IVA e TIA, analisi della giurisprudenza

data la non assoggettabilità della TIA ad IVA è nato un notevole contenzioso per il rimborso dell’IVA indebitamente applicata; ecco un’analisi della giurisprudenza aggiornata: le controversie instaurate dagli utenti del servizio, le controversie instaurate dai prestatori del servizio

Natura giuridica

La tariffa di igiene ambientale è prevista dall’art. 49 del D.Lgs. n. 22 del 1997 (cd. TIA1). Detto prelievo presenta tutte le caratteristiche del tributo, costituendo una mera variante della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani di cui al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, e conservandone la qualifica tributaria, con la conseguenza che le relative controversie sono devolute alla cognizione delle Commissioni tributarie1. Le controversie aventi ad oggetto la debenza della Tia hanno natura tributaria2 e la loro attribuzione alla cognizione delle Commissioni tributarie, ad opera dell’art. 2, c. 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non si pone in contrasto con gli artt. 25, c. 1, e 102, c. 2, Cost., nonché con la VI disposizione transitoria della Costituzione. (Corte cost. Sent., 24-07-2009, n. 238)3.

Estraneità della TIA1 all’ambito di applicazione dell’Iva

Dalla predetta tariffa va distinta la tariffa integrata ambientale introdotta dall’art. 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 che è applicabile a partire dal 2010 (cd. TIA2)4. L’art. 14, c 33, del DL 31 maggio 2010, n. 78 ha espressamente previsto che le disposizioni di cui all’art. 238 del D.Lgs. n. 152 del 2006 “si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa … rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria5.

Secondo l’orientamento del giudice di legittimità (sentenza n. 3294/2012; Cassazione a Sezioni Unite ordinanza n. 14903/2010 e sentenza n. 25929/2011; prima sezione civile sentenza n. 2320 del 17 febbraio 2012) con l’art. 14, c. 33, D.L. n. 78 del 2010, l’Amministrazione, che ha elaborato il provvedimento, intendeva sottoporre ad IVA le somme versate, in passato, a titolo di TIA1. Se questa era l’intenzione, l’intentio legislatoris non si è tradotta in una voluntas legis, cioè in un contenuto normativo adeguato. Ne consegue che il disposto del D.L. 78 citato riguarda direttamente solo la TIA2 e tale disposizione “ha carattere innovativo, o – meglio – istituisce una tariffa che nell’intenzione del legislatore dovrebbe essere ontologicamente diversa rispetto alla ‘prima Tia’”.

La TIA1, in quanto avente natura tributaria, non è soggetta ad IVA dal momento che tale imposta deve colpire una qualche capacità contributiva che si manifesta quando un soggetto acquisisce beni o servizi versando un corrispettivo, non quando paga un’imposta, sia pure “mirata” o “di scopo” cioè destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il soggetto stesso. Sono soggette all’IVA solo le prestazioni di servizi “verso corrispettivo” e non quelle finanziate mediante imposte. Le conclusioni dell’Amministrazione finanziaria sono il “frutto di una forzatura logica del tutto inaccettabile” (sentenza n. 3756/2012 della Corte di Cassazione).Sotto il profilo della logicità non è dato comprendere in qual senso possa minimamente sostenersi l’identità tra situazioni in successione tra loro “(dovrebbe far parte del comune patrimonio logico-cartesiano che, se A succede a B, A e B non sono la stessa cosa)”. E’ configurabile6 la non applicabilità dell’IVA alla TIA1 in considerazione della “pacifica natura tributaria” della medesima, della mancanza di disposizioni legislative che espressamente assoggettano a IVA le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti e della “irrilevanza di diverse prassi amministrative, posto che la natura tributaria della tariffa va desunta dalla sua complessiva disciplina legislativa, e non da dette eventuali distorte prassi7.

