Presentare un’istanza di interpello per disapplicare le norme antielusive ai fini ACE

Con l’avvicinarsi della scadenza dei termini previsti per la presentazione delle dichiarazione dei redditi, i contribuenti ed i loro consulenti stanno predisponendo i modelli, cercando di verificare la correttezza dei calcoli effettuati in sede di liquidazione delle imposte, tra cui quello previsto per la normativa sull’ACE (a cura Federica Badioli Solazzi e Fabio Gallio)

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Tra i modelli che richiedono una certa attenzione nella relativa predisposizione, soprattutto per l’applicazione delle norme antielusive, vi è quello previsto per la normativa sull’ACE, introdotta dall’art. 1 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e disciplinata dal D.M. 14 marzo 2012.

In breve, si ricorda che l’obiettivo perseguito dal legislatore con la normativa in oggetto è quello di incentivare la capitalizzazione delle imprese mediante una riduzione dell’imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio, riequilibrando quindi il trattamento fiscale tra le imprese che utilizzano capitale di rischio rispetto al capitale di terzi.

Al fine di evitare effetti moltiplicativi del beneficio nell’ambito dei gruppi societari, l’art. 10 del D.M. 14 marzo 2012 ha previsto alcune disposizioni di carattere antielusivo, individuando alcune operazioni specifiche effettuate tra società appartenenti al medesimo gruppo, al verificarsi delle quali opera in modo automatico un meccanismo di neutralizzazione della base di calcolo dell’ACE.

In particolare, le principali fattispecie elusive previste sono state quelle de:

a) i conferimenti in denaro;

b) i corrispettivi per l’acquisizione di partecipazioni ed aziende; c) l’incremento dei crediti di finanziamento nei confronti di società controllate rispetto a quelli risultanti dal bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2010.

 

Con riguardo alle suddette disposizioni finalizzate a evitare la moltiplicazione del beneficio, la Relazione illustrativa al decreto ACE ha specificato che il contribuente potrebbe richiedere la disapplicazione mediante istanza presentata ai sensi dell’art. 8 dell’art. 37-bis del DPR 600/1973, laddove ritenga che tale proliferazione del beneficio non si verifichi.

Vista la mancata chiarezza in merito a quali avrebbero potuto essere le motivazioni per ottenere la disapplicazione, con la Circolare 23 maggio 2014, n. 12/E, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti.

In particolare, nel paragrafo 3.1. è stato previsto che vi sia la possibilità di presentare istanze di disapplicazione, adeguatamente motivate e corredate dell’opportuna documentazione, per dimostrare che l’accrescimento del patrimonio netto rilevante ai fini dell’ACE è stato determinato unicamente dall’accantonamento di utili non distribuiti e che lo stesso non è stato preceduto da: a)conferimenti in denaro provenienti da altri soggetti del gruppo; b) finanziamenti provenienti da altri soggetti interni al gruppo che hanno aumentato il capitale proprio di soggetti del gruppo mediante la ricezione di conferimenti in denaro.

Inoltre, con riferimento alla norma antielusiva relativa all’incremento dei crediti da finanziamento, l’Agenzia delle Entrate ha specificato nel paragrafo 3.4. che potranno trovare accoglimento le istanze di disapplicazione che dimostrino come, a seguito dell’incremento dei crediti da finanziamento, il contribuente ricevente non abbia operato alcun conferimento dei crediti ad altra società del gruppo, ovvero alcun ulteriore finanziamento ad altre società del gruppo (che abbiano, a loro volta, operato dei conferimenti).

Inoltre, sempre nel paragrafo 3.4., è stato specificato che può trovare accoglimento l’istanza di disapplicazione qualora, nonostante l’incremento dei crediti di finanziamento, gli aumenti di capitale proprio verificatisi per tutte le società del gruppo nel corso del periodo di imposta, derivano esclusivamente dall’accantonamento di utili a riserve disponibili.

E’ evidente, pertanto, che i chiarimenti forniti dall’Agenzia sia stati assolutamente necessari per permettere ai contribuenti di valutare l’opportunità di presentare le istanze di disapplicazione.

I chiarimenti, però, sono stati forniti a fine maggio, e quindi a ridosso dei termini per la liquidazione delle imposte; conseguentemente, molti contribuenti non hanno potuto utilizzarli per valutare l’opportunità di presentare l’interpello.

In previsione della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi, ci si chiede se è ancora possibile presentare la relativa istanza.

