Il Consulente Tecnico d'Ufficio nel processo tributario: la Commissione Tributaria può rivolgersi a un C.T.U per acquisire particolari o complesse cognizione tecnico-scientifiche

anche il giudice tributario può avvalersi dello strumento della consulenza tecnica d’ufficio, nel caso il processo lo richieda; analizziamo come va gestita in modo pratico la consulenza tecnica d’ufficio nella particolare procedura processuale tributaria; esaminiamo: natura giuridica e responsabilità del CTU, aspetti procedurali, nomina del CTU, consulente di parte, determinazione e liquidazione del compenso, pagamento del compenso del CTU, contestazioni, impugnazione del provvedimento di liquidazione del compenso, FACSIMILE

La consulenza tecnica d’ufficio

Il giudice tributario può avvalersi1 dello strumento della consulenza tecnica d’ufficio ex art. 7, comma 2, del Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

L’art. 7 del D.Lgs. n. 546 del 1992 condiziona la possibilità per il giudice tributario di avvalersi della consulenza tecnica alla necessità di “acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità”; in ambito civilistico l’art. 61 c.p.c. più genericamenteconsente al giudice di avvalersi di uno o più consulenti “quando è necessario. E’ consentito, quindi , l’impiego da parte del giudice tributario della consulenza tecnica al fine di esaminare registri e documenti contabili, a condizione che ricorrano questioni tecniche di particolare complessità. La consulenza tecnica non può essere impiegata dal giudice per supplire alla carenze istruttorie2 delle parti processuali; il giudice non può avvalersene per risolvere questioni di diritto ancorché complesse e concernenti settori specialistici delle discipline giuridiche.3

Il processo tributario dà alla CT il potere di rivolgersi a un consulente tecnico d’ufficio anche in aggiunta4 e in integrazione ai poteri previsti dall’articolo 7 del D.Lgs. n. 546/1992, per acquisire particolari o complesse cognizione tecnico-scientifiche (si pensi alla perizia su documenti asseriti falsi; si pensi all’applicazione di regole contabili).

Rispetto alle relazioni tecniche delle quali sono investite organi pubblici tecnici (e tra questi la guardia di finanza), la consulenza tecnica ha il pregio di non promanare da organi incardinati o collegati alla parte resistente essendo il consulente un organo indipendente rispetto alle parti

La consulenza può essere disposta purché sia utile per la pronuncia finale (rilevante) e pertanto la nomina del consulente tecnico richiede valide ragioni.

L’acquisizione della consulenza tecnica attiene alla fase istruttoria mentre la sua valutazione appartiene alla fase decisoria.

Una volta spiegato il mezzo, deve ritenersi viziata di carenza di motivazione la determinazione della Commissione tributaria di ridurre il valore imponibile (es. di un’area fabbricabile) disattendendo apoditticamente le valutazioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio (Cass. civ., sez. V sent., 23 luglio 2008, n. 20256). Per cui nel momento squisitamente decisorio la Commissione è si in grado di discostarsi in tutto o in parte dalle determinazioni del consulente (non dimentichiamoci che il giudice è peritus peritorum, ma tale deviazione deve essere presa in base a un’argomentazione logico-giuridica che razionalmente e motivatamente argomenti circa la non piena attendibilità della determinazione peritale).

Natura giuridica e responsabilità

La consulenza tecnica d’ufficio non è un mezzo di prova bensì uno strumento di ausilio alla formazione del patrimonio conoscitivo su cui può basarsi la decisione del Giudice5 Il CTU per lo svolgimento delle sue funzioni presta giuramento, assume la qualifica di pubblico ufficiale ed è responsabile civilmente e penalmente per le violazioni eventualmente commesse durante lo svolgimento dei compiti che gli sono stati assegnati, così come emerge dal combinato disposto degli articoli 6413 e 19314 del codice di procedura civile.

Aspetti procedurali

Per gli aspetti procedurali dell ‘istituto de quo occorre fare ausilio dei principi statuiti dal codice di procedura civile, in virtù del richiamo operato dall’art. 1, c. 2, del d.lgs. n. 546 del 19926.

