Redditometro nullo se l’amministrazione finanziaria non prova il versamento del prezzo di acquisto del bene

è nullo l’accertamento sintetico se l’amministrazione finanziaria non riesce a dimostrare il versamento del prezzo; è stato pertanto accolto, dalla Corte di Cassazione, il ricorso del contribuente che aveva comprato una farmacia con l’accollo del debito senza esborso finanziario

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19030 del 10 settembre 2014, ha affermato che è da considerarsi nullo l’accertamento nei confronti di un contribuente, se l’amministrazione finanziaria non riesce a dimostrare l’avvenuto versamento del prezzo per l’acquisto del bene, da parte del contribuente, soggetto ad accertamento.

La vicenda vede un contribuente ricorrere in Cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, che ha confermato la legittimità dell’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti con metodo sintetico, ex art. 38, c. 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, in base alla esistenza di spese sostenute, tra il 1996 e il 1997, per l’acquisto di una farmacia mediante accollo dei relativi debiti.

Il contribuente è ricorso in Cassazione sostenendo la violazione dell’art. 38, del D.P.R. n. 600 del 1973, deducendo che, ai fini del quinto comma di tale articolo, occorre che vi sia stata l’erogazione di una somma di denaro, alla quale non può essere equiparato l’indebitamento privo di adempimento, come avvenuto nella fattispecie, in cui dalla stessa sentenza risulta che la spesa si è verificata solo, parzialmente nel 2003 e non negli anni oggetto di accertamento; il contribuente, pertanto, formula il seguente quesito ai giudici di legittimità, e cioè se la norma citata “torna applicabile anche quando non vi sia stata, nell’anno in esame, nessuna dazione di denaro e quindi nessuna spesa, ma solo un accollo di debiti con una previsione di esborso (poi verificatosi) negli anni successivi“.

L’analisi della Cassazione

I giudici di legittimità osservano preliminarmente che l’art. 38, del D.P.R. n. 600 del 1973 disciplina, fra l’altro, il metodo di accertamento sintetico del reddito e, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la legge n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito in legge n. 122 del 2010), prevede:

  • da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui consumi);

  • dall’altro (quinto comma), contempla le “spese per incrementi patrimoniali“, cioè quelle , di solito elevate, sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente (esempio tipico, l’acquisto di una casa di abitazione): in questo caso, è stabilita una presunzione di imputabilità del reddito, in quote costanti, all’anno in cui la spesa è stata effettuata ed ai cinque precedenti, cioè una disciplina di favore, adottata in base all’id quod plerumque accidit, ossia al fatto che la capacità di effettuare una determinata spesa ben può attribuirsi non al reddito prodotto nello stesso anno d’imposta cui l’accertamento si riferisce, bensì alla disponibilità di capitale accumulato negli anni precedenti.

Le ultime novità sul redditometro

Va ricordato che il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 24 dicembre 2012, di attuazione del nuovo accertamento sintetico di cui all’art. 22, del D.L. n. 78 del 31 maggio 2010, è entrato in vigore il 4 gennaio 2013, giorno della pubblicazione in G.U..

La norma attuativa individua e valorizza in modo puntuale il “contenuto induttivo” degli elementi di spesa personale, indicativi di capacità contributiva, su cui l’accertamento potrà basare la ricostruzione del reddito complessivo “consumato” dalle persone fisiche, per le annualità dal 2009 in poi. L’elencazione di spese rilevanti ai fini dell’accertamento di cui all’art. 38, c. 4 e 5, del D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, si riferisce:

  • all’acquisto, da un lato, di beni e servizi puntuali esattamente elencati e valorizzati nella tabella A allegata al suddetto decreto ministeriale, oltre alla spesa per investimenti patrimoniali e finanziari (c.d. sintetico puro);

  • dall’altro lato, la spesa personale viene, altresì, valorizzata in funzione del contenuto reddituale presuntivo

    • sia del possesso di alcuni beni significativi, di cui viene ricostruito per medie Istat, nella suindicata tabella A, il costo di mantenimento;

    • sia in funzione di alcune spese immediatamente attribuibili al nucleo familiare del contribuente, secondo ripartizione geografica degli stessi nuclei sul territorio nazionale, sulla base di analisi e studi socio economici (c.d. redditometro).

