La riforma fiscale del terzo settore

il Governo sta cercando di riordinare la fiscalità del terzo settore in quanto le leggi che oggi normano le attività no profit sono disarticolate e, in determinate situazioni, di difficile interpretazione ed applicazione

Nei mesi scorsi il Governo ha approvato un disegno di legge delega riguardante la riforma degli enti no profit. La scelta di riordinare l’intera materia è sicuramente positiva in quanto la normativa attualmente in vigore, sia dal punto di vista civilistico, ma anche fiscale, è scarna e disarticolata. Pertanto sono frequenti le ragioni di contrasto con l’Agenzia delle entrate a seguito della difficile interpretazione di alcune norme.

Dopo che il disegno di legge sarà stato approvato in via definitiva i decreti legislativi delegati dovranno provvedere al riordino e all’armonizzazione della disciplina tributaria applicabile agli enti no profit e delle diverse forme di fiscalità di vantaggio, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Uno dei punti più delicati nell’ambito delle disposizioni che disciplinano la materia è costituito dal divieto di distribuzione degli utili, anche in forma indiretta (Art. 148 del TUIR). Le disposizioni attualmente in vigore forniscono una specifica definizione di tale fattispecie (distribuzione degli utili) esclusivamente con riferimento alle ONLUS. Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che tale definizione abbia valenza generale per ogni tipologia di ente non commerciale (quindi anche diverso dalle ONLUS).

In particolare, la risoluzione n. 9/E del 25 gennaio 2007, ha richiamato le indicazioni contenute nella precedente circolare n. 124/E del 22 maggio 1998 della stessa amministrazione finanziaria. In quella sede (paragrafo 5.3) con riferimento all’applicabilità nei confronti degli enti associativi del regime previsto dall’art. 148, comma 3, del TUIR è stato chiarito, che in mancanza di un’espressa indicazione del legislatore a proposito della nozione di “distribuzione indiretta” di utili, devono essere applicati “i criteri stabiliti dall’articolo 10, comma 6, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460. In buona sostanza, come già ricordato, secondo l’interpretazione fornita dal Fisco, i criteri stabiliti specificamente dal legislatore per le ONLUS troverebbero applicazione più in generale anche nei confronti degli altri enti di tipo associativo, delle associazioni sportive dilettantistiche e delle srl non lucrative esercenti attività sportive dilettantistiche (disciplinate dall’art. 90 della L. n. 289/2002).

L’Agenzia delle entrate argomenta l’interpretazione affermando che “tale ultima disposizione, relativa alla disciplina tributaria delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, nell’individuare alcune fattispecie che “costituiscono in ogni caso distribuzione indiretta di utili o avanzi di gestione”, può, infatti, considerarsi come norma di valenza generale. Pertanto la stessa deve ritenersi applicabile anche agli enti di tipo associativo ai fini della determinazione del requisito di non lucratività previsto per l‘applicazione dei regimi fiscali agevolativi agli stessi riservati dalla legge”.

Tale interpretazione estensiva ha dato luogo a frequenti contrasti interpretativi con l’Agenzia delle entrate. Il Disegno di legge delega rappresenta quindi una buona occasione per riscrivere e disciplinare ex novo l’intera materia anche al fine di rendere più “attuale” la nozione di distribuzione di utili.

Secondo le precisazione fornite dall’Agenzia delle entrate è necessario fare riferimento all’art. 10, comma 6, lett. c) del citato decreto legislativo. In particolare una delle “clausole” individuate dalla norma stabilisce che si considera “in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione … la corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali superiori al compenso massimo previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1994, n. 645, e dal decreto legge 21 giugno 1995, n. 239, convertito dalla legge 3 agosto 1995, n. 336, e successive modificazioni e integrazioni, per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni.”

La Circolare n. 168/E del 26 giugno 1998 ha “chiarito che la disposizione individua alcune fattispecie che “costituiscono in ogni caso” indici di una distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione che assumono “valore di presunzione assoluta”.

Alla luce di queste ulteriori precisazioni, in base alla tesi del Fisco, superando il limite massimo dei suddetti compensi, non sarà comunque possibile fornire in alcun modo la prova contraria circa il fatto che il comportamento assunto non configurerebbe l’ipotesi di “distribuzione indiretta”. L’art. 10, comma 6 del D.Lgs n. 460/1997 “e’ da considerare norma antielusiva di tipo sostanziale della quale può essere chiesta la disapplicazione” ai sensi dell’art. 37 – bis, comma 8, del D.P.R. n. 600/1973 (Ris. Agenzia delle entrate n. 294/2002).

L’interpretazione fornita dall’Amministrazione finanziaria non può essere pienamente condivisa e probabilmente la soluzione, eccessivamente sbilanciata in favore del Fisco, trova origine nel testo normativo lacunoso. Attribuire alla diposizione in rassegna la natura di presunzione assoluta potrebbe voler significare l’estensione dell’ambito applicativo della stessa ben oltre le intenzioni del legislatore.

Il testo della disposizione non contiene alcun riferimento, affinché trovi applicazione la presunzione in rassegna, all’esistenza di un legame più o meno indiretto degli amministratori rispetto all’ente associativo. Ad esempio, secondo quanto affermato dalle entrate, la mera corresponsione di un compenso eccessivo (superiore al presidente del collegio sindacale) all’amministratore, rappresenta circostanza in sé idonea a riqualificare tale somma come distribuzione di utili, e ciò anche laddove l’amministratore sia del tutto estraneo rispetto all’ente erogante la somma. La circostanza si verifica se l’amministratore non è associato, né sono associate altre persone a lui unite da vincoli di parentela e, ad esempio, esercita l’attività di dottore commercialista.

E’ auspicabile che, almeno in questa ipotesi, l’Agenzia delle entrate escluda l’applicazione della presunzione in rassegna. Tuttavia, come già ricordato, la riforma degli enti no profit dovrebbe regolamentare in maniera più chiara l’intera materia anche al fine di prevenire potenziali contenziosi fiscali.

10 settembre 2014

Nicola Forte