Corretta tenuta della contabilità e diritto alla detrazione IVA

L’annotazione su fogli mobili delle fatture di acquisto e la mancata registrazione delle stesse nell’apposito registro (ex art. 25 DPR n. 633/72) comporta l’indetraibilità dell’Iva sugli acquisti?

Tenuta della contabilità e detrazione IVA – Premessa

tenuta della contabilità e detrazione ivaOgni soggetto passivo deve tenere una contabilità che sia sufficientemente particolareggiata, così da consentire l’applicazione dell’IVA ed i relativi controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria, ed è tenuto a presentare una dichiarazione1 nella quale devono figurare tutti i dati necessari ad accertare l’importo dell’imposta esigibile e quello delle detrazioni da operare.

Il principio di neutralità fiscale esige che la detrazione dell’IVA a monte2 sia accordata se gli obblighi sostanziali siano soddisfatti, anche se “taluni obblighi formali” siano stati omessi dai soggetti passivi.

Qualora le violazioni formali3 siano di tale entità da impedire la realizzazione degli obiettivi – del pari perseguiti dall’Unione Europea – di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e di evitarne l’evasione si può imporre al soggetto passivo di osservare la totalità delle norme contabili nazionali, conformi ai principi comunitari, ai fini del corretto e legittimo esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA.

 

Regime della detrazione IVA

Il meccanismo della detrazione dell’IVA permette, unitamente al sistema della rivalsa obbligatoria, di realizzare il c.d. “principio di neutralità dell’IVA”: solo il consumatore finale rimane effettivamente inciso dal tributo, mentre gli imprenditori e i professionisti rimangono neutrali, nonostante siano gli effettivi soggetti passivi del tributo.

La legge (comunitaria e nazionale) ha, però, individuato un ulteriore presupposto che condiziona la possibilità di detrarre l’IVA pagata sugli acquisiti: il possessodi un apposito documento, denominato generalmente “fattura”4.

Tale documento deve contenere tutte le indicazioni elencate nell’art. 21 del Decreto IVA e soggiace all’obbligo di annotazione sugli appositi registri IVA.

La fatturazione assume un ruolo sostanziale nel complesso sistema dell’IVA. Infatti, mentre nelle operazioni di cessione di beni (o prestazioni di servizi), la fattura comporta il sorgere in capo al soggetto passivo di un debito nei confronti dell’Erario, nelle operazioni di acquisto di beni (o prestazioni di servizi), il documento de quo legittima il committente o cessionario ad effettuare la detrazione dell’IVA.

Gli articoli 23, 24 e 25, D.P.R. n. 633/1972 stabiliscono i criteri che devono essere seguiti ai fini della corretta registrazione delle fatture emesse e ricevute, a seguito dell’effettuazione di operazioni rilevanti ai fini IVA.

In particolare, l’annotazione deve essere fatta entro un determinato periodo di tempo, assegnando ad ogni singola fattura un numero progressivo.

Il diritto del cessionario5 di beni alla detrazione di cui all’articolo 19 del D.P.R. n. 633/1972 trova titolo nell’esatto adempimento degli obblighi di fatturazione e di registrazione di cui agli articoli 21, 23, 24 e 25 del D.P.R. 600/726, secondo i quali il cedente deve emettere la fattura per l’operazione imponibile, annotarla nel registro delle fatture e trasmetterne copia, con addebito del tributo, al cessionario, il quale deve a sua volta annotarla nel registro degli acquisti.

Ne discende che la detraibilità dell’imposta pagata per l’acquisizione di beni o servizi inerenti all’esercizio dell’impresa,

“postula che il contribuente sia in possesso delle relative fatture, le annoti nell’apposito registro (art. 25), e conservi le une e l’altro”.

Secondo la disciplina dell’IVA, la deducibilità dell’imposta pagata per l’acquisizione di beni o servizi inerenti all’esercizio dell’impresa, prevista dall’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633, postula che il contribuente sia in possesso delle relative fatture, le annoti nell’apposito registro (art. 25), e conservi le une e l’altro, gravando su esso contribuente l’onere di produrre la documentazione contabile legittimante la detrazione (Cass. civ. Sez. V, 21-12-2005, n. 28333).

