Attività detenute all'estero: gli effetti dell'accordo tra Italia e Svizzera

cosa comporta per i contribuenti italiani che detengono attività finanziarie l’accordo fra Italia e Svizzera? Future evoluzioni, voluntary disclosure, sanzioni amministrative, effetti penali, termini per l’accertamento, fuoriuscita della Svizzera dalla black list dei costi esteri, normativa CFC

Aspetti generali

L’OCSE è stata incaricata dal G20 di sviluppare uno standard internazionale per lo scambio automatico di informazioni in materia fiscale.

Questo standard svolge un ruolo cruciale nel contrasto all’evasione fiscale internazionale e al fenomeno del riciclaggio, ed è stato approvato il 15.7.2014 dal Consiglio dell’OCSE e confermato nell’autunno 2014 dagli Stati del G20.

Esso prevede lo scambio automatico con gli Stati partner di informazioni riguardanti in particolare il numero del conto corrente o del dossier, il nome, l’indirizzo e la data di nascita del titolare, il numero di identificazione fiscale, relativamente a interessi e a dividendi, nonché ai proventi delle polizze vita, il saldo del conto o dossier (finale o medio) e i corrispettivi derivanti dalla vendita di titoli.

La trasmissione dei dati non riguarderà solamente i conti e dossier intrattenuti da clienti residenti nell’altro Stato, ma anche quelli detenuti da determinate «entità» di cui essi siano titolari effettivi secondo la disciplina antiriciclaggio.

L’accordo tra Italia e Svizzera possiede caratteristiche diverse da quelle dell’accordo multilaterale basato sullo standard OCSE, fondandosi essenzialmente sulla nuova clausola di collaborazione amministrativa contenuta nell’edizione 2014 del modello OCSE.

In tale prospettiva, lo scambio di informazioni non ha più la sola finalità di consentire l’applicazione della convenzione tra Italia e Svizzera, ma anche quella di consentire ai due Stati di applicare la normativa nazionale di riferimento in relazione a ogni tipo di imposta.

L’accordo è accompagnato da una road map che dovrà consentire nuove evoluzioni nella collaborazione tra i due Stati interessati.

In particolare, per l’Italia l’accordo con la Confederazione Elvetica consentirà la piena attuazione dello strumento della collaborazione volontaria (voluntary disclosure), finalizzato a regolarizzare le disponibilità finanziarie detenute da Italiani all’estero ricostruendone la situazione reddituale nei vari periodi di imposta accertabili.

Scopi e modalità attuative del protocollo

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha illustrato le caratteristiche e le modalità di attuazione previste dell’accordo nel proprio comunicato stampa n. 17 del 16 gennaio 2015, precisando che si tratta di:

  • un protocollo di modifica della Convenzione contro le doppie imposizioni;

  • di una roadmap (cioè di un documento politico che fissa le tappe del percorso successivo).

Entrambi i documenti dovrebbero essere firmati prima del termine del 2.3.2015, definito dalla normativa italiana sulla regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero (voluntary disclosure).

Questo accordo, inteso a rafforzare la cooperazione tra i due Stati sviluppando le relazioni bilaterali, raggiunge i seguenti obiettivi:

  • miglioramento della Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni con l’adozione del più recente standard dell’OCSE per lo scambio di informazioni, in particolare quelle su richiesta;

  • realizzazione di sinergie con la legge sulla VD, che consentiranno una più agevole regolarizzazione del passato per i contribuenti italiani,prima del passaggio allo scambio automatico di informazioni;

  • miglioramento dell’accordo sulla fiscalità dei lavoratori frontalieri, salvaguardando sia i Comuni oggi beneficiari dei ristorni, sia il livello di tassazione complessivo per i lavoratori;

  • abolizione o adeguamento agli standard internazionali dei regimi svizzeri di fiscalità privilegiata.

