L'accertamento anticipato da studi di settore è possibile

l’accertamento anticipato derivante da studi di settore è legittimo anche se emesso prima dei 60 giorni, se è stato instaurato correttamente il contraddittorio con il contribuente

 

L’accertamento derivante da studi di settore è legittimo se emesso prima dei 60 giorni ed è stato instaurato il contraddittorio con il contribuente. La Suprema Corte con la recente ordinanza n. 6054/2015 si è nuovamente pronunciata sul tema che negli ultimi tempi è stato oggetto di vari pronunciamenti non sempre dello stesso tenore.

 

Premessa

In ambito tributario l’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 prevede che l’ufficio finanziario deve emanare, a pena di nullità, l’avviso di accertamento, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta..

Sul medesimo argomento l’art. 12, c. 7, legge n. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente), riconosce una garanzia al contribuente sottoposto a verifica fiscale prevedendo che lo stesso può comunicare all’ufficio, entro sessanta giorni, osservazioni e richieste, che dovranno essere valutate dall’ufficio impositore. Tale norma al comma 7 stabilisce che: “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori.

L’accertamento non può essere emesso, quindi, prima della scadenza di tale termine, eccezion fatta per situazioni di particolare urgenza che devono essere motivate; la disposizione in esame non contempla alcuna sanzione in caso di violazione, prevedendo una forma di contraddittorio differito rispetto alla verifica ovvero un contraddittorio preventivo da svolgere subito dopo il processo verbale e prima dell’emissione dell’avviso di accertamento.

 

La giurisprudenza

Sul tema si segnalano difformi orientamenti annoverandosi sentenze che si sono pronunciate pro e contro la legittimità dell’avviso di accertamento emesso prima della scadenza dei 60 giorni.

Con la sent. n. 406/2015 la Cassazione ha ritenuto che l’avviso di accertamento emesso prima del termine di 60 giorni dalla data di consegna del verbale è nullo anche nel caso in cui l’ufficio contesti un abuso del diritto. L’ufficio deve chiedere preventivamente chiarimenti al contribuente ed osservare il termine dilatorio di cui all’art. 37-bis, co 1, Dpr 600/73 prima di emettere l’accertamento.

La disposizione di cui all’art. 37-bis costituisce concreta attuazione dei principi di collaborazione e procedimentale delle fattispecie abusive al pari dell’art. 12, co 7, ed entrambe devono essere interpretate unitariamente secondo l’interpretazione della giurisprudenza comunitaria. Quest’ultima ha ritenuto che il rispetto dei diritti di difesa rappresenta un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogni volta che l’ufficio adotta un atto lesivo nei confronti di un soggetto. (cfr. Cass., Sezioni Unite, sent. n. 18184/2013).

Pertanto anche quando l’ufficio contesti fattispecie elusive, indipendentemente se siano riconducibili alle ipotesi d cui all’art. 37-bis, co.3, Dpr 600/73, deve richiedere preventivamente chiarimenti al contribuente ed osservare il termine dilatorio di sessanta giorni prima di emanare l’accertamento che in più deve essere specificamente motivato, essendo nullo l’atto impositivo emesso in difformità da tale modello procedimentale.

II termine dilatorio si applica, a pena di nullità, in assenza di particolari ragioni di urgenza anche all’avviso di recupero di credito di imposta e non solo all’avviso di accertamento. L’illegittimità si applica in base al valore testuale della norma in esame e a prescindere dal rispetto del principio del contraddittorio per cui non si pone il problema di verificare se il mancato rispetto del termine abbia determinato una compressione del diritto di difesa del contribuente (Cass. nn. 2280/14 e 27831/13).

E’ nullo l’accertamento senza il preventivo invito di chiarimenti al contribuente anche se lo stesso è stato ascoltato in sede di verifica fiscale. La richiesta di chiarimenti al contribuente, nel rispetto del principio del contraddittorio, concorre alla valutazione del fine elusivo delle operazione e deve essere preventiva rispetto all’accertamento (Cass. n. 693/2015)

E’ nullo l’avviso di accertamento emesso prima del termine di sessanta giorni dalla data di consegna del verbale, a prescindere dalla violazione dell’esercizio del contraddittorio. La Suprema ha ritenuto che l’avviso di accertamento non può essere emanato prima dello scadere del termine di sessanta giorni dal verbale di chiusura delle operazioni ispettive in conformità all’art. 12, c. 7, legge n. 212/2000, pena l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus posto a garanzia dell’esercizio del contraddittorio (Cass n 4543/2015.). I giudici di legittimità, alla luce del consolidato orientamento di legittimità (Cass, SU, n. 18184/2013), hanno ritenuto che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche, l’art. 12 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di 60 giorni per l’emissione dell’accertamento, determina l’illegittimità dell’atto impositivo emesso prima della scadenza in quanto tale termine è posto a garanzia del contraddittorio, espressione dei principi di derivazione costituzionale di collaborazione e buona fede tra fisco e contribuente. Spetta, quindi, all’ufficio provare che l’inosservanza del termine è dovuto non tanto all’enunciazione dei motivi di urgenza che hanno determinato l’emissione anticipata dell’accertamento ma all’effettiva assenza di tale requisito (esonerativo dall’osservanza del termine).

