Il rimborso delle spese anticipate in nome e per conto della clientela

Analisi della corretta gestione delle spese anticipate in nome e per conto della clientela (articolo corredato da numerosi esempi pratici).

 

L’art. 15, comma 1, n. 3) del decreto Iva prevede l’esclusione dal computo della base imponibile delle

“somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte purché regolarmente documentate.”

 

La disposizione prevede quindi due specifiche condizioni affinché la disciplina in discorso trovi applicazione:

  • la spesa deve essere sostenuta in nome e per conto dell’acquirente/committente;
  • l’onere deve essere correttamente documentato.

 

Le due condizioni devono coesistere.

Pertanto anche la mancanza di una sola delle due determina l’inapplicabilità della disposizione e la riconducibilità nell’ambito delle operazioni imponibili. Inoltre la necessità di documentare le spese è finalizzata a verificare l’esatta corrispondenza delle somme anticipate e del rimborso ottenuto dal lavoratore autonomo/impresa.

Infatti, laddove la somma rimborsata fosse maggiore di quella anticipata alla medesima dovrà essere attribuita la qualificazione di corrispettivo imponibile assoggettato ad Iva.

 

 

rimborso delle spese anticipate per la clientela

 

 

Con riferimento alla prima condizione, sulla base di un’interpretazione letterale della norma, sembrerebbe indispensabile, nell’anticipare la spesa, spendere il nome del cliente.

In buona sostanza l’esclusione dal computo della base imponibile risulterebbe subordinata all’esistenza di un mandato con rappresentanza e l’utilizzo del nome del committente dovrebbe risultare dalle fatture o altra idonea documentazione 11 direttamente intestata o cointestata al cliente stesso 12.

La necessità, nell’ambito del mandato con rappresentanza, di intestare la fattura o altra documentazione direttamente al committente è stata tra l’altro affermata dalla stessa amministrazione finanziaria (ris. Agenzia delle entrate n. 164/E del 31 luglio 2003 e n. 133/E del 15 novembre 2004).

Nello stesso senso si è espressa la circ., sempre dell’agenzia delle entrate, n. 12/E dell’11 marzo 2011.

Il documento di prassi ha illustrato le modifiche alla disciplina dei contratti di leasing immobiliare introdotte dalla legge di stabilità (art. 1, commi 15 e 16 della l. n. 220/2010). a seguito di tale intervento normativo, per i contratti di leasing immobiliare stipulati dal 1° gennaio 2011 è previsto che le imposte ipotecarie siano applicate in misura piena all’atto dell’acquisto dell’immobile da parte della società concedente e in misura fissa al riscatto finale.

La nuova disciplina si applica anche per i contratti in corso al 1° gennaio 2011, per i quali è stato previsto il pagamento di un’imposta sostitutiva per l’accesso al nuovo regime, a fronte del venir meno delle ipocatastali proporzionali al momento del riscatto.

I soggetti obbligati al versamento dell’imposta sostitutiva sono solidalmente il concedente e l’utilizzatore.

Da un punto di vista operativo saranno le società di leasing a versare l’imposta in via telematica, rivalendosi successivamente sull’utilizzatore.

L’agenzia delle entrate ha chiarito che il riaddebito potrà essere effettuato in esclusione dall’Iva (ex art. 15, comma 3, del d.P.R. n. 633/1972), solo qualora il versamento dell’imposta da parte delle società di leasing sia avvenuto in base ad uno specifico mandato rilasciato dall’utilizzatore.

In questo caso l’operazione si configurerebbe quale rimborso di un’anticipazione effettuata in nome e per conto dell’utilizzatore. Invece, in assenza di uno specifico mandato, il riaddebito dell’imposta configurerà sempre un’operazione soggetta ad Iva.

L’interpretazione, però, risulta estremamente rigorosa e non può essere generalizzata per ogni fattispecie.

Essa non è stata unanimemente condivisa da una parte della dottrina 13 che ha fatto leva, al fine di sostenere la tesi contraria, su alcuni documenti di prassi della stessa Amministrazione finanziaria. In base a tale orientamento la spendita del nome non sembrerebbe rappresentare un requisito fondamentale.

Invece è essenziale l’oggettiva natura della spesa quale anticipazione per conto di un altro soggetto, cioè quale “semplice partita di giro” che non ha natura di corrispettivo. In pratica l’esclusione dal computo della base imponibile risulterebbe subordinata esclusivamente alla “diretta insorgenza nella sfera patrimoniale del committente dell’onere di cui trattasi” (così ris. min. n. 59/E del 17 aprile 1996) 14.

In sede di relazione ministeriale al decreto Iva, ponendosi il problema delle spese di trasporto, nei casi in cui le medesime siano poste contrattualmente a carico dell’acquirente, era stato precisato che tali somme “sono escluse dalla base imponibile poiché costituiscono semplici partite di giro che non hanno natura di corrispettivo”.

L’esistenza di specifiche condizioni contrattuali che ponessero le spese di trasporto a carico dell’acquirente costituisce quindi, secondo la relazione, l’elemento essenziale per l’esclusione da Iva, a prescindere dalla formale intestazione della fattura rilasciata dal trasportatore.

In questo caso le spese di trasporto sono a carico, sin dall’origine, del soggetto acquirente/committente.