Le future evoluzioni

La roadmap, che verrà pubblicata contestualmente alla firma del protocollo di modifica della Convenzione Italia – Svizzera, comprende in particolare i seguenti elementi:

  • impegno dei due paesi ad adottare in futuro lo standard multilaterale dell’OCSE;

  • regolarizzazione del passato e scambio di informazioni a richiesta: entrambi gli Stati potranno inoltrare richieste di gruppo, conformi allo standard OCSE, per identificare i contribuenti che intendono dissimulare beni patrimoniali non dichiarati;

  • ulteriore modifica della Convenzione, prevedendo un accordo sulla riduzione delle aliquote fiscali applicate a dividendi e interessi, una modifica della disposizione contro gli abusi e l’introduzione di una clausola arbitrale;

  • imposizione dei frontalieri: in futuro i frontalieri saranno assoggettati a un’imposizione limitata nello Stato in cui esercitano la loro attività lavorativa e anche all’imposizione nello Stato di residenza. La quota spettante alto Stato del luogo di lavoro ammonterà al massimo al 70% del totale dell’imposta normalmente prelevabile alla fonte. Il carico fiscale totale sui frontalieri non sarà inferiore a quello attuale e inizialmente nemmeno superiore; verrà con molta gradualità portato in linea con quello che la legislazione domestica applica agli altri frontalieri (questa tematica sarà oggetto di un separato accordo, che dovrà essere negoziato nella prima metà del 2015);

  • con l’entrata in vigore del protocollo di modifica della Convenzione la Svizzera sarà rimossa dalle black list che considerano come criterio unicamente l’assenza dello scambio automatico di informazioni; quando poi gli attuali regimi fiscali privilegiati svizzeri verranno aboliti o resi conformi agli standard internazionali, essi verranno rimossi dalle relative liste italiane.

  • accesso ai mercati finanziari: le due parti hanno ribadito la propria volontà di riprendere a breve il dialogo per migliorare la cooperazione transfrontaliera e l’accesso ai mercati finanziari;

  • Campione d’Italia: le autorità competenti sono impegnate a proseguire le discussioni finalizzate alla ricerca di soluzioni pragmatiche per singoli aspetti legati all’imposizione indiretta, mentre a più lungo termine verranno ricercate le soluzioni concernenti le altre questioni fiscali e non fiscali dell’enclave.

Quanto sta avvenendo con la riformulazione della Convenzione internazionale Italia – Svizzera va ricollegato all’attuazione nel nostro Paese della procedura di voluntary disclosure e rappresenta una fase in un complessivo processo di «normalizzazione» dei rapporti.

In precedenza la Svizzera aveva sottoscritto il 6.5.2014 a Parigi, insieme ai Paesi membri dell’OCSE e altri Paesi (complessivamente 47), l’adesione al programma di scambio di informazioni automatico denominato «Common Reporting Standard» (CRS) finalizzato a contrastare l’evasione e la frode fiscale, promuovendo la compliance in materia tributaria.

Era questa una decisione conseguente a quanto stabilito il 13.3.2009 dal Consiglio federale elvetico, nella prospettiva dell’adeguamento della Confederazione allo standard OCSE sull’assistenza amministrativa in materia fiscale.

La voluntary disclosure

La procedura di voluntary disclosure (VD), che dovrebbe ricevere impulso a seguito dell’entrata in vigore delle modifiche alla Convenzione Italia – Svizzera, è prevista dalla L. 15.12.2014, n. 186, vigente dal 1° gennaio 2015.

La nuova legge – art. 1, primo comma – ha introdotto a regime la disciplina della collaborazione volontaria (VD), inserendo nel D.L. 28.6.1990, n. 167, in materia di monitoraggio fiscale, gli artt. da 5-quater a 5-septies, allo scopo di contrastare fenomeni di evasione ed elusione fiscale consistenti:

  • nell’allocazione fittizia della residenza fiscale all’estero;

  • nel trasferimento illecito all’estero di attività che producono reddito;

  • nella detenzione illecita all’estero di attività che producono reddito.

Attraverso questa procedura i soggetti che detengono flussi finanziari e stock patrimoniali all’estero e hanno omesso di dichiararli possono sanare la propria posizione pagando, in un’unica soluzione e senza possibilità di compensazione, l’intera misura delle imposte dovute e le sanzioni (queste ultime in misura ridotta).

La VD si associa:

  • alla non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi, ovvero alla riduzione a metà delle pene;

  • al pagamento in misura ridotta delle sanzioni amministrative tributarie.

La procedura non può essere utilizzata se la relativa richiesta è presentata dopo che l’autore ha avuto conoscenza dell’inizio di attività di accertamento fiscale o di procedimenti penali per violazioni tributarie, e opera per le violazioni dichiarative commesse sino al 30.9.2014, con possibilità di esperire la procedura fino al 30.9.2015.

Le norme introducono anche un nuovo reato fiscale che punisce (con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni) coloro i quali, nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria, esibiscono o trasmettono documentazione e dati non rispondenti al vero.

