Il lavoratore autonomo paga le tasse per cassa: i casi degli incassi a mezzo assegno, vaglia cambiario, bonifico bancario

la regola del TUIR è che il reddito da lavoro autonomo vada tassato secondo il principio di cassa: come si valutano gli incassi ricevuti mediante assegno e altri titoli di credito rispetto al principio di cassa?

Con la sentenza n. 17306 del 30 luglio 2014 (ud. 21 maggio 2014) la Corte di Cassazione ha confermato che “l’importo di fatture emesse dal professionista nell’anno d’imposta oggetto di accertamento da parte dell’Ufficio, ove sia comprovato dal contribuente che l’incasso è avvenuto in epoca ad esso successiva, non concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo del professionista ai fini Irpef per l’anno oggetto di accertamento“.

Nel caso in questione, afferma la Corte, che l’importo di alcune fatture è stato corrisposto al professionista con bonifici tutti emessi nel 2000.

Ne deriva che i redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati secondo il principio di cassa e non di competenza (cfr. Cass. civ. sez. 5′ 15 aprile 2011, n. 8626)”.

Nota

La sentenza emessa ci consente di soffermarci sull’argomento, affrontando anche alcune problematiche relative all’effettiva applicazione del principio di cassa.

Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, equello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione, salvo deroghe specifiche.

I compensi sono computati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde.

Per esercizio di arti e professioni, sulla base di quanto indicato dall’art.53 del T.U. n. 917/86 “si intende l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI” (esercizio di imprese commerciali), mentre per quanto previsto dall’art. 5, c. 1, del D.P.R. n. 633/72 “per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituita tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse”.

Per professione abituale si intende, quindi, l’attività continua e non occasionale, posta in essere attraverso una molteplicità di atti, tutti diretti ad un unico scopo.

Da tale formulazione legislativa (art. 54 del T.U.I.R.), invariata rispetto al previgente art. 50, emerge che:

  • la determinazione del reddito di lavoro autonomo deve avvenire sulla base del cosiddetto “principio di cassa”;

  • le spese sostenute devono sottostare al principio di inerenza, fermo restando l’obbligo di documentazione delle stesse;

  • ai fini della determinazione del reddito rientrano i compensi in denaro o in natura percepiti.

Si ricorda che nel T.U.I.R. trova spazio, oltre alle prestazioni professionali esercitate abitualmente, anche il lavoro autonomo occasionale (art. 67 c. 1 lett. l). Infatti, per effetto dell’art. 67 citato, sono redditi diversi, se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoro dipendente, “i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere” (caratteristiche del lavoro autonomo occasionale sono, quindi, l’assenza di coordinamento da parte del committente; l’autonomia del lavoratore in ordine al tempo, luogo e modalità della prestazione, resa al di fuori dell’azienda del committente; l’occasionalità della prestazione).

I professionisti, quindi, determinano il proprio reddito in base al principio di cassa, diversamente dalle imprese che sottostanno al principio di competenza (che comunque era il principio applicato anche ai professionisti prima della riforma tributaria dal T.U. n. 645/1958).

Pur sé il principio di cassa costituisce la guida alla determinazione del reddito, lo stesso legislatore, in taluni casi, ha previsto specifiche deroghe, per particolari costi che riflettono la loro utilità per più anni:

  • calcolo delle quote di ammortamento sul costo di acquisizione dei beni strumentali;

  • calcolo delle quote di ammortamento per le spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli immobili utilizzati nell’esercizio della professione;

  • deduzione dei canoni di locazione finanziaria nel periodo d’imposta in cui maturano;

  • deduzione della quota di trattamento di fine rapporto maturata.

In concreto, l’applicazione del principio di cassa può comportare difficoltà interpretative nei casi in cui i pagamenti avvengano a mezzo assegno, vaglia cambiario, bonifico.

Esaminiamo i documenti prassi emanati in proposito:

  • con la risoluzione n.8/1623 del 22 gennaio 1981 l’Amministrazione finanziaria ha affermato che “resta fermo il principio secondo cui la determinazione del reddito degli esercenti arti e professioni ha luogo assumendo esclusivamente i compensi effettivamente percepiti ed i costi ed oneri, inerenti alla produzione del reddito, effettivamente sostenuti nel periodo d’imposta”;

  • con la circolare n.326/E del 23 dicembre 1977 è stato ulteriormente precisato che la ritenuta va applicata sull’ammontare complessivo delle somme e dei valori percepiti dal sostituto nel periodo d’imposta e che “il momento di percezione è quello in cui il provento esce dalla disponibilità dell’erogante per entrare nel compendio patrimoniale del percettore”;

  • con la R.M. n. 138/E del 29 maggio 2009, l’Agenzia delle Entrate, partendo dalla constatazione che l‘applicazione del principio di cassa può determinare problematiche interpretative nelle ipotesi in cui il committente/debitore utilizza, per estinguere l’obbligazione, strumenti diversi dal contante, quali ad esempio assegni bancari e/o circolari o carte di credito (come rilevato dagli estensori del documento di prassi, la differenza principale fra queste due diverse modalità di pagamento risiede, unicamente, nel maggior grado di garanzia offerto dall’assegno circolare rispetto a quello bancario: mentre con l’assegno bancario il traente ordina alla propria banca – trattario – di pagare per proprio conto qualcuno prenditore, con l’assegno circolare, invece, è la banca stessa che si impegna a pagare la somma indicata sull’assegno al soggetto beneficiario), ha ritenuto che il momento in cui il titolo di credito (e quindi le somme in esso rappresentate) entra nella disponibilità del professionista si verifica all’atto della materiale consegna del titolo dall’emittente al ricevente, mentre non può essere attribuita alcuna rilevanza alla circostanza che il versamento sul conto corrente del prenditore intervenga in un momento successivo (e in un diverso periodo d’imposta)1;