Secondo quanto affermato dall’Amministrazione finanziaria le somme addebitate hanno natura di anticipazioni escluse da Iva allorquando l’onere, pur essendo sostenuto dal professionista in relazione all’incarico allo stesso affidato, fa carico direttamente e sin dall’inizio al cliente, per obbligo di legge o in base a specifiche clausole contrattuali (in tema di oneri condominiali gravanti, in base alla legge, direttamente sul conduttore cfr. Cass. civ., 26 aprile 2002, n. 6089) 15.

Pertanto in questi casi il professionista ha diritto alla ripetizione dell’esatto importo anticipato (cfr. le seguenti ris. min.: n. 502030 del 19 maggio 1973; n. 364698 dell’11 marzo 1977; n. 3332328 del 19 gennaio 1982; n. 59/E del 17 aprile 1996) 16.

Un elemento a fondamento della tesi ora prospettata si desume direttamente dalla lettura dell’art. 13 del d.P.R. n. 633/1972 avente quale oggetto la definizione della base imponibile.

Infatti, la base di calcolo dell’Iva è costituita

“dall’ammontare complessivo dei corrispettivi (…) dovuti secondo le condizioni contrattuali …”.

Pertanto devono essere escluse le somme poste a carico del committente in base al contratto in quanto, proprio poiché previsto dal contratto stesso, non hanno natura di corrispettivo, né possono considerarsi accollate al committente 17, gravando su quest’ultimo sin dall’origine 18.

 

 

ESEMPIO – Spese di trasporto previste contrattualmente a carico dell’acquirente, con documentazione intestata al soggetto cedente

trattamento iva delle spese anticipate per conto del clienteUn’impresa alfa cede all’impresa Y una partita di merce con la clausola “franco fabbrica”.

Scegliendo questa clausola si addossa al compratore l’onere di disporre il ritiro della merce. In questo caso la merce viene consegnata al compratore presso il magazzino del venditore e tutti i rischi ed i costi di trasporto gravano sul compratore.

L’impresa alfa anticipa il pagamento delle spese di trasporto per conto dell’acquirente e l’impresa di trasporto emette la fattura intestata direttamente al venditore che anticipa la somma.

In linea di principio la circostanza che la fattura sia intestata direttamente al venditore non fa venire meno la natura di anticipazione effettuata in nome e per conto del cliente.

Ciò in quanto dal contratto di vendita ed in base alla clausola “franco fabbrica” si desume chiaramente che i predetti oneri gravano sull’acquirente sin dall’origine.

Tuttavia l’intestazione così effettuata penalizzerà soprattutto l’acquirente:

➢ il venditore alfa non potrà considerare in detrazione l’Iva risultante dalla fattura emessa dal trasportatore nei suoi confronti. Infatti, la somma non rappresenta un costo, ma una semplice partita di giro. L’Iva risulterà indetraibile a causa della mancanza del requsito di inerenza;

➢ il venditore emetterà una fattura imponibile per la merce oggetto di vendita addebitando altresì l’intero importo delle spese di trasporto anticipate (Iva compresa) senza applicazione dell’Iva (operando l’esclusione dal computo della base imponibile);

➢ l’acquirente Y non potrà considerare in detrazione l’Iva relativa alle spese di trasporto anticipate dal venditore. Infatti, l’impresa cedente alfa ha considerato l’importo anticipato escluso da Iva e il medesimo acquirente non è in possesso di alcuna fattura emessa dal trasportatore e a lui intestata. In definitiva la detrazione dell’Iva risulterà così preclusa.

 

In sostanza, nonostante il “difetto” di intestazione della fattura, la spesa sostenuta dall’impresa alfa conserverà la natura di anticipazione effettuata in nome e per conto della controparte. Qualora tale impresa risultasse inadempiente nei confronti del trasportatore, quest’ultimo potrà soddisfare la propria pretesa creditoria esclusivamente nei confronti del soggetto acquirente 19. Tuttavia, come sopra evidenziato, la scelta adottata determinerà l’indetraibilità dell’Iva sulle spese di trasporto.

Risulterà ben più conveniente ottenere l’intestazione del documento nei confronti dell’acquirente.

In questo caso la somma pagata dal venditore costituirà semplicemente un’anticipazione finanziaria (una partita di giro) comunque esclusa dal computo della base imponibile nonostante tale somma risulti espressamente addebitata nella fattura emessa dall’impresa venditrice alfa. Invece l’impresa acquirente Y potrà annotare nel registro degli acquisti la fattura correttamente intestata considerando in detrazione l’Iva.

In questo caso non si può dubitare dell’inerenza della spesa e della circostanza che la stessa risulti effettivamente a carico dell’acquirente. Tale ultimo soggetto, invece di pagare direttamente il trasportatore, estinguerà la sua obbligazione per il tramite del soggetto venditore che avrà nel frattempo anticipato il pagamento dei predetti oneri.

Un esempio di spesa anticipata in nome e per conto 20 in quanto posta a carico del cliente dalla legge è costituita dalla voce “Tassa archivio notarile”.

Il problema rende necessario esaminare preliminarmente la natura della tassa, individuando successivamente anche il soggetto su cui incide l’onere.

Il primo punto è stato affrontato dalla Corte di Cassazione (Cass. civ., ss.uu., 4 marzo 2010, n. 5287).

Il giudice di legittimità ha ritenuto che la tassa archivio, per espressa qualificazione legislativa, abbia natura tributaria e l’eventuale contenzioso è riconducibile nella competenza del giudice tributario 21.

