Conferimento di partecipazioni sdoganato completamente dall’Agenzia delle Entrate?

Alcuni interventi dell’Agenzia delle Entrate risalenti alla seconda metà degli anni 2000 limitavano sensibilmente l’operatività dello strumento di conferimento di partecipazioni societarie; con le ultime interpetazioni di dottrina e di prassi si aprono spiragli per un cambiamento…

conferimento di partecipazioniIl conferimento di partecipazioni societarie

Il conferimento di partecipazioni ex art. 177 comma 2 del T.U.I.R. è un’operazione che nel corso degli anni ha subito un tortuoso percorso di affrancamento e legittimazione. Alcuni interventi dell’Agenzia delle Entrate risalenti alla seconda metà degli anni 2000 limitavano sensibilmente l’operatività della norma.

La C.M. 33/E/2010 ha in buona parte sdoganato l’operazione ma rimangono ancora dei profili di incertezza o criticità che in questa sede vogliamo esaminare…                                                                                      

                                                                                                                                    

Il conferimento di partecipazioni in ambito nazionale: lineamenti dell’operazione

L’articolo 177 comma 2 del tuir disciplina lo scambio di partecipazioni realizzato mediante conferimento attraverso cui la società conferitaria acquisisce (ovvero integra in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario) il controllo di diritto ai sensi dell’art. 2359, comma 1, numero 1 del c.c. della società le cui quote partecipative sono “scambiate”.

La norma prevede che, ricorrendo i requisiti richiesti, le azioni o quote ricevute (in cambio dal soggetto conferente) a seguito dei predetti conferimenti di partecipazioni siano valutate, ai fini della determinazione del reddito del soggetto conferente, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento medesimo.

Nell’operazione in esame partecipano quindi tre distinti soggetti:

  • la società acquirente che intende acquisire il controllo (società A);
  • la società scambiata della quale l’acquirente acquisirà il controllo (società B);
  • i soci di quest’ultima che conferiscono la loro partecipazione nella società acquirente (Soci).

 

Esempio n.1: il conferimento di una partecipazione di controllo senza emersione di plusvalenze

Tizio è socio al 100% di Beta S.r.l. e conferisce Beta in Alfa S.r.l., di nuova costituzione, che acquisisce quindi la partecipazione totalitaria in Beta.

Si ipotizzi che Tizio abbia un costo fiscalmente riconosciuto di 1.000 e che lo Stato patrimoniale di Beta sia il seguente:

SP Beta S.r.l.
————————-
Attivo            Passivo

5.000            4.000
                       PN 1.000

 

Si supponga che l’aumento di patrimonio netto di Alfa S.r.l. sia pari a 1.0001; essendo l’aumento di ammontare pari al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, non emergerà alcuna plusvalenza.

L’operazione posta in essere risulta quindi fiscalmente neutra, o meglio, risulta realizzativa ma siamo riusciti a gestire il plusvalore ponendo l’incremento del patrimonio netto della conferitaria in misura pari al costo fiscalmente riconosciuto del conferente.

Lo stato patrimoniale di Alfa post-conferimento sarà il seguente:

 

stato patrimoniale post conferimento di partecipazioni

 

La conseguenza del regime a realizzo controllato è che pur ottenendosi una esenzione da imposte, tuttavia ciò può avvenire a condizione che il patrimonio netto della conferitaria risulti modesto.

Nella sostanza, a fronte di un costo fiscalmente riconosciuto modesto, si determina un patrimonio netto modesto pena l’assoggettamento a tassazione del conferente.

 

I vecchi interventi dell’Agenzia in materia di conferimento di partecipazioni

Nel precedente paragrafo abbiamo tratteggiato i lineamenti essenziali dell’operazione di conferimento di partecipazioni in ambito nazionale.

A questo punto si pone l’esigenza di valutare se la singola operazione di conferimento possa dirsi chiaramente sdoganata o se sussistano ancora delle ritrosie.

Si potrebbe sostenere che un’operazione straordinaria, singolarmente considerata, difficilmente può dirsi elusiva in quanto l’elusione emerge generalmente dall’effettuazione di operazioni concatenate tra di loro che portano ad un risparmio di imposta senza una valida ragione economica. Questo principio, assolutamente condiviso da chi scrive, non ha sempre trovato puntuale riscontro nella prassi dell’Agenzia la quale ha evidenziato (C.M. n. 320/E/1997 punto 6.1) che l’elusione si realizza solitamente non mediante un’unica operazione, bensì tramite una serie di atti tra loro coordinati.

In sostanza, il riferimento ad una singola operazione (come, ad esempio, una scissione) spesso non consente di stabilire se effettivamente l’operazione è stata posta in essere a fini elusivi, mentre è stato ritenuto di particolare rilievo, ai fini della sussistenza o meno dell’intento elusivo, la mancanza di valide ragioni economiche nell’effettuazione delle operazioni stesse.