Tipologie di controversie

Le controversie in ordine all’applicazione dell’IVA sulla tariffa di igiene ambientale, prevista dall’art. 49 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (TIA1), sono riconducibili alle seguenti tipologie :

  • controversie instaurate innanzi al giudice ordinario dagli utenti del servizio nei confronti del prestatore al fine di ottenere la restituzione dell’IVA corrisposta sulla TIA1 al prestatore medesimo, il quale si costituisce in giudizio formulando la chiamata in causa dell’Agenzia delle entrate.

  • controversie instaurate innanzi al giudice tributario dagli utenti o dal prestatore del servizio nei confronti dell’Agenzia delle entrate avverso il diniego di rimborso dell’IVA corrisposta sulla TIA1;

Controversie instaurate dagli utenti del servizio

Sussiste un preciso orientamento (Corte di cassazione ordinanza 14 giugno 2010, n. 14264), secondo cui in tema diIVA, una corretta lettura del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 17 e 18,consente di identificare nel cedente del bene (o nel prestatore del servizio) ilsoggetto legittimato a pretendere il rimborso dall’amministrazione finanziaria edeventualmente obbligato a restituire al cessionario (o al committente) la sommapagata a titolo di rivalsa, infatti, i tre rapporti che discendono dal compimento dell’operazione imponibile (tra l’amministrazione finanziaria e il cedente, relativamente al pagamento dell’imposta; tra il cedente ed il cessionario, in ordine alla rivalsa; tra l’amministrazione ed il cessionario, per ciò che attiene alla detrazione dell’imposta assolta in via di rivalsa), pur essendo collegati, non interferiscono tra loro.

Ne consegue che il cedente non può opporre al cessionario (il quale agisca in restituzione) l’avvenuto versamento dell’imposta, che il cessionario non può opporre all’amministrazione (che escluda la detrazione) che l’imposta è stata assolta in via di rivalsa e versata all’amministrazione medesima, e, infine, che solo il cedente ha titolo ad agire per il rimborso nei confronti dell’amministrazione, la quale, pertanto, essendo estranea al rapporto tra cedente e cessionario, non può essere tenuta a rimborsare direttamente a quest’ultimo quanto dallo stesso versato in via di rivalsa.In ordine alle controversie concernenti i dinieghi degli Uffici delle Entrate alle richieste di rimborso dell’IVA avanzate dagli utenti del servizio è configurabile il difetto di legittimazione attiva del ricorrente.

Controversie instaurate dai prestatori del servizio

Con riguardo, alle controversie tra prestatore del servizio e Agenzia delle Entrate per il rimborso dell’IVA versata8, le stesse rientrano nella cognizione del giudice tributario, in quanto attengono al rapporto tributario tra il soggetto passivo del tributo e l’Amministrazione9.

Controversie instaurate innanzi al giudice ordinario dall’utente finale nei confronti dell’utilizzatore del servizio

Secondo un orientamento10 della giurisprudenza di legittimità (sezioni unite della Corte di cassazione ordinanze 24 giugno 2011, n. 13911; 27 ottobre 2011, n. 22381e 13 giugno 2012, n. 9597) quando la controversia, avente per oggetto la legittimità del diritto di rivalsa esercitato dal gestore del servizio di riscossione della tariffa comunale di igiene ambientale (Tia) per l’Iva applicata su tale tariffa a carico dell’utente finale, non riguarda un provvedimento impugnabile soltanto dinanzi al giudice tributario, il giudice ordinario si riappropria della giurisdizione, a nulla rilevando che la composizione della lite debba passare attraverso l’interpretazione di una norma tributaria. (Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 28-01-2011, n. 2064)11.

