Il nuovo ravvedimento operoso: ipotesi, limiti e funzionamento

la nuova procedura di ravvedimento operoso lascia aperti ancora dubbi: ecco come la procedura si interseca con la presentazione della dichiarazione integrativa, con la rettifica delle dichiarazioni già inviate e l’indirizzo assunto dall’Agenzia delle Entrate

Aspetti generali

Il nuovo ravvedimento operoso, come si presenta a seguito delle modificazioni apportate dalla legge di stabilità 2015 (L. 23.12.2014, n. 190), è consentito a tutti i contribuenti e ha un’applicazione molto vasta, che consente in sostanza di regolarizzare i comportamenti dei contribuenti in un lungo arco temporale salvo che non siano stati già notificati degli atti di liquidazione e di accertamento (comprese le comunicazioni da controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni).

L’estensione dell’ambito applicativo dell’istituto ha condotto all’abrogazione di alcuni istituti di definizione agevolata che nel nuovo contesto normativo non appaiono più necessari, data la possibilità di avvalersi del ravvedimento anche in presenza di processi verbali di constatazione e di inviti al contraddittorio per definire i singoli rilievi.

La versione anteriore alle modifiche

Nella sua fisionomia «storica», secondo l’impianto normativo anteriore rispetto alle innovazioni della legge di stabilità 2015, il ravvedimento operoso – disciplinato dall’art. 13 del D.Lgs. 472/1997 – aveva la finalità di permettere all’autore (o agli autori) e ai soggetti solidamente obbligati di rimediare spontaneamente, secondo modalità ed entro precisi limiti temporali, alle omissioni e alle irregolarità commesse, beneficiando così di una consistente riduzione delle sanzioni amministrative o anche, in determinati casi, della non applicazione delle sanzioni stesse.

Il ricorso al ravvedimento operoso non era consentito in presenza di attività di controllo fiscale sul contribuente, e in particolare:

  • se la violazione era già stata constatata dagli uffici;

  • se erano iniziati accessi, ispezioni o verifiche;

  • se erano iniziate altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidamente obbligati avessero avuto formale conoscenza.

La C.M. 10.7.1998, n. 180/E osservava che l’esistenza di cause ostative doveva essere riferita anche «ai soggetti solidamente obbligati» al pagamento della sanzione: l’inizio di una verifica nei confronti di una società impediva quindi ogni possibilità di ravvedimento anche alla persona fisica che, agendo per conto della società, avesse commesso la violazione.

Se l’accesso, l’ispezione o la verifica riguardavano specifici periodi d’imposta, il ravvedimento restava esperibile per le violazioni commesse in periodi di imposta diversi da quelli oggetto di controllo; la regolarizzazione rimaneva altresì possibile per le violazioni relative a un tributo diverso da quello oggetto di verifica.

In concreto, il ravvedimento operoso prevedeva che l’omesso o insufficiente pagamento delle imposte dovute in base alla dichiarazione dei redditi e dell’IVA, nonché l’omesso o insufficiente versamento delle ritenute alla fonte operate dal sostituto d’imposta, potessero essere regolarizzati eseguendo spontaneamente il pagamento:

  • dell’imposta dovuta

  • degli interessi, calcolati al tasso legale annuo dal giorno in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene effettivamente eseguito

  • della sanzione in misura ridotta.

Per le violazioni commesse dal 1° febbraio 2011 la sanzione era pari:

  • al 3%, se il pagamento veniva eseguito entro 30 giorni dalla scadenza prescritta (ravvedimento breve);

  • al 3,75%, se si pagava con un ritardo superiore a 30 giorni ma entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno d’imposta in cui la violazione era stata commessa (ravvedimento lungo).

Per i contribuenti che avessero regolarizzato gli omessi o i tardivi versamenti di imposte e ritenute entro i 14 giorni successivi alla scadenza, la misura della sanzione ridotta poteva essere ulteriormente abbassata secondo quanto consentito dall’art. 23, comma 31, del D.L. 6.7.2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla L. 15.7.2011, n. 111.

In particolare, la sanzione si riduceva in tale ipotesi allo 0,2% per ogni giorno di ritardo, ma doveva essere anche effettuato il versamento spontaneo degli interessi legali e della sanzione entro il termine di 30 giorni dalla scadenza.

Le condizioni di validità del ravvedimento

Il ravvedimento operoso (si ritiene anche nella versione innovata) non è considerato valido se manca il pagamento anche di uno solo degli importi dovuti (imposta, interessi, sanzioni); se però il contribuente effettua un versamento complessivo di imposta, sanzioni, interessi in misura inferiore al dovuto e le sanzioni e/o gli interessi non sono commisurati all’imposta versata in ritardo, il ravvedimento può ritenersi perfezionato con riferimento alla quota parte dell’imposta proporzionata a quanto complessivamente corrisposto a vario titolo.

Tale impostazione è stata ufficializzata con la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 27/E del 2.8.2013, secondo la quale gli errori commessi nel computo delle imposte, delle sanzioni e degli interessi in occasione del ravvedimento operoso non danno luogo al disconoscimento dell’istituto.