La R.M. 5/E/2006 ha chiarito che non tutte le scissioni non proporzionali sono immuni da problemi di elusione fiscale; in sostanza, se mancano le valide ragioni economiche anche la singola operazione straordinaria può essere considerata elusiva.

Sul conferimento di quote, in passato, l’Agenzia aveva sollevato spesso diverse criticità.

In particolare, (risoluzione n. 57/E del 22 marzo 2007 e n. 446 del 18 novembre 2008) l’Agenzia delle Entrate ha limitato l’applicabilità del regime fiscale previsto dal comma 2 dell’articolo 177 alle sole operazioni di riorganizzazione caratterizzate da valide ragioni economiche.

La risoluzione n. 57/E/2007 esamina la seguente operazione: quattro fratelli vogliono conferire la loro partecipazione in una società per azioni (Beta S.p.A.) in un’altra società (Alfa S.p.A.), dagli stessi controllata che, per effetto del conferimento, acquisirebbe il controllo della società conferita.

 

schema di conferimento di partecipazioni d'azienda

 

L’obiettivo dei quattro fratelli è effettuare lo scambio di tutte le partecipazioni da essi detenute nella Beta S.p.A. (ciascun fratello detiene, personalmente, circa il 10% di Beta S.p.A.) con quelle della Alfa S.p.A., mediante un conferimento delle prime nella Holding di famiglia (Alfa S.p.A.).

In relazione al caso in esame, l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto che l’operazione fosse priva di valide ragioni economiche in quanto posta in essere con il solo fine di effettuare il conferimento delle azioni senza l’emersione di alcuna plusvalenza fiscalmente imponibile in capo ai quattro fratelli; gli stessi, infatti, sfuggono alla tassazione al valore normale prevista dall’art. 9 del tuir.

L’Agenzia afferma inoltre come il regime fiscale previsto dal comma 2 dell’art. 177 sia una disciplina speciale rispetto alla disciplina ordinaria di cui all’art. 9 in base alla quale i conferimenti in società devono essere valutati al valore normale.

Vedremo come queste conclusioni possono ritenersi superate dalla successiva C.M. 33/E/2010.

In effetti, se è pur vero che i 4 fratelli detenevano già il controllo della società Beta, un conto è intervenire in assemblea con una partecipazione del 10,8% ciascuno e unitariamente attraverso Alfa con il 28,1%, un conto è intervenire unitariamente con Alfa che detiene il 70%.

Anche nella risoluzione n.446 del 18 novembre 2008 l’Agenzia delle Entrate, prendendo atto dell’orientamento della Corte di Giustizia Europea, ribadisce la necessità delle valide ragioni economiche per poter beneficiare del regime di neutralità fiscale.

Il caso può essere così rappresentato:

conferimento partecipazioni agenzia entrate

 

Come si evince dalla Figura la società Holding è principalmente posseduta dalla SAS, da Tizio e da altri soci estranei.

Gli step proposti nell’interpello sono in estrema sintesi i seguenti:

  • donazione da Tizio a Mevia di parte delle quote di Omega e parte di Sigma;
  • conferimento delle quote di Tizio e Mevia detenute in Sigma in Omega che in questo modo deterrebbe l’83% di Sigma;
  • donazione a Mevia di quote di Omega che rendono irrilevante la partecipazione detenuta da Tizio.

L’Agenzia rileva come l’operazione di conferimento nella Omega Sas di tutte le azioni della SIGMA SPA detenute da TIZIO e da MEVIA, rientri – secondo un’interpretazione letterale della norma – nell’ambito applicativo dell’articolo 177 del tuir.

Tuttavia tale regime alternativo a quello dell’art. 9 non può che giustificarsi in relazione a fattispecie caratterizzate da un obiettivo fondamento economico.

Secondo l’Agenzia l’articolo 177 non può ritenersi applicabile a situazioni – come quella esaminata nella risoluzione n. 57/E del 2007 – in cui la ragione prevalente dello scambio di partecipazioni risieda nella volontà di transitare “in neutralità fiscale” dal regime di tassazione IRPEF riservato alle persone fisiche non imprenditori, a quello più favorevole dell’IRES (si pensi, ad esempio, alla tassazione dei dividendi ed al regime della participation exemption).

Diversamente, si verificherebbe un salto di imposta, in contrasto con l’articolo 9 che afferma un principio generale dell’ordinamento tributario.

Anche se in modo forse un po’ fumoso, l’Agenzia cassa l’operazione.

In realtà, alla luce dei successivi chiarimenti contenuti nella C.M. 33/E/2010, la stessa può trovare giustificazione nel riassetto della governance.