Occorre fare un doveroso distinguo tra accertamento sintetico puro, basato sulle spese effettive di qualsiasi genere le quali, indicando una capacità “puntuale” ed effettiva di spesa, vengono presunte (auto)sufficientemente segnaletiche di una disponibilità corrente di reddito di pari importo e, dall’altro lato, gli elementi di spesa medi o statistici, quindi, di carattere induttivo in senso più generale.

Nel primo caso, infatti, la “natura di presunzione legale relativa non sembra particolarmente in discussione poiché peraltro, anche a mente del quarto comma, del citato art. 38, l’Ufficio può sempre determinare il reddito complessivo sulla base delle spese puntualmente sostenute. Nel caso del redditometro propriamente detto, invece, la valenza probatoria della presunzione è più attenuata; infatti, ai sensi del quinto comma dell’art. 38, la determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi medi di spesa, ora peraltro elencati nella tabella A allegata al citato recente decreto attuativo. Tra le due fattispecie vi è già quindi una precisa distinzione terminologica: il ‘può sempre determinare’ relativo all’accertamento sintetico puro è certamente più incisivo del più debole ‘può essere fondata’ del redditometro; differenza che induce a valorizzare ulteriormente la diversa efficacia probatoria nei due casi, all’interno della medesima norma”.

Le conclusioni della Cassazione

La Corte di Cassazione evidenzia che nell’ipotesi delle spese per incrementi patrimoniali, l’accertamento deve basarsi, sulla diretta dimostrazione (risultante, solitamente, da un atto formale) della effettiva erogazione della spesa, costituente il fatto noto, manifestazione di ricchezza, da parte del contribuente in un determinato momento o arco di tempo (uno o più anni d’imposta); e salva restando, ai sensi del sesto comma, dell’art. 38, del D.P.R. 600/1973, la prova contraria, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta , o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore; o, ancora, che il pagamento del prezzo non è avvenuto e, quindi, l’acquisto effettuato non denota una reale disponibilità economica, poiché il contratto stipulato, in ragione della sua natura simulata, ha una causa gratuita, anziché quella onerosa apparente.

Per i giudici di legittimità da quanto esposto nel caso esaminato deriva che il mero accollo di un debito non è sufficiente ai fini del metodo di accertamento in esame, non costituendo l’accollo un modo di estinzione delle obbligazioni (diverso dall’adempimento), a differenza, ad esempio, della compensazione, ma solo una modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio nel lato passivo.

L’accollo di un debito non comporta, cioè, l’attuale erogazione di spesa e non è dunque effettiva ed attuale espressione di capacità economica nella prospettiva dell’art. 38, quinto comma, del D.P.R. 600/1973; espressione di tale capacità ai detti fini è, invece, costituita dai singoli atti di estinzione dell’obbligazione accollata.

Occorre, in definitiva, dimostrare l’effettivo sostenimento di una spesa in uno o più periodi d’imposta ed applicare, quindi, il metodo di accertamento sintetico in relazione agli anni interessati, sia direttamente che a seguito della “spalmatura” del reddito nei cinque anni precedenti, in applicazione del sopra richiamato criterio presuntivo (anch’esso soggetto a prova contraria) di cui al quinto comma, del citato art. 38.

Per i giudici di legittimità il semplice accollo di un debito non è sufficiente ai fini del metodo di accertamento sintetico, non costituendo l’accollo un modo di estinzione delle obbligazioni , a differenza, ad esempio, della compensazione.

La sentenza va, pertanto, accolta e rinviata ad altra sezione della commissione tributaria regionale che procederà ad un nuovo esame della controversia.

25 settembre 2014

Federico Gavioli