Verifica fiscale: apertura di plichi e mobili, ispezione documentale, perquisizione personale

Si reputa opportuno richiamare le norme che regolamentano, in materia di verifica fiscale, le attività di ricerca e di ispezione documentale, nonché di perquisizione: è assolutamente importante che tutti le conoscano bene…

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3204 del 18-02-2015, ha ribadito l’indirizzo interpretativo secondo il quale – per l’apertura di borse, plichi, casseforti e mobili nel corso di attività di verifica fiscale presso la sede operativa del contribuente – non è necessaria la preventiva autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria laddove non vi sia stata una esplicita manifestazione di volontà contraria.

Secondo quanto affermato dal Supremo Collegio, infatti,

“ l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica all’apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ecc., prescritta in materia di IVA dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 3, (e necessaria anche in tema di imposte dirette, in virtù del richiamo contenuto nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33), è richiesta soltanto nel caso di “apertura coattiva” – come testualmente prescrive la norma succitata – e non anche quando l’attività di ricerca si svolga con la collaborazione del contribuente”.

La dianzi delineata posizione giurisprudenziale – peraltro conforme a precedenti pronunce del medesimo organo (cfr. Cassazione Civile Sent. n. 9565 del 23-04-2007) – contribuisce a chiarire ulteriormente la latitudine applicativa del complesso sistema normativo che presiede all’esecuzione di attività ispettive che, pur essendo riconducibili all’alveo del procedimento amministrativo di accertamento tributario, incidono – come ben noto – nella sfera di diritti essenziali del cittadino, costituzionalmente garantire, connessi alle libertà personali. L’attività di accertamento, infatti, legittima dal punto di vista costituzionale, deve comunque essere posta in essere nei limiti e nelle modalità disciplinate ex ante dal legislatore che può ammettere una significativa compressione dei suddetti diritti solo al verificarsi di ipotesi previamente considerate.

Ciò posto, si reputa opportuno richiamare, seppur brevemente – al riguardo – le norme che regolamentano, in materia di verifica fiscale, le attività di ricerca e di ispezione documentale, nonché di perquisizione.

L’art.52 del D.P.R. nr.633/1972 in materia di imposta sul valore aggiunto, richiamato dall’art.33 del D.P.R. nr.600/1973 in materia di imposte dirette, dispone che:

  • l’ispezione documentale si estende a tutti i libri, registri, documenti e scritture, compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sono obbligatorie, che si trovano nei locali in cui l’accesso viene eseguito, o che sono comunque accessibili tramite apparecchiature informatiche installate in detti locali;

  • i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche le dichiarazioni di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione;

  • i documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto se non è possibile riprodurne o farne constare il contenuto nel verbale, nonché in caso di mancata sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale; gli organi procedenti possono eseguirne o farne eseguire copie o estratti, possono apporre nelle parti che interessano la propria firma o sigla insieme con la data e il bollo d’ufficio e possono adottare le cautele atte ad impedire l’alterazione o la sottrazione dei libri e dei registri;

  • i verificatori che procedono all’accesso nei locali di soggetti che si avvalgono di sistemi meccanografici, elettronici e simili, hanno facoltà di provvedere con mezzi propri all’elaborazione dei supporti fuori dei locali stessi qualora il contribuente non consenta l’utilizzazione dei propri impianti e del proprio personale;

  • se il contribuente dichiara che le scritture contabili o alcune di esse si trovano presso altri soggetti deve esibire una attestazione dei soggetti stessi recante la specificazione delle scritture in loro possesso. Se l’attestazione non è esibita e se il soggetto che l’ha rilasciata si oppone all’accesso o non esibisce in tutto o in parte le scritture si applicano le disposizioni del quinto comma.

L’attività di ricerca, seguente all’esercizio del potere di accesso, consiste nel reperimento degli elementi (libri, registri, scritture e documenti) necessari per eseguire le ispezioni documentali e le verificazioni e si estende ad ogni documento che può risultare utile per il prosieguo del controllo.

