Accertamento sintetico: attenzione alle auto

il possesso di autoveicoli è uno dei maggiori indici di capacità contributiva da cui calcolare redditi eventualmente evasi con le modalità dell’accertamento sintetico

Con la sentenza n. 16832 del 24 luglio 2014 (ud. 29 aprile 2014) la Corte di Cassazione ha confermato che l’accertamento sintetico vecchio costituisce presunzione legale.

IL CASO

L’Agenzia delle Entrate di Roma notificava ad un contribuente un avviso di accertamento sintetico per IRPEF dell’anno di imposta 1998.

L’atto impositivo scaturiva dall’applicazione dei coefficienti stabiliti dai relativi decreti ministeriali agli elementi di capacità contributiva individuati, anche a seguito delle risposte del contribuente al questionario, nella proprietà di quattro autovetture e di un immobile.

Il ricorso proposto avverso l’atto impositivo veniva accolto dalla C.T.P., la quale riteneva che il contribuente avesse giustificato la diversa capacità contributiva in quanto una delle autovetture risultava immatricolata a favore di altro soggetto sin dal 1997, mentre altra autovettura era stata acquistata grazie alla donazione di somme di denaro della madre la quale, a sua volta, le aveva ricevute quali indennizzo di un sinistro.

La decisione, appellata dall’Ufficio, veniva parzialmente riformata dalla C.T.R. del Lazio, la quale rilevava che la donazione, oltre ad essere nulla per mancanza di prova scritta, non poteva giustificare l’acquisto di altro automezzo per la discrasia temporale riscontrata tra i documenti posti a base dell’assunto.

LA DECISIONE

La C.T.R. ha rilevato la sussistenza di una discrasia temporale (tra la data di immatricolazione dell’autovettura 03.11.2007 recte 1997) e quella della transazione (gennaio 1998) in virtù della quale la madre del contribuente avrebbe conseguito l’indennizzo di un sinistro, tale da rendere non plausibile la tesi difensiva secondo cui tale somma sarebbe stata utilizzata per l’acquisto dell’autovettura.

Afferma la Corte che, in tema di accertamento sintetico, nel testo applicabile nella fattispecie ratione temporis, sono “elementi indicativi di capacità contributiva”, tra gli altri, specificamente, la “disponibilità in Italia o all’estero” di “autoveicoli“, nonchè di “residenze principali o secondarie“.

La disponibilità di tali beni, come degli altri previsti dalla norma, costituisce, “quindi, una presunzione di ‘capacità contributiva’ da qualificare ‘legale’ ai sensi dell’art. 2728 c.c., perchè è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità la esistenza di una ‘capacità contributiva’ (cfr., tra le tante, Cass. Sentenza n. 19252 del 30/09/2005) mentre grava sul contribuente fornire la prova di redditi non imponibili idonei al mantenimento (ivi compreso l’originario acquisto) del possesso di tali beni”.

Nota

La sentenza che si annota ci consente di affrontare due questioni:

  • il valore della presunzione nel sintetico;

  • il sintetico e le auto.

Il valore della presunzione nel sintetico

Nel vigore del vecchio strumento il redditometro dà luogo ad una presunzione “legale” ai sensi dell’art. 2729 c.c., poichè è lo stesso dettato normativo che impone di ritenere come diretta conseguenza di determinati fatti noti (la disponibilità di beni o servizi) il fatto ignoto (capacità contributiva).

Il giudice tributario, quindi, una volta constatata la sussistenza degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” accertati dall’ufficio, non può negare a tali “elementi” la capacità presuntiva “contributiva” che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, dovendo solo limitarsi a valutare la prova che il contribuente offre in ordine alla provenienza non reddituale1.

La prova contraria, nei casi in cui l’amministrazione finanziaria proceda all’accertamento dei redditi del contribuente in base alla presunzione secondo cui l’acquisto di beni di ingente valore è indizio del possesso di un reddito adeguato a sorreggere l’acquisto stesso, rimane a carico del contribuente.