Una volta eliminato qualunque dubbio sulla applicabilità dell’IVA alla TIA1, sussiste per i contribuenti-consumatori di accedere al rimborso dell’IVA indebitamente applicata sulle bollette o fatture relative alla TIA1. Peraltro, in caso di mancato rimborso (spontaneo) le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ordinanza n. 2064 del 28 gennaio 2011) hanno confermato che competente alla cognizione della lite per il recupero dell’IVA è il giudice ordinario, in sintonia con l’orientamento per cui spetta a tale autorità giudiziaria giudicare in ordine alle domande proposte dal consumatore finale nei confronti del professionista o dell’imprenditore che abbia effettuato la cessione del bene o la prestazione del servizio per ottenere la restituzione delle maggiori somme addebitatagli in via di rivalsa, e ciò anche quando il debito IVA venga totalmente contestato. Si tratta, infatti, di una controversia tra privati, alla quale “resta estraneo l’esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà – soggezione, proprio del rapporto tributario“. Per quanto concerne le controversie instaurate dall’utente innanzi al giudice ordinario12 nei confronti del prestatore del servizio per la restituzione dell’IVA corrisposta sulla tariffa, in caso di eventuale chiamata in causa dell’Agenzia delle entrate nei giudizi in esame, gli Uffici eccepiscono il proprio difetto di legittimazione passiva.

Con l’ordinanza 28 gennaio 2011, n. 20643, le sezioni unite della Corte di cassazione hanno ribadito il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. SS.UU. 26 giugno 2009, n. 15031; 26 giugno 2009, n. 15032; 8 febbraio 2007, n. 2775; 29 aprile 2003, n. 6632; 7 novembre 2000, n.1147), secondo cui “In tema di IVA, spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda proposta dal consumatore finale nei confronti del professionista o dell’imprenditore che abbia effettuato la cessione del bene o la prestazione del servizio per ottenere la restituzione delle maggiori somme addebitategli in via di rivalsa per effetto dell’applicazione di un’aliquota asseritamente superiore a quella prevista dalla legge: poiché, infatti, soggetto passivo dell’imposta è esclusivamente colui che effettua la cessione di beni o laprestazione di servizi, la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, ma un rapporto di natura privatistica tra soggetti privati, che comporta un mero accertamento incidentale in ordine all’ammontare dell’imposta applicata in misura contestata” (Cass. SS.UU. 2775/2007; conf. 6632/2003, 1147/2000).

Il principio resta valido anche quando, come nella specie, il debito iva venga totalmente contestato. Si tratta, in ogni caso, di una controversia tra privati13, alla quale “resta estraneo l’esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà – soggezione, proprio del rapporto tributario (Cass. SS.UU.15031/2009)”. Dal compimento di un’operazione imponibile IVA discendono i seguenti tre rapporti: tra l’Amministrazione finanziaria e il cedente o prestatore del servizio, relativamente al pagamento dell’imposta; tra il cedente o prestatore del servizio e il cessionario, in ordine alla rivalsa; tra l’Amministrazione finanziaria e il cessionario, per ciò che attiene alla eventuale detrazione dell’imposta assolta in via di rivalsa. I suddetti rapporti, pur essendo collegati in quanto relativi ad una medesima operazione, non interferiscono tra loro, restando, al contrario, autonomi. La responsabilità di valutare l’assoggettabilità di una operazione ad IVA ed il compito di gestire il relativo contenzioso spetta al soggetto d’imposta (id est cedente/fornitore) mentre la controparte deve adeguarsi, almeno nei rapporti con il fisco, alle valutazioni del primo, e solo contro costui potrà promuovere un’azione di natura non tributaria, e perciò avanti al giudice ordinario, per ottenere la restituzione di quanto indebitamente versato.