Il soggetto gravato dell’onere in rassegna può essere individuato in base alla legge che ha previsto e disciplinato l’obbligo di versamento della Tassa archivio. ai sensi della legge n. 1158/1954

“le parti, a mezzo del notaio, devono corrispondere all’archivio notarile del distretto una tassa del 10% dell’onorario stabilito per l’originale di ogni atto fra vivi soggetto a registrazione e ogni atto di ultima volontà. L’importo della tassa prevista nel comma precedente è versato all’archivio del notaio al momento della presentazione degli estratti mensili dei repertori”.

Sulla base di un’interpretazione letterale della disposizione citata i soggetti tenuti al pagamento dell’onere tributario sono le “parti”, ma il versamento deve essere effettuato tramite il notaio. In buona sostanza, il legislatore ha ritenuto che la tassa archivio debba essere a carico delle parti le quali non possono procedere al versamento del tributo autonomamente.

Il versamento dovrà essere effettuato all’archivio notarile esclusivamente per il tramite del notaio stesso.

La riscossione per il tramite del notaio è il solo mezzo tecnico per incassare un tributo a carico unicamente dei clienti 22.

Secondo quanto affermato dalla Commissione Studi Tributari del Consiglio Nazionale del Notariato “una volta riconosciuto che in base ad una specifica previsione della legge, il soggetto su cui deve gravare il tributo non è il notaio, ne consegue ulteriormente che la somma addebitata in sede di fatturazione dell’operazione non ha natura di compenso, ma di mera partita di giro o anticipazione finanziaria.

Tuttavia, l’attribuzione della natura di spesa sostenuta in nome e per conto del cliente è ulteriormente subordinata alla condizione che l’importo addebitato sia corrispondente alla liquidazione della tassa di archivio come risultante dal repertorio notarile.

Se anche questa condizione risulterà verificata, la tassa archivio addebitata al cliente è esclusa dal computo della base imponibile Iva ai sensi dell’art. 15, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 633/1972 23”.

Per quanto riguarda il profilo formale della documentazione relativa al versamento effettuato dal notaio è irrilevante che la quietanza sia intestata al professionista medesimo. La mancata indicazione delle parti24 non dà luogo ad alcun mutamento della qualificazione dell’onere che deve comunque considerarsi sostenuto in nome e per conto del cliente, con la conseguente esclusione dal computo della base imponibile Iva (cfr. infra).

Più in generale, l’esistenza della documentazione è finalizzata a dimostrare che le somme addebitate al committente non hanno natura di corrispettivo e che gli importi richiesti coincidono esattamente con le anticipazioni. In alcuni casi, però, l’esistenza della predetta documentazione può essere non necessaria potendo il contribuente fornire la prova con qualsiasi altro mezzo e la circostanza si verifica per gli oneri connaturati rispetto all’attività di impresa o di lavoro autonomo.

 

ESEMPIO – Spese anticipate da un lavoratore autonomo connaturate all’attività svolta: mancanza di idonea documentazione

spese sostenute dal commercialista per conto del clienteUn dottore commercialista deve predisporre un ricorso tributario per un’impresa e per effetto delle novità introdotte dal d.l. n. 98/2011 per incardinare il contenzioso davanti al giudice tributario deve assolvere il contributo unificato.

Per conto dell’impresa committente anticipa tale onere (che di fatto rappresenta una partita di giro) pari a 1.000 euro.

Il professionista non ottiene dal rivenditore di valori bollati alcun documento attestante il contributo assolto.

In questo caso, pur mancando un’idonea documentazione, il lavoratore autonomo potrà addebitare all’impresa in sede di emissione della fattura la somma anticipata escludendo la stessa dal computo della base imponibile ex art. 15, comma 1, n. 3) del d.P.R. n. 633/1972.

La legge pone a carico del ricorrente l’onere del contributo unificato. Inoltre la corrispondenza tra l’importo addebitato in fattura e l’anticipazione è agevolmente riscontrabile in quanto la misura della stessa è facilmente verificabile in quanto stabilita sempre dalla legge in base al valore della lite.

In senso pressoché conforme si è espressa la Commissione tributaria centrale (sentenza del 29 aprile 2002, n. 3525) la quale ha affermato che l’obbligo di documentare specificamente le anticipazioni non sussiste laddove gli oneri siano ad esempio connaturati all’attività svolta da un’agenzia automobilistica.

Nel caso di specie le predette spese hanno trovato concreto riscontro nel risultato ottenuto dall’agenzia con l’immatricolazione o il passaggio di proprietà degli autoveicoli (ris. min., n. 363527 del 3 gennaio 1979).

In sostanza l’avvenuta immatricolazione o i passaggi di proprietà costituiscono in sé idonea documentazione in grado di documentare le anticipazioni delle spese effettuate in favore del cliente.

Più in generale facendo applicazione dei medesimi principi, si ritiene correntemente che le somme anticipate dal professionista (notaio, avvocato, ecc.) per conto del cliente al fine di pagamento di imposte e tasse (imposte di registro, ipotecarie, catastali, bolli, tasse ipotecarie, ecc.) costituiscano anticipazioni escluse da Iva ex art. 15, comma 1, n. 3), a prescindere dall’intestazione di uno specifico documento o ricevuta a nome del cliente medesimo: ciò perché si tratta di spese che sono a carico del cliente per legge, e quindi, costituendo partite di giro, non concorrono a formare il corrispettivo, essendo d’altra parte regolarmente accertabili attraverso l’ispezione presso lo studio del professionista o presso i pubblici uffici 25.

In ogni caso

“dall’esame dell’atto, del repertorio e della pratica si traggono tutti gli elementi per quantificare con assoluta sicurezza e precisione le somme anticipate per il cliente, somme che vengono evidenziate nella fattura” 26.