 

Conferimento di partecipazioni: i nuovi orientamenti della C.M. 33/E/2010

La C.M. 33/E/2010 ha finalmente sdoganato l’operazione ma non ha mancato di evidenziare alcune riserve.

L’Agenzia mostra una certa apertura rispetto al passato laddove osserva che sia la lettera della norma che la ratio della stessa (di matrice comunitaria) si disinteressano degli eventuali rapporti partecipativi o di gruppo sussistenti tra soggetti conferenti e società conferitaria, con la conseguenza che – al ricorrere dei requisiti previsti – la disciplina recata dal comma 2, dell’articolo 177 appare destinata tanto alle operazioni di scambio che attuino un’aggregazione di imprese tra soggetti terzi quanto alle operazioni realizzate all’interno dello stesso gruppo per modificare gli assetti di governance.

Il passo in avanti è rappresentato dal fatto che l’operazione risulta legittima anche se effettuata nell’ambito di una riorganizzazione all’interno del gruppo; tuttavia – si badi – devono essere modificati gli assetti di governante.

Troviamo quindi un’apertura rispetto ai precedenti interventi dell’Agenzia con la riserva della verifica della governance.

L’Amministrazione finanziaria sdogana l’operazione evidenziando come, con l’operazione di scambio di partecipazioni in questione – al pari delle altre operazioni di riorganizzazione aziendale – non si realizzi alcun salto d’imposta e venga sempre rispettato il principio generale di simmetria tra le posizioni dei conferenti e quella della conferitaria da un lato, e quello di continuità dei valori fiscalmente riconosciuti in capo ai soggetti coinvolti, dall’altro, anche nell’ipotesi in cui la società conferitaria incrementi il proprio patrimonio netto per un valore pari al costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni presso i soggetti conferenti.

In sostanza –l’accettabilità dell’operazione discende dal mancato salto di imposta2.

Si tratta di un chiarimento interessante: in altre occasioni l’Agenzia ha contestato l’elusività anche quando il salto di imposta mancava ma c’era solo il differimento del realizzo dei plusvalori (il c.d. tax deferral).

Lo sdoganamento dell’operazione emerge dove la Circolare evidenzia che a maggior precisazione di quanto espresso con le risoluzioni n. 57/E del
22 marzo 2007 e n. 446/E del 18 novembre 2008, si ritiene che l’operazione di scambio di partecipazioni mediante conferimento, autonomamente valutata, costituisce oggetto di un’apposita e “speciale” disciplina tributaria in virtù della sua matrice comunitaria e del suo carattere “riorganizzativo” rilevante per l’incidenza sugli assetti del controllo societario tanto tra soggetti indipendenti quanto all’interno di gruppi societari e/o “familiari”.

Anche in questo passaggio, a fronte delle aperture alle riorganizzazioni all’interno dei nuclei familiari, si ribadisce che l’operazione deve essere rilevante per l’incidenza sugli assetti del controllo societario.

L’Agenzia prosegue la sua analisi precisando che il regime disciplinato dal più volte nominato articolo 177, comma 2 è posto su un piano di pari dignità con la disciplina di cui all’articolo 9 rispetto alla quale trova applicazione alternativa, in presenza dei presupposti di legge.

In questo passaggio si potrebbe cogliere la piena legittimazione dell’operazione atteso che l’unico elemento che può pregiudicarla è costituito dalla mancanza dei requisiti di legge e non altro.

La chiusura della Circolare pone un secondo elemento di freno dove si precisa che

“naturalmente – in presenza di operazioni strumentalmente realizzate al precipuo fine di ottenere un vantaggio fiscale da considerarsi indebito – resta impregiudicato, ai sensi dell’articolo 37-bis del DPR n.600 del 1973, ogni potere di sindacato dell’Amministrazione finanziaria volto a verificare se l’operazione di conferimento ed eventuali altri atti, fatti o negozi ad essa collegati s’inseriscano in un più ampio disegno elusivo, pertanto, censurabile”.

 

Ma come? Getti il sasso sdoganando l’operazione e mi chiudi la circolare tirando indietro la mano dicendo che l’operazione anche in quanto tale potrebbe ancora essere considerata elusiva!

Esaminiamo i due profili di criticità partendo dal secondo.

In sostanza, il conferimento di quote potrebbe essere elusivo anche se singolarmente valutato. Si noti, infatti, come gli altri atti, fatti e negozi siano eventuali e non necessari.

La precisazione potrebbe essere vista come una norma di chiusura volta a scoprire situazioni magari non prevedibili. Del resto abbiamo avuto modo di osservare come anche in materia di scissione societaria l’operazione possa essere ritenuta elusiva anche se singolarmente considerata.

Più critico appare invece il primo aspetto che sembra legittimare l’operazione se la stessa incide sugli assetti della governance.