18 settembre 2014

Ignazio Buscema

1 La tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (cosiddetta TIA), di cui all’art. 49 del D.Lgs. n. 22/1997, ha natura tributaria e le relative controversie appartengono alla giurisdizione del giudice tributario. Sussiste la giurisdizione del giudice tributario nelle controversie concernenti le fatture relative al pagamento della TIA, quand’anche sia contestato il presupposto atto amministrativo generale in virtù del quale le fatture sono state emesse. Esula quindi dalla giurisdizione del giudice amministrativo, per rientrare in quella del giudice tributario, l’impugnativa degli atti di recupero della tariffa lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, derivanti da un provvedimento di adeguamento della medesima tariffa, adottato per coprire un disavanzo di gestione, con l’autorizzazione alla fatturazione a conguaglio del relativo importo da ripartire proporzionalmente nei confronti delle utenze servite (Cons. Stato Sez. V, 28-07-2014, n. 3980). In tema di riparto di giurisdizione, spettano alla giurisdizione tributaria le controversie aventi ad oggetto la debenza della tariffa di igiene ambientale (TIA), in quanto tale tariffa non costituisce una entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della TARSU, disciplinata dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, di cui conserva la qualifica di tributo (T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, 04-03-2014, n. 2475). Considerata la natura tributaria della TIA ex art. 49 del D.Lgs. n. 22/1997, le controversie aventi a oggetto la debenza della TIA, sotto qualunque profilo, anche in ordine alla sola questione afferente l’indebita applicazione dell’IVA, hanno natura tributaria e sono da attribuire alla cognizione delle Commissioni tributarie (Cass. civ. Sez. V, 05-04-2013, n. 8383).

2 La Tariffa di igiene ambientale TIA1 ha natura tributaria. La fattura commerciale, con la quale viene chiesto il pagamento della TIA1, quale atto impositivo, deve avere il contenuto dell’atto di accertamento. Le controversie sono di competenza delle Commissioni tributarie. In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 11157 del 2013. Appartengono alla giurisdizione tributaria le controversie relative alla debenza della tariffa di igiene ambientale (TIA1) prevista dall’art. 49, D.Lgs. n. 22/1997. La tariffa di igiene ambientale (TIA1) costituisce una mera variante della TARSU disciplinata dal D.Lgs. n. 507/1993 e conserva la qualifica di tributo propria di quest’ultima (Corte costituzionale, sentenza n. 238/2009; ordinanze n. 300/2009 e n. 64/2010). In tal senso anche la Corte di Cassazione che, nelle ordinanze a Sezioni Unite n. 14903/2010 afferma che la tariffa di igiene ambientale (TIA1) costituisce non già una entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della TARSU e conserva la qualifica di tributo, propria di quest’ultima, con la conseguenza che le controversie aventi a oggetto la debenza della TIA hanno natura tributaria e sono da attribuire alla cognizione delle Commissioni tributarie. L’atto con il quale viene richiesta all’utente/contribuente la tariffa di igiene ambientale, anche qualora conservi la forma della fattura, deve avere i requisiti contenutistici essenziali dell’atto di accertamento di un tributo. Con la sentenza n. 17526 del 2007, la Corte di Cassazione ha chiarito che gli atti con cui il gestore del servizio smaltimento rifiuti solidi urbani richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di tariffa di igiene ambientale, anche quando dovessero avere la forma di fattura commerciale, non attengono al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma a un’entrata sicuramente pubblicistica; sicché hanno natura di atti amministrativi impositivi e debbono perciò rispondere ai requisiti sostanziali propri di tali atti.

