Analisi antiriclaggio sui dati contabili: i controlli solo pro forma non bastano

Concentrare l’attenzione solo sulle soglie di tracciabilità del contante o solo sulla redazione “formalistica” della scheda di adeguata verifica delle clientela, non assolve esaustivamente l’obbligo a cui sono chiamati i professionisti.
Attenzione: le prerogative di una valida e puntuale contabilità economico fiscale dell’azienda non mettono al riparo professionisti e clienti dalle sanzioni legate al mancato rispetto delle disposizioni antiriciclaggio.

 

Invero, il problema riguarda anche chi è deputato al controllo del rispetto delle regole.

obblighi antiriciclaggioSul delinearsi del modus operandi in atto negli studi contabili fiscali, confinare l’attenzione, a parere di chi scrive ed in attesa di espliciti chiarimenti ufficiali in merito, sulla classica distinzione tra contabilità ordinaria e contabilità semplificata e/o speciale di alcuni settori, equivalente di maggiore attenzione alle vicende antiriciclaggio della clientela nel primo caso e/o una minore problematica nel secondo caso, non rispecchia la ratio delle direttive della legge 231 del 2007, con il rischio di incappare in ipotesi di mancata segnalazione con conseguente sanzione dell’omissione.

Non vi è dubbio che l’insistere di una contabilità ordinaria, con l’annotazione delle singole movimentazioni finanziarie di raccordo alle operazioni economiche o patrimoniali, dia al redattore contabile e di bilancio l’immediata consapevolezza dell’insistere di un operazione che possa rientrare tra quelle segnalabili alle autorità competenti ma è altrettanto facile da intuirsi come le singole operazioni economiche gestionali non potranno essere oggetto di alchimie contabili (compensazioni/anticipi o posticipi di competenza economica o finanziaria/fatturazioni differite/dazioni o ottenimento di garanzie/ecc. ecc.) le quali, ancorché risultino operazioni contabilmente ammesse, le stesse tuttavia non si sottraggono all’analisi delle reali capacità finanziarie e reddituali delle società e dei singoli soci che vi fanno capo.

Per quanto attiene invece alle ipotesi di gestione di soggetti in contabilità semplificata, dove il redattore contabile gode di meno chiarezza dell’aspetto economico finanziario della gestione di impresa, le insidie non sono da meno con il rischio che l’alchimia contabile “derivata” dalle condotte imprenditoriali (mancata fatturazione della merce/utilizzo ad uso personale di mezzi aziendali/utlizzo di beni e risorse finanziarie di soggetti diversi/ecc. ecc.), rappresentano, aspetti che nell’analisi della clientela portano all’obbligo di segnalazione.

Quanto brevemente sopra specificato può benissimo essere inquadrato nella verifica del rispetto della normativa antiriciclaggio in “atto”; tale fattispecie riguarda sia qualsiasi atto di natura privatistica (contabilità aziendale/contrattualistica tra soci e tra socie e la società/ contratti commerciali e/o di servizi tra operatori privati) ovvero pubblici, anche se in quest’ultimo caso il compito dell’adeguata verifica e dell’obbligo di segnalazione ricade in capo al funzionario pubblico redigente l’atto.

analisiCon riferimento alla rinvenibilità della violazione in atto della normativa antiriciclaggio si segnala l’intervento dell’Amministrazione finanziaria in merito alle ipotesi di contratti di affitto; Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento del Tesoro, con nota del 5/2/2014, n. 10492, ha chiarito il persistere della possibilità di pagamenti in contanti, sempre nel limite di € 1.000,00, anche se in forma frazionata, ma ha chiarito pure che dovrà tenersi a disposizione una traccia delle transazioni in contante “fornendo un prova documentale, comunque formata, purché chiara, inequivoca e idonea ad attestare la devoluzione di una determinata somma di denaro contante”.

La normativa antiriciclaggio si spinge addirittura oltre l’aspetto formalistico contabile; è il caso delle operazioni inquadrabili nell’alveo di quelle fraudolente previste dal D.Lgs 74/2000, o di quelle legate alle ipotesi di semplice evasione come le vicende relative al magazzino merci (DPR. 441/1997) (Cfr. Comunicazione Banca d’Italia – UIF del 23,04,2012).

Alcune indicazioni sono stati fornite sempre dall’U.I.F. in merito a quei settori ritenuti particolarmente inclini alle vicende del riciclaggio di denaro ossia: Attività di pulizia e manutenzioni; attività di consulenza e pubblicitarie; settori di materiali ferrosi, edile, dell’autotrasporto e del movimento terra, dei metalli preziosi, delle opere d’arte; mercati dei cosmetici, commercio all’ingrosso di olio e grano, scambio di servizi e diritti negoziati su piattaforme informatiche; attività di commercio di autoveicoli, accessori per auto e di beni a contenuto tecnologico (computer, telefoni cellulari), senza dimenticare il settore del commercio del bestiame vivo o macellato.

L’UIF in sostanza sembra inquadrare quali settori di maggiore pericolo in materia di antiriciclaggio gli stessi settori che l’Amministrazione finanziaria, nell’ambito delle frodi Iva, con l’art. 60 bis del Dpr 633/1972, assegna la solidarietà passiva di imposta, o con il meccanismo del reverse charge, ne cerca di attenuare l’ambito di abuso fiscale.

Dal punto di vista pratico, per esempio, con riferimento al caso di magazzino esistente e con beni non supportati da fattura, è di facile intuizione come la merce potrebbe essere stata pagata “fuori conto”, con conseguente obbligo di segnalazione; nel caso in cui invece, dovesse verificarsi l’ipotesi di magazzino inesistente, l’obbligo di segnalazione sarà tanto più obbligatoria in relazione alla tipologia di clientela del proprio cliente, se singoli consumatori finali o altri soggetti economici.

Quale altro esempio con responsabilità intrinseca del professionista economico fiscale sarà tanto più diretta quanto lo stesso, per esempio, abbia adempiuto alla redazione dell’ultimo studio di settore potendosene trarre un collegamento sotteso tra l’ipotesi di transito di denaro contante tra il cliente dello studio e il cliente/fornitore di quest’ultimo ed ogni dato comunicabile in seno agli studi di settore.

In conclusione, nel rapporto professional fiduciario tra professionista e cliente, in materia di informativa antiriciclaggio, sembra potersi affermare che l’ipotesi di segnalazione non è confinabile alle sole fasi di inizio o fine rapporto professionale anzi, la vigilanza del rispetto delle prerogative antiriciclaggio appaiono tanto più necessarie durante la fase gestionale, ove si cela il pericolo di attrazione di responsabilità.

 

9 dicembre 2014

Giuseppe Bennici