Per l'accertamento con adesione vale la data di spedizione

in caso di invio per posta della domanda di accertamento con adesione il contribuente deve fare attenzione ad inviare il plico nei 60 giorni previsti dal dettato normativo

Il quadro giuridico

La norma contenuta nel secondo comma dell’art. 6, del D.Lgs. n. 218/97 (ai fini reddituali ed Iva) e parallelamente nell’art. 12, del medesimo D.Lgs. n. 218/97 (ai fini delle imposte indirette diverse dall’Iva) consente al contribuente di proporre istanza di accertamento con adesione, se l’accertamento non è stato preceduto da invito a comparire da parte dell’ufficio, chiedendo l’instaurazione del contraddittorio.

L’istanza, in carta libera, deve contenente il riferimento all’atto avverso il quale è proposta e l’indicazione del recapito, anche telefonico del contribuente, e può essere consegnata o spedita all’Ufficio che ha emesso l’atto impositivo.

In ordine alle modalità di presentazione dell’istanza, le prime istruzioni fornite con la circolare n. 235/1997 riconoscevano al contribuente la possibilità di avvalersi anche del servizio postale, senza tuttavia evidenziare se in tale ipotesi, ai fini della tempestività dell’istanza, assumesse rilevanza la data di spedizione o quella in cui essa perviene all’ufficio competente.

Successivamente, con la circolare n.28/2002 l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto tempestiva la domanda spedita per posta entro il termine di 60 giorni dalla notifica dell’atto di accertamento, purché vengano rispettate dal contribuente le modalità prescritte dall’art. 20 del D.Lgs. n. 546/1992 (plico raccomandato senza busta, con avviso di ricevimento).

Il pensiero della Cassazione

Con la sentenza n. 17314 del 30 luglio 2014 (ud. 22 maggio 2014) la Corte di Cassazione, pur consapevole dell’orientamento espresso dalle Entrate, non ne ha condiviso il pensiero.

Nel caso in questione è incontroverso che le istanze di accertamento con adesione sono state spedite dalla società con lettere raccomandate in busta chiusa (senza ricevuta di ritorno) il 58 giorno dalla notifica degli avvisi di rettifica.

Il provvedimento di diniego delle istanze di accertamento si fonda sul fatto che le raccomandate spedite erano prive di avviso di ricevimento e spedite in busta chiusa, come tali non rispettose dei requisiti prescritti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 20, e pervenute all’Ufficio oltre il 60 giorno (in contrasto, quindi, con le indicazioni di prassi).

Per la Corte, “premesso che la circolare dell’Agenzia delle Entrate con la quale l’Amministrazione finanziaria interpreti una norma tributaria, anche quando contenga una direttiva agli uffici gerarchicamente subordinati, esprime un parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente, oltre che per gli uffici, per la stessa autorità che l’ha emanata e per il giudice (cfr. Cass. civ. sez. unite 2 novembre 2007, n. 23031; più di recente Cass. civ. sez. 5, 21 marzo 2014, n. 6699), il parere espresso da detta circolare non può essere condiviso da questo collegio, atteso che da esso deriva l’estensione analogica di una causa di decadenza, che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22 del, nel prevederne l’inammissibilità, la pone, in combinato disposto con l’art. 20 del cit. D.Lgs., unicamente con riferimento al ricorso giurisdizionale proposto a mezzo posta che sia stato spedito alla CTP adita con raccomandata priva di avviso di ricevimento ed in busta chiusa”.

Prosegue la sentenza: “stante il principio di tassatività delle cause di decadenza dall’impugnazione (cfr. Cass. civ. sez. 2, 30 marzo 2006, n. 7352) e avuto riguardo, del resto, alla diversa funzione cui sottende il requisito di forma previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1997, art. 20 per la corretta proposizione del ricorso giurisdizionale, rispetto a quello (la sola forma scritta dell’istanza di accertamento con adesione) che quella proposizione del ricorso mira invece ad evitare, deve condividersi, nella fattispecie in esame, la valutazione del giudice di merito circa la legittimità delle istanze di accertamento con adesione presentate dalla contribuente ed il conseguente accoglimento, in parte qua, del ricorso della società, confermato dalla decisione impugnata, non essendo stata, peraltro, nella fattispecie in esame, in alcun modo contestata dall’Amministrazione finanziaria la ricezione delle istanze, quantunque oltre il 60 giorno dalla notifica degli avvisi di rettifica, né che le buste chiuse non contenessero le istanze di accertamento con adesione relative agli avvisi di rettifica previamente notificati alla contribuente”.

Brevi riflessioni

La questione affrontata dalla Corte non è di poco conto, per i riflessi che implica.

Infatti, la presentazione dell’istanza produce fra l’altro, la sospensione per 90 giorni dei termini di impugnazione dell’atto, decorrenti dalla data di presentazione dell’istanza da parte del contribuente, per dar modo all’ufficio di riesaminare l’atto ed al contribuente di produrre le proprie osservazioni, a cui vanno aggiunti (se ivi ricadenti) i termini di sospensione feriale “dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno, prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742”.

Sul punto, la R.M. n.159/E dell’11 novembre 1999 ha chiarito che il periodo di sospensione di 90 giorni, di cui all’art. 6, c. 3, del citato D.Lgs. n. 218/1997, rientra (per logica connessione con i termini processuali) nell’ambito applicativo dell’art.1, secondo periodo, della richiamata L. n. 742/1969, dal momento che i due periodi di sospensione in argomento assolvono a diverse finalità, così che il periodo di sospensione feriale opera ogni qual volta il periodo di sospensione di 90 giorni venga a ricadere, come termine iniziale o come termine finale, nell’arco temporale che va dall’1 agosto al 15 settembre, come anche nell’ipotesi in cui il periodo feriale sia ricompreso nel periodo dei 90 giorni.

Da più parti è stato osservato che si tratta di effetti di sospensione automatica che si verificano a prescindere dall’esito del contraddittorio e dell’eventuale perfezionamento o meno dell’adesione.

Nello specifico, l’A.F., con la circolare n.65/2001 ha precisato che “la negativa conclusione del procedimento non incide sul periodo di sospensione dei termini per ricorrere previsto dal co. 3 dello stesso art. 6. Tale norma assegna, infatti, alla presentazione dell’istanza di adesione l’effetto automatico e predeterminato di sospensione, per 90 giorni, dei termini per impugnare l’atto di accertamento notificato dall’ufficio, non prevedendo alcuna causa di decadenza dalla sospensione stessa”.

L’intervento di prassi puntualizza che la disposizione in esame non correla in alcun modo il periodo di sospensione all’eventuale anticipato esito negativo dell’istanza di adesione e, pertanto, “sia sul piano testuale che di ricostruzione logico-sistematica non è fondatamente sostenibile la comprimibilità del periodo di sospensione fissato dalla legge in novanta giorni”.

17 settembre 2014

Francesco Buetto