3Con la sentenza n. 238 del 24 luglio 2009 la Corte Costituzionale in riferimento alla TIA1, ha riconosciuto alla stessa la natura di entrata tributaria.La medesima pronuncia ha evidenziato l’estraneità della TIA (e della TARSU) all’ambito di applicazione dell’IVA, non esistendo un nesso diretto tra il servizio e l’entità del prelievo né una norma legislativa che espressamente assoggetti ad IVA le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti, quale, ad esempio, è quella prevista dall’alinea e dall’art. 4 c. 5 lett. b del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui, ai fini dell’IVA, “sono considerate in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da enti pubblici”, le attività di “erogazione di acqua e servizi di fognatura e depurazione, gas, energia elettrica e vapore”. Il Dipartimento delle finanze, con circolare n. 3/DF dell’11 novembre 2010, anche a seguito della citata sentenza n. 238 del 2009 della Consulta , ha affermato la natura non tributaria e la conseguente assoggettabilità della medesima all’IVA. Secondo la citata circolare anche la TIA1 avrebbe natura non tributaria (come la TIA2) e quindi sarebbe assoggettabile ad IVA. La tesi ministeriale si fonda sul seguente ragionamento: se la TIA2 può essere regolata dalle disposizioni inerenti la TIA1 (ai sensi dell’art. 5 c. 2-quater D.L. n. 208/2008), allora i due prelievi hanno la stessa natura giuridica. Ne consegue che se la TIA2 ha natura di corrispettivo ed è assoggettabile ad IVA, anche la TIA1 non può non seguire la stessa sorte. La principale argomentazione adottata dal MEF consiste nella constatazione che la TIA2 (art. 238 D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152) può in definitiva essere regolata dalle disposizioni inerenti la TIA1 , circostanza che conduce a concludere che i prelievi presentano analoghe caratteristiche e che la volontà del legislatore è stata, con l’art. 14, c. 33, D.L. n. 78 del 31 maggio 2010, anche quella di dare nuova veste alla TIA1, nelle more dell’emanazione del regolamento di cui all’art. 238, c. 6. Pertanto, se alla luce delle nuove disposizioni i due prelievi sono regolati ormai dalle stesse fonti normative, non appare razionale attribuire alla TIA1 una natura giuridica diversa da quella della TIA2. Di conseguenza, se la TIA2 ha natura di corrispettivo, ed in quanto tale è assoggettabile all’IVA, non può affermarsi diversamente per la TIA1. La T.I.A. è un corrispettivo e non un tributo: essa quindi è assoggettabile ad altro tributo (Trib. Genova Sez. I, 05-01-2013 ).

4 La TIA2 non è stata oggetto della predetta sentenza della Consulta.

5La tariffa d’igiene ambientale ( TIA1) è stata introdotta dall’art. 49 del D.Lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 (c.d. decreto Ronchi) senza essere qualificata espressamente come prelievo a titolo tributo o tassa pur mantenendo il riferimento testuale alla “tariffa”. La TIA1 è stata poi sostituita dalla tariffa integrata ambientale (i TIA2) dall’art. 238 del D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 e il successivo D.L. n. 78 del 2010, al comma 33 dell’articolo 14, ha precisato che la TIA2 non ha natura tributaria . Con il che è stata riconosciuta, implicitamente, la possibilità di applicare l’IVA su tale tariffa (TIA2).

6 La sentenza della Corte di Cassazione, sez. trib., 9 marzo 2012, n. 3756, ha affermato che “stante la mancanza di disposizioni legislative suscettibili di esser richiamate a presidio della affermata soggezione a IVA della prestazione del servizio di smaltimento in sé e per sé considerata (disposizione che oltre tutto, ove esistenti, determinerebbero fondati dubbi di legittimità alla luce della normativa comunitaria – direttiva n. 2006/112/CE – che esclude in via generale l’assoggettamento a IVA di diritti, canoni e contributi percepiti da enti pubblici ‘per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità’), devesi confermare la statuizione di cui all’impugnata sentenza. Nel senso che gli importi pretesi a titolo di tariffa d’igiene ambientale non sono assoggettabili a IVA”.

7Gli istituti della tariffa integrata ambientale e della tariffa d’igiene ambientale, per quanto denominati in acronimo allo stesso modo (TIA) sono, in realtà due istituti del tutto diversi tra di loro che meglio dovrebbero essere denominati come TIA-2 (la tariffa integrata ambientale ) e TIA-1 (la tariffa d’igiene ambientale) in quanto tale diversificazione costituirebbe il necessario approdo volto ad evitare quella assimilazione della vulgata costituente ”una forzatura logica del tutto inaccettabile”.