Nonostante talune anticipazioni siano connaturate all’attività svolta (ad es. i bolli, gli oneri di registrazione preso la camera di commercio, ecc.), e conseguentemente non sia necessario fornire ai verificatori alcuna documentazione, deve essere comunque riscontrata la coincidenza tra le somme addebitate in fattura e le anticipazioni effettuate in favore del cliente.

Solitamente l’operazione non risulterà particolarmente difficile, ma sarà necessario effettuare un’attenta verifica della documentazione presente presso la sede dell’impresa o dello studio professionale. Si dovrà dunque procedere verificando preventivamente tutte le fatture emesse e le spese addebitate.

Successivamente gli importi risultanti da ogni fattura dovranno essere associati alle singole pratiche della clientela verificando altresì l’importo delle anticipazioni a seconda della diversa tipologia dell’atto.

In alcuni casi il numero delle pratiche da gestire, dei clienti e l’ammontare degli importi delle operazioni può rendere difficile per la stessa impresa o per il professionista effettuare una “ricostruzione minuziosa” cliente per cliente, pratica per pratica, delle anticipazioni sostenute.

In questo caso, considerate le difficoltà incontrate nel documentare le anticipazioni 27, sarà possibile effettuare una scelta diversa.

Gli oneri sostenuti potrebbero essere addebitati all’interno della fattura secondo criteri forfetari. In questo caso le somme addebitate assumerebbero la natura di corrispettivo e quindi sarebbero soggette ad Iva.

D’altra parte, come è stato già anticipato, se le spese incidono direttamente sulla sfera giuridica del mandante in base ad una specifica disposizione di legge, non è necessario, affinché l’onere risulti escluso dalla base imponibile, l’esistenza di un mandato con rappresentanza (cfr. supra).

Ad esempio si è ritenuto che costituiscono anticipazioni ai fini Iva le spese anticipate in esecuzione di un contratto di mandato senza rappresentanza successivamente rimborsate ai sensi dell’art. 1720 del c.c.

La disposizione citata prevede che

“il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte”.

In questo caso, quindi, l’obbligo di sostenere la spesa grava sin dall’origine ed in forza di una precisa disposizione di legge nella sfera giuridica del mandante 28.

Nell’ambito degli oneri che costituiscono anticipazioni escluse dalla base imponibile devono essere ricondotti gli oneri per le visure effettuate direttamente dal notaio (anche tramite propri dipendenti) nell’esercizio delle funzioni notarili. La soluzione trova essenzialmente fondamento in una ricostruzione civilistica ed in particolare nell’art. 2234 del c.c.

La disposizione citata pone a carico del cliente il dovere di anticipare al professionista le spese occorrenti al compimento dell’opera in conformità con il principio affermato in tema di mandato dall’art. 1719 del c.c. In base a tale disposizione il mandante è tenuto a somministrare al mandatario i mezzi necessari per far fronte all’esecuzione dell’incarico.

Si può dunque affermare che le spese necessarie per l’esecuzione di una prestazione professionale devono gravare sul cliente fin dall’origine, in base ad una precisa disposizione di legge.

Pertanto l’esborso da parte del professionista ha natura di anticipazione secondo i principi già illustrati.

Tuttavia non tutte le spese anticipate dai professionisti nell’espletamento del mandato professionale possono avere la natura di anticipazioni. Infatti, per assumere natura diversa dal corrispettivo non è sufficiente che le stesse siano inerenti alla gestione dell’incarico, ma devono essere necessarie e strettamente strumentali rispetto all’esecuzione di quest’ultimo 29.

 

ESEMPIO – Spese anticipate inerenti all’esecuzione dell’incarico, necessarie e strettamente strumentali

rimborso spese per la clientelaUn professionista si reca in trasferta, quindi al di fuori della propria sede, per un’udienza a Milano.

Sostiene una serie di spese legate alla trasferta quali il costo del biglietto aereo, dell’albergo, ecc.

Sostiene poi un’altra serie di oneri quali il pagamento dell’imposta di bollo per depositare il bilancio, dei diritti camerali, delle spese vive per le visure, ecc.

La prima tipologia di spese, cioè di viaggio e soggiorno legate alla trasferta, rappresenta oneri inerenti alla gestione dell’incarico. Essi gravano direttamente sul professionista incidendo sulla sua sfera giuridica.

Pertanto l’eventuale addebito delle stesse all’interno della fattura ha natura di corrispettivo e deve essere assoggettato ad Iva.

Invece gli altri oneri come, ad esempio, l’imposta di bollo o gli altri diritti da assolvere presso la locale Camera di commercio, ovvero gli oneri per le visure, sono strettamente strumentali all’esecuzione dell’incarico. In sostanza il professionista che effettua il pagamento, anche senza eventualmente spendere il nome del cliente, agisce in sostituzione del cliente che gli ha conferito l’incarico ed in capo al quale è destinata a gravare la spesa sin dall’origine.

La medesima conclusione dovrebbe valere anche laddove il professionista effettui le visure non direttamente, cioè tramite un suo lavoratore dipendente, ma anche attraverso un visurista, cioè un altro professionista, ovvero tramite una società di servizi.

“L’inserimento di un terzo soggetto non muta infatti la natura della spesa per la visura, la quale rimane pur sempre destinata, fin dall’origine, al cliente del notaio: rispetto all’esborso della somma dovuta al pubblico ufficio, ed effettuato dal terzo in luogo del notaio che lo ha incaricato, quest’ultimo si pone (a sua volta) quale mero intermediario nei confronti del suo cliente, agendo “in sostituzione” (come sopra detto) del cliente stesso” 30.

