Diventi amministratore di una società? Guai a farlo senza prima aver effettuato quelle minime verifiche in ordine agli adempimenti fiscali, in particolare il rispetto degli adempimenti tributari, la cui mancanza – ad esempio gli omessi versamenti IVA – può portare enormi responsabilità

attenzione ad assumere l’incarico di amministratore di società senza prima aver effettuato quelle minime verifiche in ordine agli adempimenti fiscali in essere, richieste dalla diligenza del ruolo in corso di assunzione, con particolare riferimento alla possibilità di eseguire gli adempimenti tributari futuri

Parte Prima

Guai ad assumere l’incarico di amministratore di società senza prima aver effettuato quelle minime verifiche in ordine agli adempimenti fiscali in fieri, richieste dalla diligenza del ruolo in corso di assunzione, con particolare riferimento alla possibilità di eseguire gli adempimenti tributari, la cui omissione è evento presupposto di reato ai sensi delle disposizioni di cui al D.Lgs. 74/2000.

E’ quanto affermato dalla suprema Corte di Cassazione con sentenza del 23 settembre 2014 n. 38687, che ha espresso il seguente principio:

in tema di omesso versamento dell’IVA da parte di una società a responsabilità limitata, versa quanto meno in dolo eventuale, e non in mera colpa, il soggetto che, subentrando ad altri dopo la dichiarazione di imposta e prima della scadenza del versamento, abbia assunto la carica di amministratore, senza aver compiuto il previo controllo di natura puramente documentale, sugli ultimi adempimenti fiscali”.

A tale decisione va affiancata quella più recente, che la conferma, espressa con sentenza del 17 luglio 2014 (depositata il 9 ottobre 2014) secondo la quale:

non è sufficiente a fondare la penale responsabilità per il reato di omesso versamento, un generico potere rappresentativo della società, essendo necessario l’esercizio di un potere rappresentativo specificamente volto all’attuazione dei doveri tributar ed inoltre il soggetto firmatario della dichiarazione da cui deriva il debito IVA non è responsabile penalmente se non è il rappresentante della società alla data prescritta per il pagamento”.

Le sentenze di cui sopra (ma si veda anche la sent. 9/10/2013 n. 3636) riverberano il contenuto della sentenza della suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza del 12 settembre 2013 n. 37424) ed esprimono un orientamento consolidato ai fini della verifica dei presupposti richiesti dalla norma in materia di reati per omessi versamenti.

Appare tuttavia interessante esercitare una riflessione avente ad oggetto l’elemento soggettivo del reato riconducibile all’evento dell’omesso versamento dei tributi. Si deve infatti avvertire che per la verifica dei presupposti della sussistenza della responsabilità penale non è sufficiente accertare l’elemento oggettivo (l’omesso versamento) essendo necessaria anche la verifica dell’elemento soggettivo, la sussistenza del dolo ovvero la coscienza e volontà del reo nella commissione del reato.

Il documento è diviso in due capitoli, dove nel primo si esaminano i principi generali mentre nel secondo si affrontano situazioni più specifiche.

IL REATO DI OMESSO VERSAMENTO IVA CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

L’articolo 10 ter primo comma, del D.Lgs. 74/2000, prevede che:

  1. La disposizione di cui all’articolo 10 bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo.

Il richiamato articolo 10 bis prevede che:

  1. E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.

In altre parole, è punito, con la reclusione da sei mesi a due anni, chiunque non versa l’IVA, dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore ad € 50.000,00 per ciascun periodo di imposta, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo (27 dicembre dell’anno successivo a quello di riferimento).

La Suprema Corte di Cassazione a sezione Unite (sentenza del 12 settembre 2013 n. 37424) e le successive sentenze della stessa Cassazione hanno fornito i principi di definizione e applicazione della disposizione in trattativa, che si propongono in sintesi come segue:

  1. Il reato di omesso versamento è reato a dolo generico;

  2. Il reato di omesso versamento è riconducibile ad una condotta avente natura mista in parte attiva ed in parte omissiva;

  3. Il reato di omesso versamento non è configurabile per l’ipotesi di tentativo;

  4. Il reato di omesso versamento ha natura istantanea consumandosi nel momento in cui scade il termine previsto per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo;

  5. Il reato di omesso versamento è un reato proprio essendo attribuibile a colui che riveste il ruolo di garanzia nell’adempimento tributario.

