Ricavi non dichiarati? La prova passa al contribuente

in caso di ricavi non dichiarati che hanno prodotto un accertamento indiretto l’onere della prova è posto a carico del contribuente

In caso di ricavi non dichiarati che hanno prodotto un accertamento indiretto l’onere della prova è a carico del contribuente.

Tale principio è contenuto nella sent. n. 17714/2014 della CTP di Roma da cui emerge che in caso di accertamento induttivo emesso per il conseguimento di ricavi non dichiarati, a seguito di verbale della Gdi F, è sempre il contribuente a dover fornire la prova contraria dell’addebito dell’ufficio.

In caso di violazioni gravi l’articolo 39, comma 2, del Dpr 600/1973, prevede che l’ufficio può procedere alla rettifica delle dichiarazioni dei redditi facendo ricorso a presunzioni semplici che non abbiano i caratteri di gravita, precisione e concordanza.

Nel caso di specie la società contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento per presunti ricavi non dichiarati eccependo la mancata natura analitica e la motivazione dell’atto in quanto quest’ultimo richiamava unicamente il processo verbale della Guardia di Finanza. In particolare, secondo la società ha rilevato che le contestazioni riguardavano in realtà un finanziamento dei soci e non le scritture contabili per cui non era tenuta a fornire la prova dei fatti L’ufficio finanziario dal canto suo ha fatto presente che in tali casi deve essere sempre la parte contribuente a fornire la prova contraria dell’addebito mosso.

I giudici della Commissione tributaria, accogliendo la tesi dell’Amministrazione finanziaria, hanno ritenuto che è la parte contribuente a dovere fornire la prova “quando viene chiamata a giustificare la provenienza del movimento di denaro che si presume soggetto di tassazione”. Nella fattispecie, trattandosi di accertamento indiretto, si è determinata una classica inversione dell’onere della prova, ed è il legislatore stesso ad imporre al contribuente di fornire la prova contraria per superare la presunzione legale dell’Amministrazione Finanziaria.

Alla luce di quanto sopra la Commissione tributaria ha respinto il ricorso condannando la società al pagamento delle spese di lite.

Sul tema in esame la giurisprudenza della Suprema Corte ha affermato la legittimità dell’accertamento induttivo conseguente ad una plusvalenza patrimoniale verificatasi a seguito di cessione d’azienda e che grava sul contribuente la prova di dimostrare la vendita del bene ad un prezzo inferiore a quello indicato in bilancio. In tema di plusvalenza realizzata nell’ambito di un’impresa occorre verificare la differenza realizzata tra prezzo di acquisto e prezzo di cessione e la prova della vendita ad un prezzo inferiore a quello accertato spetta al contribuente (Cass. nn. 23/115/2013 e 27989/2011). La regolare tenuta della contabilità non osta all’accertamento induttivo per il tramite del ricorso a presunzioni fornite dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e l’onere della prova è a carico del contribuente (Cass. n. 24437/2013).

22 settembre 2014

Enzo Di Giacomo