Può essere eseguita:

  • anche se il contribuente sostiene di avere esibito tutti i documenti richiesti;

  • nei locali nei quali è consentito o è stato autorizzato l’accesso, sugli autoveicoli e natanti dell’impresa verificata e su quelli adibiti al trasporto di merci per conto di terzi.

Le ricerche possono effettuarsi:

  • nei locali;

  • sulle persone;

  • su oggetti sottoposti a forme di cautela.

In riferimento alle ricerche nei locali nei quali viene effettuato l’accesso, i verificatori devono, prima di intraprendere le relative operazioni, invitare il titolare o il legale rappresentante dell’attività economica controllata ad esibire tutta la documentazione la cui tenuta e conservazione sono imposte, anche mediante rinvio ad altra fonte normativa, dalla legge tributaria.

A tal proposito, è bene evidenziare che il rifiuto di esibizione dei libri, registri, scritture e documenti oggetto di richiesta da parte degli organi del controllo, comporta:

  • l’effetto preclusivo in merito alla possibilità di utilizzo di tale documentazione fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa;

  • l’applicabilità delle sanzioni amministrative di cui all’art.9, commi 2,3 e 4 del D.Lgs. 18 Dicembre 1997 nr.471;

  • la legittimità dell’accertamento induttivo, ai sensi dell’art.39, comma 2, lett.e) del D.P.R. nr.600/1973 e dell’art. 55, comma 2 del D.P.R. nr.633/1972, nei casi in cui l’omessa tenuta, il rifiuto di esibizione o comunque la sottrazione delle scritture contabili obbligatorie o l’indisponibilità di queste è dovuta a causa di forza maggiore.

L’attività di ricerca può essere espletata in tutti i locali nella disponibilità dell’azienda o dello studio o, se trattasi di accesso domiciliare, in tutti i locali rientranti nella disponibilità del soggetto in base a contratto di locazione o per effetto del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento o ancora in virtù di semplice possesso.

Le ricerche possono riguardare i mezzi di movimento in uso all’azienda o al lavoratore autonomo sottoposti a verifica ed anche tutti quei locali, nella disponibilità del controllato, la cui esistenza viene accertata durante le operazioni di ricerca e che in precedenza non erano stati denunciati ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. 26.10.1972, n. 633.

In riferimento alle ricerche condotte sulle persone e sugli oggetti o spazi sottoposti a forme di cautela, l’art.52 del D.P.R nr.633/1972 dispone che è in ogni caso necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica o dell’Autorità Giudiziaria più vicina per procedere durante l’accesso a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale ferma restando la norma di cui all’articolo 103 del codice di procedura penale. Allo stesso modo, è necessario il preventivo intervento dell’Autorità Giudiziaria per procedere alla ricerca ed ispezione di autoveicoli non in uso al contribuente controllato, come ad esempio nel caso di autovettura privata del dipendente.

La perquisizione, secondo le disposizioni del codice di procedura penale, rappresenta un mezzo di ricerca della prova. Ai sensi dell’art. 247 c.p.p.:

  • quando vi è fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del reato o cose pertinenti al reato, è disposta, tramite decreto motivato dell’Autorità Giudiziaria, la perquisizione personale;

  • quando vi è fondato motivo di ritenere che tali cose si trovino in un determinato luogo ovvero che in esso possa eseguirsi l’arresto dell’imputato o dell’evaso, è disposta perquisizione locale

  • l’Autorità Giudiziaria può procedere personalmente ovvero disporre che l’atto sia compiuto da ufficiali di polizia giudiziaria delegati con lo stesso decreto.

Ai sensi dell’art.352 c.p.p., nella flagranza del reato o nel caso di evasione, gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono a perquisizione personale o locale quando hanno fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse ovvero che tali cose o tracce si trovino in un determinato luogo o che ivi si trovi la persona sottoposta alle indagini o l’evaso.

Il medesimo articolo precisa, altresì, che la perquisizione domiciliare può essere eseguita anche fuori dei limiti temporali previsti dall’articolo 251 c.p.p.1 quando il ritardo potrebbe pregiudicarne l’esito. La polizia giudiziaria è tenuta a trasmettere senza ritardo, e comunque non oltre le quarantotto ore, al pubblico ministero del luogo dove la perquisizione è stata eseguita il verbale delle operazioni compiute ed il pubblico ministero, se ne ricorrono i presupposti, nelle quarantotto ore successive, convalida la perquisizione.