I predetti punti 1, 2 e 3 richiedono un adeguato approfondimento, che è esercitato nei successivi paragrafi. Con riferimento invece ai precedenti punti 4 e 5 valga quanto segue:

Reato istantaneo:

Si ha reato istantaneo quando la condotta con la quale si viola la norma (per il caso in trattativa omesso versamento) si compie in un solo momento, in una sola frazione di tempo. Vero è, come diffusamente sarà detto successivamente, che il reato di omesso versamento implica una condotta mista (la presentazione della dichiarazione e l’omesso versamento), ma la rilevanza penale è da ricondurre alla condotta omissiva nel momento di scadenza prescritto dalla norma.

Reato proprio:

Il reato proprio può essere commesso soltanto da colui che rivesta una determinata qualifica o abbia uno status precisato dalla norma, o possieda un requisito necessario per la commissione dell’illecito.

La responsabilità per i reati previsti dal D.Lgs. 74/2000 è attribuita agli amministratori, che sono i soggetti tenuti a presentare le dichiarazioni rilevanti per l’ordinamento tributario ed in generale agli adempimenti tributari.

Sulla base di tale presupposto la sentenza 23 settembre 2014 n. 38687 ha precisato la responsabilità penale del liquidatore della società, mentre la sentenza n. 42002/14 ha stabilito che la responsabilità penale è sempre da imputare all’amministratore alla data di scadenza del versamento anche se soggetto diverso da quello che ha firmato la relativa dichiarazione.

L’ELEMENTO SOGGETTIVO DEL DOLO GENERICO NEL REATO DI OMESSO VERSAMENTO

Il reato di omesso versamento IVA, per la sua integrazione, richiede la presenza del dolo che, per la particolare disposizione, non è specifico (diretto) essendo sufficiente il dolo generico.

Le Sez. Unite hanno precisato che, a differenze delle altre condotte penalmente rilevanti e previste nello stesso D.Lgs. 74/2000, quella riconducibile all’omesso versamento non richiede che il comportamento sia dettato dallo scopo di evadere le imposte.

ATTENZIONE: Sussiste il REATO se è verificato il DOLO. Il reato di omesso versamento è reato a dolo generico.

Come è noto il dolo implica la sussistenza di due elementi: la coscienza (consapevolezza) e la volontà.

Coscienza e consapevolezza

Per il reato in trattativa, quindi, il reo deve avere la consapevolezza dell’esistenza del debito IVA, dell’adempimento da effettuare (il versamento) e del fatto che l’omesso versamento, per un importo superiore ad € 50.000,00, è presupposto di condotta a rilevanza penale.

Tale componente del dolo si assume come insita ed esistente con la semplice presentazione della dichiarazione IVA. Infatti, il reo (amministratore) con la presentazione della dichiarazione IVA ha perfetta consapevolezza del debito IVA e deve sapere, in ordine alla sua diligenza propria, la quale implica la conoscenza delle norme dell’ordinamento tributario (ivi incluse di quelle di cui a reati tributari), che deve versare tale imposte e che se non effettua il versamento di un debito IVA, da liquidazione espressa in dichiarazione annuale, per un importo superiore ad € 50.000,00 sarà responsabile penalmente.

Va rilevato, tuttavia, che il reo deve avere esatta consapevolezza che dalla dichiarazione emerga un debito IVA superiore alla soglia prescritta dalla norma, il che induce ad ipotesi di esclusione della rilevanza penale l’omesso versamento del debito IVA per un importo superiore ad € 50.000,00 laddove, a causa di un errore, il debito risultante dalla dichiarazione non superi tale soglia di rilevanza. In altri termini, un errore di calcolo o di interpretazione nella predisposizione della dichiarazione che determini una erronea liquidazione a debito, con conguaglio inferiore ad € 50.000,00, dovrebbe, nel caso di successivo omesso versamento di un’IVA accertata superiore ad € 50.000,00, escludere il dolo facendo retrocedere il comportamento adottato dal reo da doloso a colposo.