Il codice di procedura civile configura la consulenza tecnica agli articoli da 61 a 64del capo III (Del consulente tecnico, del custode e degli altri ausiliari del giudice) del libro I e agli articoli da 191 a 201 della sezione III (Della nomina e delle indagini delconsulente tecnico) del libro II.

Delle disposizioni del codice di procedura civile, non trovano applicazione quelle recate agli articoli 199 e 200 c.p.c., relative alla possibilità per il CTU di esperire un tentativo di conciliazione, trattandosi di iniziativa non prevista in ambito tributario dall’art. 48 del d.lgs. n. 546 del 1992.

Nomina del CTU

Sotto il profilo squisitamente del rito, la CT nomina o sostituisce il consulente tecnico, fissa e proroga il termine per il deposito delle relazioni, mediante ordinanza; tramite decreto liquida i compensi spettanti al consulente. La consulenza tecnica è disposta dal giudice tributario con ordinanza emessa al termine dell’udienza fissata per la trattazione della controversia. Sussiste ai sensi degli articoli 63 e 192 c.p.c. la possibilità per il consulente di astenersi dall’incarico conferitogli, qualora ricorra un giusto motivo e, inoltre, la possibilità che venga ricusato dalle parti. Trattasi di un potere proprio del Collegio, non rientrando fra quelli del Presidente della Commissione o della Sezione, i cui ambiti di attribuzioni sono delineati dal d.lgs. n. 546 del 1992.

La scelta dei consulenti tecnici, secondo quanto prescritto dall’art. 61 c.p.c, deve essere fatta tra le persone iscritte in un albo speciale. La scelta deve ricadere sui professionisti iscritti nell’apposito albo presso il circondario del Tribunale in cui ha sede la Commissione tributaria regionale o provinciale7. Il giudice tributario ha il potere di disporre consulenzatecnica d’ufficio e del pari, ove ritenuto necessario, di richiamare il consulente a chiarimenti ovvero di rinnovare la consulenzaperitale (Cass. civ. Sez. V, 29-11-2013, n. 26741). Gli articoli 191 e 195 c.p.c. prevedono che l’ordinanza di nomina deve essere comunicata alle parti e al consulente designato a cura della segreteria8.

Il giudice, inoltre, nell’ambito della suddetta ordinanza formula apposito quesito al perito, fissa l’udienza in cui deve comparire e il termine entro il quale deve trasmettere alle parti la relazione peritale. Inoltre, è previsto che con la medesima ordinanza il giudice stabilisce anche il termine entro cui le parti possono fare osservazioni direttamente al CTU e il termine entro il quale il perito deve depositare la relazione corredata da una sintetica valutazione delle eventuali osservazioni formulate dalle parti.

Dopo l’accettazione dell’incarico e dopo il giuramento, il consulente deposita una relazione scritta che specifica la ricostruzione storica e la valutazione dei fatti analizzati, i chiarimenti, aventi valore indiziario, raccolti ai sensi dell’articolo 194 del codice di procedura civile. Le conclusioni del consulente si devono basare su cognizioni scientifiche dotate di probabilità e non devono esprimere valutazioni giuridiche concernenti il merito della causa. Le parti devono essere messe in grado di conoscere lo svolgimento della consulenza e di interloquire con il consulente stesso; pertanto, nello svolgimento della propria attività il consulente tecnico deve osservare il principio del contraddittorio9. Le parti possono intervenire alle operazioni peritali, anche per mezzo dei propri consulenti tecnici dopo aver ricevuto tramite raccomandata la comunicazione della data d’inizio delle operazioni stesse.

 

Consulente di parte

Le parti possono quindi farsi assistere da un consulente di parte da utilizzare per la contro relazione rispetto alla consulenza del consulente tecnico nominato dalla Commissione tributaria. Il consulente di parte assiste alle operazioni del consulente tecnico d’ufficio e partecipa all’udienza. I consulenti tecnici di parte hanno il compito di assistere a tutte le indagini ed operazioni che compie il consulente d’ufficio e di partecipare alle udienze tutte le volte in cui interviene il consulente d’ufficio, con facoltà di dichiarare e svolgere le loro osservazioni sui risultati delle indagini tecniche nell’interesse delle rispettive parti. I consulenti di parte, inoltre, nell’interesse della parte e con l’autorizzazione del giudice, possono depositare una propria relazione scritta al fine di svolgere le proprie osservazioni tecniche ed eventualmente contestare le argomentazioni del consulente tecnico d’ufficio. In ogni caso le consulenze di parte non sono elementi di prova bensì mere opinioni sulle questioni controverse (Cass., sez. I, 28 luglio 1989, n. 3527; Cass., sez. II, 11 giugno 1986, n. 3864).

