La responsabilità fiscale dei liquidatori di società è aumentata, sia in termini di durata dopo la cancellazione della società sia a tutte le imposte interessate

il decreto sulle semplificazioni fiscali ha esteso la responsabilità tributaria dei liquidatori di società relativamente ad imposte non versate in fase di liquidazione, se vi erano fondi disponibili per il pagamento delle imposte dovute

  1. Premessa

L’art. 28, c. 4, del D.Lgs. n. 175/2014 ha introdotto importanti novità finalizzate a tutelare maggiormente l’Amministrazione finanziaria nei casi di cancellazione delle società di capitali (s.p.a., s.r.l., s.a.p.a.) dal registro delle imprese e di mancato pagamento di tributi. La nuova norma, in particolare, ha previsto che ai soli fini degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione di tributi, contributi, sanzioni ed interessi, in deroga a quanto di norma previsto in tema di cancellazione dal registro delle imprese e di estinzione della società, l’estinzione ha effetto solo decorsi 5 anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese. Conseguentemente, sebbene estinta, l’Amministrazione può continuare a notificare alla società atti di liquidazione e accertamento di tributi, contributi ed accessori, nei limiti del quinquennio.

  1. Estinzione della società in liquidazione: regole ordinarie

L’art. 2495 c.c. disciplina la cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese prevedendo che, nei casi di liquidazione, “approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese” (art. 2495, c. 1, c.c.).

In effetti, l’iscrizione della società nel registro delle imprese ha efficacia costitutiva: con l’iscrizione nel registro delle imprese la società acquista personalità giuridica (art. 2331, c. 1, c.c.). Allo stesso modo, la cancellazione della società dal registro delle imprese segna la sua estinzione.

Per le società in stato di liquidazione, la cancellazione viene chiesta una volta approvato il bilancio finale di liquidazione. Fino all’approvazione del bilancio finale, difatti, non sarà possibile procedere alla cancellazione della società dal registro delle imprese (salvo per il caso particolare dell’art 2490, co. 6, c.c.: mancato deposito del bilancio per oltre tre anni consecutivi).

L’art. 2495 c.c. contiene alcuni tratti distintivi rispetto alla disciplina prevista per le società di persone; in particolare, per le società di capitali è previsto che:

  • la cancellazione dal registro delle imprese determina l’estinzione della società;

  • l’azione dei creditori insoddisfatti, nei confronti dei soci, è ammessa sino a concorrenza delle somme riscosse da costoro in base al bilancio finale di liquidazione.

L’estinzione della società comporta, di norma, che eventuali debiti non potranno essere più richiesti in capo alla stessa ma dovranno, eventualmente, ricorrendone i presupposti, essere avanzati nei confronti dei soci ovvero nei confronti dei liquidatori.

Fino all’entrata in vigore delle norme contenute nel Decreto sulle Semplificazioni 2014, tale regola restava valida anche per i debiti di natura erariale, dal momento che l’estinzione della società determinava:

  • da un lato, che la sussistenza di un rapporto tributario non definito non potesse in alcun modo far rivivere il soggetto giuridico sciolto;

  • dall’altro lato, che l’Amministrazione finanziaria non poteva, dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese, emanare e notificare atti impositivi intestati alla società estinta.

Con il Decreto Semplificazioni, pertanto, la disciplina dell’estinzione della società subisce due trattamenti differenziati:

  • sul piano civilistico la società si estingue con la cancellazione dal registro delle imprese che assume, pertanto, natura costitutiva;

  • sul piano fiscale la società si estingue solo decorsi 5 anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese.

  1. Decreto Semplificazioni: estinzione della società dopo 5 anni

L’art. 28, co. 4 del D. Lgs. n. 175 del 21 novembre 2014 (pubblicato in G.U. n. 277 del 28 novembre 2014 Serie Generale) entrato in vigore lo scorso 13 dicembre 2014, ha stabilito che “ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese”.

In tal senso, la società di capitali il cui bilancio finale sia stato approvato e che sia stata anche cancellata dal Registro delle imprese, permane in vita per ulteriori 5 anni dalla domanda di cancellazione, limitatamente ai seguenti atti:

  • atti di liquidazione

  • atti di accertamento

  • atti di contenzioso (ricorsi, memorie, deposito degli atti, appelli, produzioni documentali.) formati nei confronti del soggetto estinto o da questo proposti;

  • atti di riscossione (cartelle di pagamento, intimazioni ad adempiere, note di presa in carico di crediti);

aventi ad oggetto:

  • tributi (IRES, IRPEF, IVA, IRAP, imposta di registro);

  • contributi (previdenziali)

  • accessori (sanzioni ed interessi).

Quindi, nel suddetto lasso temporale, l’Agenzia delle Entrate e l’INPS potranno continuare a notificare avvisi di accertamento e cartelle di pagamento nei confronti della società sciolta.