In senso pressoché conforme si è espressa l’Amministrazione finanziaria relativamente ad una fattispecie riguardante le pratiche svolte da un’agenzia automobilistica che a sua volta affidava l’incarico ricevuto dall’acquirente o dal venditore ad altra agenzia. In questo caso il Fisco ha ritenuto che le spese addebitate a titolo di anticipazioni per le tasse sulle concessioni governative o di circolazione da un’agenzia nei confronti di un’altra e da questa nei confronti del committente, fossero sempre escluse dal computo della base imponibile.

In sostanza il “duplice” passaggio è irrilevante e i predetti oneri possono continuare ad essere considerati esclusi dal computo della base imponibile anche nei rapporti tra le due agenzie (ris. min. n. 431325 del 16 febbraio 1991 e n. 381443 dell’11 aprile 1980).

Tuttavia è necessario tenere distinti, senza che l’uso di una terminologia apparentemente simile induca il lettore in errore, i diritti (o compensi) spettanti ai visuristi rispetto agli altri oneri sostenuti per effettuare le visure (c.d. “spese vive”).

La prima tipologia, rappresentata dai diritti, non deve essere posta a carico del cliente in quanto si tratta di spese sostenute nell’esercizio proprio dell’attività professionale. Il chiarimento è stato fornito dall’agenzia delle entrate con la circolare n. 84/E del 28 settembre 2001 avente ad oggetto la metodologia di controllo relativa agli studi notarili (III edizione).

In pratica i predetti oneri costituiscono per il notaio spese di gestione dell’incarico a lui conferito e conseguentemente rimangono a suo esclusivo carico.

Eventuali somme oggetto di addebito a tale titolo devono essere assoggettate ad Iva.

Invece gli altri oneri sostenuti per le visure si sostanziano nelle “spese vive” eventualmente anticipate per conto del cliente.

È necessario, però, affinché le predette somme, versate all’agenzia del territorio, siano escluse dal computo della base imponibile, che il visurista o il notaio siano in grado di “associare” i singoli oneri sostenuti alle diverse pratiche e alle relative fatture emesse.

 

ESEMPIO – Compensi spettanti ai visuristi e somme dovute all’Agenzia del Territorio (Ufficio provinciale – Territorio dal 1° dicembre 2012) – Trattamento fiscale ai fini Iva

Un notaio ha effettuato, avvalendosi della collaborazione di un visurista (in possesso della partita Iva), quattro visure ipotecarie dovendo rogare quatto atti di vendita di immobili. Il visurista, per espletare l’incarico professionale, anticipa gli oneri che dovuti all’agenzia del Territorio ammontanti a 40 euro. a conclusione dell’incarico emette una fattura nei confronti del notaio così formata:

  • Compensi professionali 100,00 euro;
  • Iva 22 per cento, pari a 22 euro;
  • spese escluse dal computo della base imponibile ex art. 15 d.P.R. n. 633/1972 pari a 40 euro;
  • importo complessivo della fattura: 162,00 euro;
  • il notaio opererà, all’atto del pagamento, la ritenuta fiscale nella misura del 20 per cento (su 100,00) pari a 20,00 euro.

Nella terminologia comune ai compensi spettanti ai visuristi risulta frequentemente attribuita la qualificazione di diritti, che però rimangono in ogni caso imponibili. Tale voce non deve essere confusa con gli oneri sostenuti per le visure. Infatti, solo questi oneri devono essere versati all’agenzia del Territorio e possono essere correttamente esclusi dalla base imponibile Iva. Fatturazione del Notaio

  • Compensi per gli atti relativi alle compravendite immobiliari 4.000 euro
  • compensi spettanti ai visuristi 100,00
  •  Iva 22 per cento su 4.100,00 (4.000,00 + 100,00) = 902,00 euro
  • spese anticipate ex art. 15 d.P.R. n. 633/1972 pari a 40,00 euro;
  •  importo complessivo della fattura: 5.042,00 euro.

Si osservi che, nonostante il “doppio” passaggio, dal visurista al Notaio e dal Notaio al cliente, gli oneri anticipati e versati all’Agenzia del Territorio conservano la natura di spese sostenute in nome e per conto del cliente.

Tuttavia l’esclusione dal computo della base imponibile è subordinata alla condizione che il notaio (in sede di fatturazione) sia in grado di “associare” i singoli oneri (le spese vive) sostenuti per le visure ipotecarie alle diverse pratiche. In questo caso si tratta di mere partite di giro e, di conseguenza, le somme anticipate non possono essere considerate in deduzione ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo.

In alternativa, a sua libera scelta, il professionista può assoggettare ad Iva le somme spettanti all’agenzia del Territorio che, in questo caso, diventano componenti negativi di reddito deducibili.

Le ragioni di questa scelta potrebbero essere rinvenute nella difficoltà di individuare chiaramente e con certezza le spese anticipate e le pratiche cui le stesse si riferiscono. Infatti, è necessaria, affinché trovi applicazione l’esclusione ex art. 15 del decreto Iva, l’esatta corrispondenza tra la somma addebitata e l’onere anticipato dal notaio.

Invece i compensi (o i diritti) spettanti al visurista, anche se nella sostanza sono addebitati al cliente (nell’esempio pari a 100,00 euro), costituiscono oneri sostenuti per la gestione dell’attività professionale. Pertanto ove addebitati, anche in misura esattamente corrispondente alle spese, devono essere in ogni caso assoggettati ad Iva.