La procedura di collaborazione volontaria è stata estesa anche ai contribuenti autori di violazioni riguardanti attività detenute in Italia nonché alle violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, IRAP e IVA, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta (e quindi ai soggetti IRES anche per violazioni di carattere sostanziale e non solo derivanti da obblighi dichiarativi).

Insieme alla procedura di VD le disposizioni in commento (art. 3, L. n. 186/2014) hanno introdotto, inserendo un nuovo art. 648-ter nel codice penale, il reato di autoriciclaggio, nel cui contesto viene attribuita rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa.

In sostanza la VD prevede [nuovo art. 5-quater, primo comma, lett. a), D.L. n. 167/1990] prevede che il contribuente (persona fisica o società) indichi spontaneamente all’amministrazione finanziaria gli investimenti e le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero (ovvero, a seguito delle modifiche introdotte nel corso dell’esame parlamentare, anche in Italia); a seguito della comunicazione, l’Agenzia delle Entrate procede ad accertare quanto dovuto e invia al contribuente un invito a comparire. Il contribuente può prestare adesione ai contenuti dell’invito e versare in un’unica soluzione le somme dovute (senza il beneficio della rateazione né quello della compensazione con eventuali crediti fiscali).

Entro 30 giorni dalla data di esecuzione dei versamenti, l’Agenzia delle Entrate comunica all’autorità giudiziaria competente la conclusione della procedura di VD, per l’utilizzo delle informazioni ai fini dell’applicazione delle esimenti, degli sconti di pena e delle riduzioni

Il termine per poter usufruire della VD è individuato nel 30.9.2015, secondo quanto è stabilito dal quinto comma.

Nei confronti dei soggetti che aderiscono alla procedura, in mancanza della definizione mediante adesione ai contenuti dell’invito o di sottoscrizione dell’atto di accertamento con adesione, il termine di decadenza per la notifica dell’avviso di accertamento e per la notifica dell’atto di contestazione è fissato, in deroga ai termini per l’accertamento, in 90 giorni.

L’attuazione operativa della VD è stata annunciata dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, nell’ambito della manifestazione «Telefisco» del 29.1.2015: già a far data dal 30 gennaio è stato reso disponibile il modello definitivo per l’adesione sul sito Internet dell’Agenzia, e in tempi brevi dovrebbe essere emanata una circolare esplicativa.

Le sanzioni amministrative

Anche ad accordo pienamente efficace la Svizzera continuerà a essere inclusa nelle black list di cui ai decreti ministeriali 4.5.1999, 21.11.2001 e 23.1.2002 (nel secondo e terzo caso, limitatamente alle società non soggette alle imposte locali), né entrerà automaticamente nella white list prevista dal D.M. 4.9.1996.

Sotto il profilo pratico, la formalizzazione dell’accordo tra Italia e Svizzera assume immediata importanza nell’ambito delle valutazioni sull’opportunità di ricorrere alla VD, dal momento che sono previste condizioni più vantaggiose sulle sanzioni se le attività sono detenute da residenti italiani in Stati che stipulano un accordo per lo scambio di informazioni nei 60 giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge.

Stabilisce infatti il settimo comma dell’art. 5-quinquies del D.L. n. 167/1990 che:

«Ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria, la misura della sanzione minima prevista per le violazioni dell’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, indicata nell’articolo 5, comma 2, secondo periodo, nei casi di detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, è fissata al 3 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati se le attività oggetto della collaborazione volontaria erano o sono detenute in Stati che stipulino con l’Italia, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, accordi che consentano un effettivo scambio di informazioni ai sensi dell’articolo 26 del modello di Convenzione contro le doppie imposizioni predisposto dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, anche su elementi riconducibili al periodo intercorrente tra la data della stipulazione e quella di entrata in vigore dell’accordo. Al ricorrere della condizione di cui al primo periodo non si applica il raddoppio delle sanzioni di cui all’articolo 12, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102».

Senza scendere nell’esame della complessità «ricostruttiva» delle sanzioni concretamente applicabili nelle varie ipotesi, che richiedono un calcolo caso per caso, si rammenta che il pagamento previsto ai fini della VD dovrà avvenire in unica soluzione o in tre rate mensili e la procedura potrà essere attivata entro il 30.9.2015 per violazioni commesse fino al 30.9.2014.

Il pagamento delle imposte evase dovrà essere effettuato per intero, mentre le sanzioni amministrative per detenzione di somme / attività all’estero non dichiarate [art. 4, primo comma, D.L. n. 167/1990], ordinariamente comprese tra il 3% e il 15% delle somme non dichiarate per i Paesi white list e tra il 6% e il 30% per i Paesi black list, vengono ridotte:

  • all’1,5% – 3% (white list);

  • al 3% – 6% (black list).