In merito alla problematica della preventività di presentazione di un interpello disapplicativo, né l’art. 37-bis citato, né il D.M. 19 giugno 1998, n. 259 attuativo della disposizione, stabiliscano espressamente un termine entro il quale è necessario presentare l’interpello in parola.

L’Amministrazione finanziaria (Circ. Ag. Entr. 14 giugno 2010, n. 32/E, par. 5.2) ha precisato però che:

  • “Per tutti i comportamenti che trovano attuazione nella dichiarazione … il contribuente è tenuto alla presentazione dell’istanza prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione medesima”;

  •  ’istanza si considera preventiva “se presentata entro 90 giorni prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi”, che accoglie gli effetti del  comportamento oggetto della richiesta di disapplicazione”.

Da quanto emergerebbe da tale documento, quindi, le istanze presentate dopo 90 giorni prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, potrebbero essere dichiarate inammissibili, in quanto non presentate in tempo utile per permettere all’Agenzia delle Entrate di dare una risposta.

Tale tesi, però, non è considerata condivisibile dalla giurisprudenza.

La C.T.P. di Milano, infatti, ha sostenuto che: “Sulla preventività dell’istanza di interpello, … la contribuente è tenuta alla presentazione dell’istanza prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione medesima, ma averla presentata non prima dei novanta giorni dalla scadenza del termine ordinario di presentazione della dichiarazione fiscale … non fa decadere il contribuente dal beneficio stesso”, non pregiudicando l’efficacia di validità dell’istanza stessa (sentenza 7 maggio 2012, n. 181/16/12).

Inoltre, ad avviso dei Giudici milanesi, “il termine di novanta giorni non costituisce termine decadenziale, in quanto ciò non è stabilito da qualsivoglia appiglio normativo”, ma solo da indicazioni contenute in circolari ministeriali, le quali “in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti e obblighi” (ex multis, Cass. Sez. trib., Ord. n. 6065 del 15 marzo 2011; Cass. Sez. Un., Ord. n. 2 novembre 2007, n. 23031).

Pertanto, tenuto presente che il termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2013 è previsto per il 30 settembre 2014, si potrebbe sostenere che l’istanza presentata entro tale data sia da considerare preventiva.

Infatti, oltre al fatto che nessuna norma prevede un termine decadenziale entro il quale presentare l’istanza, si potrebbe anche sostenere che comunque il termini di 90 giorni previsti per fornire una risposta sarebbero rispettati, tenendo presente che le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza dei termini ordinari devono considerarsi valide (art. 2, comma 7, del DPR322/1998), salva l’applicazione delle sanzioni previste dalla legge, come specificato anche dalle Istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni al Modello Unico SC 2014 (par. 4.3, pag. 7). Pertanto, il contribuente avrebbe la possibilità di presentare una dichiarazione integrativa entro fine dicembre, da considerarsi comunque valida.

E’ inoltre necessario ricordare che la risposta dell’Agenzia delle Entrate può avvenire oltre i 90 giorni, in quanto di fatto si tratterebbe di un termine non perentorio, considerato che il suo mancato rispetto non produce alcun effetto automatico (Circolare 7/E del 3 marzo 2009, paragrafo 2.2.). Pertanto, verrebbe meno anche l’obiezione che i 90 giorni devono essere rispettati per dare modo all’Agenzia di fornire una risposta.

Con riferimento in particolare al periodo d’imposta 2013 e tenuto conto che le relative istruzioni sono avvenute a metà anno, si potrebbe fare riferimento alla precedente Circolare 32/E del 2010 sopracitata, laddove è stato specificato che per l’anno 2009 (Unico 2010), tenuto conto della data di pubblicazione di tale circolare (14 giugno 2010), ai fini della preventività dell’interpello CFC o disapplicativo ex 37-bis, co. 8, si poteva fare riferimento non al termine ordinario di presentazione della dichiarazione (30 settembre 2010), ma al termine per la presentazione della dichiarazione cd. “tardiva” (ovvero, il 29 dicembre 2010, ex art. 2, co. 7, del D.P.R. n. 322/1998).

Conseguentemente, ci sarebbero tutti i presupposti per sostenere che l’istanza può essere considerata presentata preventivamente, purchè sia rispettato il termine previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi.

 

11 settembre 2014

Fabio Gallio e Federica Badioli Solazzi