In tema di accertamento sintetico è sufficiente che vi siano elementi e circostanze di fatto certi che, provando un determinato ammontare di spesa, presuppongono la disponibilità di un corrispondente reddito globale, senza la necessità di conoscere i cespiti certi dai quali il reddito stesso possa derivare, restando a carico del contribuente l’onere di provare l’inesistenza della capacità reddituale. Il possesso di alcuni beni (auto, immobile, mutuo, premio annuo di assicurazione) che costituisca elemento di fatto e circostanza certa, vale a giustificare il ricorso all’accertamento sintetico ex art. 38, D.P.R. n. 600/1973 da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Il thema decidendum rimane perciò circoscritto alla questione della sufficienza della prova, che il contribuente deve offrire, sul fatto che l’elemento posto dagli organi di controllo, a base della presunzione di reddito, non è invece indice di capacità contributiva (per esempio, che il denaro utilizzato per l’acquisto sia di un terzo soggetto; ma occorre, in questo caso, che il contribuente dia contezza della tracciabilità del denaro, non bastando la sola affermazione che l’incremento patrimoniale è frutto di un prestito o di un regalo).

Per la Corte (sentenza n. 19403/2005) il ricorso al redditometro esonera l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova e le consente di emettere un valido avviso di accertamento ricorrendo ad un mero calcolo matematico; resta onere del contribuente fornire in sede giudiziaria la prova contraria a quanto dedotto attraverso il redditometro. La sentenza richiama la costante giurisprudenza della Corte (ex plurimis: Cass. nn. 12842/1995, 15045/2000, 5794/2001, 8372/2001, 11607/2001, 11611/2001, 12731/2002, 10350/2003 e 14161/2003) che ritiene legittima la rettifica con metodo sintetico del reddito complessivo delle persone fisiche. “Se è vero infatti che nel caso di assolvimento dell’onere probatorio da parte del contribuente l’Amministrazione vede cadere le presunzioni poste a fondamento degli accertamenti, è vero anche che la prova dei fatti addotti a sostegno della pretesa tributaria non è elemento costitutivo dell’avviso stesso, in quanto deve essere fornita solo in un momento successivo, in sede processuale, a fronte delle deduzioni del contribuente (Cass. n.8685/1993); dunque, tale prova non incide sulla validità dell’avviso, ma eventualmente soltanto sulla fondatezza della pretesa. Nel caso in esame, tuttavia, non risulta si sia mai discusso dell’addotta regolarità della contabilità d’impresa dei contribuenti, sicché la relativa eccezione, se formulata, è sicuramente nuova, così come affermato dalla Commissione regionale, e quindi inidonea a supportare l’onere probatorio posto a carico degli stessi”.

Successivamente, la Suprema Corte, con la sentenza n. 25386/2007, ha ritenuto che gli accertamenti effettuati mediante redditometro si sottraggono all’obbligo di motivazione ex art. 3, c. 2, della L. 7 agosto 1990, n. 241, con la conseguenza che l’Amministrazione finanziaria è esonerata da qualunque prova ulteriore rispetto ai fatti indicativi di capacità contributiva individuati dal redditometro e posti a base della pretesa fiscale (nel caso di specie: possesso di automobili), gravando sul contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presupposto sulla base del redditometro non esiste o esiste in misura inferiore. La sentenza si innesta all’interno di quel filone giurisprudenziale della Cassazione secondo cui la semplice esistenza degli indizi codificati nei così detti “redditometri” legittima l’accertamento dell’ufficio e determina il trasferimento dell’onere della prova in carico al contribuente (Cfr., ex pluribus, la sentenza della Cassazione n. 20519 del 22 settembre 2006).