Si tratta di mere allegazioni sicché il giudice non è tenuto a motivare il proprio dissenso dai rilievi che contengono, specie quando pone a base del suo convincimento osservazioni incompatibili con gli stessi (Cass., 6 dicembre 1979, n. 6357). Quanto alla nomina del consulente di parte si evidenzia che l’art. 201 c.p.c., al quale si rinvia in assenza di una disciplina specifica in ambito tributario, stabilisce che il giudice, con l’ordinanza di nomina del consulente d’ufficio, assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente di parte.

 

Determinazione e liquidazione del compenso

L’art. 7, c. 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, stabilisce che “I compensi spettanti ai consulenti tecnici non possonoeccedere quelli previsti dalla L. 8 luglio 1980, n. 319, e successive modificazioni eintegrazioni”.

La legge 8 luglio 1980, n. 319 richiamata dall’articolo citato è stata abrogata dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (“Testo unico delle disposizioni legislative in materia dispese di giustizia).

L’onorario spettante al consulente tecnico è ormai regolato dal decreto ministeriale 30 maggio 2002 (“Adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti, tecnici”, l’art. 64 del c.p.c. stabilisce che “si applicano al consulente tecnico le disposizioni del codice penale relative ai periti. In ogni caso il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti che sono richiesti, è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a lire venti milioni. In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti10.

Pagamento del compenso del CTU

L’art. 71 stabilisce che “… le spettanze agli ausiliari del magistrato, sono corrisposte a domanda degli interessati, presentata all’autorità competente ai sensi degli articoli 165 e 168”.In base all’art. 168 “la liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato … è effettuata con decreto di pagamento, motivato, del magistrato che procede”.

Dagli articoli 83, comma 3, e 168 emerge che il decreto di pagamento ècomunicato al beneficiario e alle parti, e costituisce titolo provvisoriamente esecutivo.

Il pagamento delle spettanze del CTU deve essere effettuato a seguito delprovvedimento di liquidazione del compenso emesso dal giudice tributario ovvero aseguito della emanazione della sentenza di merito nel caso in cui la liquidazioneavvenga per la prima volta unitamente alla statuizione sulle spese di lite, non dovendosiinvece attendere il passaggio in giudicato della sentenza che statuisce in manieradefinitiva sulle spese di lite.

Il compenso dovuto al CTU grava in capo ad entrambe le parti solidalmente11 e indipendentemente dalle circostanze che hanno dato luogo alla sua nomina, sia essa avvenuta su impulso di una delle parti ovvero disposta dal giudice in assenza di richieste provenienti da quest’ultime.

La definitiva regolamentazione delle spese per il CTU secondo le regole dettate dagli artt. 91 e segg. del c.p.c., ispirate al principio generale della soccombenza e che, per espressa previsione dell’art. 15 del d.lgs. n. 546 del 1992 si applicano anche nel processo tributario, ha efficacia unicamente tra le parti in causa.

La regolamentazione delle spese del CTU non deve necessariamente seguire la regolamentazione delle spese di giudizio, in quanto ben può il giudice del merito operare una diversa valutazione, ponendo a carico di una delle parti per intero le spese di ctu, anche nel caso di compensazione delle spese di causa in relazione a ragioni contingenti, da indicare in motivazione12.

Peraltro, mentre la compensazione delle spese processuali è possibile nei confronti delle parti, non può essere disposta anche nei confronti del CTU che ha, comunque, diritto al compenso ed essendo il giudice discrezionalmente, purché motivatamente, libero di regolamentare le spese processuali anche diversamente dalle spese di lite relative ai compensi professionali dei difensori.