La riduzione sarà possibile nel caso in cui le attività vengano trasferite in Italia o in Stati che consentono un effettivo scambio di informazioni con il nostro Paese, oppure se il contribuente autorizzerà l’intermediario estero a trasmettere tutte le informazioni.

Se non si verificherà almeno una di queste due condizioni, la sanzione sarà pari al minimo edittale ridotto di ¼, cioè al 2,25% per le attività non dichiarate detenute in Stati white list e al 4,5% per quelle negli Stati black list.

Le sanzioni dichiarative «classiche», relative all’omessa o infedele dichiarazione delle imposte sui redditi, dell’IRAP e dell’IVA, sono invece ridotte di ¼ del minimo della misura prevista dalla legge.

A seguito però dell’adesione al processo verbale di constatazione, queste sanzioni, come pure quelle «da monitoraggio», sono riducibili a 1/6 del minimo già ridotto [art. 5-bis, terzo comma, D.Lgs. 19.6.1997, n. 218].

Gli effetti penali

Sotto il profilo penale, la VD esclude la punibilità:

  1. di tutti i reati in materia di dichiarazione dei redditi e quindi non solo dell’infedele dichiarazione dei redditi di cui all’art. 4 del D.Lgs. 10.3.2000, n. 74 e dell’omessa dichiarazione di cui all’art. 5, ma anche dei reati contraddistinti da fraudolenza e cioè la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false prevista dall’art. 2 nonché la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici prevista dall’art. 3;

  2. dei reati di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis) e di omesso versamento di IVA (art. 10-ter);

  3. delle condotte previste dai reati di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.), commesse in relazione ai delitti tributari precedentemente indicati.

Queste esimenti troveranno applicazione limitatamente a quelle condotte relative agli imponibili, alle imposte e alle ritenute oggetto della collaborazione volontaria.

Inoltre, ai sensi dell’art. 5-quinquies, terzo comma, del D.L. n. 167/1990, «limitatamente alle attività oggetto di collaborazione volontaria, le condotte previste dall’articolo 648-ter 1 del codice penale non sono punibili se commesse in relazione ai delitti di cui al comma 1, lettera a), del presente articolo sino alla data del 30 settembre 2015, entro la quale può essere attivata la procedura di collaborazione volontaria».

Ciò significa che, per le violazioni penali tributarie coperte dalla procedura di VD, non sono punibili le ipotesi di autoriciclaggio commesse fino al 30.9.2015.

I termini per l’accertamento

Si rammenta anche che in caso di VD effettuata nei confronti di disponibilità e beni in Stati e territori non black list, o che – come nel caso della Svizzera – abbiano stipulato entro 60 giorni l’accordo per la trasparenza fiscale, non si applica il raddoppio dei termini ai fini delle attività di accertamento di cui all’art. 12, comma 2-bis, del D.L. 1º luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3.8.2009, n. 102.

Si osserva al riguardo che si tratta della norma di «raddoppio» anti – paradisi fiscali, e non si quella che opera relativamente alle fattispecie di interesse penale, la cui applicazione invece non verrebbe pregiudicata dalle disposizioni normative in commento.

Resta quindi possibile che in sede di esame della procedura di VD da parte dell’amministrazione finanziaria italiana, se vengono riscontrate violazioni penali riferite ai periodi di imposta riguardati dalla procedura, operi questa ipotesi di raddoppio prevista dall’art. 43, secondo comma, del D.P.R. n. 600/1973, nonché dall’art. 57, terzo comma, del D.P.R. n. 633/1972.

Occorrerà al riguardo verificare i possibili effetti del decreto in itinere sulla certezza del diritto, quando verrà emanato: ai sensi dello schema normativo, il raddoppio «penale» dei termini opererà a condizione che la denuncia venga inoltrata entro la scadenza ordinaria dei termini di accertamento, fatti salvi gli atti già notificati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.

La fuoriuscita della Svizzera dalla black list dei costi esteri

La road map tracciata dal MEF prevede, per gli Stati che stipulano con l’Italia un accordo per lo scambio di informazioni, l’esclusione dalla black list utilizzata nell’ambito della normativa sull’indeducibilità dei costi esteri [art. 110, decimo comma, TUIR].

Si rammenta al riguardo che secondo questa normativa non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti o localizzate in Stati o territori compresi, appunto, all’interno della black list.

