Nella Voluntary Disclosure chi ben comincia…

la corretta gestione della pratica di voluntary disclosure inizia con una corretta raccolta ed analisi della documentazione rilevante per il calcolo delle imposte e sanzioni dovute dal contribuente: ecco alcuni utili suggerimenti per un buon approccio con la clientela

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La Voluntary Disclosure seppure lentamente sta prendendo quota: le prime 1.000 richieste sono già arrivate e sono state già processate. I rallentamenti derivano da un lato del ritardo con cui è stata emessa la circolare 10/E,  dall’altro ai numerosi punti oscuri della procedura ancora rimasti irrisolti tra cui gli aspetti penali e il raddoppio dei termini e le misure antiriciclaggio.

A fronte di queste spinte centrifughe che allontanano dalla procedura (al punto che qualcuno ipotizza una correzione e un rinvio delle scadenze) si contrappongono altrettanto potenti forze centripete che persuadono all’adesione: una su tutte la decadenza (più o meno retroattiva) del segreto bancario e il conseguente atteggiamento degli istituti di credito che timorosi delle sanzioni antiriciclaggio stanno (anche se in maniera illegittima) bloccando i trasferimenti dei conti e la stessa disponibilità dei depositi.

 

In mezzo a tutto ciò c’è (come sempre) il professionista che si trova ad assistere il contribuente accompagnandolo in quella che giustamente è stata definita una vera e propria rivoluzione nel rapporto col fisco.

Abituato ai condoni del passato, il candidato alla Voluntary deve capire subito e qui sta la capacità di chi lo accompagna, che “la musica è cambiata”, sia per quanto riguarda l’atteggiamento da mantenere d’ora in poi nei confronti dei depositi esteri, sia per il modo in cui si “fa la pace col fisco”.  Chiarito che la collaborazione volontaria è spontanea (anche se inevitabilmente dettata dalle circostanze) e che le imposte andranno pagate tutte e si otterrà solo un importante sconto sulle sanzioni tributarie e sulle conseguenze penali è giunto il momento di affrontare gli altri due aspetti della procedura: la veridicità e la completezza.

 

Chiariamo subito: il professionista non è un investigatore e non deve nemmeno tentare di atteggiarsi a tale; egli dovrà comunque muoversi con circospezione e sufficiente profondità al fine di dimostrare a chiunque di aver operato con la diligenza professionale adeguata (ben più profonda di quella del buon padre di famiglia) e di aver ammonito il cliente sugli aspetti chiave. Creare procedure interne e modulistica adatta può servire allo Studio non solo quale tutela  nei confronti di future verifiche, ma anche per istruire da un lato e ammonire dall’altro il cliente sulle regole del gioco: “hai aderito spontaneamente da qui in avanti racconti tutto e mi sottoscrivi quello che mi racconti …”

Terminate le presentazioni, occorre verificare se siamo di fronte ad un residente o meno in Italia essendo la procedura riservata ai soli residenti. In caso di non residenza estera “fittizia” è sempre possibile dichiarare la propria residenza reale (con tutti gli effetti di una simile dichiarazione). 

Poi è bene farsi raccontare cosa è successo dal 2004 a oggi: che attività ha esercitato, che redditi ha prodotto e se ha presentato la dichiarazione, se è stato amministratore o comunque legato a società di persone o capitale e che sorte hanno avuto queste aziende. Il discorso in questa fase deve essere più libero e spontaneo possibile, il professionista dovrà utilizzare l’“ascolto attivo”, creare un clima di fiducia, prediligere le domande aperte, utilizzare frequentemente la parafrasi per riassumere i racconti riferiti. E’ probabile che il contribuente tenderà ad “andare subito al dunque” portando il discorso sull’entità dei depositi e sul costo del rientro ma il professionista non deve tralasciare questa fase. Si pensi solo agli effetti devastanti di una Voluntary Disclosure con occultamento di capitali ingenti all’estero e contemporaneamente una procedura concorsuale in corso.

In certi casi può darsi che il contribuente ignori di aver compiuto dei reati, sarà bene quindi che il professionista scorra con il contribuente almeno il D.lgs. 74/2000 al fine di individuare fattispecie penali coperte e non dalla adesione alla collaborazione volontaria  ma che in ogni caso produrranno il raddoppio dei termini di accertamento. Vale la pena che il consulente precisi in questa fase sia cosa sia il riciclaggio che l’autoriciclaggio e che la reticenza nei confronti del professionista e di conseguenza del fisco potrebbe produrre una condanna fino a sei anni.

Valutato l’aspetto penale e quindi i rischi di un’adesione e soprattutto di una mancata adesione, è necessario valutare le cause ostative alla procedura: il contribuente dovrà dichiarare al professionista di non essere a conoscenza di accessi ispezioni, verifiche o di qualunque attività di accertamento amministrativo collegati alla VD o di notifica questionari art. 32 Dpr 600/73 su violazioni RW o PVC su violazioni tributarie o di conclusione indagini preliminari o di altri atti da cui risulta l’attività di indagato. Tutte queste fattispecie se non rimovibili andranno a limitare in tutto o in parte l’accesso alla collaborazione e vanno attentamente esaminate per non vanificare lo sforzo dell’adesione.

E’ giunto il momento di definire il perimetro della procedura che sarà delimitato dai soggetti aderenti. La circolare ha chiarito che devono essere segnalati tutti i soggetti in qualche modo collegati ivi compresi i semplici delegati che dovranno aderire alla collaborazione volontaria per quanto concerne gli obblighi del monitoraggio fiscale (senza che la violazione causi il moltiplicarsi delle sanzioni come avverrebbe in assenza di VD).

Chiarito il “Chi” è finalmente giunto il momento del “Cosa” andrà dichiarato e per quali annualità. Se si è proceduto correttamente nei passaggi sopra indicati il compito di individuare gli esercizi da includere non dovrebbe essere particolarmente complicato. In questa fase andranno definiti origine, natura, entità e collocazione dei valori patrimoniali, ampio spazio andrà concesso alle movimentazioni sia in entrata che in uscita (sulle quali non è stata ancora fatta del tutto chiarezza) che andranno a comporre gli aspetti reddituali dell’adesione. Tutto quanto anticipato in questa fase dovrà poi trovare riscontro nella documentazione che il professionista dovrà prima reperire e poi trasmettere all’Agenzia delle Entrate ma consentirà ugualmente una valutazione di massima sull’impatto finanziario dell’adesione e sui costi professionali dell’assistenza che dovranno tenere conto dei valori coinvolti oltre che della complessità della pratica e dei rischi connessi.

Un ultimo accenno merita infine la volontà di far rientrare o meno gli eventuali patrimoni. Nel caso il contribuente decida per un rimpatrio solo giuridico il professionista dovrà preoccuparsi di ottenere il “waiver”, l’atto di rinuncia al segreto bancario del contribuente che andrà a completare la documentazione da trasmettere alla Agenzia delle Entrate nei trenta giorni successivi all’adesione.

 

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16 aprile 2015

Alessandro Mattavelli