Abuso del diritto, raddoppio dei termini in caso di reati e criticità in fase di accertamento

si sta chiudendo la modifica legislativa sulla contestazione dell’abuso del diritto: ecco come funzioneranno le norme sul raddoppio dei termini in caso di ipotesi reato tributario e quali sono le criticità tuttora esistenti sulla gestione dell’accertamento – interessanti anticipazioni dai lavori parlamentari

 

La nuova disciplina individuata nell’articolo 10-bis della legge n. 212 introdurrà nell’ordinamento una norma generale antiabuso, che unificherà in un unico concetto l’abuso del diritto e l’elusione fiscale, con riferimento sia alle imposte sui redditi che alle imposte indirette.

Le previsioni dell’articolo 2 dello schema intervengono poi sulla disciplina del raddoppio dei termini per l’accertamento in caso di reato tributario, chiarendo che il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’amministrazione finanziaria sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini.

 

Il relatore sullo schema di decreto legislativo, in discussione presso la VI Commissione Finanze della Camera, dopo aver sottolineato la notevole rilevanza dell’intervento legislativo, ha però rilevato l’opportunità di apportare alcune precisazioni al testo normativo proposto.

Il parere favorevole del relatore sullo schema di decreto è stato dunque subordinato a condizioni ed osservazioni.

Con la prima condizione, con riferimento al comma 1 dell’articolo 2 dello schema di decreto legislativo, che prevede che il raddoppio dei termini di accertamento per le imposte sui redditi scatti solo per i casi di presentazione delle denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria entro gli ordinari termini, il relatore chiede al Governo di provvedere a far riferimento, oltre che all’ipotesi di denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, anche all’ipotesi in cui la denuncia sia presentata dalla Guardia di finanza.

La richiesta è senz’altro opportuna, anche se però non si comprende perché allora non si sia pensato di estenderla anche all’ipotesi in cui la denuncia sia acquisita di iniziativa del pubblico Ministero, con iscrizione, entro gli ordinari termini, nel registro degli indagati, ai sensi dell’art. 335 c.p.p..

Anche con la seconda condizione, con riferimento al comma 2 dell’articolo 2 dello schema, il relatore chiede l’estensione del riferimento all’ipotesi di denuncia presentata da parte della Guardia di Finanza, in materia però di IVA (e anche in questo caso non si capisce perché questo non debba valere per i casi di iniziativa d’ufficio da parte del Pubblico Ministero).

Con la terza condizione, infine, con riferimento al comma 3 dell’articolo 2 dello schema, il quale, sempre nel quadro delle modifiche alla disciplina del raddoppio dei termini per l’accertamento, stabilisce che sono comunque fatti salvi gli effetti degli atti impositivi notificati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, il relatore chiede al Governo di provvedere ad adeguare il contenuto della disposizione al tenore letterale della norma di delega in materia di cui all’articolo 8, comma 2, della legge n. 23 del 2014, facendo dunque espresso riferimento agli atti di controllo ed indicando specificamente quali siano tali atti.

In sostanza si chiede che siano fatti salvi anche gli effetti dei processi verbali di constatazione, sicuramente rientranti nel concetto di atti di controllo, ma non rientranti nel concetto di atti impositivi (cioè, in sostanza, gli accertamenti).

Senza entrare nel merito di tutte le osservazioni, si evidenzia solo che se le condizioni sopra indicate, al di là della condivisibilità o meno, sono sicuramente comprensibili, molto meno lo sono invece alcune delle osservazioni.

Poco comprensibile e comunque inutile appare infatti l’osservazione con cui, con riferimento alla definizione di vantaggi fiscali indebiti, il relatore chiede al Governo di valutare l’opportunità di specificare che il richiamo ai principi dell’ordinamento tributario riguarda sia l’ordinamento nazionale, sia quello comunitario, sia gli accordi internazionali

Che il richiamo ai principi dell’ordinamento tributario riguarda sia l’ordinamento nazionale che quello comunitario ed internazionale non c’è infatti bisogno di specificarlo, essendo principio già insito nell’ordinamento e prevalendo anzi le norme comunitarie anche su quelle nazionali, pena la disapplicazione delle norme interne incompatibili.

 

Se la precedente osservazione, più che incomprensibile appare inutile, è invece davvero incomprensibile l’osservazione con cui, laddove si prevede che l’amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, il relatore chiede al Governo di valutare l’opportunità di prevedere che la contestazione della condotta sia preventivamente validata a livello di vertice territoriale dell’Amministrazione finanziaria (sembra anzi che nelle ultime versioni si voglia anche togliere il riferimento al “territoriale”).

La previsione è, come detto, del tutto incomprensibile.

Se poi volesse dire che per ogni contestazione di abuso del diritto serve una validazione di non meglio identificati vertici, territoriali o meno, dell’Agenzia sarebbe semplicemente assurdo, contrario ai principi di indipendenza degli uffici operativi e bloccherebbe finanche l’operatività dell’istituto.

16 giugno 2015

Giovambattista Palumbo