L’invasività di tale atto, pertanto, richiede in ogni caso il rispetto di determinate procedure a tutela dei diritti della persona che ne viene interessata, dando esecuzione al delicato bilanciamento di interessi operato dal legislatore costituzionale tramite gli artt.13 e 14.

Infatti, è necessario che, al ricorrere dei tassativi motivi predeterminati dall’ordinamento e prima analizzati, la perquisizione personale venga:

  • eseguita nel rispetto della dignità umana e del pudore di chi vi è sottoposto;

  • posta in essere da persona dello stesso sesso, salvo i casi di impossibilità o di urgenza o quelli in cui la perquisizione è fatta eseguire da persona esercente professione sanitaria.

Inoltre, l’interessato deve essere avvisato della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché prontamente reperibile e idonea ad essere testimone ad atti del procedimento;nel caso di perquisizione locale se manca l’interessato tale avviso è rivolto a un congiunto, un coabitante o collaboratore, ovvero al portiere o chi ne fa le veci. Il difensore ha facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente avvisato.

In materia fiscale:

  • l’art.33 della Legge 7 gennaio 1929 nr.4 dispone che: “Oltre a quanto è stabilito dal Codice di procedura penale per gli ufficiali della polizia giudiziaria, è data facoltà agli ufficiali della polizia tributaria di procedere a perquisizione domiciliare, qualora abbiano notizia o fondato sospetto di violazioni delle leggi finanziarie costituenti reato. Questa disposizione si applica esclusivamente alle violazioni di leggi concernenti i tributi doganali, la privativa dei sali e tabacchi, le imposte di fabbricazione sugli spiriti, zuccheri e polveri piriche e agli altri casi in cui sia espressamente stabilito dalle leggi speciali”.

  • In materia di I.V.A. e II.DD., l’art.52 del D.P.R.nr.633/1972 richiamato dall’art.33 del D.P.R. nr.600/1973, prevede che, durante l’accesso e previa autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria, è possibile procedere a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili.

Come sottolineato in precedenza, i verificatori, in ragione di quanto disposto dai commi 3 e 6 dell’art.52 del D.P.R. nr.633/1972, prima di procedere all’apertura coattiva di plichi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili, devono necessariamente richiedere l’autorizzazione al Procuratore della Repubblica competente.

Considerato il dato testuale che fa riferimento all’”apertura coattiva”, in tale contesto – come ribadito dalla Cassazione con la recente sentenza n. n. 3204 del 18-02-2015 – assume rilevanza il consenso fornito dall’individuo nella cui disponibilità è l’oggetto, caratterizzato da tale particolare forma di cautela, sul quale gli operatori intendono eseguire ricerche. Infatti, nel caso in cui il soggetto esprima il proprio consenso, i controllori potranno eseguire le ricerche sui beni de quibus senza richiedere l’atto autorizzativo dell’Autorità Giudiziaria, purché tali particolari operazioni vengano esaustivamente indicate nel processo verbale di verifica.

In altre parole, il consenso spontaneamente prestato permette di superare il vizio di forma consistente nella carenza di autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica nel caso di apertura coattiva di borse, mobili, plichi sigillati2 ecc.

Il comma 3 dell’art. 52 del D.P.R. nr.633/1972, infatti, richiede l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica solo laddove tale apertura debba essere “coattiva” mentre, come vedremo in seguito, nessun valore può essere riconosciuto al dissenso alla perquisizione personale non esternato dall’interessato, non essendo ciò previsto dallo stesso comma dell’art. 52 di cui sopra, nè da altra disposizione di legge. A tal proposito, la Cassazione civile, sez. I, già con sentenza 2 febbraio 1998, n. 1036, aveva affermato che la spontanea esibizione dei documenti può sanare l’illegittimità derivante dalla mancanza dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, a condizione che sia provata l’esistenza di un valido consenso; il consenso prestato successivamente all’illegittima acquisizione non è idoneo a sanare la nullità originaria.