Il tema del trattamento Iva riservato alle spese sostenute dagli esercenti arti e professioni nell’espletamento delle prestazioni oggetto del mandato professionale, quali le spese di vitto, viaggio, alloggio e, più in generale, relative alle trasferte fuori sede, ed oggetto di successivo rimborso da parte dei clienti, è stato affrontato espressamente dall’amministrazione finanziaria (cfr. il penultimo esempio).

Si tratta senza dubbio di oneri inerenti alla gestione dell’incarico, che però non sono destinati ad incidere direttamente sulla sfera giuridica del soggetto committente.

I predetti costi sono dunque destinati a gravare sulla sfera giuridica del committente anche se, sotto il profilo economico, vengono di fatto “ribaltati” sul cliente con l’addebito dei medesimi al momento dell’emissione della fattura.

Le somme così addebitate hanno dunque natura di corrispettivi che fanno parte della base imponibile come definita dall’art. 13 del d.P.R. n. 633/1972.

La risoluzione n. 20/E, emanata il 20 marzo 1998 dall’agenzia delle entrate, ha sostenuto che le spese anticipate da soggetti che svolgono un’attività professionale in favore di una società costituiscono compensi professionali soggetti ad Iva anche sulla parte rappresentata dai rimborsi delle spese di viaggio, vitto e alloggio nonché dell’eventuale diaria.

In senso conforme si è espressa anche la Circolare n. 58 del 18 giugno 2001 con la quale l’agenzia ha precisato che

“tra i compensi del professionista rientrano i proventi percepiti sotto forma di rimborsi di spese inerenti all’attività, con esclusione dei rimborsi relativi a spese, analiticamente dettagliate, anticipate in nome e per conto del cliente”.

Conseguentemente

“tale soluzione impone che i rimborsi, salvo quelli anticipati in nome e per conto del cliente, siano trattati alla stregua degli altri compensi”.

 

 

ESEMPIO – pagamento di un’indennità chilometrica in favore di un professionista

pagamento indennità chilometrica al professionistaUn professionista si reca in trasferta, quindi al di fuori della propria sede, per un’udienza a Bologna.

L’impresa committente riconosce al lavoratore autonomo un’indennità chilometrica. L’importo dell’indennità viene riconosciuto avendo riguardo alla tipologia di autovettura utilizzata entro gli importi massimi previsti dalla tabella aCI.

La somma, addebitata nei confronti dell’impresa in fattura, costituisce un corrispettivo. Infatti le spese relative alla trasferta non sono sostenute in nome e per conto del cliente.

I predetti oneri sono relativi alla gestione ordinaria dello studio professionale. Pertanto le somme addebitate devono essere assoggettate ad Iva essendo comprese nella base imponibile di cui all’art. 13 del d.P.R. n. 633/1972.

La medesima sorte riguarda le altre spese attinenti alla trasferta quali, ad esempio, i pedaggi autostradali.

La disciplina dell’Iva non muta anche se si segue la procedura valida ai fini delle imposte sui redditi indicata dall’agenzia delle entrate con la circ. n. 28/E del 4 agosto 2006. Prima del chiarimento fornito dal documento di prassi i lavoratori autonomi nonostante sottoponessero integralmente a tassazione (quali compensi) tutti i rimborsi spese indicati in fattura ed addebitati ai propri committenti subivano, in base a quanto stabilito dall’art. 54 del Tuir, una limitazione ai fini della deducibilità dei costi.

In pratica le spese alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande, nonostante fossero tassate integralmente all’atto del rimborso, potevano essere considerate in deduzione entro il limite massimo pari al 2 per cento dei compensi.

Al fine di consentire la deducibilità integrale dei predetti oneri (quindi senza considerare il predetto limite del 2 per cento) è intervenuto il legislatore introducendo una novità prevista dall’ art. 36, comma 29, del d.l. n. 223 del 4 luglio 2006 convertito nella l. n. 248 del 4 agosto
2006.

Tale disposizione ha modificato l’art. 54, comma 5, del Tuir relativo ai redditi di lavoro autonomo professionale, precisando che le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande in pubblici esercizi “sono integralmente deducibili se sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate nella fattura”. Circa la procedura da seguire, la circ. n. 28/E citata fornisce le seguenti indicazioni:

  • il committente riceve dal soggetto che presta il servizio alberghiero o di ristorazione il documento fiscale, intestato allo stesso committente, su cui deve essere riportata l’indicazione del nominativo del professionista che ha usufruito del servizio
  •  il committente comunica al professionista l’ammontare della spesa effettivamente soste- nuta ed invia allo stesso copia della relativa documentazione fiscale;
  • il professionista emette fattura comprensiva dei compensi e delle spese pagate dal committente (tali importi cioè vanno a comporre l’imponibile IRPEF e quello Iva).

Per quanto riguarda la disciplina dell’Iva la procedura, valida ai fini delle imposte sui redditi, non determina sostanziali novità. Il professionista continuerà a comprendere nella base imponibile Iva non solo i compensi, ma anche le spese alberghiere e di ristorazione il cui pagamento è stato anticipato dal committente. I predetti oneri saranno così assoggettati ad Iva alla stregua dei corrispettivi. In pratica i predetti importi non risulteranno esclusi dal computo della base imponibile.

