Agevolazioni de minimis: attenzione a impresa unica e operazioni straordinarie

Il sistema comunitario degli aiuti di Stato alle imprese prevede una deroga generalizzata alla disciplina dei limiti di intensità, deroga conosciuta appunto con il nome di regime de minimis, nei casi di incentivi ritenuti non idonei a falsare o a minacciare di falsare la libera concorrenza.

Il sistema comunitario degli aiuti di Stato alle imprese prevede una deroga generalizzata alla disciplina dei limiti di intensità, deroga conosciuta appunto con il nome di regime de minimis, nei casi di incentivi ritenuti non idonei a falsare o a minacciare di falsare la libera concorrenza all’interno della Comunità, condizione che, secondo le norme comunitarie, si verifica nei casi di ridotti investimenti.

 

Il regime de minimis

aiuti di stato regime de minimisIl regime de minimis viene periodicamente aggiornato e l’ultima revisione, avvenuta sulla base di alcuni nuovi regolamenti, si applica già dal 2014.

Una delle novità più rilevanti del nuovo regime de minimis è quella relativa alla determinazione del limite massimo di aiuti dovendo tener conto degli aiuti concessi ad altri soggetti che, insieme con il richiedente, costituiscono un’impresa unica, sulla base di alcuni rapporti indicati nei regolamenti.

Per alcuni aspetti, simile alla fattispecie dell’impresa unica, è anche l’altra novità che riguarda il rispetto del limite in occasione di particolari operazioni quali fusioni, scissione ed acquisizioni.

Di fatto, la nuova disciplina riduce le possibilità di accedere alle agevolazioni de minimis, anche se non pare configurare violazione del principio di buona fede e legittimo affidamento in quanto è espressamente previsto dai regolamenti l’applicazione delle nuove norme agli aiuti concessi dopo il 30 giugno 2014.

 

Riepilogo della disciplina sul regime de minimis in vigore dal 2014 

Il limite degli aiuti fruibili con la regola de minimis varia in relazione all’attività svolta da ciascuna impresa.

Attualmente, dopo le modifiche intervenute (che sono immediatamente operative in ogni singolo Paese, non avendo i regolamenti comunitari nessuna necessità di esser recepiti dal singolo Stato), il quadro generale degli aiuti de minimis è il seguente:

quadro aiuti de minimis

 

Regolamenti de minimis

I regolamenti sono sostanzialmente identici anche nel numero e della formulazione degli articoli, variando solo per l’individuazione del settore di appartenenza.

Relativamente ai settori di applicazione, vanno evidenziate le seguenti precisazioni contenute nei citati regolamenti:

  • i settori dell’agricoltura e della pesca comprendono solo le attività di produzione primaria di prodotti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura,
  • le attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli rientrano nella regola generale, considerando che sono comunque considerate agricole le attività le attività di preparazione dei prodotti alla prima vendita effettuate nelle aziende agricole, come la raccolta, il taglio e la trebbiatura dei cereali o l’imballaggio delle uova, né la prima vendita a rivenditori o imprese di trasformazione,
  • per il settore del trasporto merci, gli aiuti de minimis non possono essere utilizzati per l’acquisto di veicoli destinati al trasporto di merci su strada,
  • se un’impresa che effettua trasporto di merci su strada per conto terzi esercita anche altre attività soggette al massimale di 200 000 EUR, all’impresa si applica tale massimale, a condizione che lo Stato membro interessato garantisca, con mezzi adeguati quali la separazione delle attività o la distinzione dei costi, che l’attività di trasporto di merci su strada non tragga un vantaggio superiore a 100 000 EUR e che non si utilizzino aiuti de minimis per l’acquisto di veicoli destinati al trasporto di merci su strada,
  • se un’impresa opera sia in settori esclusi dal campo di applicazione della regola de minimis che in altri settori o attività, il presente regolamento deve applicarsi solo a questi altri settori o attività, a condizione che lo Stato membro interessato garantisca, con mezzi adeguati quali la separazione delle attività o la distinzione dei costi, che le attività esercitate nei settori esclusi non beneficiano di aiuti de minimis.

 

In ogni caso, i regolamenti de minimis non si applicano:
  • a favore di attività connesse all’esportazione, nel senso che non possono essere concessi aiuti de minimis in relazione alle quantità di merci esportate, alla costituzione e gestione di reti di distribuzione e a fronte di altre spese correnti connesse all’attività di esportazione;
  • in relazione agli aiuti condizionati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti importati;
  • alle imprese del settore carboniero;
  • alle imprese in difficoltà finanziarie.

 

Impresa unica

I massimali triennali di aiuti de minimis non sono riferiti alla singola impresa richiedente ma costituiscono il massimale per la c.d. “impresa unica”.

Si veda infatti, al riguardo, l’art. 3, comma 2, del Regolamento n. 1407/2013 secondo cui “L’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi da uno Stato membro a un’impresa unica non può superare 2000.000 EUR nel’arco di tre esercizi finanziari”.

La modifica ai regolamenti de minimis nasce dalla sentenza C-382/99 con la quale la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che tutte le entità controllate (giuridicamente o di fatto) da una stessa entità debbano essere considerate un’unica impresa beneficiaria.

Per evitare comportamenti elusivi, la Commissione europea ha, quindi, ritenuto necessario procedere ad una modifica della disciplina de minimis e indicare i criteri per individuare quando due o più imprese, all’interno dello stesso Paese, debbano essere considerate un’impresa unica ai fini dell’applicazione del regime in questione.

Pertanto, pur vigendo in ambito comunitario il Regolamento 2003/361 CE sulla definizione delle PMI (e, comunque, recepito in Italia con il Decreto del Ministero delle attività produttive – ora Ministero dello sviluppo economico- 18 aprile 2005), nell’ambito del quale sono definiti i diversi concetti di impresa autonoma, impresa associata e impresa collegata, la Commissione ha precisato nuovi criteri necessari per individuare l’impresa unica.

 


Art 2, c. 2, Regolamento 1407/2013

2. Ai fini del presente regolamento, s’intende per “impresa unica” l’insieme delle imprese fra le quali esiste almeno una delle relazioni seguenti:
a) un’impresa detiene la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’altra impresa;
b) un’impresa ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, direzione o sorveglianza di un’altra impresa;
c) un’impresa ha il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’altra impresa in virtù di un contratto concluso con quest’ultima oppure in virtù di una clausola dello statuto di quest’ultima;
d) un’impresa azionista o socia di un’altra impresa controlla da sola, in virtù di un accordo stipulato con altri azionisti o soci dell’altra impresa, la maggioranza dei diritti di voto di quest’ultima.
Le imprese fra le quali intercorre una delle predette relazioni per il tramite di una o più altre imprese sono anch’esse considerate un’impresa unica.


 

La stessa norma è contenuta anche nel Regolamento 1408/2013 (per il settore dell’agricoltura) e nel Regolamento 717/2014 (per il settore pesca e acquacoltura).

Poiché l’impresa unica può evidentemente operare in settori per i quali si applicano regolamenti, e quindi anche massimali, diversi, ci si deve porre la questione di come comportarsi in simili situazioni.

Ad esempio, se un’impresa industriale intende chiedere agevolazioni de minimis deve rispettare il massimale di 200.000 euro ovvero quello di 30.000 euro previsto per il settore in cui rientra la controllante che esercita attività di acquacoltura?

Al riguardo, si ritiene che, conformemente a quanto previsto dall’art. 1, comma 2, dei regolamenti in esame, l’impresa industriale debba far riferimento al suo massimale; nella richiesta deve tener conto, però, di tutti gli aiuti de minimis concessi all’impresa unica, quindi anche quelli a favore della controllante.

Nel caso opposto (impresa del settore della pesca che intende accedere ad agevolazioni de minimis ed è controllata da un’impresa industriale), si deve far riferimento al massimale di 30.000 euro previsto per settore della pesca; nella richiesta deve tener conto, però, di tutti gli aiuti de minimis concessi all’impresa unica, quindi anche quelli concessi a favore della controllante la quale potrebbe già aver fruito di aiuti de minimis per un importo superiore a 30.000 euro, il che non consente all’impresa della pesca di accedere all’agevolazione.

Le conseguenze della nuova disciplina appaiono estremamente penalizzanti per i gruppi di imprese, il che potrebbe comportare un aumento dei costi aziendali, sia a causa della riduzione delle agevolazioni fruibili, sia a causa dei costi conseguenti ad una opportuna pianificazione delle agevolazioni de minimis.

Sul primo aspetto, si pensi a società, rientranti in uno stesso gruppo economico, che fruiscono di agevolazioni de minimis consistenti, ad esempio, in riduzioni o esclusioni dai contributi previdenziali per i dipendenti.

E’ evidente che eventuali nuove richieste di agevolazioni potrebbero risultare non soddisfatte per aver l’impresa unica già raggiunto il massimale di 200.000 euro, il che, ovviamente, comporterà l’aumento dei contributi previdenziali a carico delle singole società.

Per quanto riguarda, invece, il secondo aspetto, pare evidente che ulteriori costi amministrativi dovranno rendersi necessari per effettuare anche solo una ricognizione degli aiuti de minimis concessi a tutte le imprese che formano l’impresa unica, dovendosi le singole imprese organizzarsi per comunicare l’un l’altra gli aiuti de minimis concessi.

Ulteriori costi amministrativi potranno rendersi necessari ove si voglia procedere, invece, ad una sorta di pianificazione per la presentazione, da parte delle singole imprese che formano l’impresa unica, delle richieste di ammissione agli aiuti de minimis.

Regime de minimis: normativa transitoria

Per effetto dell’applicazione dei nuovi regolamenti, appaiono evidenti i rischi, per qualunque impresa che rientri nel concetto di impresa unica, di perdere il de minimis, il che può avvenire, a volte, anche in spregio ai principi di buona fede e legittimo affidamento.

È il caso, ad esempio, del credito d’imposta per le assunzioni di profili altamente qualificanti (di cui all’art. 24 del decreto legge n. 83/2012) che, in determinate fattispecie può essere richiesto come de minimis.

Ebbene, al riguardo, mentre il decreto 23 ottobre 2013 del MISE fa riferimento, nella premessa, al Regolamento n. 1998/2006 del 15 dicembre 2006 relativo all’applicazione de minimis, cioè al precedente regolamento che non faceva alcun riferimento all’impresa unica, il decreto 28 luglio 2014 del Direttore dell’Agenzia delle entrate fa, invece, espresso riferimento ai Regolamenti (UE) n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013, n. 1408/2013 del 18 dicembre 2013 e n. 717/2014 del 27 giugno 2014, cioè ai nuovi regolamenti.

Anzi, l’art. 2, comma 3, del predetto decreto direttoriale, pur richiamando genericamente l’applicazione dei predetti regolamenti, specifica comunque che è possibile “beneficiare del credito d’imposta, nei limiti indicati al comma 2, tenuto conto di eventuali ulteriori agevolazioni già ottenute a titolo di “de minimis” nell’esercizio finanziario in corso alla data di presentazione dell’istanza e nei due esercizi finanziari precedenti da parte dell’”impresa unica”, definita dalla vigente normativa dell’Unione europea come l’insieme delle imprese fra le quali esiste” una delle relazioni indicate nel riquadro sopra riportato.

Per effetto, quindi, di questa nuova previsione, l’impresa (facente parte di un gruppo) che, sulla base del decreto MISE, aveva effettuato assunzione di dipendenti altamente qualificati e legittimamente riteneva di poter accedere all’agevolazione in questione, nella forma de minimis, si può trovare ora nella condizione di non poterlo più fare in quanto l’appartenenza ad un’unica impresa non le consente di fruire di aiuti de minimis per aver l’impresa unica già raggiunto il massimale di aiuto previsto per il settore di appartenenza.

Peraltro, nello schema di istanza per l’accesso al predetto credito d’imposta (allegati B e C del decreto direttoriale): non risulta alcun riferimento agli aiuti de minimis dell’impresa unica, il che può ulteriormente indurre in errore la singola impresa richiedente l’agevolazione.

Peraltro, uno schema così formulato rende complicato, all’ente ricevente, l’effettuazione di un efficace controllo sul rispetto del massimale in quanto l’importo concesso dovrebbe essere comprensivo delle agevolazioni sia all’impresa richiedente che alle altre imprese facenti parte dell’impresa unica.

Si pensi, per fare un esempio, all’impresa richiedente che non abbia ricevuto alcun aiuto de minimis e dichiari, invece, gli aiuti de minimis ricevuti dalle altre imprese facenti parte dell’impresa unica, il che, quanto meno, allunga i tempi del controllo (dovendo l’ente molto probabilmente chiedere informazioni aggiuntive) e allunga, quindi, anche i tempi della concessione dell’agevolazione.

Sarebbe stato molto opportuno, invece, come hanno già fatto, ad esempio, talune regioni, modificare i modelli delle istanze, evidenziando in modo inequivocabile sia il collegamento o meno con l’impresa unica:

dichiarazione impresa unica

dichiarazione impresa unica regime de mimis

 

sia il rispetto del massimale da parte dell’impresa unica:

 

Impresa beneficiaria Codice fiscale Norma/
Bando di riferimento
Ente/Amministrazion e concedente Data concessione Importo concesso
           
           
           
           

 

 

In ogni caso, indipendentemente dalla modalità di indicazione degli aiuti concessi precedentemente alla richiesta, la questione rilevante è accertare se un simile comportamento, cioè applicare “retroattivamente” la nuova disciplina a fattispecie regolamentate anteriormente, sia regolare o meno.

Al riguardo, si deve far riferimento al comma 1 dell’art. 7 del singolo regolamento secondo cui il nuovo regolamento si applica addirittura

“agli aiuti concessi prima dell’entrata in vigore dello stesso purché l’aiuto sia conforme a tutte le condizioni di cui al presente regolamento.”

 

Inoltre, il successivo comma 3 consente l’applicazione dei previgenti regolamenti agli aiuti concessi entro il 30 giugno 2014, il che spiega perché, ad esempio, le agevolazioni per le ZFU urbane sono state concesse ai sensi del precedente regolamento.

Tali norme, dunque, permettono al singolo Stato membro di applicare i nuovi regolamenti anche a fattispecie regolamentate precedentemente, in vigenza dei precedenti regolamenti, ma concessi successivamente al 30 giugno 2014, come pare abbia fatto l’Agenzia delle entrate con il credito d’imposta per le assunzioni di dipendenti altamente qualificati, la cui concessione non è, al momento, ancora avvenuta.

 

Aiuti de minimis: operazioni straordinarie

Oltre alla novità dell’impresa unica, i nuovi regolamenti sono intervenuti anche a definire il trattamento in particolari situazioni in cui l’impresa richiedente è interessato o è stato interessato da operazioni di fusione, acquisizione e scissione.

In particolare, il comma 8 dell’art. 3 del regolamento dispone che, nei casi di fusione, per controllare il rispetto del massimale in capo al soggetto avente causa (incorporante o società che risulta dalla fusione), occorre considerare anche gli aiuti de minimis concessi nel triennio alle società partecipanti alla fusione, fermo restando che gli aiuti de minimis concessi prima della fusione restano legittimi.

La norma non fa altro che confermare il principio civilistico del subentro a titolo universale da parte dell’incorporante o della società che risulta dalla fusione.

Lo stesso comma 8 estende, inoltre, le norme delle fusioni alle acquisizioni, senza precisare, però, cosa in effetti si debba intendere con tale termine.

Al riguardo, si ritiene che il termine possa solo significare “acquisto” di azienda e non anche acquisto di ramo d’azienda, in quanto solo l’acquisto di un’azienda comporta gli stessi effetti pratici di una fusione, operazione alla quale l’acquisizione è accomunata nella norma.

Nella pratica, però, difficilmente in sede di acquisto di azienda si da atto dell’avvenuta fruizione di agevolazioni, il che deve indurre i professionisti a sollevare la questione e l’acquirente a farsi rilasciare una apposita dichiarazione al riguardo.

Il comma 9 dello stesso art. 3, invece, dispone che, in caso di scissione, gli aiuti de minimis concessi prima dell’operazione sono assegnati alla 

società che ne ha fruito, individuata in quella che rileva le attività per le quali sono stati utilizzati gli aiuti de minimis.

Evidentemente, in caso di scissione parziale, in cui il bene agevolato rimane alla società scissa, anche l’agevolazione rimane in carico a quest’ultima.

Fin qui la norma è sostanzialmente identica alle tante interpretazioni che l’Agenzia delle entrate ha dato in caso di scissione di società con assegnazione di beni agevolati con un bonus investimenti.

Ove l’attribuzione di cui sopra non sia possibile (in quanto, ad esempio, l’aiuto non riguarda specifici investimenti, dipendenti, ecc., per cui non è possibile alcuna attribuzione, ma riguarda l’attività nel suo complesso) l’aiuto è ripartito proporzionalmente tra i partecipanti sulla base del valore contabile del patrimonio delle nuove imprese alla data in cui ha avuto effetto la scissione.

 

Leggi anche: Aiuti di Stato e aiuti de minimis: problemi dichiarativi e di trasparenza

 

Vito Dulcamare

30 agosto 2014

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