione sez. V sentenza n. 11114 del 16/07/2003). In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui consente modificazioni dell’avviso di accertamento soltanto in caso di sopravvenienza di nuovi elementi di conoscenza da parte dell’Ufficio, non opera con riguardo ad avviso di accertamento nullo, alla cui rinnovazione ex nunc l’Amministrazione è legittimata in virtù del potere, che ad essa compete, di correggere gli errori dei propri provvedimenti: l’esercizio di tale potere, tuttavia, non potendo risolversi nella compressione dei diritti del contribuente o nella violazione dei principi che regolano il contraddittorio processuale, può aver luogo soltanto in presenza di vizi formali dell’atto ed entro il termine previsto per il compimento dello stesso, non può tradursi nell’elusione o nella violazione del giudicato eventualmente formatosi sull’atto viziato, e dev’essere preceduto dall’annullamento di quest’ultimo, a tutela del diritto di difesa del contribuente ed in ossequio al divieto di doppia imposizione in dipendenza dello stesso presupposto (Corte di Cassazione, sez. VI Civile-T, ordinanza 13 febbraio; 13 marzo 2013, n. 6329; Cass. civ. Sez. V, 20-11-2006, n. 24620).

Giudicato

Il potere di reiterazione – con effetti ex nunc – dell’accertamento tributario, previsto dall’art. 43 del DPR n. 600 del 1973, trova un limite in un precedente giudicato, nel senso che quando quest’ultimo abbia annullato l’accertamento anteriore, in sede di rinnovazione non può essere adottato il medesimo criterio già disatteso, e nel senso che, ove siano rivalutati ex novo i presupposti dell’imposizione, debbono essere enunciate in motivazione le ragioni del nuovo accertamento. Tale situazione non ricorre allorché si sia trattato non di rinnovazione integrativa o modificativa a sensi del citato art. 43 di precedente accertamento, ma di rinnovazione dipendente da autoannullamento di anteriore accertamento viziato, e rientrante nel generale potere di autotutela della P.A.. L’art. 43, c. 3, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, prevedendo la possibilità dell’integrazione o modificazione in aumento dell’accertamento dei redditi mediante la notificazione, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, di nuovi avvisi da parte dell’amministrazione, presuppone che l’avviso precedentemente notificato non sia colpito da nullità, non potendo porsi alcun problema di integrazione e modificazione rispetto all’atto radicalmente nullo, il quale in tal caso può solo essere rinnovato con effetto ex nunc. Il potere dell’Amministrazione finanziaria di reiterare l’avviso di accertamento nullo con effetto ex nunc, nel termine di decadenza per procedere all’accertamento stesso, non può essere esercitato in violazione o in elusione di un giudicato .Pertanto quando il giudicato abbia annullato il primo accertamento per incongruità del criterio di stima adottato, non potrà essere utilizzato, in sede di rinnovazione, quello stesso criterio e quando siano rivalutati ex nuovo i presupposti dell’imposizione deve essere data esauriente dimostrazione delle ragioni per cui siano stati presi in considerazione presupposti prima trascurati

2 luglio 2015

Ignazio Buscema