Se dunque per errore è stata versata un’imposta minore rispetto a quella dovuta, con insufficiente pagamento della maggiorazione prevista ai fini del ravvedimento, l’Agenzia irrogherà una sanzione da omesso versamento del 30% calcolata sulla differenza tra quanto versato entro la data di scadenza e quanto dovuto.

La violazione potrà essere a sua volta sanata mediante ravvedimento operoso, con corresponsione anche degli interessi legali.

L’intervento della legge di stabilità

La legge di stabilità 2015 – L. 23.12.2014, n. 190 – ai commi 637 e ss., ridisciplina la materia delle definizioni alternative nell’ambito del c.d. ravvedimento operoso lungo.

In particolare è stabilito che:

  • per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, il ravvedimento operoso non è più inibito dal controllo fiscale, ma solamente dalla notifica dell’atto impositivo o dell’avviso bonario;

  • il ravvedimento può avvenire, ferma la preclusione di cui sopra, senza limiti temporali, e la riduzione della sanzione va da 1/8 a 1/6 del minimo;

  • in caso di constatazione della violazione ai sensi dell’art. 24 della L. 7.1.1929, n. 4, la riduzione della sanzione è a 1/5 del minimo;

  • per tutti i tributi, se il ravvedimento avviene entro novanta giorni, la riduzione è a 1/9 del minimo;

  • la sanzione è pari a 1/10 del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione, nonché in caso di omessa della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a 90 giorni (30 per l’omessa dichiarazione IVA);

  • rimangono invariate le specifiche disposizioni sul ravvedimento per i tardivi versamenti e per l’omessa dichiarazione [lettere a) e c) dell’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997];

  • in caso di dichiarazione integrativa i termini di decadenza per la notifica degli atti impositivi decorrono dalla data di presentazione di tale dichiarazione.

Tendenzialmente, dunque, è ora possibile usufruire senza limiti di tempo dell’istituto del ravvedimento operoso, con una riduzione automatica delle sanzioni che tanto è più vantaggiosa, quanto più vicino sarà il ravvedimento al momento in cui sorge l’adempimento tributario.

La lettera b) del comma 14, al n. 2, introduce un comma 1-bis all’articolo 13, ai sensi del quale le così introdotte disposizioni in materia di ravvedimento si applicano ai tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate.

Con la finalità di rendere coerente il nuovo ravvedimento operoso con l’attuale impianto normativo, sono stati contestualmente eliminati i seguenti istituti:

  • definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio, di cui all’art. 5 del D.Lgs. 19.6.1997, n. 218, commi da 1-bis a 1-quinquies;

  • definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio di cui all’art. 11, comma 1-bis, dello stesso decreto (per le imposte indirette diverse dall’IVA);

  • adesione ai processi verbali di constatazione, di cui all’art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997 (punto 2);

  • acquiescenza (art. 15, comma 2-bis, D.Lgs. n. 218/1997).

Tale modifica trova la sua motivazione nella necessità di armonizzare il nuovo ravvedimento al sistema complessivo, anche sotto il profilo sanzionatorio: gli istituti che si intende abrogare prevedono infatti la riduzione delle sanzioni alla metà della misura prevista nell’ipotesi di accertamento con adesione che è pari a un terzo del minimo stabilito dalla legge (la sanzione effettivamente applicabile è quindi di 1/6).

Per effetto delle modifiche proposte all’istituto del ravvedimento, la medesima riduzione della sanzione – prevista per le diverse violazioni contestabili in sede di accertamento – viene disposta dall’art. 13, primo comma, lett. b-ter), nel caso di regolarizzazione degli errori «oltre termine» (1/6 del minimo).

Relativamente agli istituti abrogati, si fa presente che:

  • quanto all’adesione agli inviti al contraddittorio, tale procedura continuerà ad applicarsi agli inviti al contraddittorio in materia di imposte sui redditi, IVA e altre imposte indirette, notificati entro il 31.12.2015;

  • quanto all’adesione ai PVC, questa continuerà ad applicarsi ai verbali in materia di imposte sui redditi e di IVA consegnati entro la stessa data del 31.12. 2015;

  • l’abrogazione delle disposizioni in materia di sanzioni in sede di acquiescenza si applicherà agli atti definibili notificati dagli uffici dell’Agenzia delle entrate a decorrere dal 1° gennaio 2016.

La combinazione con la dichiarazione integrativa

Conseguentemente alle modifiche apportate all’istituto del ravvedimento operoso è stato innovato l’art. 2, ottavo comma, del D.P.R. 22.7.1998, n. 322, che consente al contribuente di integrare le dichiarazioni dei redditi, dell’IRAP, dell’IVA e dei sostituti d’imposta per correggere errori od omissioni, non oltre i termini stabiliti dalla legge per l’accertamento, fatta salva l’applicazione delle sanzioni nella misura ordinaria.

In tal modo sono stati coordinati i termini e le modalità per usufruire della dichiarazione integrativa e del ravvedimento operoso, raccordando i due istituti; nella disciplina della dichiarazione integrativa si chiarisce che, anche in tale ipotesi, rimane comunque ferma l’applicazione del ravvedimento operoso come innovata dalle norme in commento.