 

Ricordiamo, ancora, che con Ordinanza n. 19637 del 16 settembre 2010 (ud. del 26 giugno 2010) la Corte di Cassazione ha ribadito la propria posizione, attribuendo al contribuente dell’onere della prova contraria. Costituisce, infatti, principio consolidato “quello secondo il quale, in materia di accertamento dell’imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, secondo la previsione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 la sottoscrizione di un atto pubblico (nella specie: una compravendita) contenente la dichiarazione di pagamento di una somma di denaro da parte del contribuente può costituire elemento sulla cui base determinare induttivamente il reddito posseduto, in base all’applicazione di presunzioni semplici, che l’ufficio finanziario è legittimato ad applicare per l’accertamento sintetico, risalendo dal fatto noto a quello ignoto, restando poi sempre consentita, a carico del contribuente, la prova contraria in ordine al fatto che manca del tutto una disponibilità patrimoniale, essendo questa meramente apparente, per avere l’atto stipulato, in ragione della sua natura simulata, una causa gratuita anzichè quella onerosa apparente (Cass. nn. 86658/2002, 5991/2006 23252/2006)”.

E con l’ordinanza n. 14896 del 5 settembre 2012 (ud. 5 luglio 2012) la Corte di Cassazione ha assegnato al contribuente l’onere di smentire le risultanze dell’accertamento sintetico. Per la Corte, “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il metodo disciplinato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 4, – come via via modificato – consente, a fronte di circostanze ed elementi certi, che evidenzino un reddito complessivo superiore a quello dichiarato o ricostruibile su base analitica, la determinazione del maggior imponibile in modo sintetico, in relazione al contenuto induttivo di tali circostanze ed elementi. Pertanto, la norma esige dati certi con riguardo alla esistenza del maggiore reddito imponibile e, in presenza di dati siffatti, richiede la individuazione dell’entità del reddito stesso con parametri indiziari, in via di deduzione logica del fatto taciuto dal dichiarante da quello noto, secondo i comuni canoni di regolarità causale. Ne consegue che, in presenza di dati certi ed incontestati, non è consentito pretendere una motivazione specifica dei criteri in concreto adottati per pervenire alle poste di reddito fissate in via sintetica nel cosiddetto redditometro, in quanto esse, proprio per fondarsi su parametri fissati in via generale, si sottraggono all’obbligo di motivazione, secondo il principio stabilito dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, comma 2, (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 327 del 11/01/2006, n. 10350 del 2003)”.

Sintetico e auto

In ordine al sintetico fondato sulla disponibilità delle autovetture val pena richiamare una serie di recenti pronunce della Corte di Cassazione.

  • Con l’ordinanza n. 27545 del 19 dicembre 2011 (ud. 13 ottobre 2011) la Corte di Cassazione ha legittimato un accertamento sintetico fondato, sostanzialmente, sul possesso di due autovetture di grossa cilindrata e sulla disponibilità di un pacchetto azionario. In particolare, “l’Agenzia aveva dimostrato l’inadeguatezza dei redditi della moglie a giustificare le disponibilità del contribuente e, sotto altro aspetto, che era rimasta incontestata (Cass. n. 1540/2007, n. 5488/2006, n. 2273/2005) la circostanza che il P. era proprietario di due auto di grossa cilindrata (2.500 c.c.) e deteneva quote in quattro società, ed, ancora, che il contribuente non aveva assolto all’onere probatorio, sullo stesso gravante”. E pertanto la Corte riconferma il principio secondo cui “grava sul contribuente che contesti l’applicazione di tali coefficienti l’onere di dimostrare in concreto che il proprio reddito effettivo e diversoed inferiore a quello scaturente dalle presunzioni adottate dall’ufficio” (Cass. nn. 14161/2003, 12731/2002 e 8372/2001). Costituisce consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. nn. 19252/2005, 14161/2003 e 11300/2000), quello secondo cui “in tema di accertamento dei redditi, sono – ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 2, nel testo applicabile nella fattispecie ratione temporis – elementi indicativi di capacità contributiva, tra gli altri, specificamente la disponibilità in Italia o all’estero di autoveicoli, nonchè di residenze principali o secondarie; la disponibilità di tali beni, come degli altri previsti dalla norma, costituisce, quindi, una presunzione di capacità contributiva da qualificare legale ai sensi dell’art. 2728 c.c., perchè è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto certo di tale disponibilità la esistenza di una capacità contributiva“.Nelle precitate pronunce è stato, pure, precisato che “il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di togliere a tali elementi la capacità presuntiva contributiva che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile o perchè già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma“.