Immaginate che nella liquidazione IVA annuale espressa nella dichiarazione, a causa di un errore anche materiale, si determini un’imposta dovuta pari ad € 49.000,00 in luogo di quella corretta pari ad € 51.000,00 e che il reo ometta il versamento della stessa. Il reo si rappresenta un omesso versamento di € 49.000,00 e non di € 51.000,00 e pertanto risulterebbe inesistente l’elemento della consapevolezza.

Si rileva che il caso prospettato potrebbe essere non poco ricorrente: si pensi, per esempio, al caso di errata imputazione dei versamenti periodici effettuati nel quadro VL.

ATTENZIONE: l’errore materiale sulla determinazione dell’IVA dovuta indicata in dichiarazione può costituire ipotesi di esclusione del reato per omesso versamento. Il reato si perfeziona nel caso in cui il contribuente omette il versamento dell’IVA per un importo superiore ad € 50.000,00, se tale debito risulti dalla dichiarazione presentata.

Volontà

Con riferimento alla volontà, per configurarsi il reato, il reo, sul presupposto della rappresentazione di cui sopra, fa una scelta: omette il versamento entro il termine prescritto.

Tale scelta è espressiva della volontà e perfeziona quindi il comportamento doloso.

Accertare la volontà e la sussistenza del DOLO non è proprio semplice. La stessa giurisprudenza sta progredendo verso una posizione più garantista del contribuente richiedendo l’accertamento dell’aspetto volitivo dell’omesso versamento.

La questione, evidentemente è da ricondurre alla prova dell’esistenza del DOLO. Secondo un PRIMO ORIENTAMENTO DEI giudici dei giudici, la presentazione della dichiarazione IVA espressiva di un debito superiore ad € 50.000,00 e il successivo omesso versamento alla scadenza prescritta sono la prova della sussistenza del DOLO (anche nella sua forma di dolo eventuale).

In altri termini, la prova della sussistenza del dolo generico, per il reato in trattativa, è data dalla presentazione di una dichiarazione IVA dalla quale emerge un debito IVA superiore ad € 50.000,00 e dall’accertamento dell’omesso versamento alla scadenza del 27 dicembre dell’anno successivo a quello di riferimento (Cass. Sez. unite 37424/2013).

Una posizione non proprio condivisibile e che impernia un’inversione dell’onere probatorio, attribuendo a dei fatti “standard” la presunzione della sussistenza del dolo.

Il progressivo orientamento giuridico pare richiedere una più attenta verifica della sussistenza del requisito volitivo dell’evento criminoso (si veda il successivo paragrafo “dolo eventuale”).

Con la sentenza 9 SETTEMBRE 2014, N. 37301 e’ stato affermato che : Non può ovviamente escludersi, in astratto, che siano possibili casi – il cui apprezzamento è devoluto al giudice del merito, ed è, come tale, insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato – nei quali possa invocarsi l’assenza del dolo o l’assoluta impossibilità di adempiere all’obbligazione tributaria. E’ tuttavia necessario che siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene alla crisi di liquidità, dovranno investire non solo l’aspetto della non imputabilità al sostituto d’imposta della crisi economica che improvvisamente avrebbe investito l’azienda, ma anche la circostanza che detta crisi non possa essere adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso, da parte dell’imprenditore, ad idonee misure da valutarsi in concreto. Occorre cioè la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di un’improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili (cfr. sez. 3 sentenza 8.1-5.4.2014 n. 1541; sez. 3, 9 ottobre 2013, n. 5905/2014).