In particolare, le Sezioni Unite hanno affermato che: “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento … determina di per sé … la illegittimità dell’atto impositivo…”.

Si segnala una sentenza della Suprema Corte che, diversamente dall’indirizzo maggioritario, ha ritenuto che l’ufficio finanziario può emanare l’accertamento anche prima della scadenza del termine dilatorio di 60 giorni purché l’atto tributario sia conseguente al questionario. In caso di accertamento conseguente al questionario l’ufficio può emettere l’accertamento anche prima del termine ex art. 12, c. 7, legge n. 212/2000 in quanto quest’ultimo trova applicazione in caso di accessi, ispezioni e verifiche fiscali (Cass. n. 13588/2014). I giudici hanno affermato che l’art 12 al primo comma fa riferimento agli “accessi, ispezioni, verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali” e tale riferimento delimita esplicitamente il perimetro delle norme contenute nei sette commi di cui si compone l’art. 12, le quali contengono disposizioni tutte palesemente calibrate sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive eseguite sul posto. In precedenza anche le sezioni unite hanno già affermato che il termine di 60 giorni per l’emanazione dell’accertamento decorre dal rilascio al contribuente della copia del verbale di chiusura delle operazioni (sent. n. 18184/2013).

La giurisprudenza di merito ha ritenuto, uniformandosi all’orientamento della Suprema Corte, che è illegittimo l’accertamento notificato prima dei 60 gg dal rilascio al contribuente del verbale di chiusura delle operazioni di verifica allorché l’ente creditore non abbia indicato i motivi di urgenza richiesti dalla legge (CTR Lazio, Sez XXXVII, n. 4808/2014)

Precedenti sentenze di merito hanno ritenuto che anche per il redditometro valgono le regole dello Statuto del contribuente ossia l’ufficio deve emettere un processo verbale alla fine dell’istruttoria e deve aspettare il termine dilatorio di 60 giorni: all’inosservanza di tale principio non può che conseguire la nullità della pretesa con le sentenze (Ctp di Reggio Emilia n. 154/2/2013 e 185/2/2013)

 

La fattispecie

In fatto

Nel caso portato al vaglio della Cassazione l’Ente creditore ha emesso un avviso di accertamento nei confronti di una società fondato sugli studi di settore, essendo emersa una rilevante incongruenza tra l’ammontare dei ricavi dichiarati e quelli derivanti dagli studi di settore in relazione all’attività svolta dal contribuente. L’ufficio prima della notifica dell’atto aveva regolarmente instaurato il contraddittorio preventivo a seguito dell’accordo volto alla definizione con adesione. La società ha presentato ricorso.

Sia in primo che secondo grado il ricorso della società è stato respinto in quanto è emerso il regolare svolgimento del contraddittorio e l’inapplicabilità del termine dilatorio di sessanta giorni previsto dall’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente. L’ufficio ha proposto ricorso per Cassazione

In diritto

La Suprema Corte, avallando le motivazioni addotte dai giudici di merito, ha ritenuto che in tema di accertamento standardizzato mediante parametri e studi di settore non è applicabile il termine dilatorio di 60 gg. per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente di copia del processo verbale, in quanto è già prevista, a pena di nullità, una fase necessaria di contraddittorio procedimentale che garantisce la piena osservanza dei principi costituzionali ponendo le parti su un di perfetta parità (Cfr. Cass. n. 9760/2014).

I giudici hanno precisato, infine, che la sent. n. 527/2015 con cui è stata rinviata alle sezioni unite la decisione sulla sussistenza o meno del contraddittorio preventivo, è inconferente con il caso di specie dal momento che la società era stata correttamente convocata per la suddetta fase procedimentale.

A conferma delle motivazioni della sentenza in esame, si cita anche un altra recente decisione secondo cui gli accertamenti sono legittimi solo dopo lo spirare del termine dei 60 giorni dalla consegna del verbale, fermo restando comunque il dovere dell’ufficio finanziario di attivare il contraddittorio prima dell’emissione dell’atto (Cass. 6057/2015).

21 aprile 2015

Enzo di Giacomo