Pertanto, affinché sia data al contribuente la possibilità di manifestare la propria volontà sia in senso negativo che positivo in ordine all’apertura degli oggetti e degli luoghi protetti, i verificatori, prima di procedere alle ricerche, devono necessariamente avvisare il soggetto controllato del diritto di opporsi all’apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili.

Nel caso in cui gli operatori procedano senza il consenso del contribuente ed in assenza dell’atto autorizzativo dell’Autorità Giudiziaria o senza aver preventivamente rappresentato al soggetto controllato il diritto di opporsi, l’intera attività di acquisizione documentale è illegittima, con la conseguente nullità dei provvedimenti derivati quale, ad esempio, il successivo ed eventuale avviso di accertamento.

Infatti, come sottolineato dalla Cassazione Civile, sez. trib., con sentenza 1 ottobre 2004, n. 19689, l’acquisizione di un documento con violazione di legge non può rifluire a vantaggio del detentore, che sia l’autore di tale violazione, o ne sia comunque direttamente o indirettamente responsabile.

Oltre a quanto detto in merito alla nullità dei provvedimenti basati su documenti illecitamente acquisiti, il contribuente è titolare di uno strumento di tutela immediato visto che, nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente.

Quest’ultimo, secondo quanto disposto dall’art.13 della Legge nr.212/2000, può segnalare al Direttore regionale (o compartimentale) o al Comandante Regionale della Guardia di Finanza i casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni in vigore ovvero i comportamenti dell’Amministrazione determinano un pregiudizio ai contribuenti o conseguenze negative nei loro rapporti con l’Amministrazione.

Tale segnalazione, qualora configuri responsabilità personali dei dipendenti, può servire ad avviare eventualmente un procedimento disciplinare nei confronti di costoro.

Si precisa che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la Cassazione civile ha recentemente affermato con la sentenza 2 maggio 2006, n. 10111 che l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per l’apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti e simili, prevista dall’art. 52, comma 3, D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, richiamato dall’art. 33 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, è necessaria solamente nel caso di accesso disposto dagli uffici delle imposte nei locali della ditta, ma non anche nel caso di perquisizione domiciliare già autorizzata dall’Autorità Giudiziaria, essendo evidente che l’autorizzazione alla perquisizione domiciliare è comprensiva di ogni attività strumentale necessaria per l’acquisizione delle prove.

La perquisizione personale, a differenza dell’apertura coattiva di plichi sigillati, borse, ripostigli ….., rappresenta un’attività a carattere eccezionale alla quale ricorrere solo nel caso in cui sussista il fondato sospetto che la persona rechi su di sé documentazione utile ai fini della verifica fiscale.

I verificatori possono procedervi solo dopo aver ottenuto dal Procuratore della Repubblica o dell’Autorità Giudiziaria più vicina l’apposita autorizzazione, rilasciata in forma scritta e notificata all’interessato prima dell’avvio dell’operazione nelle forme contemplate dal codice di procedura penale.

Dalla lettura del testo normativo si evince che:

  • dalla latitudine dell’inciso “in ogni caso” e dalla considerazione del peculiare contenuto normativo di cui all’art.52 D.P.R. nr.633/1972 (incidente su di un diritto costituzionale dell’individuo) si ricava l’assoluta necessità di una preventiva autorizzazione del “Procuratore della Repubblica” ovvero dell'”Autorità giudiziaria più vicina” per procedere, “durante l’accesso”, a perquisizioni personali.

  • l’inciso “in ogni caso”, tenuto conto del complesso normativo in cui è contenuto (complesso costituito dall’intera disposizione dell’art. 52 del D.P.R. n. 633/1972), inoltre, chiarisce che la preventiva autorizzazione detta è necessaria per procedere a perquisizione personale in tutti i casi di accesso, quindi, anche in quelli per i quali è richiesta autorizzazione del Procuratore della Repubblica, per cui quest’ultima non può mai sostituire l’altra od esser ritenuta equivalente di quella.

  • a nulla rileva la mancata manifestazione di un dissenso alla perquisizione.

  • L’atteggiamento meramente passivo non equivale a consenso alla perquisizione personale né rende legittima una perquisizione personale operata al di fuori delle previsioni legislative di cui sopra.

