Debiti in bilancio ma creditori inerti: presupposti (e conseguenze) civilistiche e fiscali dello stralcio

i debiti commerciali riferiti ad esercizi precedenti, iscritti in bilancio, possono essere svalutati dalla società debitrice a condizione che la documentazione in possesso risulti sufficiente a dimostrare l’effettiva variazione di valore, in particolare in caso di inerzia del creditore per il recupero del proprio credito

I debiti commerciali riferiti ad esercizi precedenti, iscritti in bilancio, possono essere svalutati dalla società debitrice a condizione che la documentazione in possesso risulti sufficiente a dimostrare l’effettiva variazione di valore. In assenza di un accordo transattivo tra le parti o un atto di remissione (totale o parziale) del debito, l’unica possibilità di stornare la posizione debitoria dal bilancio è quella rappresentata dalla decorrenza dei termini di prescrizione. L’intervento si interroga altresì sulle possibili ricadute fiscali della mancata tassazione delle sopravvenienze attive conseguite a seguito dell’infruttuoso decorso dei termini di prescrizione delle partite debitorie.

Il principio contabile OIC numero 19

Il principio contabile Organismo Italiano di Contabilità numero 19 – Parte Debiti – ha lo scopo di disciplinare il trattamento contabile e l’informativa da fornire nella nota integrativa per i debiti.

Più in particolare, il principio definisce la nozione di debito e fornisce i criteri per la rilevazione, classificazione, valutazione nel bilancio d’esercizio nonché le informazioni da presentare nella nota integrativa.

In linea generale i debiti sono passività di natura determinata ed esistenza certa, con scadenza e ammontare determinati e rappresentano:

  1. obbligazioni a pagare un ammontare determinato di disponibilità liquida ad una scadenza determinata ovvero

  2. obbligazioni a consegnare beni o rendere servizi.

Nelle imprese mercantili, industriali e di servizi tali obbligazioni derivano di solito dall’acquisto di prodotti, merci e servizi.

I debiti includono anche gli ammontari che sono pagati per il personale, per imposte, per royalty, per dividendi, per l’acquisizione di finanziamenti ed altri.

Le posizioni debitorie espresse in bilancio differiscono dai fondi per rischi e per oneri che, invece, accolgono gli accantonamenti destinati a coprire perdite o debiti aventi natura determinata, esistenza certa o probabile ed il cui ammontare o data di sopravvenienza è indeterminato alla chiusura dell’esercizio.

I debiti differiscono anche dagli impegni che rappresentano accordi per adempiere in futuro a certe obbligazioni assunte o a svolgere o eseguire determinate azioni o attività

Ai fini della classificazione dei debiti ha rilevanza:

l’origine;

la natura del creditore;

la scadenza.

Relativamente alla loro origine, i debiti si distinguono in:

debiti commerciali: debiti sorti in relazione ad operazioni di acquisizione di beni e servizi (ad esempio i debiti verso fornitori);

debiti finanziari: debiti sorti per prestiti e finanziamenti ricevuti (ad esempio emissione di

prestiti obbligazionari, debiti verso banche ed altri istituti finanziari);

altri debiti: debiti sorti per ragioni diverse da quelle sopraindicate (debiti verso azionisti per

dividendi dichiarati, debiti verso l’erario e istituti previdenziali, debiti verso dipendenti, ecc.).

I debiti finanziari differiscono dai debiti commerciali per essere originati non dall’acquisizione di

beni e servizi bensì da operazioni che hanno ad oggetto direttamente somme di denaro.

La natura del creditore assume rilevanza ai fini all’esposizione dei debiti nel passivo dello stato patrimoniale, in quanto è diversa l’informazione e l’interpretazione del bilancio se i debiti sono, ad esempio, verso fornitori, verso finanziatori o verso altri terzi. Per le stesse esigenze di informazione e di interpretazione del bilancio, anche i debiti verso imprese controllate, collegate e controllanti hanno indicazione separata con specificazione della loro natura.

Con riguardo alla natura del creditore, lo schema previsto dall’art. 2424 c.c. distingue i debiti tra:

debiti verso sottoscrittori di obbligazioni;

debiti verso soci per finanziamenti;

debiti verso banche;

debiti verso altri finanziatori;

acconti da clienti;

debiti verso fornitori;

debiti verso imprese controllate, collegate e controllanti;

debiti tributari;

debiti verso istituti di previdenza e sicurezza sociale.

debiti verso altri.

In considerazione della scadenza, i debiti sono, a loro volta, distinti nello stato patrimoniale tra:

debiti esigibili entro l’esercizio successivo (a breve termine): debiti con scadenza entro dodici mesi dalla di riferimento del bilancio; debiti con scadenza indeterminata; debiti pagabili su richiesta del creditore;

debiti esigibili oltre l’esercizio successivo (a medio e lungo termine): debiti con scadenza oltre dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio.