  • Con la sentenza n. 9549 del 29 aprile 2011 (ud. del 16 febbraio 2011) la Corte di Cassazione ha affermato che, in tema di accertamento dei redditi, nella disciplina ratione temporis vigente, la disponibilità di autoveicoli in Italia o all’estero costituisce un sicuro elemento indicativo di capacità contributiva. Il possesso del bene costituisce una presunzione legale ai sensi dell’art. 2728 c.c. e il giudice tributario non può privare tale elemento che la legge ha inteso annettere alla loro disponibilità potendo solo valutare la prova che il contribuente offre in ordine alla provenienza non reddituale delle somme necessarie per mantenerne il possesso. Osserva, innanzitutto, la Corte che, in tema di accertamento dei redditi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 2 (nel testo temporalmente applicabile alla fattispecie in esame), costituisce un elemento indicativo di capacità contributiva, tra gli altri, “la disponibilità“, in Italia o all’estero, di “autoveicoli“. Il possesso del bene in questione, come degli altri previsti dalla norma, costituisce, pertanto, “una presunzione legale di capacità contributiva, ai sensi dell’art. 2728 c.c., atteso che è la legge stessa a ricollegare al fatto certo di tale disponibilità l’esistenza di una capacità contributiva. Ne discende che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi rilevatori di capacità contributiva, non può privare tali elementi della capacità presuntiva che la legge ha inteso annettere alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma. E ciò in quanto tali somme siano – per qualsiasi ragione – non imponibili, o siano già sottoposte ad imposta, o – ancora – siano, in tutto o in parte, esenti da tassazione (v., in tal senso, Cass. n. 16284/07)”.

  • Con l’ordinanza n.18604 del 29 ottobre 2012 la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza della CTR che aveva respinto l’appello dell’Agenzia proposto contro la sentenza della CTP che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento sintetico emesso, fondato sulla quota di risparmi, desunta sia da acquisto di azioni che dalla disponibilità di n.3 autovetture di grossa cilindrata.La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che (una volta rinunciato da parte dell’Ufficio alla contestazione della quota di reddito derivante da una delle tre autovetture) sarebbe spettato all’Ufficio, con argomentata dimostrazione, “indicare le ragioni per cui le spese di mantenimento delle altre due debbano ritenersi eccessive rispetto al reddito dichiarato”, cosi come ottemperare all’onere di prova in riguardo all’acquisto di azioni, quantomeno indicando nell’avviso di accertamento gli estremi dell’atto.La Corte, richiamando un proprio precedente (per tutte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5794 del 19/04/2001) conferma che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la determinazione del reddito effettuata sulla base dell’applicazione del cosiddetto ‘redditometro’ dispensa l’Amministrazione Finanziaria da qualunque ulteriore prova rispetto ai fatti-indici di maggiore capacità contributiva, individuati dal reddito metro stesso e posti a base della pretesa tributaria fatta valere, e pone a carico dei contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto sulla base del reddito metro non esiste o esiste in misura inferiore”. Compete, dunque, al contribuente “fornire la prova contraria rispetto alla presunzione stabilita ex lege”.

  • Con l’ordinanza n. 15931 dell’11 luglio 2014 la Corte di Cassazione ha legittimato l’accertamento sintetico operato dall’ufficio, nel vecchio regime, sulla base, fra l’altro, della disponibilità di tre autovetture, in assenza di elementi utili, da parte del contribuente, a negare rilevanza ai beni indicativi di maggiore capacità contributiva.La Corte ha, quindi, cassato la decisione dei giudici di secondo grado, atteso che la sentenza non ha individuato “i concreti elementi utilizzati per negare rilevanza agli elementi indicatori di capacità contributiva” né ha indicato “i concreti dati e l’iter logico giuridico seguiti per affermare … la indisponibilità di tre auto, oltretutto, pretermettendo l’esame delle risultanze del P.R.A, idonei a giustificare una diversa decisione…”.

8 settembre 2014

Gianfranco Antico

1 Cfr. sentenza Cass. n. 22936 del 17 ottobre 2007 (dep. il 30 ottobre 2007).