 

ESEMPIO – Spese alberghiere e di somministrazione sostenute dal cliente/committente – Addebito in fattura da parte del professionista – Operazioni incluse nella base imponibile Iva

rimborso spese albergo al professionista➢ Una società alfa committente paga una fattura di 330 euro (300 euro di imponibile e 30 euro di Iva al 10%) per prestazioni alberghiere di cui ha beneficiato il professionista;

➢ la società detrae integralmente l’Iva nella misura del 10 per cento

➢ la società emette una fattura nei confronti del professionista per complessivi 330 euro (300 euro di imponibile con Iva al 10 per cento);

➢ la società vanta un credito nei confronti del professionista di 330 euro;

➢ il professionista fattura nei confronti della società, oltre al compenso pattuito, pari a 1.000 euro anche le spese dell’albergo pari a 330 euro;

➢ il professionista emette una fattura di 1.622,6 euro (1.330 euro di imponibile e 292,6 euro di Iva);

➢ all’atto del pagamento la società liquida al professionista 1.292,6 euro (1.622,6 euro di fattura – 330 euro concernente il credito). La società ha un credito Iva pari a 292,6 euro.

 

Come si comprende dall’esempio non si manifestano aggravi né in termini d’imposta, né in termini di compensi, ma unicamente dal lato della contabilizzazione.

Il credito Iva di 30 euro, dovuto alla fatturazione da parte dell’albergo, nei confronti della società che ha conferito l’incarico al professionista si annulla completamente.

Infatti, come ricordato, la predetta società emette a sua volta una fattura nei confronti del professionista con un imponibile di 300 euro e Iva di 30 euro.

In sostanza si verifica contestualmente una posizione di credito/debito nei confronti dell’erario completamente neutra.

La società, però, riceve l’addebito da parte del professionista di una fattura di 1.330 euro di imponibile e di 292,6 euro a titolo di Iva.

L’imposta sul valore aggiunto è completamente detraibile e la società non risulta incisa dal tributo. In questo caso l’Iva risulta applicata sia sulle prestazioni professionali, ma anche sulle spese alberghiere (pari a 330 euro) che non costituiscono, come ricordato, un’anticipazione esclusa dal computo della base imponibile ai sensi del citato articolo 15.

Le indicazioni fornite dall’Agenzia delle entrate non appaiono, però, sufficientemente precise perché, ad esempio, non si specifica quale deve essere il contenuto della “comunicazione” che il committente dovrebbe fare al professionista e nemmeno in che forme debba essere fatta (generando dubbi in ordine sia alla disciplina delle imposte sul reddito che, soprattutto, al regime Iva applicabile). alcuni autori hanno ritenuto che la “comunicazione” fosse un vero e proprio “riaddebito” di spese 31.

In ogni caso il professionista quando emette la fattura e riaddebita le spese alberghiere e gli oneri relativi alla somministrazione di alimenti e bevande applica l’Iva.

Ciò in quanto, indipendentemente dalla validità della procedura seguita soprattutto ai fini delle imposte sui redditi, gli oneri in rassegna devono essere assoggettati ad Iva non essendo sostenibile l’esclusione dal computo della base imponibile (ex art. 15, comma 1, n. 3) del decreto Iva).

Costituiscono altresì oneri anticipati in nome e per conto (esclusi dal computo della base imponibile) le spese di emissione delle tratte sostenute dal traente e successivamente riaddebitate nei confronti del trattario. L’applicabilità dell’art. 15 in rassegna è stata ribadita dall’Amministrazione finanziaria (circ. min. n. 11/501120 del 23 febbraio 1976; ris. min. n. 550494 del 22 maggio 1989).

Per quanto riguarda le operazioni relative ai prestiti o distacchi di personale si deve fare riferimento a quanto previsto dall’art. 8, comma 25 della l. n. 67/1988.

La disposizione citata prevede espressamente che “non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo”.

Infatti, laddove il corrispettivo versato per il distacco risultasse superiore ma anche inferiore rispetto al costo sostenuto dal datore di lavoro (retribuzioni, oneri previdenziali e contrattuali), l’intero importo assumerebbe la natura di corrispettivo di una prestazione di servizi imponibile ai fini Iva (ris. Agenzia delle entrate n. 346/E del 5 novembre 2002; ris. min. n. 502712 del 5 luglio 1973; ris. min. n. 500160 del 19 febbraio 1974; nota min. n. 411847 del 20 marzo 1981). In senso conforme si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23021 pubblicata il 7 novembre 2011.

Le soluzioni sopra riportate possono essere condivise, ma nel solo caso in cui il “compenso” pagato per beneficiare del “prestito” sia superiore rispetto al costo. Il maggior pagamento dimostra inequivocabilmente che la somma corrisposta ha natura di corrispettivo.

Tuttavia si ritiene che la medesima operazione non possa essere considerata rilevante ai fini dell’Iva per il solo fatto che il corrispettivo versato al distaccante sia di importo diverso (inferiore) rispetto al mero costo.

Il minor pagamento dimostra senza dubbi come la somma corrisposta non possa essere considerata alla stregua di un corrispettivo e pertanto la stessa deve essere esclusa dalla base imponibile (Cass. civ., 7 settembre 2010, n. 19129).

 

A cura di Nicola Forte

 

 

NOTE

11. La fattura o altra idonea documentazione rappresentano, tra l’altro, i mezzi idonei a verificare l’esatta corrispondenza tra la spesa anticipata e la somma addebitata al cliente/committente.