La parte, fatta salva l’ipotesi in cui sussistano i presupposti per contestare il provvedimento con cui il giudice tributario ha liquidato il compenso al CTU ponendolo in tutto o in parte a carico della parte stessa è tenuta a dare esecuzione al predetto provvedimento senza attendere il passaggio in giudicato della sentenza che statuisce in maniera definitiva sulle complessive spese di lite.

Contestazioni

La consulenza tecnica può essere utilizzata sia al fine di valutare i fatti di causa già accertati dal giudice (figura del consulente deducente), sia al fine di accertare i fatti stessi (figura del consulente percipiente).

La consulenza tecnica di ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, perché volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito.

Questi può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), ed in tal caso è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche13.

La CTU viene disposta mediante ordinanza collegiale di natura istruttoria.

L’art. 35, c. 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 prevede che “alle deliberazioni del collegio si applicano le disposizioni di cui agli artt. 276 e seguenti del codice di procedura civile”.

In virtù del richiamo espresso contenuto nel citato art. 35 trova applicazione nel processo tributario l’art. 279, comma 4, c.p.c., in base al quale i provvedimenti del collegio che hanno la forma dell’ordinanza, “salvo che la legge disponga altrimenti, sono modificabili e revocabili dallo stesso collegio, e non sono soggetti ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze”.

La parte al fine di contestare14 la disposizione della CTU deve chiedere la revoca dell’ordinanza alla Commissione tributaria che l’ha emanata.

In caso di mancato accoglimento dell’istanza di revoca, la parte può eventualmente contestare la disposizione della consulenza tecnica in sede di impugnazione della sentenza.

 

Impugnazione del provvedimento di liquidazione del compenso del CTU

La parte può contestare il provvedimento di liquidazione del compenso al CTU qualora risulti palesemente eccessivo rispetto al tipo di impegno effettivamente richiesto dall’espletamento dell’incarico.

In particolare, occorre verificare che il giudice tributario abbia rispettato i parametri contenuti nelle Tabelle allegate al D.M. 30 maggio 2002.

La parte deve altresì valutare che il giudice abbia esplicitato il percorso logico giuridico sotteso alla determinazione del compenso del CTU.

Ai sensi dell’art. 84, del D.P.R. n. 115 del 2002, il decreto di liquidazione del compenso del consulente tecnico è opponibile secondo la procedura speciale prevista dall’art. 170 del medesimo decreto15.

Il rito sommario di cognizione è disciplinato dal Capo III-bis del c.p.c., agli articoli 702-bis e seguenti, introdotto dalla più volte citata l. n. 69 del 2009.

L’opposizione al decreto deve essere fatta tramite ricorso da presentare al Presidente della Commissione tributaria regionale o provinciale che ha emesso il decreto stesso .Il ricorso può anche contenere la richiesta di sospensione della provvisoria esecutività del decreto (art. 15, comma 4, del d.lgs. n. 150 del 2011).

Non è più specificato invece il termine entro cui proporre l’opposizione. Ciò nondimeno è preferibile proporla entro 20 giorni. Il giudizio si conclude con ordinanza non impugnabile (art. 15, comma 6, del d.lgs. n. 150 del 2011).

Nell’ipotesi di una sentenza sfavorevole, anche solo in parte, la parte , qualora intenda impugnarla, deve contestare anche il capo relativo alle spese di giudizio, con particolare riguardo a quelle relative alla CTU se manifestamente sproporzionate rispetto al lavoro del consulente.

La contestazione del compenso posto a carico della parte non esime dall’obbligo del pagamento dello stesso, salva ripetizione nei confronti della controparte in caso di riforma della sentenza anche relativamente al capo sulle spese.

La parte che abbia pagato il compenso al CTU, in quanto obbligato in solido, deve chiedere, in sede di giudizio di appello, la condanna della controparte alla restituzione di quanto versato, fornendo la prova dell’avvenuto pagamento.

FACSIMILE

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI ………..SEZIONE X

Il Sig………….., rappresentato e difeso dal rag./dott./avv…….. nella causa iscritta al R.G.A…………….ad oggetto l’impugnativa dell’atto…………..n……….notificato il……………emesso dall’ente locale………….