  1. Responsabilità di liquidatori, amministratori e soci

Sempre il D.Lgs n. 175/2014 è intervenuto anche sull’articolo 36 del D.P.R. n. 602/1973, stabilendo la responsabilità in proprio dei liquidatori nel caso in cui gli stessi non provvedano a pagare, con l’attivo della liquidazione, le imposte dovute dall’impresa per il periodo stesso della liquidazione, e per quelli precedenti.

Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti, di cui agli artt. 2777 c.c. e seguenti).

In particolare:

  • i liquidatori di società diventano responsabili in proprio per il pagamento delle imposte originariamente dovute dalla società;

  • la responsabilità deve essere appurata con un apposito atto da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Del mancato versamento di imposte e tributi possono essere chiamati a rispondere anche i soci (che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione) e ora anche gli amministratori, ai quali è estesa tale responsabilità fiscale nel caso in cui abbiano compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili

Per effetto delle modifiche apportate dall’art. 28 co. 5 e 7 del D. Lgs. 175/2014, la responsabilità in esame non è più circoscritta ai debiti IRES della società, ma si estende anche ad altre imposte, come ad esempio l’IRAP, l’IVA e l’imposta di registro.

Per essere considerati esenti da responsabilità, i liquidatori devono dimostrare di:

  • aver soddisfatto i crediti tributari prima dell’assegnazione dei beni sociali ai soci o associati;

  • oppure di avere soddisfatto creditori che, nell’ordine di graduazione previsto dal codice civile, devono essere preferiti all’Erario.

Pertanto, i liquidatori, a seguito della modifica apportata, “rispondono in proprio del pagamento delle imposte (dovute per il periodo della liquidazione e per quelli anteriori) se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari”.

La novità non consiste nella responsabilità personale e patrimoniale dei liquidatori, già in qualche modo prevista nella versione previgente dell’art. 36, ma semplicemente nell’inversione dell’onere della prova: mentre prima era l’Ufficio fiscale a dover provare che i liquidatori non avevano adempiuto all’obbligo del soddisfacimento privilegiato dei crediti tributari, ora sono i liquidatori a dover fornire la prova contraria, potendo l’Ufficio limitarsi a dimostrare l’esistenza di crediti tributari rimasti insoddisfatti.

La prova della mancanza di colpa potrà essere fornita dimostrando di aver impiegato la massima diligenza professionale richiesta dalla propria funzione, nella verifica dell’esistenza di debiti fiscali antecedentemente al pagamento di debiti di rango inferiore ovvero dell’assegnazione ai soci dell’attivo di liquidazione.

Attenzione

A tal fine, gli strumenti di verifica che il liquidatore può attivare (lasciandone traccia documentale da offrire come “prova” della mancanza di colpa) sono numerosi:

– richiesta di eventuali estratti di ruolo presso il competente Agente della riscossione;

– accesso al Cassetto fiscale della società per verificare l’esistenza di eventuali comunicazioni di irregolarità rimaste inevase;

– richiesta al locale Ufficio dell’Agenzia delle entrate della certificazione dei carichi pendenti ex art. 14, c. 3, D.Lgs. n. 472/1997.

Per la responsabilità dei liquidatori occorrono due condizioni:

  • l’esistenza di una liquidazione attiva (anche se misurata soltanto al debito tributario);

  • il mancato pagamento coi fondi disponibili di “imposte dovute dalla società“.

La responsabilità del liquidatore è accertata dall’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, con atto motivato da notificare regolarmente al liquidatore.

  1. Decorrenza

Con la circolare n. 31/E del 30 dicembre 2014, l’Agenzia delle Entrate aveva attribuito efficacia retroattiva alla nuova disposizione normativa, chiarendo che “trattandosi di norma procedurale, si ritiene che la stessa trova applicazione anche per attività di controllo fiscale riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della data di entrata in vigore del decreto in commento”.

In realtà, sul tema è recentemente intervenuta la Sezione Tributaria della Cassazione che, con la recente sentenza n. 6743/15 dello scorso 2 aprile 2015 ha affermato che le disposizioni in materia di società estinte, introdotte dal decreto legislativo n. 175/14 delle c.d. Semplificazioni fiscali, non hanno efficacia retroattiva; pertanto, esse non si applicano alle società (di capitali o di persone) che abbiano fatto richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese prima della data di entrata in vigore del suddetto decreto (13 dicembre 2014).

Pertanto, soltanto per le società che abbiano fatto richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese dal 13 dicembre 2014 o successivamente, il comma 4 dell’articolo 28 posticipa l’effetto estintivo della società (di persone o di capitali) di cinque anni, decorrenti dalla richiesta di cancellazione, con differimento limitato al settore tributario e contributivo, nel senso che l’estinzione intervenuta durante tale periodo non fa venir meno la “validità” e la “efficacia” sia degli atti di liquidazione, di accertamento, di riscossione relativi a tributi e contributi, sanzioni e interessi, sia degli atti processuali afferenti a giudizi relativi ai citati tributi e contributi, sanzioni e interessi.

3 giugno 2015

Antonella Benedetto