12. La necessità di subordinare l’esclusione dal computo della base imponibile all’esistenza di un mandato con rappresentanza e all’intestazione del documento al cliente (le due condizioni dovrebbero coesistere) è stata sostenuta da: Beltrani, Il trattamento tributario ai fini Iva del cosiddetto “rimborso spese”, in Corr. trib., 1991, pag. 1927; Ceratopopolizio, Il riaddebito di costi per servizi: trattamento ai fini Iva, in Fisco, 1999, pag. 2019; Filippi-Cintolesi, Il trattamento ai fini dell’Iva dei riaddebiti e delle rifatturazioni di servizi, in Fisco, 2001, pag. 2208; Fanelli, Applicabilità dell’Iva alle spese condominiali riaddebitate all’inquilino, in Corr. trib., 2002, pag. 3360; Codice Iva nazionale e comunitaria commentato, a cura di Centore, Rozzano (Mi), 2010, art. 15 – Esclusioni dal computo della base imponibile, pag. 496.

13. Arnao, I rimborsi di anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, in Corr. trib., 1985, pag. 1854; Bellini, Le spese anticipate nel nuovo regime contabile, in Corr. trib., 1991, pag. 869; Crovato, I “depositi” dei clienti presso i professionisti tra Iva ed imposizione diretta, in Rass. trib., 1994, pag. 294; lupi, Diritto tributario, parte speciale, Milano, 2000, pag. 303, nota 97; Stancati, La base imponibile e le aliquote, in L’imposta sul valore aggiunto, Giur. Sistematica di diritto tributario, diretta da F. Tesauro, Torino, 2001, pag. 262.

14. La ricostruzione è stata effettuata dal Consiglio Nazionale del Notariato. Sul punto cfr. lomonaCo, Forte, Le anticipazioni di spese agli effetti dell’Iva nell’attività notarile, Studio n. 37/2003/T approvato dalla Commissione studi tributari del Consiglio Nazionale del Notariato il 28 marzo 2003, in Studi e materiali, Fascicolo 2, 2003, pag.
578 e ss. che ha fatto riferimento alla ris. min. n. 59/E cit.

15. Con l’introduzione del quarto comma dell’art. 9 della l. n. 392/1978 agli effetti fiscali il regime giuridico delle locazioni è stato esteso ai corrispettivi per gli oneri accessori. Pertanto a partire da tale momento gli oneri condominiali (servizi di pulizia, manutenzione ordinaria dell’ascensore, ecc.) addebitati dal locatore al conduttore devono intendersi corrispettivi per prestazioni accessorie a quella di locazione, ai sensi dell’art. 12 del d.P.R. n.
633/1972. Conseguentemente gli oneri condominiali sono ora compresi nella base imponibile.

16. Nel caso di specie è stato esaminato il caso di un contratto di vendita con spese postali a carico dell’acquirente. Queste ultime si considerano anticipazioni effettuate in nome e per conto del cliente, quindi escluse dal computo della base imponibile subordinatamente alla circostanza che dalle condizioni generali di vendita gli oneri risultino effettivamente a carico dell’acquirente e che i medesimi risultino regolarmente documentati.

17. altrimenti entrerebbero a far parte della base imponibile in base al disposto dell’art. 13 citato.

18. Così Lomonaco, Forte, op. cit., pag. 580, che fanno riferimento alla posizione di arnao, op. cit., pag. 1857.

19. L’impresa alfa potrebbe agevolmente sostenere nei confronti dell’impresa di trasporti che obbligato al pagamento delle predette spese sin dall’origine è esclusivamente l’acquirente. Pertanto il credito potrà essere soddisfatto escutendo esclusivamente il patrimonio di tale ultimo soggetto.

20. Quindi esclusa dal computo della base imponibile ai sensi dell’art. 15, comma 1, n. 3) del d.P.R. n. 633/1972.

21. pappa monteForte, Tassa d’archivio: la natura tributaria, in Il Denaro del 14 aprile 2010, in www.ildenaro.it.

22. Masera e Ceccacci, Costituzione e gestione degli studi associati tra professionisti, Milano, 1984, pag. 230; Forte, La tassazione dei professionisti, Milano, 2004, pag. 58.

23. Forte, In tema di trattamento fiscale della voce “Tassa archivio notarile” quale anticipazione in nome e per conto del cliente esclusa dal computo della base imponibile Iva, Risposta a quesito n. 742 – 2014/T, in Banca dati CNN Notizie.

24. D’altra parte non potrebbe essere diversamente in quanto il versamento mensile effettuato dal notaio all’archivio notarile è unico riguardando tutti gli atti rogati dal professionista nel periodo di riferimento.

25. Sul punto cfr. Bellini, In tema di documentazione delle spese anticipate per conto del cliente, Studio n. 25-bis, in CNN Strumenti, 1990, 1250, 9.1; Id., Le spese anticipate nel nuovo regime contabile, in Corr. trib., 1991, pag. 869 e ss.

26. Id., In tema di documentazione delle spese anticipate, cit., 1990, 1250, 39.1.

27. Superabili solo attraverso un rilevante sforzo organizzativo ed individuando una persona all’interno della struttura che deve gestire nei dettagli una contabilità autonoma delle anticipazioni.

28. Arnao, I rimborsi di anticipazioni fatte, cit., pag. 1856.

29. Forte, Il reddito dei professionisti, Milano, 2001, pag. 17.

30. Lomonaco, Forte, Le anticipazioni di spese agli effetti dell’Iva, cit., pag. 583.

31. Liburdi, Ricca, Il regime delle spese di trasferta del professionista, in Corr. trib., 2006, pag. 2126 e ss.

 

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