La questione relativa alla affermata soggezione della TIA-1 all’Iva va ‘‘risolta in coerenza con la pacifica natura tributaria della medesima, con la mancanza di disposizioni legislative che espressamente assoggettano a Iva le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti e con l’irrilevanza di diverse prassi amministrative (in effetti esistenti in alcuni territori), posto che la natura tributaria della tariffa va desunta dalla sua complessiva disciplina legislativa, e non da dette eventuali distorte prassi” e ciò in quanto, come ha più volte affermato la Corte costituzionale ”la tariffa di igiene ambientale (t.i.a.) costituisce una mera variante della ta.r.s.u. disciplinata dal D.P.R. n. 507 del 1993 (e successive modificazioni) e conserva la qualifica di tributo propria di quest’ultima” (sent. n. 238/2009 e ord. nn. 300/2009 e 64/2010).

Del resto tale ultima conclusione è stata fatta propria anche dalle SSUU civili della SC con l’affermazione secondo cui ”la tariffa di igiene ambientale (t.i.a.), disciplinata dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, costituisce non già una entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della t.a.r.s.u. (disciplinata dal D.P.R. n. 507 del 1993) e conserva la qualifica di tributo, propria di quest’ultima, con la conseguenza che le controversie aventi a oggetto la debenza della t.i.a. hanno natura tributaria e sono da attribuire alla cognizione delle commissioni tributarie (senza che ciò si ponga in contrasto con l’art. 102 Cost., comma 2)” (Sez. Un. nn. 14903/2010 e 25929/2011).

8Non sussiste la possibilità di definire in sede di mediazione tributaria le controversie aventi ad oggetto questioni relative all’applicazione dell’IVA alla tariffa di igiene ambientale,prevista dall’art. 49 del dD.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (TIA1).

9 Con circolare n. 3/DF dell’11 novembre 2010, il Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze ha affermato che “la TIA1 debba continuare ad essere assoggettata all’IVA, come già sostenuto dall’Amministrazione finanziaria nei diversi interventi che si sono succeduti nel tempo, vale a dire la circolare n. 111 del 21 maggio 1999 della Direzione centrale fiscalità locale del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze, la risoluzione della Direzione centrale normativa e contenzioso dell’Agenzia delle entrate n. 25 del 5 febbraio 2003 e la risoluzione della stessa Direzione dell’Agenzia delle entrate n. 250 del 17 giugno 2008”.

10 In tema di Iva, spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda proposta dal consumatore finale nei confronti del professionista o dell’imprenditore che abbia effettuato la cessione del bene o la prestazione del servizio per ottenere la restituzione delle maggiori somme addebitategli in via di rivalsa per effetto dell’applicazione di un’aliquota asseritamente superiore a quella prevista dalla legge: poiché, infatti, soggetto passivo dell’imposta è esclusivamente colui che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi, la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, ma un rapporto di natura privatistica tra soggetti privati, che comporta un mero accertamento incidentale in ordine all’ammontare dell’imposta applicata in misura contestata, principio che resta valido anche quando il debito Iva venga totalmente contestato, come nell’ipotesi di indebita applicazione di tale imposta alla tariffa comunale di igiene ambientale (Tia), poiché si tratta in ogni caso di una controversia tra privati, alla quale resta estraneo l’esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione, proprio del rapporto tributario.

11 Le controversie tra privati che abbiano ad oggetto la richiesta di rimborso di una imposta che si assume essere stata indebitamente pretesa dalla controparte (non identificabile in uno dei soggetti di cui all’art. 10 del dlgs 546/1992), rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario che ha il potere di sindacare in via incidentale la legittimità dell’atto impositivo (ove sia presupposto) e di disapplicarlo, ovvero di disporre la sospensione del giudizio, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in caso di contemporanea pendenza del giudizio tributario. Per queste ragioni rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia in cui colui che abbia versato la Tariffa di Igiene Ambientale (Tia) chieda all’ente concessionario del servizio il rimborso dell’Iva che asserisca indebitamente richiesta (e versata) stante la natura tributario della Tia (Cassazione sezioni unite 28-01-2011 n. 2064).