La scadenza dei debiti assume rilevanza per darne separata evidenza nello stato patrimoniale.

L’art. 2424 c.c. richiede, infatti, la separata indicazione, per ciascuna voce dei debiti, dell’importo esigibile entro ed oltre l’esercizio successivo. Inoltre, l’art. 2427, numero 6, c.c. richiede in nota integrativa, distintamente per ciascuna voce, l’ammontare dei crediti e dei debiti di durata residua superiore a cinque anni. La separazione è effettuata sulla base del periodo amministrativo annuale.

La classificazione dei debiti tra esigibili entro e oltre l’esercizio successivo è effettuata con riferimento alla loro scadenza contrattuale o legale, tenendo conto anche di fatti ed eventi previsti nel contratto che possono determinare una modifica della scadenza originaria, avvenuti entro la data di riferimento del bilancio.

Nel caso in cui la società violi una clausola contrattuale prevista per un debito a lungo termine entro la data di riferimento del bilancio, con la conseguenza che il debito diventa immediatamente esigibile, essa classifica il debito come esigibile entro l’esercizio, anche se il finanziatore ha concordato, dopo la data di chiusura dell’esercizio e prima della data di formazione del bilancio, di non richiedere il pagamento del debito come conseguenza della violazione.

Inerzia del creditore e (possibile) estinzione anticipata del debiti

Diciamo subito che la modifica del valore di un debito commerciale debba essere dimostrabile, se in virtù di un accordo transattivo, ovvero una remissione (totale o parziale) di debito o altro accordo tra le parti.

Secondo quanto previsto dall’art. 1236 del codice civile, la dichiarazione del creditore di rimettere il debito estingue l’obbligazione quando è comunicata al debitore, salvo che questi dichiari in un congruo termine di non volerne profittare.

Da un punto di vista contabile lo stesso principio O.I.C. n. 19, osserva che il debito è stornato nel momento di perfezionamento dell’accordo tra le parti, ovvero si estingue finanziariamente l’obbligazione, se successivo.

In sostanza, quando l’ammontare della posizione debitoria si riduce in base ad un compromesso con la controparte, tale variazione di valore deve essere riportata in bilancio ed illustrata in Nota integrativa.

In assenza di giustificato motivo, rappresentato dall’accordo tra le parti formalizzato attraverso idonea documentazione, chi scrive ritiene che il debitore non possa ritenersi liberati dal debito che dunque deve essere mantenuto in bilancio fino allo spirare dei termini per la sua prescrizione.

Per esempio, le fatture commerciali, generalmente si prescrivono dopo 5 anni dall’emissione, salvo atti che interrompono tali termini (cfr. punto 4) dell’ articolo 2948 del Codice Civile).

Per quanto riguarda, invece, le fatture o ricevute relative a prestazioni di artigiani o manutentori, si dovrebbe applicare la prescrizione ordinaria, (in mancanza di altre specifiche di legge) ai sensi di quanto previsto dall’art. 2946 del codice civile prevista in 10 anni dal compimento della prestazione.

Per interrompere la prescrizione, occorre normalmente procedere a sollecitare il pagamento con una raccomandata postale o tramite PEC.

Profili contabili e fiscali dello stralcio di debiti a seguito di accordo transattivo

Osserva il citato principio contabile OIC n. 19, che nel caso di estinzione anticipata di un debito, la differenza tra l’ammontare residuo del debito e l’esborso complessivo relativo all’estinzione è rilevata nel conto economico tra i proventi/oneri finanziari; ciò è valido anche per i debiti di natura commerciale laddove la dilazione a lungo ha comportato la trasformazione del debito commerciale in debito finanziario.

Secondo quanto previsto dall’articolo 88, comma 1, del D.P.R. 22.12.1986, n.917, La riduzione di debiti iscritti a bilancio in esercizi precedenti (il cosiddetto stralcio) comporta l’emersione di sopravvenienze attive che impattano sul conto economico. Infatti, lo stralcio di passività, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite o oneri, iscritti in bilancio in precedenti esercizi sono ordinariamente tassabili, quali sopravvenienze attive salvo due eccezioni, vale a dire quando la rinuncia è :

  1. effettuata da un socio; ovvero

  2. riconducibile a un piano attestato di risanamento (articolo 67, comma 3, lettera d), della legge fallimentare) che sia stato iscritto al registro imprese, a un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato dal tribunale (articolo 182-bis della legge fallimentare) o a un concordato preventivo (articolo 160 e successivi della legge fallimentare); ovvero

  3. riduzione dei debiti per effetto della partecipazione alle perdite da parte dell’associato in partecipazione.