A tale posizione giuridica fa eco, disegnando un orientamento sempre più consolidato, la sentenza 30 SETTEMBRE 2014, N. 40394 della Cassazione con la quale è stato affermato che, può costituire fatto esterno espressivo di una causa di forza maggiore il fallimento del principale cliente, evento la cui prevedibilità è di tipo generico ed astratta, situazione impeditiva di onorare l’impegno assunto. Si segnala la lettura di tale decisione perché nel caso prospettato il rappresentante legale aveva utilizzato le poche risorse per effettuare il pagamento degli stipendi sacrificando il bene tutelato dalla norma penale. Tale comportamento, espressivo di coscienza e volontarietà, è stato giudicato in ogni caso frutto di un evento esteriore assolutamente estraneo al reo.

Una soluzione che pare far convergere l’esclusione verso l’allegazione di prove sostenenti la sussistenza di un causa di forza maggiore o di fatto fortuito. La sentenza infatti, pare, insistere sulla possibile esclusione di responsabilità penale per l’omesso versamento delle imposte, laddove sia provata l’esistenza di una situazione completamente estranea al reo.

Certo un serio passo in avanti ma che appare non completo.

Una cosa è il dolo e una cosa è la colpa.

Una cosa è dare prova della sussistenza del dolo e una cosa è dare prova della sussistenza del dolo.

Vero è che una causa di forza maggiore o il caso fortuito, quando adeguatamente allegato, escludono la sussistenza del dolo (ma anche della colpa), ma per attribuire la responsabilità penale l’accusa deve dare la prova della sussistenza del dolo (coscienza e volontà di evadere le imposte mediante l’omesso versamento).

Sulla base di tale principio appare sostenibile e ragionevole ritenere che anche laddove la criticità finanziaria dell’impresa abbia trovato causa in condotte avventate dell’imprenditore, non può non escludersi la non sussistenza della volontà (elemento del dolo) dell’imprenditore circa l’omesso versamento.

LA CONDOTTA MISTA DEL REATO DI OMESSO VERSAMENTO

Con riferimento alla condotta presupposto del reato di omesso versamento, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che il delitto di cui all’articolo 10 ter del D.Lgs. 74/2000, non può essere considerato come un reato da condotta di natura esclusivamente omissiva, bensì da condotta mista, attiva e omissiva.

La condotta attiva è da ricondurre alla presentazione della dichiarazione annuale IVA, dalla quale emerge un debito di imposta superiore alla soglia di osservazione (€ 50.000,00).

La componente omissiva coincide con l’omesso versamento dell’IVA liquidata dal contribuente con la relativa dichiarazione.

Osserva, tuttavia la giurisprudenza richiamata, che, tenuto conto della finalità della norma, quella di contrastare l’evasione attuata mediante l’omesso versamento, è evidente che è il comportamento omissivo a catalizzare il disvalore della fattispecie presupposto di reato. Infatti, il reato per omesso versamento si perfeziona non con la semplice presentazione della dichiarazione ma con il successivo comportamento di omesso versamento del relativo debito IVA per un importo superiore alla soglia di € 50.000,0.

In parole più semplici, la presentazione della dichiarazione IVA è elemento (comportamento) costitutivo del reato ma non definitivo, laddove per il perfezionamento delle stesso è richiesto il successivo comportamento omissivo riconducibile al versamento dovuto e non effettuato.

Attenzione: Si rileva che la presentazione della dichiarazione è un comportamento che consente di accertare la sussistenza della conoscenza del debito da parte del contribuente, ed, infatti, la presentazione della dichiarazione IVA è fatto che prova la coscienza e la rappresentazione della sussistenza di un debito per un importo sopra la soglia di rilevanza e quindi prospetta l’obbligazione tributaria la cui non evasione è causa di presupposto di reato.

In relazione ai reati omissivi, appare opportuno, anche ai fini della ricerca di cui al presente intervento, precisare alcuni aspetti ed elementi di assoluta rilevanza.