Chiariamo con un paio di esempi.

 

Esempio n. 2

Tizio e Caio sono soci al 50% di Alfa Srl.

Decidono di conferire le quote in Beta srl Holding.

conferimento quote holding

 

In questo caso interviene una modifica negli assetti di governance perché Tizio e Caio discuteranno ed eventualmente bloccheranno l’operatività della Beta ma non più (quanto meno direttamente) quella della società operativa Alfa.

L’operazione di conferimento risulta quindi pienamente accettabile.

 

Esempio n. 3

Si riprenda l’esempio precedente ma si ipotizzi che Tizio sia l’unico socio di Alfa.

In questo caso il conferimento dell’intero pacchetto partecipativo in Beta trova difficilmente giustificazione nella modifica degli assetti di governance.

A questo punto, o si ritiene che l’operazione è interamente sdoganata in quanto tale oppure il problema si pone ed il conferimento potrebbe essere considerato elusivo.

 

Le opportunità del conferimento transazionale

Il conferimento di una partecipazione in una società comunitaria è fiscalmente neutro e consente, inoltre, un disallineamento dei valori contabili e fiscali.

La neutralità fiscale dello scambio intracomunitario di partecipazioni è sancito dal combinato disposto dell’art.178 comma 1 lett. e) e dall’art.179 comma 4 del tuir.

L’agevolazione si applica “alle permute e ai conferimenti di azioni o quote, mediante i quali uno dei soggetti indicati nella lettera a) acquisti o integri una partecipazione di controllo, ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1, del codice civile, in uno dei soggetti indicati nella stessa lettera, residente in uno Stato della Comunità diverso da quello del primo, attribuendo ai partecipanti proprie azioni o quote in cambio di quelle ricevute in permuta o conferimento ed un eventuale conguaglio in danaro non superiore al 10% del valore nominale delle suddette azioni o quote, sempre che alcuno dei partecipanti che effettuano lo scambio sia residente nel territorio dello Stato ovvero la partecipazione scambiata sia relativa ad una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di un soggetto indicato nella lettera a)”.

I soggetti indicati nella lettera a) sono, in sostanza, le società di capitali dei vari Paesi comunitari, indicate nella Tabella A allegata al tuir, assoggettate alle imposte sui redditi specificate nella successiva Tabella B allegata.

Si segnala come, dall’inciso contenuto nella lett. e) dell’art. 178 secondo cui “alcuno dei partecipanti che effettuano lo scambio sia residente nel territorio dello Stato”, si può desumere che i soci possano essere più di uno. Va inoltre rilevato come la norma non precisi alcunché in ordine alla natura degli stessi che, pertanto, ben potranno essere persone fisiche. Questa interpretazione è stata confermata anche dalla Corte di Giustizia con la sentenza 17.7.1997 e dalla Risoluzione n. 175 del 2001.

In base al quarto comma dell’art.179 “le operazioni di […] scambio di partecipazioni mediante permuta o conferimento, indicate nell’art. 178, non comportano realizzo di plusvalenze né di minusvalenze sulle azioni o quote date in cambio, il cui valore fiscale viene assunto dalle azioni o quote ricevute, ripartendosi tra tutte in proporzione dei valori alle stesse attribuiti ai fini della determinazione del rapporto di cambio. Gli eventuali conguagli concorrono a formare il reddito dei percettori”.

Come detto, quindi, il conferimento in una società comunitaria è fiscalmente neutro, indipendentemente dal comportamento contabile adottato dalla conferitaria.

Infatti, una delle differenze tra lo scambio di azioni comunitario e quello nazionale è rappresentata proprio dal fatto che mentre nello scambio nazionale la neutralità è garantita dalla conservazione del costo fiscalmente riconosciuto nelle scritture contabili, nello scambio intracomunitario la neutralità è possibile anche con il mantenimento del primitivo costo fiscale, a prescindere dal costo civilistico iscritto in bilancio.

Ciò è stato confermato dalla R.M. 159/E/2003 dove l’Agenzia delle Entrate, prendendo atto dei rilievi mossi dalla Commissione Europea e considerando che la continuità dei valori contabili per quanto possa rendere più agevoli eventuali controlli non è condizione indispensabile per conservare la possibilità di assoggettare a tassazione le plusvalenze al momento dell’effettivo realizzo, ha confermato la possibilità che si verifichi un disallineamento tra valori contabili e fiscali nello scambio comunitario di azioni.

Nella risoluzione ministeriale n.190 del 13 dicembre 2000 l’Agenzia ha rilevato come, secondo corretti principi contabili, “la plusvalenza da conferimento deve generare componenti positivi di reddito”.

Si veda il seguente esempio…continua nel PDF scaricabile ⇓

 

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