La soppressione della una passività iscritta in bilancio in esercizi precedenti costituisce sopravvenienza attiva straordinaria ed imponibile, quand’anche tale posta patrimoniale venga accertata come inesistente.

Secondo la prassi contabile trattandosi di sopravvenienza attiva straordinaria, essa verrà indicata nella voce E20 tra i Proventi straordinari (cfr. principio n. 29 Organismo Italiano di Contabilità) rimanendo irrilevanti ai fini IRAP (1). Si ricorda che sono elementi in grado di <caratterizzare> la straordinarietà:

– la infrequenza nel tempo;

– la anormalità rispetto alla gestione ordinaria dell’impresa;

– l’entità rilevante o significativa rispetto al bilancio.

SCRITTURA CONTABILE

Debiti v/fornitori (D.7) a Sopravvenienza attiva (E.20)

DESCRIZIONE

Per decaduto obbligo di pagamento del debito verso il Fornitore …. come da fattura n. … del … per la seguente motivazione (es. rinuncia volontaria da parte del creditore ovvero per decorso dei termini di prescrizione ordinaria)

Omessa rilevazione della sopravvenienze attive: quali le possibili pretese da parte del fisco?

Lo storno della partita debitoria si renderebbe, evidentemente, obbligatorio al momento in cui il diritto alla riscossione del credito si estingue per avvenuta prescrizione.

Si ha notizia che, in sede di accesso documentale, gli uffici finanziari provvedono, non di rado, ad una disamina delle posizioni debitorie al fine di accertare eventuale omissione, da parte del redattore del bilancio, di rilevazioni di sopravvenienze attive generate dal mancato (e reiterato negli esercizi sociali) pagamento di debiti verso fornitori.

L’attenzione dei verbalizzanti si concentra, essenzialmente, sulla mancata tassazione di sopravvenienze attive conseguite a seguito dell’infruttuoso decorso dei termini di prescrizione (quinquennale o decennale) di specifiche poste debitorie, iscritte in bilancio.

I recuperi dell’Amministrazione finanziaria appaiono conformi ai prevalenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità secondo cui:

  • il contribuente se “ … in relazione ad un determinato periodo d’imposta abbia dichiarato una passività inesistente, a pagare, per la corrispondente posta, nel successivo periodo di imposta, su un reddito imponibile maggiorato della medesima somma come sopravvenienza attiva onde consentire all’Ufficio il recupero a tassazione …” (Cass. n. 20710 del 2007);

  • legittimo il “ … recupero a tassazione, quale sopravvenienza attiva, di una posta passiva iscritta in bilancio nell’anno precedente ed accertata come inesistente …” (Corte di Cassazione, 8.06.2011, sentenza n. 12436);

Seguendo tale ricostruzione interpretativa, pur in assenza di un’esplicita previsione normativa all’interno dell’attuale disciplina, parrebbe che le norme previste in materia di plusvalenze e sopravvenienze attive costituiscano un regime di per sé sufficiente al recupero a tassazione delle partite debitorie non onorate.

Altra corrente di pensiero, di prevalente matrice dottrinale, negherebbe, invero, agli organi dell’Amministrazione finanziaria di recuperare materia imponibile in periodi d’imposta diversi da quello di competenza stante l’assenza dei criteri di certezza ed oggettiva determinabilità.

Come sottolineato dalla stampa specializzata2 il fisco, se legittimato a recuperare a tassazione le componenti positive di reddito non dichiarate rettificando il reddito del periodo d’imposta di competenza, avrebbe alcun margine di scelta quanto all’imputazione temporale degli elementi negativi in relazione ad esercizi successivi, ovvero precedenti.

Seguendo tale ragionamento le norme sulla competenza resterebbero inderogabili nel senso che né il contribuente, né tantomeno il fisco in sede di accertamento, possono derogare al criterio della competenza.

Considerata l’incertezza della materia trattata è auspicabile una rivisitazione organica della problematica da parte della Direzione Centrale.

22 dicembre 2014

Antonino e Attilio Romano

1Secondo la Relazione Ministeriale al D.lgs. 127/1991, il raggruppamento relativo ai componenti straordinari di reddito riguarda “… l’estraneità rispetto alla gestione ordinaria della fonte del provento o dell’onere”. Pertanto, non occorre tener conto della eccezionalità dell’evento sotto l’aspetto temporale o l’anormalità dell’evento stesso sotto l’aspetto quantitativo. Infatti, secondo l’OIC n. 29, i fattori che determinano la straordinarietà dell’eventosi ricercano nell’ambito dei seguenti caratteri:

a) la causalità e l’accidentalità;

b) l’infrequenza.

2Cfr. RATIO, n. 11/2002, pag. 3184.