In sostanza:

  • con la dichiarazione integrativa si può procedere a rettificare la situazione manifestata al fisco;

  • attraverso il ravvedimento è possibile anche adeguare i versamenti a quanto dichiarato.

Ove sia presentata una dichiarazione integrativa e in tutti i casi di regolarizzazione dell’omissione o dell’errore, i termini per la notifica delle cartelle di pagamento relativi, rispettivamente, all’attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, vengono fatti decorrere dalla presentazione di tali dichiarazioni.

Inoltre, limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione, i termini per l’accertamento decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa.

La rettifica della dichiarazione

La presentazione della dichiarazione integrativa è una possibilità consentita dall’ordinamento sia per la rettifica di situazioni che abbiano determinato un minor debito di imposta o un maggior credito rispetto a quanto previsto (dichiarazione integrativa a sfavore), sia per correggere situazioni che abbiano determinato un maggior debito di imposta o un minor credito (dichiarazione integrativa a favore).

Nel primo caso la dichiarazione integrativa può accompagnarsi al ravvedimento operoso secondo le nuove modalità introdotte dalla legge di stabilità 2015; nel secondo caso, invece, essa può accompagnarsi alla procedura di rimborso tramite istanza all’amministrazione finanziaria.

In particolare la dichiarazione integrativa a sfavore può essere presentata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria.

La presentazione di una dichiarazione integrativa dalla quale dovesse risultare una maggiore imposta dovuta (ovvero un minor credito spettante) costituirà titolo per la riscossione, oltre all’applicazione degli interessi e della sanzione per omesso, infedele o tardivo versamento dell’imposta di cui all’art. 13, D.Lgs. 18.12.1997, n. 471.

Se però la dichiarazione integrativa a sfavore viene presentata prima dell’avvio dell’attività di controllo, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, è ammesso il ravvedimento operoso con versamento spontaneo della maggiore imposta, unitamente agli interessi e alla sanzione in misura ridotta.

L’indirizzo dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha fornito i primi elementi di interpretazione ufficiale in materia nella circolare n. 6/E del 19.2.2015, che riassume la sostanza delle dichiarazioni rese alla stampa nell’ambito della videoconferenza annuale «Telefisco».

In particolare, al paragrafo 10 della circolare sono riportate le seguenti affermazioni:

  • anche se la legge di stabilità estende e potenzia il ravvedimento operoso, non viene modificato l’assetto generale dell’istituto, con la conseguenza che per potervi accedere occorrerà comunque previamente definire le violazioni prodromiche (es. omessa fatturazione) e quelle conseguenziali (omesso versamento, infedele dichiarazione), come già precisato nella circolare 10.7.1998, n. 180, nonché nella circolare 23.7.1998, n. 192;

  • le nuove regole sul ravvedimento operoso, nel rispetto del principio di legalità di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997, trovano applicazione anche con riguardo alle violazioni che alla data del 1° gennaio 2015 siano già state constatate dall’ufficio ma non siano ancora state interessate da atti accertativi, liquidatori o da cartelle di pagamento;

  • il nuovo ravvedimento può essere effettuato solamente per alcuni dei rilievi contenuti in un PVC, mentre per gli altri può essere proseguita la vertenza anche in fase contenziosa; in tale ipotesi il contribuente può sanare le singole violazioni, ferma restando la condizione dell’assenza di notifiche di atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633/1972 (avvisi bonari per liquidazione e controllo formale); in tali ipotesi è onere del contribuente comunicare agli uffici i distinti rilievi per i quali intende procedere;

  • gli avvisi bonari derivanti da controlli automatizzati e controlli formali sulle imposte dirette e l’IVA precludono il ravvedimento con esclusivo riferimento alle violazioni rilevabili con queste procedure, mentre il ravvedimento può essere utilizzato per definire le altre violazioni (ad esempio le omesse fatturazioni);

  • gli avvisi di recupero di crediti di imposta e gli avvisi di irrogazione di sanzioni, anche se non espressamente menzionati nel testo normativo, vengono ritenuti ostativi del nuovo ravvedimento, per la loro natura di atti autoritativi impositivi che recano una pretesa tributaria;

  • in relazione alle due soglie temporali previste dalla disposizione di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997 («termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione» e «un anno dall’omissione o dall’errore», la diversificazione è collegata alla distinzione tra i tributi periodici cui inerisce un obbligo dichiarativo che si rinnova periodicamente, (imposte sui redditi, IVA) e i «tributi istantanei», per i quali non si configura un obbligo dichiarativo (imposta di registro, sulle successioni);

  • considerato che le disposizioni recate dalla Legge di Stabilità 2015 sono entrate in vigore il 1° gennaio 2015, in virtù del principio del favor rei è possibile ravvedere le violazioni constatate prima di tale data, sempre ferma restando la mancata notifica di atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/1973 e 54-bis del DPR n. 633/1972 relative alle violazioni oggetto di regolarizzazione.

 

3 marzo 2015

Fabio Carrirolo