All’omessa tenuta di detto registro non può sopperirsi mediante l’annotazione in altri registri7 o su fogli mobili uso bollo, trattandosi di un obbligo sostanziale8 presidiato da sanzione9 che, in quanto volto a consentire un immediato e agevole riscontro della natura e dei tempi delle registrazioni, non può essere adempiuto con modalità diverse, soggettivamente ritenute equivalente dal contribuente.

In tema di IVA, la deducibilità dell’imposta assolta per l’acquisto o l’importazione di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, è subordinata all’annotazione delle relative fatture nel registro di cui all’art. 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, alla cui omessa tenuta non può sopperirsi mediante l’annotazione in altri registri, trattandosi di un obbligo formale presidiato da sanzione, che, in quanto volto a consentire un immediato ed agevole riscontro della natura e dei tempi delle registrazioni, non può essere adempiuto con modalità diverse, soggettivamente ritenute equivalenti dal contribuente (Cass. civ. Sez. V Sent., 21-05-2008, n. 12913).

E’ indetraibile l’IVA sugli acquisti di beni e servizi senza la stampa dei registri.

A nulla vale dimostrare il possesso di tutti i documenti di acquisto e la conservazione dei registri su supporto informatico (Cass. civ. Sez. V, 26-10-2011, n. 22245).

 

Rilevanza degli adempimenti

L’omessa o ritardata fatturazione, o la mancata regolarizzazione della fattura da parte del cessionario o committente che nell’esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza emissione della fattura o con emissione di fattura irregolare da parte del soggetto obbligato ad emetterla, costituisce una violazione di carattere sostanziale e non formale, poichè tanto il momento dell’emissione della fattura che quello della regolare emissione di tale documento contabile, sono fondamentali, potendo tali condotte incidere, ed in maniera significativa, su di una diversa determinazione del reddito o dell’iva (Cass. civ. Sez. V, 15-01-2014, n. 662).

L’avvenuta abrogazione10 degli obblighi di bollatura e di vidimazione dei registri, compresi quelli tenuti ai fini IVA. operata dall’art. 8 l. 383/2001 non ha affatto eliminato l’obbligo di tenuta dei registri IVA, numerati progressivamente in ogni pagina, sancito dagli artt. 2215, 2219 c.c. e 39 d.P.R. 633/1972.

Tale ultima norma prevede, poi, che l’impiego di schedari a fogli mobili è consentito, in deroga alla regola del registro a fogli fissi, solo in via derogatoria, e secondo modalità che siano state preventivamente approvate da parte dall’Amministrazione finanziaria.

 

Registri IVA conservati soltanto su supporto magnetico

Il contribuente che commette delle violazioni contabili non viene privato del diritto alla detrazione IVA, nel caso in cui possa, con qualsiasi mezzo, dimostrare la sussistenza delle condizioni sostanziali da cui tale diritto discende.

La mancata stampa su supporto cartaceo dei registri IVA11, conservati soltanto su supporto magnetico, non incide sulla spettanza del diritto alla detrazione dell’imposta, laddove l’Agenzia possa comunque appurare la sussistenza di tale diritto, sulla base di altri documenti dei quali sia venuta in possesso durante la verifica.

La regola è la tenuta dei registri contabili su supporti cartacei, mente la facoltà di registrazione mediante sistemi meccanografici od informatici costituisce una mera modalità temporanea di esecuzione delle registrazioni e si risolve in una prassi agevolativa per le imprese che risponde ad esigenze, non di semplificazione fiscale, ma di speditezza e di organizzazione, riducendo nel corso dello svolgimento dell’attività economica i tempi amministrativi dell’annotazione di ciascuna fattura e realizzando in tal modo una migliore allocazione organizzativa delle risorse umane.

Pertanto, tale difetto dei presupposti “conformativi” del diritto alla detrazione non priva il contribuente del diritto alla detrazione IVA, dal momento che il principio di rivalsa dell’imposta non più essere disatteso laddove il contribuente abbia la possibilità di fornire, in altro modo, la prova della sussistenza dei presupposti che lo legittimano al recupero di quanto versato in eccedenza12.

E ciò anche in considerazione del fatto che la disciplina IVA consente l’attuazione del principio della neutralità d’imposta, attraverso distinte situazioni giuridiche di diritto soggettivo facenti capo al medesimo contribuente, che trovano titolo nel versamento di imposta in eccedenza, ma le cui vicende attinenti alle modalità di esercizio restano del tutto autonome ed indipendenti (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 3107 del 12 febbraio 2014).