 

PREMESSO

 

– che nella causa in oggetto si rinvengono complesse questioni di ordine tecnico in quanto……………………

– che tali questioni sono sicuramente rilevanti ai fini della decisione della controversia;

– che appare di assoluta necessità la nomina di un consulente tecnico al fine di accertare …………………… 

 

CHIEDE

 

che la Commissione tributaria regionale di……………. disponga l’ammissione di una consulenza tecnica per accertare……………….e conseguentemente provveda a nominare un consulente tecnico d’ufficio.

 

(luogo e data)

 

(sottoscrizione del Difensore)

 

7 aprile 2015

Ignazio Buscema

 

1 La consulenza tecnica è mezzo sottratto alla disponibilità delle parti, che possono comunque sollecitarla ed è rimessa al potere discrezionale del giudice, il quale potrà disporla a prescindere da un’apposita iniziativa (Cass., 7 marzo 2001, n. 3343; Cass., sez. II, 7 aprile 1987, n. 3351; Cass., sez. II, 31 marzo 1987, n. 3105). La CT può non ammettere la consulenza tecnica d’ufficio allorché ritenga idonee e sufficienti per la decisione della controversia, le risultanze processuali.

2 In sostanza la Commissione non può “scavalcare” il principio dispositivo che anima il contenzioso tributario, ricorrendo alla consulenza tecnica per colmare deficienze probatorie di una delle parti in causa. Il giudice tributario non può, attraverso l’acquisizione di documenti o di prove sopperire all’onere probatorio che grava sul soggetto onerato, potendo solo integrare gli elementi forniti dalle parti.

3 Appare evidente che la consulenza tecnica non può essere disposta per la ricerca di norme giuridiche che il giudice deve conoscere in virtù del suo ufficio.

4 In tema di giudizio tributario, il giudice, anche in grado di appello, può disporre consulenzatecnicad’ufficio, senza rispettare l’ordine indicato nell’art. 7, c. 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che è meramente esemplificativo ed ordinatorio, e non impone alcun vincolo gerarchico nella scelta della consulenzain alternativa alle altre opzioni (Cass. civ. Sez. V Ordinanza, 11-12-2012, n. 22535).

5 Ove il giudice di merito aderisca alle conclusioni peritali d’ufficio esaurisce l’obbligo di motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento senza soffermarsi anche sulle allegazioni del consulente di parte (Sentenza del 23/05/2013 n. 40, CTR Toscana, Sezione 8).

6 Per effetto del principio d’integrazione di cui all’art. 1, c. 2, del c.p.c. la disciplina del consulente tecnico d’ufficio è posta dalle norme del codice di procedura civile (artt. 61-64 e 191-201 c.p.c.) compatibili col nuovo processo tributario. È evidente, pertanto, che non sono applicabili gli articoli 198, 199 e 200 del cod. proc. civ. che regolano il tentativo di conciliazione delle parti adopera del consulente; l’articolo 48 del D.Lgs. n. 546/1992 detta una specifica disciplina sull’istituto della conciliazione giudiziale nel processo tributario. Trovano applicazione anche nel processo tributario il principio di cui all’art. 157, c. 1, c.p.c., secondo cui “non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata di ufficio” e quello secondo cui tutte le nullità della consulenza tecnica d’ufficio hanno carattere relativo e debbono essere fatte valere nella prima udienza successiva al deposito della relazione. Perciò la parte non può denunciare per la prima volta in Cassazione un presunto difetto del contraddittorio (per utilizzo da parte del consulente tecnico d’ufficio di un “prezzario UTE” non prodotto e non allegato), ma deve indicare in quale atto del giudizio di merito ha dedotto la nullità e in quali passaggi dello stesso essa si sia realizzata (Sent. n. 10001 dell’8 marzo 2006 dep. il 28 aprile 2006 della Corte cass., sez. tributaria).

7 Il consulente tecnico è un pubblico ufficiale, un collaboratore a latere della CT scelto tra persone iscritte in albi speciali, istituiti presso ogni Tribunale, che deve consigliare mediante le relazioni, pareri e chiarimenti tecnico non vincolanti.