Il vincolo alla deducibilità dei costi non risulta applicabile se le imprese residenti in Italia forniscono la prova che le imprese estere svolgono prevalentemente un’attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione.

Inoltre, le spese e gli altri componenti negativi in tal modo deducibili devono essere separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi.

La prova richiesta può essere fornita, alternativamente:

  • in sede di controllo fiscale, dimostrando nel contraddittorio che le imprese estere non sono finalizzate alla sottrazione di risorse all’erario italiano;

  • in via preventiva, ottenendo una risposta positiva da parte dell’Agenzia delle Entrate a una specifica istanza di interpello nelle forme di cui al sopra menzionato art. 21, L. n. 413/1991 (interpello antielusivo).

Allo stato attuale, la Svizzera risulta presente nella black list di cui al D.M. 23.1.2002 limitatamente alle società non soggette alle imposte municipali e cantonali. Ciò è coerente con i parametri utilizzati all’epoca per configurare la lista (basso livello fiscale e assenza di scambio di informazioni).

A seguito della modifiche normative apportate della L. 23.12.2014, n. 190 [legge di stabilità 2015], è stata prevista una revisione della black list avendo riguardo al solo parametro della sussistenza o meno dello scambio di informazioni: questo significa che nella nuova lista non saranno più considerati tax haven Stati con un basso livello di fiscalità, se tuttavia le relative amministrazioni hanno stipulato con l’Italia un accordo per lo scambio di informazioni.

Svizzera e normativa CFC

L’art. 3, primo comma, n. 14), del D.M. 21.11.2001, relativo all’individuazione degli Stati e territori a regime fiscale privilegiato nel contesto dell’applicazione delle disposizioni sulle società controllate e collegate estere (CFC), include nella relativa black list la Svizzera, «con riferimento alle società non soggette alle imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e “di domicilio”».

Si rammenta al riguardo che la disciplina sulle CFC è intesa a evitare i fenomeni di delocalizzazione all’estero, tramite partecipazioni in Stati e territori black list, di basi imponibili, e a tale scopo prevede l’imposizione diretta in Italia sui redditi dei soggetti partecipati esteri, fatta salva la possibilità di disapplicazione tramite interpello specifico.

Le disposizioni di contrasto ai fenomeni elusivi tramite CFC sono state messe a punto secondo uno schema imperniato sull’imputazione al soggetto controllante italiano dei redditi conseguiti dai soggetti controllati (in base a una nozione sostanziale, e non meramente formale, di controllo), ovvero delle società semplicemente collegate, residenti negli Stati e territori inclusi nella succitata black list di cui al D.M. 21.11.2001.

La normativa sulle CFC risulta applicabile anche nel caso in cui il soggetto residente detenga, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, una partecipazione non inferiore al 20% agli utili di un’impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori con regime fiscale privilegiato; tale percentuale di partecipazione si riduce al 10% se relativa agli utili di società quotate in borsa.

La norma non si applica invece per le partecipazioni in soggetti non residenti in tali Stati o territori relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni assoggettati a regimi fiscali privilegiati (l’esclusione parziale riguarda la stabile organizzazione, la quale, ove presente, basta da sé ad escludere la presunzione di «strumentalità» in capo al soggetto partecipato, poiché essa – ove riconosciuta – comporta l’esercizio di un’attività effettiva nel «tax haven»).

Le disposizioni attuative di riferimento in materia di tassazione delle società CFC sono contenute nel D.M. 21.11.2001, n. 429.

La disciplina CFC è stata oggetto di modificazioni con l’art. 13 del D.L. 1.7.2009, n. 78, convertito dalla L. 3.8.2009, n. 102, il quale ha esteso i vincoli previsti (tassazione della CFC in capo al soggetto controllante italiano; interpello speciale per la disapplicazione della norma) anche alle società controllate in Stati e territori non black list (c.d. CFC white), al ricorrere congiunto delle due condizioni della tassazione effettiva inferiore al 50% di quella italiana e della produzione di «passive income» (interessi, dividendi, royalties), ovvero dell’effettuazione di servizi infragruppo.

Come si è visto sopra, la black list in rassegna continua a includere la Svizzera nonostante la sottoscrizione del protocollo sullo scambio di informazioni, ma la fuoriuscita della Confederazione potrà essere ottenuta nell’ambito del percorso della road map, a seguito del superamento dei regimi fiscali privilegiati elvetici.

10 febbraio 2015

Fabio Carrirolo