In altre parole, la perquisizione deve essere preventivamente autorizzata dalla magistratura, a pena di nullità dei provvedimenti collegati e seguenti, anche nel caso in cui il contribuente abbia manifestato il proprio consenso.

Prima che il responsabile dell’attività di verifica venga in possesso di tale atto autorizzativo, non è assolutamente consentita alcuna attività di perquisizione, ma, nelle more, possono essere adottate forme di cautela e/o sorveglianza idonee ad impedire che il soggetto da perquisire possa disfarsi o occultare documentazione rilevante di cui è in possesso.

Con riguardo alla perquisizione dei mezzi, il comma 8 dell’art.52 del D.P.R. nr.633/1972 dispone testualmente che: “Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche per l’esecuzione di verifiche e di ricerche relative a merci o altri beni viaggianti su autoveicoli e natanti adibiti al trasporto per conto di terzi.”

Tenuto conto del fatto che, con il termine “locale” si intende uno spazio qualsiasi, chiuso e delimitato verso l’esterno e nella diretta ed esclusiva disponibilità, anche temporanea, di un soggetto, al fine di individuare le tipologie di potestà esercitabili dagli organi dell’accertamento è importante porre l’attenzione sul nesso giuridico esistente tra il mezzo ed il contribuente sottoposto a controllo.
In altre parole, l’autovettura del contribuente è equiparata ad un qualsiasi locale dell’attività economica sottoposta a verifica fiscale e, pertanto, trovano applicazione le norme in materia di accessi e ricerche; diverso, invece, è il caso di un’autovettura che appartiene a soggetto diverso dal contribuente.

 

In estrema sintesi:
  • se l’autovettura è funzionalmente collegata con l’attività economica sottoposta a controllo, come ad esempio avviene nel caso di autovetture aziendali o in uso all’amministratore, la stessa può essere sottoposta ad accesso;

  • se l’autovettura è di un dipendente o, comunque, non attiene precipuamente e funzionalmente all’attività economica controllata, trovano applicazione le medesime norme che regolano l’apertura di plichi, borse, casseforti etc…. e, quindi, si richiede la preventiva autorizzazione della Procura competente.

 
Infatti, la Cassazione
  • con la sentenza nr. 10489 del 3 luglio 2003, ha affermato che è legittimo l’avviso di rettifica della dichiarazione della società contribuente fondato su documentazione extracontabile rinvenuta all’interno dell’autovettura dell’amministratore, sottoposta a controllo da una pattuglia della Guardia di Finanza senza autorizzazione del Procuratore della Repubblica, in quanto l’autovettura stessa non era in quel momento adibita ad uso meramente personale o al trasporto per conto terzi ed era da ritenersi un bene appartenente all’impresa;

  • con la sentenza nr. 11036 del 8 novembre 1997, ha affermato l’ illegittimità dell’avviso di rettifica della dichiarazione del contribuente fondato su documentazione contabile rinvenuta all’interno di un autovettura di un dipendente del soggetto verificato, sottoposta a controllo da pattuglia della Guardia di Finanza senza autorizzazione del Procuratore della Repubblica, anche se tale documentazione sia stata consegnata spontaneamente dal dipendente stesso e i verbalizzanti siano stati da questo accompagnati nei locali del contribuente per la compilazione del processo verbale di constatazione, atteso che il successivo accesso verifica in detti locali non vale a rendere utilizzabili le risultanze di un’acquisizione documentale illegittima fin dalla sua origine.

16 aprile 2015

Nicola Monfreda

1La perquisizione in un’abitazione o nei luoghi chiusi adiacenti a essa non può essere iniziata prima delle ore sette e dopo le ore venti.

2 Si precisa che per plichi sigillati si intende un plico chiuso in modo tale da impedire che alcuno prenda conoscenza del contenuto senza manipolarlo e non vi sia un particolare segno materiale di chiusura. In pratica è sufficiente che il loro contenuto non sia immediatamente disponibile ( come avviene, invece, per gli scaffali) e che per impossessarsene sia necessario aprire una chiusura comunque fissata anche con una semplice manovra di mano.