In dottrina si afferma che, per ravvisarsi il dolo nei reati omissivi occorre accertare la sussistenza dei seguenti elementi:

  • La consapevolezza del reo (amministratore o imprenditore individuale), di rivestire una posizione di garanzia: per il caso in esame la diligenza propria dell’amministratore lascia implicita tale consapevolezza. L’amministrazione della società come l’essere imprenditore implica l’assunzione di un ruolo di garanzia attribuito dall’ordinamento, nell’osservanza degli adempimenti tributari;

  • La consapevolezza di vivere una situazione in cui la posizione di garanzia deve portare ad un’azione richiesta dalla normativa: nell’ordinamento tributario è l’amministratore, piuttosto che l’imprenditore, che deve assolvere le obbligazioni tributarie, rispettivamente, della società e derivanti dall’esercizio dell’impresa. La diligenza propria di tali ruoli esclude il ricorso all’ignoranza individuale che non può essere invocata da chi svolge un’attività rispetto alla quale ha il dovere di informarsi, con diligenza, sulla normativa esistente, dovere che ricorre nella specie di un imprenditore o amministratore che sono tenuti alla puntuale conoscenza e osservanza delle norme correlate allo svolgimento delle attività imprenditoriali (Cass. Sez. Unite 12 settembre 2013 n. 37424);

  • La coscienza della possibilità di compiere l’azione doverosa: Tale elemento appare tanto palese quanto complesso e costituisce il discriminante tra la condotta dolosa e la condotta colposa, questa esonerante da una responsabilità penale. Il reo deve avere la rappresentazione, sulla base della conoscenza dei fatti e della esperienza che da lui si presume (diligenza propria dell’imprenditore, vedi punto precedente), della possibilità di eseguire l’adempimento. L’impossibilità che esclude il presupposto di reato non deve essere riconducibile ad un suo comportamento, diversamente, proprio tale comportamento, consentirebbe la conservazione del rapporto causale tra la (sua) condotta e l’evento presupposto di reato.

  • La risoluzione a non agire: il reo, sul presupposto degli elementi di cui sopra è colpevole perché omette il comportamento richiesto dalla norma. Per l’argomento in trattativa l’omissione interessa il versamento dell’IVA per un importo annuale superiore ad € 50.000,00.

La suprema Corte di Cassazione, a sez. Unite, ha fornito ulteriori contributi sulla natura omissiva del reato in trattativa scadendone gli elementi costitutivi.

Rappresenta, la giurisprudenza richiamata, che gli elementi dell’illecito omissivo di mera condotta sono: a) i presupposti, da ricondurre alla situazione che genera l’obbligo ad agire; b) la condotta omissiva; c) il termine, esplicito o implicito, alla cui scadenza l’inadempimento dell’obbligo assume rilevanza e si consuma l’illecito.

Nel reato di omesso versamento di cui all’articolo 10 Ter del D.Lgs. 74/2000 gli elementi di cui sopra trovano la seguente traduzione:

  • Il presupposto è costituito, sia dal compimento di operazioni imponibili comportanti l’obbligo di effettuare il versamento IVA, sia dalla presentazione della dichiarazione annuale IVA; la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che la presentazione della dichiarazione IVA è elemento necessario del presupposto di reato; d’altro canto l’omessa presentazione della dichiarazione costituisce presupposto di reato nei termini prescritti da altra disposizione: articolo 5 del D.Lgs. 74/2000;

  • La condotta omissiva si concretizza nel mancato versamento per un ammontare superiore ad € 50.000,00 dell’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale;

  • Il termine è individuato in quello previsto per il versamento dell’acconto IVA relativo al periodo di imposta successivo.

Questi quindi gli elementi e i fatti che devono essere verificati per l’accertamento della sussistenza della responsabilità penale, fatti il cui accadimento non è di per sé sufficiente per ascrivere il reato di omesso versamento all’amministratore o all’imprenditore. Come si avrà modo di meglio precisare nella successiva seconda parte, la responsabilità penale per l’omesso versamento di imposte implica la necessaria accertata sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo ancorché nel suo atteggiamento più tenue del dolo eventuale

16 ottobre 2014

Mario Agostinelli