Il perito deve essere preferibilmente nominato tra gli esperti iscritti negli appositi albi previsti dagli artt. 13 e seguenti delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile e deve giurare all’udienza fissata per la formulazione del quesito.

8 La decisione della Commissione di nominare un C.T.U., deve comunque prevedere una comunicazione alle parti al fine di consentire la nomina di un consulente di parte per contraddire con il perito nominato dal giudice, nel corso delle operazioni.

9 L’omessoavviso, alle parti, del giorno, ora e luogo d’inizio delle operazioni diconsulenza tecnica ne determina la nullità relativa. Detta nullità resta sanata se non eccepita nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione (Cass. 17 marzo 2005, n. 5762).

10Il giudice tributario, nella determinazione del compenso al consulente tecnico nominato d’ufficio, deve attenersi a quanto previsto dalle tabelle allegate al D.M. 30 maggio 2002 e determinare l’entità del compenso in base all’incarico svolto, avendo cura altresì di rispettare la prescrizione contenuta nell’art. 7, c. 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, in base alla quale il compenso non può eccedere quello determinato attraverso i parametri attualmente previsti dalle suddette tabelle.

11Il compenso dovuto al consulente è posto solidalmente a carico di tutte le parti, atteso che l’attività posta in essere dal professionista è finalizzata alla realizzazione del superiore interesse della giustizia, che invece non rileva nei rapporti interni tra le parti, nei quali la ripartizione delle spese è regolata dal diverso principio della soccombenza.

12ll principio di solidarietà del compenso dovuto al CTU è derogabile dal giudice il quale resta libero di porre l’obbligo di pagamento di tale compenso in capo ad una sola delle parti, indipendentemente dalla regolamentazione delle spese di giudizio.

13Negli orientamenti della giurisprudenza emergono due possibili nature giuridiche della consulenza tecnica di ufficio: da un lato, come “mezzo di valutazione di fatti già probatoriamente acquisiti, quindi “ausilio al giudice”; dall’altro, come “strumento di accertamento di fattirilevabili solo con determinate cognizioni tecniche, quindi mezzo di prova. La differenza è nitida. Nel primo caso si parla di integrazione della conoscenza extragiuridica del giudice che necessita di un ausilio per leggere degli elementi acquisiti agli atti processuali. Nel secondo caso si cerca conforto sull’accertamento e l’esistenza di fatti non acclarabili se non tramite l’utilizzo di tecniche specialistiche (i.e. si pensi alla compatibilità della produzione di un certo quantitativo di rifiuti in una data unità di tempo, date le caratteristiche produttive di un certo complesso industriale).Ancora, rispetto ai fattiprincipali, che devono essere allegati e provati dalla parte processuale che intende farli valere, la consulenza tecnica potrebbe rappresentare solo un mezzo di valutazione (ausilio al giudice); rispetto ai fattisecondari o accessori, che possono emergere anche dagli atti del processo, nei limiti e nelle forme istruttorie previste, compresa la consulenza tecnica, la consulenza potrebbe rappresentare, invece, un “mezzo di valutazione” (“ausilio al giudice”), oppure, in casi particolari, uno “strumento di accertamento” (“mezzo di prova”).

14La parte può contestare la nomina del CTU ad esempio nelle seguenti ipotesi:

– nomina del CTU su questioni la cui risoluzione comporta la supplenza e non l’integrazione dell’onere probatorio gravante sulle parti;

– utilizzo della consulenza tecnica per l’esame di documentazione, anche contabile, che, pur richiedendo cognizioni tecniche, non presenti quel quid in più in termini di particolare complessità richiesto dall’art. 7, del d.lgs. n. 546 del 1992.

15 Il provvedimento di liquidazione del compenso al consulente tecnico d’ufficio deve essere contestato attraverso reclamo, che non è un mezzo di impugnazione, da devolvere necessariamente ad un diverso e sovraordinato organo giudiziario, ma uno strumento di opposizione destinato a fare acquisire al provvedimento medesimo la sua definitività.

È quindi inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con cui la parte impugni le spese di consulenza tecnica poste a suo carico dalla sentenza che ha definito il processo in secondo grado (Sent. n. 12266 del 27 marzo 2007 dep. il 25 maggio 2007 della Corte cass., sez. tributaria).