  • con la circolare n. 38/E del 23 giugno 2010 (paragrafo 3.3) l’Amministrazione finanziaria, rispondendo ad uno specifico quesito (individuazione dell’anno in cui assume rilevanza fiscale un compenso regolato in prossimità della fine del mese di dicembre, mediante bonifico bancario, se rileva il momento in cui l’ordine di bonifico è stato impartito, oppure il momento in cui, in capo al professionista, tale somma sarà effettivamente a disposizione sul conto corrente, a prescindere dal momento di effettuazione del pagamento e di certificazione della ritenuta da parte del sostituto d’imposta, anche ai fini della compilazione del mod. 770) ha affermato che i compensi pagati mediante assegno devono considerarsi percepiti nel momento in cui il titolo di credito entra nella disponibilità del professionista, momento che si realizza con la consegna del titolo dal ricevente al committente. Non rileva, invece, ai fini della imputazione temporale del compenso al reddito del professionista, la circostanza che il versamento sul conto corrente del professionista percettore dell’assegno intervenga in un momento successivo o in un diverso periodo d’imposta; nel caso di compensi pagati mediante bonifico bancario, il momento in cui il professionista consegue l’effettiva disponibilità delle somme, deve essere individuato in quello in cui questi riceve l’accredito sul proprio conto corrente. Si tratta, tecnicamente, della cosiddetta “data disponibile”, che indica il giorno a partire dal quale la somma di denaro accreditata può essere effettivamente utilizzata. Non assume rilievo, pertanto, né la data della valuta, ovvero quella da cui decorrono gli interessi, nè il momento in cui il dante causa emette l’ordine di bonifico né quello in cui la banca informa il professionista dell’avvenuto accredito. Il momento in cui il compenso si considera percepito da parte del professionista potrebbe, pertanto, non coincidere con quello rilevante ai fini dell’individuazione del periodo/mese in cui in il soggetto che ha effettuato il pagamento deve effettuare il versamento della ritenuta ed includere questa ultima nel modello 770, generando quindi un disallineamento. Per il committente che paga il compenso, infatti, ai fini della adempimento dell’obbligo di effettuare la ritenuta rileva il momento in cui è stato effettuato il pagamento ovvero quello in cui le somme sono uscite dalla propria disponibilità. Il professionista, peraltro, scomputa la ritenuta subita nel periodo d’imposta in cui il compenso al quale il prelievo attiene concorre a formare il proprio reddito professionale.

30 settembre 2014

Gianfranco Antico

1Fattispecie similare è quella tratta dalla R.M. n. 77 del 23 aprile 2007, per ilpagamento dei contributi previdenziali con carta di credito on-line. L’istante chiede di conoscere il corretto trattamento fiscale, ai fini Irpef, che i professionisti devono adottare relativamente alla deducibilità dei contributi previdenziali, versati on-line il 15 dicembre.Nel caso sottoposto, i contributi versati verrebbero accreditati all’ente previdenziale già il 17 dicembre, ma l’addebito sul conto corrente del professionista avverrebbe il 15 gennaio dell’anno successivo. In pratica, il professionista ordina all’istituto di credito di eseguire il pagamento di contributi previdenziali a favore dell’ente previdenziale per proprio conto, impegnandosi a rimborsare all’istituto di credito successivamente le anticipazioni effettuate. Si tratta peraltro di uno strumento di pagamento, e non di finanziamento.Con riferimento al quesito proposto, per le Entrate, considerato che il patrimonio del titolare della carta si decrementa, di fatto, nel momento in cui avviene l’addebito del saldo mensile della carta sul conto corrente bancario, si dovrebbero considerare versati i contributi previdenziali nell’anno di imposta successivo a quello in cui si utilizza concretamente la carta di credito.Tuttavia, non è irrilevante considerare che, civilisticamente, il pagamento con carta di credito integra una delegazione passiva di pagamento allo scoperto, disciplinata dagli artt. 1269 e ss. c.c..Con la delegazione di pagamento, il delegante ordina al delegato di assumere ed estinguere il debito nei confronti del delegatario.Col citato istituto, dunque, si verifica una modificazione soggettiva dal lato passivo del rapporto obbligatorio tale che, se il delegato esegue il pagamento, la prestazione da lui eseguita al delegatario vale come effettuata dal delegante, e vale, contemporaneamente, come effettuata dal delegato al delegante.Pertanto, il momento maggiormente rilevante, nel caso in cui i contributi vengano versati con carta di credito on-line, è quello in cui viene utilizzata la carta di credito. In questo momento, infatti, il professionista dà di fatto l’ordine di pagamento alla banca, ottenendo contestualmente il rilascio della ricevuta telematica di avvenuto pagamento, firmata digitalmente dalla banca stessa che versa quindi l’importo sul conto dell’ente.Nel momento in cui la banca rilascia la ricevuta telematica di pagamento, salvo patto contrario, il professionista delegante non può più revocare l’ordine di pagamento.Da quanto esposto si evince che i contributi si considerano versati dal professionista nel momento stesso in cui manifesta la volontà di sostenerne l’onere dando ordine di pagamento alla banca. Il momento, diverso e successivo, in cui avviene l’addebito sul conto corrente del professionista da parte della banca attiene ad un rapporto interno che coinvolge esclusivamente il delegante ed il delegato, irrilevante ai fini fiscali.