 

10 dicembre 2014

Ignazio Buscema

 

NOTE

1 Il contribuente che non presenti la dichiarazione annuale IVA non può fruire della detrazione del credito eventualmente maturato nel precedente periodo d’imposta. Nel caso di omessa dichiarazione l’indetraibilità scaturisce dall’impossibilità per l’ufficio di accertare l’esistenza del credito inerente all’annualità per la quale la dichiarazione è stata emessa (CTR Roma 03-10-2013 n.495 sez. 39). La mancata presentazione della dichiarazione Iva annuale per un determinato periodo di imposta preclude al contribuente la possibilità di avvalersi del credito scaturente dalla dichiarazione omessa da portare in detrazione nelle mensilità successive. L’omissione comporta la mancata rappresentazione della liquidazione definitiva e, conseguentemente, del relativo computo delle risultanze a debito o a credito. L’omessa presentazione della dichiarazione Iva fa perdere definitivamente il diritto all’utilizzo del credito emerso e portato in detrazione nelle mensilità successive; il potere di accertamento induttivo non si estende all’esercizio della detrazione di un credito scaturente da annualità pregresse in quanto spetta eventualmente al contribuente l’esercizio del diritto alla restituzione-rimborso mediante la compilazione del quadro VX della dichiarazione annuale, la cui presentazione è di sostanziale importanza affinché sorga in capo al contribuente il diritto stesso che si intende far valere (Cass. 25-07-2012 n.13090 sez. T).

2 Ai sensi del D.P.R. n. 633/1972, art. 19 ed in conformità all’art. 17 della VI direttiva del Consiglio CEE del 17 maggio 1997, immediatamente applicabile nell’ordinamento interno già prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 313/1997, non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata «a monte» per l’acquisto o l’importazione di beni, o per conseguire la prestazione di servizi afferenti al successivo compimento di operazioni esenti o comunque non soggette ad imposta, atteso che in base alla normativa citata, ai fini della detrazione non è sufficiente che le dette operazioni attengano all’oggetto dell’impresa, essendo necessario che esse siano, a loro volta, assoggettabili all’IVA (Cass. sentt. nn. 12433/2011 e 18222/2007). on spetta il rimborso dell’iva versata sugli acquisti effettuati in un anno per i lavori di costruzione dell’immobile destinati all’esercizio dell’attività di impresa, atteso che l’istante non ha eseguito nell’anno in questione operazioni attive e l’oggetto sociale contemplava esclusivamente operazioni esenti da IVA. Non è possibile riferire il diritto di rimborso dell’iva pagata sugli acquisti alla inerenza di questi all’attività di impresa (art. 19 D.P.R. n. 633/72), a prescindere dalla soggezione all’imposta delle operazioni attraverso le quali essa si svolge (Cass. 03-02-2012 n.1545 sez. T).

3 Un documento fiscale, ancorchè “predisposto” dal cessionario o dall’utilizzatore del servizio, qualora sia “fatto proprio” da chi era formalmente tenuto ad emetterlo e sia seguito dal versamento della relativa Iva, è idoneo a costituire fattura ai fini Iva. Conseguentemente, ancorchè il prestatore di servizi abbia predisposto semplici veline, prive di data e di numero progressivo, ove le stesse abbiano determinato il versamento dell’Iva relativa non si da’ luogo ad applicazione di sanzioni, dovendosi considerare formale l’irregolarità compiuta dal contribuente. In tema di IVA, il solo possesso di “veline” prive di data e di numero progressivo relative a fatture predisposte dal concessionario del bene, o dall’utilizzatore del servizio e non più loro restituite dal cedente del bene o dal prestatore del servizio (tenuti per legge ad emettere tale documento fiscale) ma da questi fatte proprie versando l’IVA rappresentata dalle stesse, si risolve in mere irregolarità formali (relative agli adempimenti inerenti alle fatture) non comportando evasione di imposta e non preclude di portare in detrazione, nella dichiarazione annuale, l’IVA corrisposta, in rivalsa, al cedente del bene o al prestatore del servizio (Cass. 07-09-1994 n.7692 sez. 1).

4Non è ammessa la detrazione IVA anche se le scritture contabili sono andate perse per un evento fortuito, come può essere il caso di un incendio avvenuto nei locali degli uffici prima della dichiarazione del fallimento della società.Per ottenere il beneficio della detrazione il contribuente dovrebbe ricostruire il volume d’affari facendosi rilasciare copia dei documenti dai clienti e dai fornitori (Cassazione sentenza n. 5182 depositata il 4 marzo 2011).

5 Il disconoscimento della fattura da parte dell’emittente non è di per sé sufficiente a far cadere il diritto alla detrazione IVA del contribuente.La dichiarazione di disconoscimento della sottoscrizione resa dal fornitore nel corso della verifica fiscale non determina automaticamente il venir meno della fattura quale documento giustificativo della detrazione IVA operata dal cliente, ma deve semplicemente considerarsi uno tra gli elementi indiziari, liberamente valutabili dal giudice, su cui il Fisco ha basato la pretesa. Quando si controverta sul diritto del contribuente di portare in detrazione l’IVA , sull’assunto dell’Ufficio che la sottoscrizione apposta sulla fattura è stata “contestata” dalla ditta emittente (soggetto terzo estraneo al giudizio tributario), se da un lato non può ravvisarsi un onere di disconoscimento della sottoscrizione apposta dal terzo sulla fattura, ex art. 214 c.p.c., a carico dell’A.F. (l’onere del disconoscimento della scrittura privata grava, infatti, esclusivamente sul soggetto che appare essere autore della sottoscrizione, e non già sul soggetto – nella specie la P.A. – che contesta l’opponibilità del documento, sul presupposto della sottoscrizione apocrifa apposta da un terzo), dall’altro non può neppure configurarsi alcun onere gravante sul contribuente di richiedere, ai sensi dell’art. 216 c.p.c., la verifica dell’autenticità della fattura sottoscritta dall’emittente, in quanto quando il contenuto della scrittura privata “inter alios” venga contestato, il documento non viene in rilievo come prova legale e la verità o meno del suo contenuto, dimostrabile con ogni mezzo di prova, è affidata al libero apprezzamento del giudice (AS 15-10-2013 n.23317 sez. 5). In tema di IVA, (ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, ed in conformità all’art. 17 della sesta direttiva del Consiglio CEE del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE) non è ammessa in ogni caso la detrazione dell’imposta pagata “a monte” per l’acquisto o l’importazione di beni o per conseguire la prestazione di servizi necessari all’impresa, atteso che, in base alla normativa citata, ai fini della detrazione, non è sufficiente che le dette operazioni attengano all’oggetto dell’impresa e siano fatturate, ma è, altresì, indispensabile che esse siano, a loro volta, assoggettabili all’IVA nella misura dovuta. In sostanza, se l’operazione è stata erroneamente assoggettata all’IVA, “sono privi di fondamento il pagamento dell’imposta da parte del cedente, la rivalsa da costui effettuata nei confronti del cessionario e la detrazione da quest’ultimo operata nella sua dichiarazione IVA e pertanto: il cedente ha diritto di chiedere all’ amministrazione il rimborso dell’IVA; il cessionario di chiedere al cedente la restituzione dell’I.V.A. versata in via di rivalsa; l’amministrazione ha il potere (dovere) di escludere la detrazione dell”IVA pagata in rivalsa dalla dichiarazione IVA presentata dal cessionario” (Cass. 02-07-2014 n.15178 sez. T).

6 Ai sensi dell’art. 25 del d.P.R.. 633/1972, le fatture e le bollette doganali relative agli acquisti ed alle importazioni effettuate nell’esercizio dell’impresa, devono essere numerate in ordine progressivo, vanno annotate prima della liquidazione periodica, ovvero della dichiarazione annuale nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta.

7 In materia di I.V.A., il diritto del cessionario di beni alla detrazione di cui all’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, trova titolo nell’esatto adempimento degli obblighi di fatturazione e di registrazione di cui agli artt. 21, 23, 24 e 25 del citato d.P.R. (secondo i quali il cedente deve emettere la fattura per l’operazione imponibile, annotarla nel registro delle fatture e trasmetterne copia, con addebito del tributo, al cessionario, il quale deve a sua volta annotarla nel registro degli acquisti), senza che rilevi, qualora si tratti di beni strumentali, l’annotazione nel registro dei beni ammortizzabili prescritta dall’art. 16 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la quale costituisce condizione per la deducibilità delle spese relative ai fini delle imposte sui redditi (Cass. civ. Sez. V, 08-08-2005, n. 16702). In materia di I.V.A., il diritto del cessionario di beni alla detrazione di cui all’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, trova titolo nell’esatto adempimento degli obblighi di fatturazione e di registrazione di cui agli artt. 21, 23, 24 e 25 del citato d.P.R. (secondo i quali il cedente deve emettere la fattura per l’operazione imponibile, annotarla nel registro delle fatture e trasmetterne copia, con addebito del tributo, al cessionario, il quale deve, a sua volta, annotarla nel registro degli acquisti) ed è esercitabile indipendentemente dall’effettivo pagamento del tributo da parte del cedente e dal versamento a quest’ultimo di pari importo, in via di rivalsa, da parte del cessionario (Cass. civ. Sez. V, 15-01-2014, n. 662). Il diritto alla detrazione dell’IVA pagata sugli acquisti di beni o sulle prestazioni di servizi inerenti all’esercizio di impresa o arte e professioni, introdotto dalla normativa comunitaria e trasfuso nell’art. 19, D.P.R. n. 633/1972, è subordinato, in caso di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria, alla prova che deve essere fornita dal contribuente di aver correttamente annotato le fatture secondo le disposizioni di legge. la legittimità del diritto alla detrazione dell’IVA è subordinata alla previa registrazione della fattura nei registri IVA obbligatori. L’omessa tenuta del registro degli acquisiti, ai sensi dell’art. 25 del Decreto IVA, è condizione necessaria e sufficiente per il disconoscimento del diritto alla detrazione dell’imposta, in quanto non può sopperirsi mediante l’annotazione delle fatture in altri registri. La presentazione da parte del contribuente delle fatture e del libro-giornale non basta a vincere la presunzione dell’irregolare tenuta della contabilità (Cfr. Cass. nn. 12913/08, 28333/05, 11109/03;Corte di Cassazione sentenza n. 16643 depositata il 29 luglio 2011) E’ escluso il diritto alla detrazione dell’IVA per l’azienda italiana che non ha annotato l’operazione intracomunitaria nei registri delle vendite e degli acquisti. Manca il mero adempimento formale: altrimenti il beneficio fiscale non potrebbe essere negato. Non va riconosciuto alla società contribuente il diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti intracomunitari, non avendo la stessa adempiuto alle regole dell’inversione contabile, avendo solamente registrato le fatture nel libro giornale, valido ai fini delle imposte sul reddito e la mancata registrazione delle fatture nel registro delle vendite ha dato luogo al mancato versamento dell’imposta il che, chiaramente, non ha fatto sorgere alcun credito della ricorrente nei confronti dell’erario. (Corte di Cassazione sentenza n. 6925, depositata il 20 marzo del 2013). Conclude la Cassazione che l’inosservanza del principio sulla neutralità dell’IVA, che riassumendo lapidariamente prevede a monte il versamento dell’imposta e a valle la sua detrazione, abbia portato alla contribuente il mancato diritto di poter fruire del beneficio fiscale, non avendo essa stessa mai assolto agli obblighi di pagamento del tributo.

8 In tema di IVA, l’omessa o ritardata fatturazione costituisce una violazione di carattere sostanziale e non formale, posto che il momento dell’emissione della fattura è fondamentale nella previsione dell’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, potendo incidere su di una diversa determinazione del reddito o dell’imposta, con la conseguenza che detta violazione non è condonabile ai sensi dell’art. 52, comma terzo, della legge n. 413 del 1991, potendo dar luogo ad accertamento d’ufficio o in rettifica della dichiarazione del contribuente. In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto mera irregolarità formale la fatturazione effettuata in ritardo, benchè nell’anno d’imposta relativo, dei compensi riscossi (Cass. civ. Sez. V Sent., 21-11-2008, n. 27621). In tema di condono fiscale, la sanatoria di cui all’art. 19-bis del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito con modificazioni dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, essendo subordinata alla condizione che la violazione non rilevi ai fini della determinazione del reddito e dell’IVA, non trova applicazione nell’ipotesi di violazioni sostanziali, quali l’omessa o ritardata fatturazione o la mancata regolarizzazione da parte del cessionario o committente, potendo tali condotte incidere, ed in maniera significativa, su di una diversa determinazione del reddito o dell’imposta in questione (Cass. civ. Sez. V, 12-12-2011, n. 26513).

9 Nel caso in esame, trova piena applicazione la norma di cui all’art. 39 del D.P.R. n. 633/1972, in base alla quale il soggetto passivo Iva è tenuto a conservare e aggiornare i registri ordinari previsti dalla relativa normativa (registro degli acquisti, registro delle fatture emesse e registro dei corrispettivi). È da considerare che un’irregolare tenuta delle scritture contabili può ostacolare la normale attività istituzionale di verifica da parte degli Uffici a ciò preposti, lasciando, tra l’altro, presumere che siano stati omessi e/o iscritti dati non attendibili nella documentazione contabile obbligatoria. Consegue che nessuna critica e/o censura può essere mossa all’operato dell’Ufficio i cui atti fiscali devono essere dichiarati legittimi e devono essere confermati. In particolare deve riconoscersi che correttamente l’Ufficio ha irrogato le sanzioni, oggetto della presente controversia, ciò in applicazione della precisa normativa prevista dall’art. 9 del D.Lgs. n. 471/1997. Giova, in proposito, ricordare che le sanzioni sono immediatamente conseguenza di un danno per l’erario, danno derivante dal fatto stesso della commissione delle violazioni di norme tributarie che impongono determinati comportamenti e regolano la forma e i tempi di tali adempimenti: violazioni, dunque, che vanno sanzionate anche se non si sono risolte in un danno economico (CTR Roma 06-03-2013 n.145 sez. 1 ROMA).

10L’abrogazione dell’obbligo della bollatura e della vidimazione del libro giornale e del libro degli inventari (disposta dall’art. 8 della l. n. 383/2001), già prevista dall’art. 2215 c.c., è entrata in vigore il 25.10.2001, senza effetto retroattivo, nulla disponendo in tal senso la disposizione abrogatrice. Ne discende che le violazioni del suddetto obbligo, commesse prima di tale data , conservano il loro rilievo ai fini fiscali (Cass. 14018/2007; 23847/2009).

11 La semplificazione introdotta dal D.L. n. 357/1994, nella versione modificata dalla Legge n. 342/2000 consistente nella possibilità di stampare, a richiesta, i registri tenuti con strumenti informatici, non ha effetto retroattivo né contiene disposizioni transitorie né sanatorie per le situazioni pregresse. Pertanto, non è possibile applicare tale norma più favorevole in caso di contestazione relativa alla mancata trascrizione su carta delle scritture contabili del periodo d’imposta 1999, antecedente all’entrata in vigore delle suddette modifiche (sentenza cassazione n. 22851 del 10 novembre 2010).

12Se l’amministrazione finanziaria dispone delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo, in quanto destinatario della prestazione di servizi, è debitore dell’IVA non può derivare in capo allo stesso la perdita del diritto alla detrazione per effetto del mancato rispetto degli obblighi formali (cfr. Corte di Giustizia, 8 maggio 2008 cause riunite C-95/07 e C-96/07 “Ecotrade”).Infatti, l’inadempimento degli obblighi formali e di quelli che gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire, in quanto li ritengono necessari per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare frodi, non legittima tuttavia gli stessi ad escludere il diritto alla detrazione laddove risultino osservati gli obblighi sostanziali, fatto comunque salvo il caso in cui la violazione dei riferiti obblighi formali implichi un rischio di perdite di entrate fiscali o sottenda un’operazione inficiata da frode fiscale od integrante l’uso abusivo delle norme comunitarie.

In altri termini, il punto cruciale dell’irrilevanza della violazione degli obblighi formali va dunque individuato nella funzione probatoria o meno che l’adempimento riveste ai fini dell’accertamento delle condizioni essenziali richieste per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA.

Pertanto, in presenza di una violazione c.d. “formale”, la questione da risolvere ai fini del diritto alla detrazione è esclusivamente di natura probatoria. Infatti, spetta al contribuente l’onere di provare con ogni mezzo utile la sussistenza delle condizioni sostanziali per l’esistenza del diritto alla detrazione.