12 E’ illegittima la richiesta dell’Iva ai contribuenti da parte dei gestori del servizio di smaltimento rifiuti, poiché la Tia non è un corrispettivo ma un tributo (Giudice di pace Lucca, 30-10-2013). E’ illegittima la richiesta dell’Iva ai contribuenti da parte dei gestori del servizio di smaltimento rifiuti, poiché la Tia non è un corrispettivo ma un tributo (Giudice di pace Roma Sez. III, 13-05-2013). In ragione della natura tributaria della prestazione, l’atto con il quale viene richiesta all’utente/contribuente la tariffa d’igiene ambientale, anche qualora conservi la forma della fattura, deve avere i requisiti contenutistici essenziali dell’atto di accertamento di un tributo. In simile prospettiva questa corte ha chiarito che gli atti con cui il gestore del servizio smaltimento rifiuti solidi urbani richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di tariffa d’igiene ambientale, anche quando dovessero avere la forma di fattura commerciale, non attengono al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma a un’entrata sicuramente pubblicistica; sicchè hanno natura di atti amministrativi impositivi e debbono perciò rispondere ai requisiti sostanziali propri di tali atti (Cass. civ. Sez. V, 10-05-2013, n. 11157). La tariffa di igiene ambientale, istituita e disciplinata dall’art. 49 del D.Lgs. n. 22 del 1997, non costituisce una entrata patrimoniale di diritto privato ,a una mera variante della Tarsu, che conserva la qualifica di tributo, propria di quest’ultima. Le controversie aventi ad oggetto la debenza della Tia hanno natura tributaria e sono da attribuire alla cognizione delle commissioni tributarie; tuttavia, le controversie con cui un contribuente richiede ad una società concessionaria della riscossione dei tributi locali la restituzione della somma corrisposta, a titolo di iva, in occasione del pagamento della tariffa di igiene ambientale, spetta alla giurisdizione ordinaria, perché soggetto passivo dell’imposta è esclusivamente colui che effettua la cessione dei beni o dei servizi e la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributaria tra contribuente ed amministrazione, ma un rapporto di natura privatistica tra privati, che comporta un accertamento, meramente incidentale, in ordine alla debenza dell’imposta contestata (Trib. Taranto Sez. I, 09-09-2013). Nella sentenza n. 3985 del 2012, il Giudice di pace di Genova ha condannato la società che gestisce il servizio di smaltimento dei rifiuti a restituire ad alcuni cittadini l’IVA applicata sulla TIA negli anni 2006-2009, affermando la propria giurisdizione e ritenendo applicabile il termine prescrizionale ordinario. Secondo il Giudice di Pace, l’attività di smaltimento dei rifiuti può essere assoggettata ad IVA soltanto qualora una società commerciale ottenga dal cliente, a fronte delle proprie prestazioni, un corrispettivo commisurato al servizio reso nell’ambito di un normale rapporto sinallagmatico. Queste caratteristiche non ricorrono per la TIA, come ha affermato la Corte Costituzionale ed è stato recentemente confermato anche dalla Corte di Cassazione (Cass., sez. trib., 9 marzo 2012, n. 3756). Secondo il Giudice di Pace, la richiesta di restituzione dell’IVA applicata sulla TIA si configura come ipotesi di indebito arricchimento e soggiace al termine prescrizionale ordinario (CTC, sez. XXI, 16 giugno 1990, n. 4703s).

13Contra, CTR Firenze, 25-10-2012 n. 75, secondo cui la fattura emessa dal gestore del servizio pubblico di riscossione della TIA è impugnabile in quanto (in considerazione della natura tributaria della tariffa) essa costituisce un atto d’accertamento autonomamente opponibile davanti alle Commissioni tributarie, a condizione che contenga tutti i requisiti formali di un atto di accertamento, compresa un’idonea motivazione. Le fatture TIA, anche se formalmente diverse dagli atti previsti dall’art. 19, D.Lgs. n. 546/1992, sono autonomamente impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie.