I soci di cooperativa – Guida

La società cooperativa gode di un rapporto particolare coi propri soci. Pubblichiamo una guida sui soci della cooperativa: requisiti, soci in “in prova”, l’ammissione, i conferimenti, il recesso, l’esclusione, la cessione delle azioni o delle quote, la morte del socio, il socio lavoratore, le forme di lavoro ammesse, il trattamento economico del socio lavoratore, il trattamento fiscale delle retribuzioni dei soci lavoratori, i soci finanziatori. (a cura di Sebastiano Di Diego).

I soci cooperatori

Appartengono a questa categoria i soci che dalla partecipazione alla società ricevono un’utilità economica correlata alla prestazione che forniscono.

 

soci cooperatori

 

 

I requisiti  per l’ammissione dei soci cooperatori 

i soci di cooperativaI requisiti per l’ammissione dei soci cooperatori devono essere indicati nello statuto e devono essere coerenti con lo scopo mutualistico e l’attività economica svolta (1).

La realizzazione delle finalità mutualistiche presuppone, almeno in linea generale, l’appartenenza dei soci a determinate categorie professionali e sociali.

È, infatti, con l’indicazione dei requisiti dei soci che si pone il fattore determinante, o uno dei fattori determinanti, della possibilità di appartenenza come socio alla società, perché in concreto si individua il bisogno o la gamma di bisogni economici che possono essere soddisfatti con l’assunzione diretta dell’esercizio di una data attività d’impresa (2).

 
Nella determinazione dei requisiti l’autonomia statutaria gode di ampia libertà.

 

Le uniche condizioni che essa deve rispettare sono le seguenti:

  •  devono essere evitate, perché illegittime, clausole statutarie che prevedano requisiti troppo generici o che conferiscano agli amministratori il potere di stabilirli di volta in volta;
  • la disciplina dei requisiti dei soci deve essere coerente con lo scopo mutualistico e con l’attività svolta, e non deve essere discriminatoria.

 

Specifici requisiti legali sono poi previsti dalle leggi speciali. In particolare la legge Basevi per alcune tipologie di cooperative individua i seguenti requisiti (cfr. art. 23 legge Basevi):

  •  nelle cooperative di lavoro: i soci devono essere lavoratori ed esercitare l’arte o il mestiere corrispondenti al settore di attività della società di cui fanno parte o affini;
  • nelle cooperative di consumo: non possono essere ammessi, come soci, intermediari e persone che conducano in proprio esercizi commerciali della stessa natura della cooperativa;
  • nelle cooperative agricole per affittanze collettive o per conduzione di terreno in concessione ai sensi del d.lgs. n. 279/44: non possono essere ammesse come soci le persone che esercitano attività diversa dalla coltivazione della terra; i proprietari, gli affittuari e i mezzadri possono essere soci di tali cooperative solo quando coltivino direttamente la terra e la superficie da essi direttamente coltivata sia sufficiente ad assorbire tutta la mano d’opera del nucleo familiare.

Al riguardo non è chiaro se tali requisiti (e quelli previsti dalle altre leggi speciali) siano ancora oggi in vigore oppure no.

Secondo alcuni

“il carattere generale dei nuovi requisiti previsti dal codice civile rende sostanzialmente superflua l’applicazione di quelli della legge Basevi che nella loro maggiore specificità potranno tutt’al più essere fatti propri dagli statuti delle singole cooperative in ragione di particolari necessità” (3).

 

Altri, invece, ritengono che tali requisiti continuino ad essere applicabili e che la riforma si sia limitata soltanto a colmare le lacune esistenti (4).

L’adesione a quest’ultima tesi ha come conseguenza che la partecipazione del socio sprovvisto dei requisiti in esame deve considerarsi nulla e tale nullità può essere fatta valere con azione giudiziaria; e, anche se il recesso e l’esclusione restano strumenti per rimediare a situazioni di irregolarità, è possibile l’intervento dell’autorità di vigilanza (5).

Una novità sicuramente interessante, inoltre, è rappresentata dalla possibilità di fissare i requisiti con riferimento, non soltanto allo scopo mutualistico, ma anche al tipo di attività della cooperativa.

Ciò è funzionale all’acquisizione, mediante l’inserimento nella compagine sociale, di professionalità utili all’attività economica, anche prescindendo dal rapporto mutualistico.

“Dal momento che la legge consente che, nel fissare i requisiti dei soci, lo statuto debba guardare, non solo allo scopo mutualistico, ma anche all’attività economica comune, lo statuto può prevedere requisiti collegati sia all’indirizzo mutualistico sia alle caratteristiche proprie dell’attività economica” (6).

 
Da ultimo va evidenziato che l’art. 2527, comma 2, contiene la precisazione che il socio non può esercitare in proprio imprese in concorrenza con quella della cooperativa.

Si tratta di un principio già previsto dalla legge Basevi per le cooperative di lavoro e per quelle di consumo, ora esteso a tutte le cooperative.

Lo scopo del divieto previsto dalla norma è quello di evitare che il socio approfitti dei vantaggi derivanti dalla partecipazione societaria, per svolgere un’attività concorrenziale con quella della cooperativa.

 

 

requisiti socio cooperativa

 

 

I soci in formazione o “in prova”

Lo statuto può prevedere, determinandone i diritti e gli obblighi, l’ammissione del nuovo socio cooperatore in una categoria speciale in ragione dell’interesse alla sua formazione ovvero del suo inserimento nell’impresa.

I termini formazione ed inserimento utilizzati dal legislatore, essendo del tutto generici, potrebbero essere intesi sia ai fini dell’inserimento del socio nel ciclo produttivo dell’impresa, sia ai fini della conoscenza del modello cooperativo.

Lo statuto, oltre a prevedere la figura del socio “in prova”, deve pure disciplinarne i diritti e gli obblighi. Anche su questo aspetto la norma è generica e, in sostanza, affida all’autonomia statutaria la scelta di quali diritti patrimoniali e amministrativi comprimere e con quale grado di intensità.

Deve ritenersi comunque che l’autonomia statutaria non possa spingersi fino ad una totale eliminazione di tali diritti,

“risultando più plausibile una riduzione dei medesimi, ad esempio per quanto attiene ai dividendi o alle modalità di liquidazione della quota, mentre per quanto attiene al voto si può immaginare la limitazione del suo esercizio ad alcune circostanze, ma non la sua esclusione.
Il medesimo criterio dovrebbe essere adottato anche per quanto attiene alla prestazione mutualistica con particolare riguardo al profilo della distribuzione del ristorno” (7).

 

I soci ammessi alla categoria speciale non possono in ogni caso superare un terzo del numero totale dei soci cooperatori. Inoltre, per evitare abusi, la legge prevede che la durata di permanenza nella categoria speciale non possa superare i cinque anni e stabilisce una sorta di automatismo nel passaggio alla ordinaria figura del socio cooperatore, trascorso tale periodo.

La disposizione sull’acquisto automatico, tuttavia, nonostante la lettera della norma, non va interpretata in maniera troppo rigida.

In particolare, deve ritenersi che il socio in prova acquisti un vero e proprio diritto soggettivo alla trasformazione della sua qualità in socio cooperatore, soltanto se, decorso il periodo fissato dallo statuto o dalla legge, non si siano verificati fatti attinenti alla persona del socio o all’attività economica o alla struttura sociale, che obiettivamente impediscano l’instaurazione di tale rapporto (8).

  • Si consiglia pertanto su questo punto un’attenta disciplina statutaria, ad esempio:
    inserendo specifiche clausole di esclusione che permettano l’allontanamento del socio qualora la cooperativa, prima del termine quinquennale o di quello inferiore eventualmente previsto in statuto, non lo ritenga formato o inserito nell’impresa;
  • subordinando comunque l’acquisto della qualità di socio cooperatore ordinario alla presentazione di apposita domanda all’organo amministrativo.

 

caratteristiche dei soci in prova di cooperativa

 

L’ammissione nella cooperativa

L’acquisto della qualità di socio avviene, oltre che con la partecipazione alla costituzione della società, con l’ammissione nella compagine sociale.

La procedura di ammissione è in larga parte definita dallo stesso codice civile, all’art. 2528.

Si afferma al riguardo che l’ammissione di un nuovo socio è fatta con deliberazione degli amministratori su domanda dell’interessato.

Se la domanda viene accolta, la deliberazione di ammissione deve essere comunicata all’interessato e annotata a cura degli amministratori nel libro dei soci (9).

Se, invece, viene respinta, l’organo amministrativo deve, entro sessanta giorni, motivare la deliberazione di rigetto e comunicarla agli interessati.

In questo caso, l’aspirante socio ha un’ulteriore possibilità: entro sessanta giorni dalla comunicazione del diniego può chiedere che sull’istanza si pronunci l’Assemblea, la quale delibera sulle domande non accolte, se non appositamente convocata, in occasione della sua prossima successiva convocazione.

In ogni caso, agli amministratori è fatto obbligo di illustrare, nella relazione al bilancio, le ragioni delle determinazioni assunte con riguardo all’ammissione dei nuovi soci.

 

ammissione soci cooperativa

 

 

I conferimenti, le quote o le azioni del socio

L’ingresso nella cooperativa presuppone l’effettuazione di un conferimento da parte del socio, che può essere diversamente determinato a seconda che la cooperativa faccia riferimento alle regole delle s.p.a. o delle s.r.l (10).

Nel primo caso, se nello statuto non è stabilito diversamente, il conferimento del socio deve essere in danaro 11; una specifica clausola può autorizzare i conferimenti in natura, fermo restando però che questi non possono consistere in prestazioni di opera o di servizi (12).

Diversa è la situazione delle cooperative s.r.l., nelle quali è possibile, dietro autorizzazione dello statuto, il conferimento di qualsiasi elemento dell’attivo suscettibile di valutazione economica (13).

 

Le quote o le azioni

Come contropartita del conferimento il socio riceve azioni o quote, a seconda di come è diviso il capitale sociale in base allo statuto.

Il valore nominale di ciascuna azione o quota non può essere inferiore a euro 25; per le azioni è inoltre previsto il limite massimo di euro 500 14.

Nelle società cooperative, inoltre, per stimolare l’allargamento della compagine sociale, nessun socio può avere una quota superiore a euro 100.000, né tante azioni il cui valore nominale superi tale somma (15).

Questa regola può essere derogata soltanto dalle cooperative con una base sociale molto ampia. Infatti, nelle cooperative con più di 500 soci, lo statuto può elevare il limite della partecipazione sociale sino al 2% del capitale sociale (16).

Le azioni eccedenti tale limite possono essere riscattate o alienate nell’interesse del socio dagli amministratori e, comunque, i relativi diritti patrimoniali sono destinati a riserva indivisibile.

La legge parla solo di azioni eccedenti: l’omissione, tuttavia, non pare sufficiente ad escludere l’estensione della disciplina in esame alla forma partecipativa per quote.

 

limite massimo della partecipazione sociale alle cooperative

 

I limiti indicati nella tavola precedente (e 100.000 o 2% del capitale sociale), inoltre, non si applicano17:

  •  nel caso di conferimenti di beni in natura o di crediti;
  • nel caso di assegnazione ai soci delle riserve divisibili mediante aumento proporzionale delle quote sottoscritte e versate, o emissione di nuove azioni; gli aumenti gratuiti, comunque, non possono comportare complessivamente un incremento della partecipazione del socio superiore al 20% del suo valore originario;
  • nel caso di attribuzione dei ristorni ai soci mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l’emissione di nuove azioni;
  • con riferimento ai soci diversi dalle persone fisiche;
  • con riferimento ai sottoscrittori di strumenti finanziari dotati di diritti di amministrazione.

 

Il sovrapprezzo

Oltre all’importo della quota o delle azioni, al socio può essere richiesto anche il versamento del sovrapprezzo, eventualmente determinato dall’Assemblea in sede di approvazione del bilancio su proposta degli amministratori.

La funzione del sovrapprezzo è quella di evitare che i nuovi soci acquisiscano i vantaggi derivanti dall’ingresso in una società già avviata senza alcun corrispettivo. Esso non può essere preventivamente fissato nello statuto, ma va determinato in sede di bilancio, tenendo conto del risultato di esercizio e della presenza di riserve patrimoniali divisibili.

Negli statuti, inoltre, viene spesso inserita anche la clausola che prevede l’obbligo di versamento di una tassa di ammissione, da non confondersi con il sovrapprezzo, in quanto finalizzata a finanziare la copertura di spese di registrazione e di funzionamento della cooperativa.

 

Il mancato pagamento delle quote o delle azioni

In base all’art. 2531 il socio che non esegue in tutto o in parte il pagamento delle quote o delle azioni sottoscritte può, previa intimazione da parte degli amministratori, essere escluso.

La disciplina presenta delle peculiarità rispetto a quella prevista per le s.p.a. e le s.r.l.: attesa la difficoltà di collocare presso terzi le partecipazioni, all’esclusione del socio inadempiente all’obbligo dei conferimenti fa seguito necessariamente la riduzione del capitale e l’annullamento dei titoli, con una soluzione più adeguata alla realtà cooperativa 18.

L’esclusione, come anticipato, ha soltanto carattere facoltativo; è possibile pertanto che la società preferisca avvalersi dell’ordinaria azione di adempimento, mantenendo in vita il rapporto con il socio inadempiente (19).

Qualora si percorra la via dell’esclusione, il relativo provvedimento deve essere tassativamente preceduto da una messa in mora da parte degli amministratori, avente le caratteristiche della diffida ad adempiere; e deve pertanto essere redatto in forma scritta e concedere un termine non inferiore a quindici giorni, ai sensi dell’art. 1454.

 

 

Lo scioglimento del rapporto sociale

Il socio cessa di far parte della cooperativa in conseguenza di uno dei seguenti eventi:

  • recesso;
  • esclusione;
  • cessione delle proprie azioni o quote;
  • morte.

 

Il recesso del socio

recesso del socioLa disciplina del recesso nelle società di capitali, da un lato, tende a tutelare l’integrità capitale sociale quale garanzia dei creditori, dall’altro, a contemperare il diritto della maggioranza di modificare in modo significativo il profilo di rischio nella partecipazione nella società e il diritto del socio di non vedersi imporre tali modifiche.

Nelle cooperative, invece, l’interesse protetto è rinvenibile non tanto nella conservazione del capitale, quanto in quell’interesse per così dire interno alla società, dato dal perseguimento dell’oggetto sociale e del fine mutualistico.

In queste società, in altre parole, si prende atto che se l’interesse alla prestazione mutualistica, fondato sullo scambio, non vi è più, non ha senso mantenere in vita il rapporto sociale.

 

Il diritto di recesso ex lege

Nelle cooperative il recesso può essere legale, nei casi contemplati ex lege, ovvero convenzionale, ove abbia origine da una fonte statutaria (cfr. art. 2522, comma 1).

Il codice civile riconosce espressamente al socio di cooperativa il diritto di recesso soltanto in un’ipotesi particolare: quella in cui egli voglia trasferire le proprie azioni o quote, con effetto verso la società, ma ciò sia vietato dall’atto costitutivo.

Le altre cause di recesso, invece, vanno ricercate tra le norme applicabili alle cooperative, in virtù del rinvio operato dall’art. 2519; esse pertanto saranno diverse a seconda che la cooperativa applichi, come disciplina residuale, le norme sulle s.r.l. o sulle s.p.a.

 

Il diritto di recesso convenzionale

Oltre a quelle legali, altre ipotesi di recesso possono essere previste dallo statuto della cooperativa. Nell’individuazione di tali ipotesi lo statuto gode di grande libertà: le clausole statutarie ipotizzabili possono avere il contenuto più vario sia in termini di presupposti dell’exit, che di determinazione di eventuali limiti o condizioni di efficacia.

Ad esempio si ritengono possibili le clausole che:

  • prevedono particolari ipotesi di exit legate alla perdita sopravvenuta dei requisiti personali, soggettivi ed oggettivi, dei soci, a tutela dello svolgimento dell’attività sociale;
  • subordinano l’esercizio del recesso a termini di preavviso;
  • prevedono il c.d. recesso ad nutum, ossia la possibilità per il socio di uscire dalla compagine sociale in qualsiasi momento e senza necessità di una particolare causa.

Non sembrano invece ammissibili clausole statutarie che affidino all’incontrollato arbitrio dell’organo amministrativo l’effettiva operatività del recesso stesso.

È opinione prevalente, infatti, che l’attuale previsione dell’art. 2532 escluda una discrezionalità piena dell’organo amministrativo; e ciò non soltanto perché, sul piano sostanziale, il legislatore affida a tale organo la verifica “dei presupposti” del recesso, facendo così chiaro riferimento ad una limitata delega di controllo, ma anche perché, sul piano conflittuale e processuale, in caso di diniego, prevede l’intervento dell’autorità giudiziaria, che invero risulterebbe inibito, ove non addirittura mortificato, da una clausola che riconosca un potere discrezionale dell’organo amministrativo.

 

 

Il procedimento per l’esercizio del recesso

La procedura di recesso viene descritta dall’art. 2532, comma 2. Secondo tale norma, la dichiarazione di recesso deve essere comunicata con raccomandata alla società. Gli amministratori devono esaminarla entro sessanta giorni dalla ricezione e, se non sussistono i presupposti del recesso, devono darne immediata comunicazione al socio.

Questi, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre opposizione innanzi al Tribunale.

L’iter appena descritto, inoltre, deve essere integrato con quanto previsto in materia di società di capitali, soprattutto avendo riguardo, nell’ipotesi di recesso legale, ai termini entro i quali la dichiarazione di recesso deve essere effettuata.

La norma nulla dispone per il caso in cui gli amministratori rimangano inerti, paralizzando l’uscita del socio, che si trova così ad essere “prigioniero” della società.

L’opinione prevalente al riguardo è, tuttavia, che il socio che abbia manifestato la volontà di recedere, trascorsi i 60 giorni di legge, possa adire il giudice invocando la finzione di avveramento della condizione sospensiva. In altre parole, si ritiene che, decorso il termine indicato, il socio possa chiedere al giudice di accertare se l’attività di verifica della sussistenza dei presupposti per lo scioglimento del rapporto sociale sia stata compiuta da parte degli amministratori, applicando, in caso negativo, la regola di cui all’art. 1359, e dichiarando, di conseguenza l’effettività del recesso (20).

Ad ogni modo, per evitare problemi è consigliabile disciplinare opportunamente la materia con apposita clausola statutaria. La soluzione potrebbe essere, ad esempio, una disposizione statutaria che introduca il meccanismo del silenzio-assenso, in base al quale, decorsi i 60 giorni senza che gli amministratori si siano pronunciati in senso negativo, la domanda debba intendersi accolta.

In ogni caso, il recesso deve essere esercitato per l’intera partecipazione sociale, in quanto non può essere parziale.

Ciò in considerazione dei principi che caratterizzano la cooperativa, secondo i quali l’appartenenza alla società e la fruizione dei vantaggi mutualistici fanno capo ad una posizione soggettiva che non è considerata frazionabile (21).

 

Natura del recesso

Come detto, nelle cooperative l’exit è condizionato al potere di controllo – ed al conseguente assenso o diniego – dell’organo amministrativo, che dovrà respingere la domanda, ove verifichi l’assenza dei relativi presupposti 22.

Tale funzione di controllo ha la sua ragion d’essere nella necessità di tutelare l’interesse della cooperativa al raggiungimento dell’oggetto sociale, laddove una contrazione del numero dei soci può esporre l’ente a rischi di crisi finanziarie o di maggiori difficoltà nello svolgimento dell’attività. Proprio perché sottoposto al “consenso” degli amministratori, il recesso nelle cooperative non è qualificabile come diritto potestativo, né, in particolare, come atto unilaterale recettizio che si perfeziona con l’avvenuta conoscenza da parte della società.

Gli effetti della dichiarazione di recesso sono sospensivamente condizionati all’approvazione degli amministratori; il che significa che, nelle more del provvedimento di accoglimento della domanda, il socio, pur essendo recedente, continua, come tutti i soci, ad esercitare i diritti sociali, amministrativi e mutualistici.

 

Effetti del recesso

Il recesso ha effetto:

  •  per quanto riguarda il rapporto sociale, dalla comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda;
  • per quanto riguarda i rapporti mutualistici tra socio e società, con la chiusura dell’esercizio in corso, se comunicato tre mesi prima, e, in caso contrario, con la chiusura dell’esercizio successivo.

 

Pertanto, mentre il rapporto sociale termina al momento della comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda, il rapporto mutualistico conserva validità fino alla chiusura dell’esercizio in corso o con la chiusura dell’esercizio successivo, con la conseguenza che il socio dovrà in questo arco temporale continuare a partecipare alla gestione mutualistica della cooperativa; ciò al fine di tutelare l’interesse della società a non essere privata dell’apporto del socio recedente.

A ben vedere, infatti, lo spazio temporale indicato dalla norma può essere funzionale alla cooperativa per sopperire ad eventuali difficoltà economiche derivanti dal recesso.

Lo statuto, tuttavia, con riferimento a questo aspetto, può disciplinare diversamente gli effetti del recesso sui rapporti mutualistici, ad esempio, introducendo un differente termine di efficacia, oppure rimettendo la sua determinazione all’organo amministrativo.

 

L’esclusione del socio

L’esclusione del socio, oltre che nelle ipotesi individuate nel comma 1 dell’art. 2533, può determinarsi nei casi previsti dall’atto costitutivo. Nelle cooperative le ipotesi statutarie di esclusione assumono un ruolo prevalente rispetto a quelle legali e sono considerate manifestazione del potere disciplinare dell’organismo sociale nei confronti delle scorrettezze del socio, al fine di conservare l’omogeneità e la compattezza del gruppo sociale, nonché la funzionalità della società (23).

Al riguardo va evidenziato come l’autonomia statutaria non possa essere esercitata senza riserve, dovendosi rispettare alcune importanti condizioni:

  • le clausole di esclusione devono essere relative ad inadempienze degli obblighi sociali oppure a mutamenti di situazioni soggettive riguardanti qualità professionali o personali del socio, che siano importanti per il conseguimento dei fini sociali;
  • i casi di esclusione devono essere indicati in modo tassativo, specifico e non generico, affinché il socio possa verificare in concreto se i fatti addebitati sussistano ed al fine di arginare il rischio che il socio diventi facile bersaglio degli amministratori;
  • le ipotesi di esclusione non possono prescindere dal requisito della gravità con riferimento agli interessi della società.

 

In quest’ottica deve riconoscersi l’illegittimità delle clausole che per la loro genericità non consentano di verificare se i fatti addebitati sussistano realmente (24).

È il caso, ad esempio, di quelle clausole, in verità diffuse nella prassi, che in maniera del tutto generica prevedono l’esclusione sulla base della condotta del socio (es. se il socio fomenti dissidi o non partecipi all’attività sociale o arrechi danno materiale o morale alla cooperativa).

Tali previsioni sono, invece, da ritenere ammissibili ove siano ancorate al verificarsi di fatti determinati, come lo svolgimento di attività concorrenziali o la mancata ripetuta partecipazione all’Assemblea.

 

Il procedimento di esclusione

L’esclusione deve essere deliberata dagli amministratori, non potendo più avvenire di diritto. L’atto costitutivo può tuttavia attribuire tale competenza all’Assemblea. Contro la deliberazione di esclusione, il socio può proporre opposizione al tribunale, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione.

Lo scioglimento del rapporto sociale per esclusione determina anche la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti: la regola è inversa rispetto al recesso.

L’atto costitutivo può tuttavia stabilire una diversa disciplina, rimettendo, ad esempio, la determinazione degli effetti all’organo amministrativo.

 

 

La cessione delle azioni o delle quote

Nelle cooperative la circolazione della partecipazione è frenata dalla regola legale secondo la quale

“la quota o le azioni dei soci cooperatori non possono essere cedute con effetto verso la società, se la cessione non è autorizzata dagli amministratori”.

La finalità della norma, che in pratica introduce una clausola di gradimento ex lege, risiede nel contemperamento del principio della libera circolazione della partecipazione con la rilevanza per il socio dei requisiti personali.

Da qui la necessità per la cooperativa di valutare se il nuovo socio ne sia provvisto e se, conseguentemente, il trasferimento della prestazione mutualistica sia compatibile con le finalità della compagine.

Il socio che intende trasferire la propria quota o le proprie azioni deve quindi darne comunicazione agli amministratori con lettera raccomandata 25, informandoli delle generalità del terzo acquirente al fine di verificarne il possesso dei requisiti personali.

Il provvedimento che concede o nega l’autorizzazione deve essere motivato e comunicato al socio entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta 26.

Se, decorso tale termine, il socio non riceve alcuna comunicazione, la partecipazione può essere liberamente trasferita: il silenzio vale come assenso e la società, qualora l’acquirente abbia i requisiti previsti per divenire socio, deve necessariamente iscriverlo nel libro dei soci 27.

Contro il diniego, il socio, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre opposizione al Tribunale.

 

Il divieto statutario di cessione della partecipazione

La circolazione della partecipazione sociale può anche, con clausola dello statuto, essere addirittura esclusa: ciò per impedire che il socio speculi, in contrasto con lo spirito mutualistico, sul valore di scambio eventualmente acquisito dalla quota sociale.

L’atto costitutivo, infatti, ai sensi dell’art. 2530, comma 6, può vietare la cessione della quota o delle azioni, salvo in questo caso il diritto di recedere dalla società, che però non può essere esercitato prima che siano decorsi due anni dall’ingresso del socio nella società.

Il periodo di lock in di due anni risponde ad esigenze di salvaguardia della stabilità della compagine societaria e si riferisce esplicitamente al solo caso di ingresso di un socio in una cooperativa nel cui statuto sia già contenuto il divieto.

 

 

La morte del socio

In caso di morte del socio, gli eredi hanno diritto alla liquidazione della quota o al rimborso delle azioni.

La liquidazione della partecipazione ha luogo sulla base del bilancio dell’esercizio in cui si è verificata la morte del socio; per il resto si applicano le regole viste nel paragrafo precedente.

La regola generale, prevista dal legislatore, è quindi quella della non trasferibilità mortis causa della partecipazione sociale.

Lo statuto, tuttavia, può contenere una diversa previsione, consentendo la continuazione della società con gli eredi 28.

In questo caso, comunque, questi possono vantare un diritto d’ingresso soltanto se in possesso dei requisiti legali e statutari necessari per l’appartenenza alla cooperativa.

 

 

La liquidazione della partecipazione

In conseguenza del recesso, dell’esclusione o della morte si pone il problema del rimborso al socio uscente o ai suoi eredi delle quote o delle azioni a suo tempo sottoscritte.

Secondo l’art. 2535, comma 1, la liquidazione della quota o il rimborso delle azioni deve avvenire sulla base del bilancio dell’esercizio in cui si è verificato lo scioglimento del rapporto sociale.

Nelle cooperative CMP, inoltre, occorre tener conto del divieto di computo delle riserve stabilito dall’art. 2524, lett. c), in conseguenza del quale al socio (o ai suoi eredi) può essere rimborsato al massimo (ove non sussistano perdite) il valore nominale del capitale sociale (eventualmente rivalutato) nonché, se lo statuto lo prevede, il sovrapprezzo versato al momento dell’ ammissione nella società.

Il pagamento deve essere fatto entro centottanta giorni dall’approvazione del bilancio.

È però prevista la possibilità che l’atto costitutivo stabilisca che, per la frazione della quota o le azioni assegnate al socio a titolo di ristorno o a seguito dell’imputazione delle riserve divisibili a capitale 29 (artt. 2545-quinquies e 2545-sexies), la liquidazione o il rimborso, unitamente agli interessi legali, possano essere corrisposti in più rate entro un termine massimo di cinque anni.

Si tratta di una previsione senz’altro utile per evitare che lo scioglimento del rapporto sociale di alcuni soci, in un arco di tempo ristretto, possa provocare difficoltà finanziarie alla cooperativa.

 

 

L’assegnazione delle riserve divisibili nelle CMNP

Come noto, le CMNP possono costituire riserve divisibili anche in favore dei soci cooperatori. Si pone quindi il problema di come attribuire tali riserve in caso di scioglimento del rapporto sociale.

Al riguardo l’art. 2545-quinquies, comma 4, prevede la possibilità che le riserve divisibili, spettanti al socio in caso di scioglimento del rapporto, siano assegnate attraverso l’emissione di strumenti finanziari liberamente trasferibili.

Questa possibilità può essere esclusa dallo statuto, anche se va evidenziato che nei casi in cui trova applicazione la c.d. clausola di garanzia (rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società inferiore ad un quarto) la modalità di assegnazione attraverso l’emissione di strumenti finanziari è l’unica percorribile 30.

 

 

Il socio lavoratore 

socio lavoratore di cooperativaNelle cooperative di lavoro, i soci cooperatori, denominati “soci lavoratori” (31), sono destinatari di una particolare disciplina.

L’art. 1 della l. 142/2001, in particolare, contiene una serie di disposizioni volte a delineare e a disciplinare il complesso rapporto tra socio lavoratore e cooperativa.

In particolare, viene introdotto il cosiddetto principio della duplicità dei rapporti, secondo il quale il socio lavoratore è identificato come soggetto che ha in essere con la cooperativa due distinti rapporti:

  • il rapporto associativo;
  • il rapporto di lavoro.

Nell’ambito del primo rapporto, disciplinato dalle norme del codice civile di cui abbiamo parlato nei precedenti paragrafi, il socio è chiamato a 32:

  • concorrere alla gestione dell’impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell’impresa;
  • partecipare all’elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell’azienda;
  • contribuire alla formazione del capitale sociale e, partecipando al rischio d’impresa, ai risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione.

 

Nell’ambito del secondo, invece, è chiamato a mettere a disposizione della cooperativa le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell’attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa 33.

L’elemento di più significativa novità, tra quelli apportati con la l. 142, riguarda proprio questo rapporto.

Il comma 3 dell’art. 1, infatti, come anticipato, contiene per la prima volta l’esplicito riconoscimento dell’instaurazione, tra socio e cooperativa, di un ulteriore e distinto rapporto di lavoro, risolvendo così alcune delle problematiche interpretative, che erano emerse proprio in merito all’inquadramento giuridico del rapporto stesso.

In base alla nuova normativa, la prestazione lavorativa non può più, come in passato, ritenersi mero adempimento del contratto sociale, ma deve essere disciplinata con un contratto a parte.

In particolare, il rapporto di lavoro, che deve essere stipulato contestualmente o successivamente al rapporto associativo, deve conformarsi ad uno dei seguenti modelli:

  • lavoro subordinato;
  • lavoro autonomo;
  • lavoro coordinato e continuativo.

 

rapporto di lavoro del socio lavoratore

 

 

Restano escluse le forme occasionali di prestazione lavorativa, quali ad esempio:

  • le c.d. mini-co.co.co: prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di durata non superiore a giorni 30 e con compenso non superiore a euro 5.000 con il medesimo committente (art. 61, 2° comma, d.lgs. n. 276/2003);
  • lavoro autonomo occasionale;
  • lavoro subordinato con contratto a termine di durata inferiore a quanto stabilito nel regolamento interno.

 

NB. Nulla vieta di instaurare queste tipologie lavorative con lavoratori non soci. Mal si concilia invece lo scopo mutualistico della cooperativa con il contratto di associazione in partecipazione.

Dall’instaurazione del rapporto di lavoro derivano gli effetti di natura normativa, fiscale e previdenziale, propri del tipo di contratto scelto.

In particolare, l’art. 4 estende alle retribuzioni dei soci lavoratori il trattamento previdenziale tipico del rapporto di lavoro di riferimento.

Si avrà pertanto, a seconda dello schema contrattuale concretamente adottato dalla cooperativa, l’applicazione delle norme previdenziali e assicurative in materia di lavoro subordinato, autonomo o di collaborazione.

 

 

Disciplina delle forme di lavoro ammesse

Lavoro subordinato

Nel lavoro subordinato un soggetto si impegna a prestare la propria attività lavorativa, alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro, a fronte del pagamento della retribuzione.

Per l’instaurazione del rapporto con il socio lavoratore subordinato è obbligatorio inviare, in via esclusivamente telematica, entro le ore 24 del giorno antecedente l’inizio del rapporto, il Modello unificato Lav attraverso il Sistema informatico delle comunicazioni obbligatorie del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

Inquadramento fiscale.

Il reddito prodotto è reddito di lavoro dipendente (art. 49 t.u.i.r.) e la cooperativa opera quale sostituto d’imposta.

Inquadramento previdenziale.

Le cooperative di lavoro, ai fini contributivi e previdenziali, sono equiparate agli altri datori di lavoro; è riconosciuta una riduzione del contributo Cuaf per le cooperative che hanno presentato domanda di iscrizione nell’albo informatico delle società cooperative.

Per quanto riguarda invece le cooperative sociali vige un particolare regime previdenziale differenziato in base alla tipologia delle stesse.

I ristorni attribuiti ai soci lavoratori subordinati sono esenti da contribuzione previdenziale.

 

 

Lavoro autonomo

Nel rapporto di lavoro autonomo, un soggetto si obbliga a compiere un’opera o un servizio senza vincolo di subordinazione e con l’obiettivo del risultato, a fronte del pagamento di un corrispettivo.

Il lavoratore che abitualmente svolge attività in qualità di artigiano, commerciante, imprenditore agricolo a titolo principale, agente o esercente di arte o professione, potrebbe stipulare, come ulteriore rapporto, oltre a quello associativo, un contratto di lavoro autonomo tra cooperativa e socio lavoratore autonomo, seguendo le disposizioni del regolamento interno.

Gli oneri fiscali, previdenziali e assicurativi sono a carico del lavoratore autonomo, in base alla categoria di appartenenza.

 

Lavoro parasubordinato. Collaborazione coordinata e continuativa a progetto

La collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’art. 409 c.p.c., si colloca a metà tra il lavoro subordinato e quello autonomo; gli elementi che lo caratterizzano sono:

  • l’autonomia gestionale e la professionalità del collaboratore nello svolgimento dell’attività;
  • la necessaria coordinazione con il committente;
  • la mancanza del potere disciplinare e gerarchico da parte del committente;
  • l’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività.

 

Il decreto 276/2003 ha reso necessario aggiungere uno specifico progetto a tutti i contratti di collaborazione, salvo le attività previste dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 61.

N.B. Sono esclusi dall’obbligo di prevedere un progetto:

  • le prestazioni occasionali di durata non superiore a 30 giorni nell’anno con lo stesso committente salvo che il compenso superi i 5 mila euro (c.d. mini co.co.co);
  • le professioni intellettuali che prevedono l’iscrizione ad albi professionali;
  • e collaborazioni coordinate e continuative rese a favore delle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI;
  • i rapporti con gli amministratori e i componenti degli organi di controllo delle società;
  • le prestazioni rese dai pensionati di vecchiaia compresi i percettori di pensione di anzianità che abbiano raggiunto i requisiti di età della pensione di vecchiaia;
  • i rapporti di agenzia e rappresentanza di commercio.
Tesi discordanti sull’obbligatorietà del progetto per il socio lavoratore parasubordinato.

Il decreto 276/2003 non lo esclude esplicitamente, limitandosi a citare gli “organi di amministrazione e controllo delle società”; di fatto, il socio lavoratore, con i compiti attribuitigli dall’art. 1, comma 2, della l. 142/2001 potrebbe rientrare nei suddetti organi di amministrazione e controllo. Nulla è stato chiarito in proposito.

 

N.B. I soci lavoratori di cooperativa:

a) concorrono alla gestione dell’impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell’impresa;

b) partecipano all’elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell’azienda;

c) contribuiscono alla formazione del capitale sociale e partecipano al rischio d’impresa, ai risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione;

d) mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo
e allo stato dell’attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa.

 

Inquadramento fiscale.

Il reddito prodotto è reddito assimilato a lavoro dipendente (art. 50 t.u.i.r.) e la cooperativa opera quale sostituto d’imposta.

Inquadramento previdenziale.

Il socio lavoratore deve iscriversi alla Gestione separata Inps, per la quale sono previste due aliquote contributive:

• 27,72% per chi non risulta soggetto ad altre forme pensionistiche obbligatorie;

• 18% per i pensionati oppure per coloro che risultano già assicurati presso altre forme di previdenza obbligatorie.

Il contributo è posto per un terzo a carico del collaboratore e per due terzi a carico del committente. Per quanto riguarda invece la tutela assicurativa il committente è tenuto, qualora ne ricorra l’obbligo, all’iscrizione del collaboratore all’Inail; il premio assicurativo è ripartito nella stessa misura del contributo previdenziale (1/3 a carico del lavoratore e 2/3 a carico del committente).

 

 

Il regolamento interno

La cooperativa, come anticipato, deve adottare un regolamento interno, approvato dall’Assemblea ordinaria dei soci e depositato entro 30 giorni alla Direzione provinciale del lavoro competente.

Nel regolamento interno sono definiti:

  • i rapporti di lavoro instaurabili con il socio lavoratore;
  • le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soci per ogni tipologia di rapporto instaurabile;
  • riguardo al lavoro subordinato, quale CCNL adottare per definire il trattamento economico dei lavoratori e, riguardo ai rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, il rinvio alla normativa applicabile;
  • le attribuzioni dell’Assemblea dei soci e le soluzioni strategiche in caso di crisi o di avviamento dell’attività, con possibilità di forme di apporto economico o lavorativo da parte dei soci lavoratori.

Al di fuori dei casi di crisi e avviamento, non sono ammesse deroghe in senso peggiorativo rispetto ai trattamenti retributivi previsti dai contratti collettivi, a pena di nullità.

 

 

L’accesso al lavoro in una cooperativa

Il socio lavoratore, per divenire tale deve:

  •  presentare domanda di ammissione a socio cooperatore;
  • contestualmente o successivamente all’adesione alla cooperativa in qualità di socio scegliere, in riferimento alle proprie competenze e secondo le modalità del regolamento interno, la tipologia del rapporto di lavoro da instaurare.

 

La cessazione del rapporto associativo lavorativo

Quando viene a cessare un rapporto di lavoro con un socio lavoratore subordinato, non necessariamente cessa anche la posizione di socio.

Quando invece il rapporto associativo si scioglie, ciò comporta l’automatica risoluzione del rapporto di lavoro.

Il socio lavoratore che viene licenziato, nel caso permanga il rapporto associativo, ha diritto all’applicazione dell’art. 18 della l. 300/70 (la c.d. tutela reale), laddove ricorrano i requisiti dimensionali della cooperativa.

La cooperativa, nel rapporto con i soci lavoratori, deve attenersi agli obblighi vigenti in materia di privacy (d.lgs. 196/2003) e in materia di igiene e sicurezza sul lavoro (d.lgs. 81/2008).

 

 

I diritti individuali e collettivi del socio lavoratore

La nuova legge (art. 2) prevede che ai soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato si applichino tutte le disposizioni:

  • dello Statuto dei lavoratori, con esclusione dell’art. 18 in ordine alla reintegrazione per licenziamento illegittimo, ogniqualvolta venga a cessare con il rapporto di lavoro anche quello associativo;
  • in materia di igiene e sicurezza del lavoro.

 

Se, invece, il rapporto di lavoro è di altro tipo (lavoro autonomo o parasubordinato) si applicano soltanto le norme della l. 300/70 relative alla libertà di opinione (art. 1), divieto di indagini sulle opinioni (art. 8), diritto di assicurazione e di attività sindacale (art. 14), atti discriminatori (art. 16), nonché le norme in materia di igiene e sicurezza del lavoro limitatamente al decreto legislativo 81/2008 e s.m.i. e alle sole norme dei medesimi “compatibili con le modalità della prestazione lavorativa”.

 

 

Il trattamento economico del socio lavoratore

L’art. 3 disciplina il “Trattamento economico del socio lavoratore”; in particolare, al comma 1 stabilisce che:

 

“Fermo restando quanto previsto dall’art. 36 della l. 20 maggio 1970, n. 300, le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo”.

 

La norma contiene, a favore del socio lavoratore, la previsione di un trattamento minimo inderogabile; nello specifico, viene previsto:

  • nel caso di contratto di lavoro subordinato, l’obbligo di rispettare i valori minimi fissati dai contratti collettivi nazionali di lavoro;
  • nel caso delle altre tipologie di contratto (lavoro autonomo – parasubordinato), l’obbligo di far riferimento alla retribuzione e ai compensi medi applicati nel settore di attività per prestazioni similari.

 

Fissato questo “primo livello” di retribuzione, il legislatore, al fine di differenziare la figura del socio lavoratore da quella del lavoratore non socio, prevede degli ulteriori elementi che possono comporre il suo trattamento economico.

Al riguardo il comma 2 stabilisce che:

 

“Trattamenti economici ulteriori possono essere deliberati dall’Assemblea e possono essere erogati:

a) a titolo di maggiorazione retributiva, secondo le modalità stabilite in accordi stipulati ai sensi dell’art. 2;

b) in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno, in misura non superiore al 30% dei trattamenti retributivi complessivi di cui al comma 1 e alla lettera a), mediante integrazioni delle retribuzioni medesime, mediante aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato, in deroga ai limiti stabiliti dall’art. 24 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, ratificato, con modificazioni, dalla l. 2 aprile 1951, n. 302, e successive modificazioni, ovvero mediante distribuzione gratuita dei titoli di cui all’art. 5 della l. 31 gennaio 1992, n. 59”.

 

Con la previsione della maggiorazione retributiva di cui alla lett. a), il legislatore individua una sorta di secondo livello retributivo (corrispondente al secondo livello contrattuale previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro), la cui erogazione, tuttavia, è rimessa espressamente alla discrezionalità dell’Assemblea.

Per quanto riguarda l’integrazione retributiva di cui alla lettera b), invece, vanno segnalati:

  • da un lato, l’elevazione al 30% della misura precedentemente stabilita, nel 20% dei salari correnti, dall’art. 47, comma 1, lett. a) del t.u.i.r.;
  • dall’altro, per la prima volta, l’espressa qualificazione come ristorni di tali somme 34.

 

Un ulteriore elemento di interesse è rappresentato dalla possibilità di attribuire tale ristorno, oltre che come integrazione della retribuzione, mediante:

  • aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato 35;
  • distribuzione gratuita di azioni di partecipazione cooperativa.

 

Queste due modalità di attribuzione, oltre a soddisfare l’interesse dei soci, soddisfano anche le esigenze di consolidamento patrimoniale della cooperativa, evitando un esborso immediato di liquidità che può essere particolarmente importante nelle realtà aziendali più piccole.

 

 

 

Il trattamento fiscale delle retribuzioni dei soci lavoratori

La disciplina in capo al socio

È il tipo di rapporto di lavoro prescelto dal socio che determina il regime fiscale dei trattamenti economici relativi.

In particolare, il trattamento economico complessivo, l’eventuale maggiorazione retributiva, l’eventuale ristorno (nei limiti del 30%) percepiti dal socio costituiscono:

  • reddito di lavoro dipendente, se il socio instaura un rapporto di lavoro subordinato 36;
  • reddito di lavoro autonomo, se il socio instaura un rapporto di lavoro autonomo 37;
  • reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, se il socio instaura un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.

 

Il trattamento fiscale delle retribuzioni dei soci lavoratori

 

 

La disciplina in capo alla cooperativa

Come precisato dalla r.m. n. 212 del 2 luglio 2002, le somme corrisposte ai soci relative al trattamento economico complessivo di cui al comma
1 dell’art. 3 e al trattamento economico ulteriore erogato a titolo di maggiorazione retributiva ai sensi del comma 2, lett. a) dello stesso articolo costituiscono per la società un costo deducibile.

 

Leggi anche: 
Socio lavoratore di cooperativa: sorte della retribuzione e contribuzione in caso di crisi
Soci lavoratori compresi nel computo per l’applicazione dell’art. 18

 

 

I soci finanziatori

I soci finanziatori sono coloro che, non interessati alla prestazione mutualistica fornita dalla cooperativa, apportano risorse finanziarie nella società esclusivamente a titolo d’investimento.

La figura del socio finanziatore, introdotta dalla l. 31 gennaio 1992, n. 59, ha ricevuto una più ampia disciplina con la riforma societaria, attraverso la disciplina dei c.d. strumenti finanziari (partecipativi e non).

La nozione di strumento finanziario nell’ambito delle cooperative risulta essere addirittura più ampia che nelle s.p.a.

Essa, infatti, include sia la nozione di azione, sia la nozione di obbligazione, sia, infine, quella di strumenti finanziari tipici (poiché previsti dall’art. 2526) a contenuto atipico (poiché il loro contenuto è rimesso all’autonomia statutaria ai sensi dell’art. 2526, comma 2), quali, per esempio, gli strumenti rappresentativi della posizione di associato in partecipazione.

 

Nelle cooperative pertanto gli strumenti finanziari:
  • possono essere rappresentativi sia di capitale di rischio che di debito (in primis, un’obbligazione);
  • nel caso in cui rappresentino capitale di rischio, il corrispondente apporto può essere imputato a capitale sociale oppure no (si immagini uno strumento rappresentativo della posizione di associato in partecipazione);
  • possono attribuire un diritto di voto pieno, limitato, oppure nessun diritto di voto (come emerge dagli artt. 2526, secondo e terzo comma, e 2541) e, più in generale, possono essere dotati o meno di diritti di amministrazione (cfr., per esempio, l’art. 2526, quarto comma);
  • possono attribuire la qualità di socio (socio finanziatore) oppure no;
  • possono essere: trasferibili, non liberamente trasferibili e, forse, intrasferibili per un tempo limitato;
  • possono essere incorporati in un titolo o rappresentati da uno strumento dematerializzato.

 

È evidente che la differenza maggiore rispetto alla disciplina delle s.p.a. è rappresentata dal fatto che le cooperative possono emettere anche strumenti rappresentativi della partecipazione alla società, i cui sottoscrittori sono da qualificare come soci finanziatori.

In particolare, sfruttando gli spazi riservati all’autonomia statutaria, tali società possono prevedere l’emissione, in aggiunta alle c.d. azioni “cooperative”, di vere e proprie azioni “lucrative”, i cui diritti possono essere liberamente stabiliti sia quanto ai diritti di partecipazione, sia quanto ai diritti patrimoniali, sia infine quanto alle eventuali condizioni cui è sottoposto il loro trasferimento.

Una disciplina particolare è poi prevista per le cooperative s.r.l. dall’art. 2526,comma 4, secondo il quale “La cooperativa cui si applicano le norme sulla società a responsabilità limitata può offrire in sottoscrizione strumenti privi di diritti di amministrazione solo a investitori qualificati”

Tale norma, che limitava fortemente il ricorso ai soci finanziatori nelle s.r.l., è stata oggetto d’interpretazione autentica da parte della legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 9, che all’art. 11, comma 3-bis, precisa quanto segue:

“Il quarto comma dell’art. 2526 c.c. si interpreta nel senso che, nelle cooperative cui si applicano le norme sulle società a responsabilità limitata, il limite all’emissione di strumenti finanziari si riferisce esclusivamente ai titoli di debito”.

In base a questa previsione, viene facilitata anche nelle cooperative di minori dimensioni l’emissione di strumenti finanziari connessi alla qualifica di socio (azioni di sovvenzione, azioni a voto limitato ecc.).

 

 

I soci sovventori

Le azioni (o quote) di sovvenzione sono lo strumento finanziario più diffuso tra le cooperative; i titolari di tali azioni (o quote) sono denominati soci sovventori.

La legge non prevede nessun requisito per i soci sovventori; requisiti che invece possono essere previsti dallo statuto.

I conferimenti dei soci sovventori (che non sono soggetti a nessun limite quantitativo) sono rappresentati da azioni nominative trasferibili (art. 4 l. 59/92), la cui emissione non è preclusa alle cooperative il cui capitale è rappresentato da quote.

 

Le modalità di emissione

Perché la cooperativa possa procedere all’emissione di azioni riservate ai soci sovventori è necessario che lo statuto preveda la costituzione di fondi per lo sviluppo tecnologico o per la ristrutturazione o il potenziamento aziendale.

Riguardo, invece, alle modalità pratiche dell’istituzione dei soci sovventori la norma non prevede nulla; e ciò fa sorgere il problema se la competenza ad effettuare le singole emissioni spetti all’organo amministrativo oppure sia riservata all’Assemblea.

La prima soluzione sembra preferibile, considerata la regola della variabilità del capitale che caratterizza le cooperative.

Nulla vieta comunque che lo statuto disciplini diversamente la materia, attribuendo la competenza dell’emissione all’Assemblea ordinaria o addirittura a quella straordinaria.

 

 

Diritti amministrativi e patrimoniali

I soci sovventori hanno diritto di voto in Assemblea.

A ciascuno di essi possono essere attribuiti più voti (anche in relazione dell’apporto), con un massimo di cinque. I voti complessivamente attribuiti ai soci sovventori, però, non possono superare un terzo di quelli spettanti alla totalità dei soci 38.

Qualora tale limite venga superato, la cooperativa deve in maniera sollecita ristabilire la proporzione tra voti esprimibili dai soci cooperatori e voti dei soci sovventori.

I soci sovventori possono essere nominati amministratori. La maggioranza degli amministratori, però, deve essere costituita da soci ordinari.

Per quanto riguarda i diritti di natura patrimoniale, è previsto che lo statuto possa stabilire particolari condizioni di favore per soci sovventori, in sede di ripartizione degli utili e di liquidazione delle quote/azioni; il privilegio nella ripartizione degli utili, tuttavia, non può tradursi in un tasso di remunerazione maggiorato in misura superiore al 2% rispetto a quello stabilito per gli altri soci 39.

Le azioni di sovvenzione possono essere cedute senza che sia necessario il consenso del Consiglio di amministrazione.

L’atto costitutivo, comunque, può stabilire particolari condizioni per la loro alienazione, prevedendo ad esempio clausole di prelazione e di gradimento.

 

 

a cura di Sebastiano Di Diego

 

 

NOTE

1. Cfr. art. 2527, comma 1.
2. MONTAGNANI PACIELLO, Commento all’art. 2521, in La riforma delle società, a cura di SANDULLI SANTORO, 2003, Torino, 66.
3. BONFANTE G., Art. 2527, in Codice commentato delle nuove società, a cura di BONFANTE, CORAPI, MARZIALE, RORDORF, SALAFIA, 2004, Milano, p. 1476.
4. CECCARINI SCHIRÒ, Società cooperative e mutue assicuratrici, 2003, Milano, p. 90.
5. PAOLUCCI, Le società cooperative dopo la riforma, 2004, Padova, p. 55.
6. TONELLI, Commento all’art. 2527, in La riforma delle società. Società cooperative, a cura di SANDULLI, SANTORO, 2003, Torino, p. 97.
7. BONFANTE, Art. 2527, in Codice commentato delle nuove società, a cura di BONFANTE, CORAPI, MARZIALE, RORDORF, SALAFIA, p. 2004.
8. TONELLI, Commento all’art. 2527, in La riforma delle società. Società cooperative, a cura di SANDULLI, SANTORO, 2003, Torino, p. 99.
9. L’annotazione è importante perché essa fa fede dell’appartenenza del nuovo socio a quella società, gli conferisce i diritti previsti patrimoniali ed amministrativi, a partire dal diritto di voto che potrà essere esercitato solo dopo 90 giorni dall’iscrizione, ex art.
2538, comma 1.
10. Su questo aspetto si veda quanto detto nel paragrafo 1.3.
11. Cfr. art. 2342, comma 1.
12. Cfr. art. 2324, comma 4.
13. Cfr. art. 2464, comma 2.
14. Cfr. art. 2525, comma 1.
15. Cfr. art. 2525, comma 2. Si ricorda comunque che per alcune tipologie di cooperative (cooperative costituite per l’esercizio delle assicurazioni, banche popolari, banche di credito cooperativo) la legislazione speciale prevede limiti diversi.
16. Cfr. art. 2525, comma 3.
17. Cfr. art. 2525, comma 4.
18. BONFANTE, Delle imprese cooperative, Com. S.B., Bologna-Roma, 1999, p. 470.
19. CECCHERINI SCHIRÒ, La riforma del diritto societario, Milano, 2003; BASSI, Le società cooperative, Torino, 1995, p. 115.
20. CARMIGANI, Art. 2532, in La riforma delle società. Società cooperative, a cura di SANDULLI SANTORO, Torino, 2003, 116.
21. CALLEGARI, Art. 2532, in Codice commentato delle nuove società, a cura di BONFANTE CORAPI MARZIALE RODORF SALAFIA, Milano, 2004, 1498.
22. CALLEGARI, Art. 2532, cit., 1499.
23. USAI, Lo scioglimento del rapporto limitatamente ad un socio, in Le cooperative prima e dopo la riforma del diritto societario, a cura di MARASÀ, Padova, 2004, p. 400.
24. USAI, Lo scioglimento del rapporto limitatamente ad un socio, cit., p. 401.
25. Cfr. art. 2530, comma 2.
26. Cfr. art. 2530, comma 3.
27. Cfr. art. 2530, comma 3.
28. Cfr. art. 2534, comma 2.
29. Possibile esclusivamente nelle CMNP.
30. Cfr. art. 2545-quinquies, comma 4.
31. Alla redazione del presente paragrafo ha collaborato Tamara Capradossi, consulente del lavoro in Tolentino.
32. Cfr. art. 1, comma 2 della l. 142/2001.
33. Cfr. art. 1, comma 2 della l. 142/2001.34. Ciò in coerenza con l’art. 6, comma 23, della l. 388/2000, legge finanziaria 2001, che ha modificato l’art. 12 del d.P.R. 601/73 introducendo per la prima volta una previsione generalizzata dei ristorni nelle società cooperative.
34. Ciò in coerenza con l’art. 6, comma 23, della l. 388/2000, legge finanziaria 2001, che ha modificato l’art. 12 del
d.P.R. 601/73 introducendo per la prima volta una previsione generalizzata dei ristorni nelle società cooperative.
35. In deroga ai limiti stabiliti dall’art. 24 del d.lgs. del Capo provvisorio dello Stato 14
dicembre 1947, n. 1577, ratificato, con modificazioni, dalla l. 2 aprile 1951, n. 302, e successive modificazioni.
36. Cfr. r.m. n. 212 del 2 luglio 2002.
37. Cfr. r.m. n. 212 del 2 luglio 2002.
38. Cfr. art. 4 legge 59/1992.
39. Cfr. art. 4 legge 59/1992.

 

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