Violazione del principio di competenza: alcune possibilità di soluzione per il contribuente

ricavi di competenza di un anno ma dichiarati nell’anno successivo: se il contribuente vìola il principio di competenza nella presentazione della dichiarazione dei redditi quali soluzioni può adottare?

1. OMESSA DICHIARAZIONE AI FINI DEL REDDITO DI COMPENSI DICHIARATI IN ANNO DIVERSO

A seguito di una verifica fiscale nei confronti di un professionista viene rilevata, per l’anno d’imposta 2008, la violazione di “Omessa dichiarazione di compensi”, essendo stati incassati nell’anno 2008. Ai fini dell’Iva risulta emessa e dichiarata la relativa fattura.

In effetti i compensi sono stati dichiarati dal professionista nell’anno successivo 2009.

Pertanto, in sede di accertamento l’ufficio ha motivato che:

  • i compensi incassati dal professionista nell’anno 2008, dichiarati ai fini del reddito nell’anno 2009, per il principio di cassa, andavano dichiarati nell’anno 2008, giusta art.54, dpr 917/86 e Circolare n.31/2012 e 35/2012.

  • Infatti, la Circ. n.31 del 02.08.2012, chiarisce il principio della competenza temporale dei componenti positivi e negativi, espresso dal comma 1 dell’art.109 Tuir, in base al quale i ricavi/compensi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza.

  • Tuttavia, la Circ. n.23 del 04.05.2010, fornisce alcune indicazioni operative in merito al diritto al rimborso della maggiore imposta versata con riguardo al periodo di imposta di effettiva competenza. Da un lato, per il contribuente scaturisce l’obbligo di pagare l’imposta, le sanzioni e gli interessi dovuti in sede di adesione, dall’altro sorge contestualmente il diritto alla restituzione dell’imposta versata nel periodo di corretta imputazione dei componenti positivi e negativi, degli interessi spettanti fino alla data di effettivo ottenimento del rimborso.

2. ACCERTAMENTO CON ADESIONE

Il contribuente, avverso l’avviso di accertamento presentava richiesta accertamento con adesione, e deduzioni difensive con richiesta rimborso delle imposte indebitamente versate in anni successivi/precedenti a quello accertato e contestuale compensazione delle imposte dovute con rinuncia ad ogni azione di rimborso, che non è stata accolta dall’ufficio per i motivi di seguito riportati.

Il contribuente, al fine di provare che detti compensi sono stati dichiarati nell’anno successione 2009, ha fornito la prova documentale di quanto contabilizzato e dichiarato nell’anno 2008 e nell’anno 2009.

 

A riguardo, ha evidenziato che secondo l’art.110, 8^ c., Tuir, “la rettifica da parte dell’ufficio delle valutazioni fatte dal contribuente in un esercizio ha effetto anche per gli esercizi successivi. L’ufficio tiene conto direttamente delle rettifiche operate e deve rettificare le valutazioni relative anche agli esercizi successivi”.

In pratica la rettifica del contribuente per l’anno in cui ha erroneamente imputato il componente di reddito deve avere effetti anche per gli anni successivi e/o precedenti, ossia egli non dovrebbe presentare istanza di rimborso per l’imposta corrisposta nell’anno di competenza, ma dovrebbe essere la stessa Agenzia d’ufficio a compensare imposta contestata e imposta rimborsabile, contestando soltanto l’eventuale importo a debito da versare risultante dalla differenza della compensazione.

La stessa Agenzia Entrate con la Circ. n.31/E/2012 ha affermato che, ove sia legittimo il rimborso dell’imposta richiesto dal contribuente, ben potrà questi in luogo della presentazione di una separata domanda, richiedere la compensazione del credito spettante direttamente in fase di adesione all’avviso di accertamento ricevuto.

Nel caso in esame, per gli anni controllati, l’ufficio avendo a disposizione tutti gli elementi di valutazione per il completamento dell’istruttoria, può compensare l’imposta dovuta (per l’anno 2008) con quella che darebbe diritto al rimborso di quanto indebitamente versato (per l’anno successivo 2009), applicando l’eventuale sanzione e gli interessi sulla differenza a debito da versare.

In sostanza il contribuente ha chiesto la compensazione, rinunciando a ogni azione di rimborso, in quanto sussisterebbe l’inutilità che il contribuente adempisse la propria obbligazione, per poi ricevere, a sua volta, l’adempimento dell’Ufficio. L’Ufficio è in condizioni di verificare se esistono i requisiti civilistici della certezza, della liquidità e dell’esigibilità.

Infatti, sul credito del contribuente:

  • la certezza e la consequenziale esigibilità sono configurabili nel riconoscimento, da parte dell’Ufficio, del credito del contribuente;

  • per quanto riguarda la liquidità, il credito del contribuente è agevolmente determinabile di comune accordo. Il credito è liquido, non solo in caso sia determinato nel preciso ammontare, ma anche allorchè possa esserlo in conformità a pura operazione di calcolo aritmetico.

Dovrebbe derivare il ricalcolo dell’imposta da parte dell’Ufficio, per l’anno accertato, senza attendere la decorrenza del termine di conclusione del procedimento di adesione.

La Corte di Cassazione, secondo un orientamento consolidato (sentenze Corte di Cassazione n.1648 del 24/01/2013; n.10981 del 13/05/2009; n.16819 del 30/07/2007; n.24474/2006 e n.16198/2001), ha precisato che, sulla base del divieto di doppia imposizione e della propria consolidata giurisprudenza in materia, al contribuente deve essere riconosciuto il diritto a recuperare la maggiore imposta indebitamente corrisposta mediante gli strumenti e nei termini che il sistema fiscale gli mette a disposizione (cfr. sentenza n.6331 del 10/03/2008 e n.16023 del 08/07/2009).

La Circolare n.23/E/2010 ha chiarito che, a decorrere dalla data in cui si è reso definitivo l’obbligo a carico del contribuente di versare l’imposta conseguente all’indebita deduzione del componente negativo per difetto di competenza, al fine di evitare la doppia imposizione sul medesimo componente di reddito, il contribuente può ottenere il riconoscimento della maggiore imposta versata nel periodo di corretta imputazione del componente negativo, con le modalità e nei termini ordinariamente previsti e richiamati nella stessa circolare n. 23/E.

La circolare n.31/E del 02/08/2012, ha affermato che tale riconoscimento risulti ottenibile anche in sede di adesione.

Ciò anche in assenza del rispetto formale del principio di previo transito al conto economico dei componenti negativi di cui all’art.109, 4^ comma, Tuir.

 

Alle stesse conclusioni si perviene anche nell’ipotesi di non corretta imputazione temporale di componenti positivi, ripresi a tassazione dall’ufficio accertatore in un periodo di imposta successivo rispetto a quello in cui gli stessi hanno già concorso alla determinazione del reddito. Anche in tal caso, infatti, si realizza un fenomeno di doppia imposizione che deve essere evitato (cfr. circolare n.35/E del 20/09/2012).

Questo anche per evitare che sia presentata ai sensi dell’art.38, dpr 602/73 ed ai sensi dell’art.21, d.lgs. 546/92, l’istanza di rimborso che comporterebbe per l’Ufficio l’apertura di un procedimento amministrativo, il che vuol dire un impiego di personale ed un aggravio di costi per le casse dello Stato, visto che ove legittimo, il rimborso dà diritto al riconoscimento degli interessi conteggiati sull’imposta oggetto di restituzione.

A riguardo, la Ris.Min. n.87/E del 28.11.2013, ha affermato che la medesima possibilità deve essere riconosciuta anche nel caso in cui, a seguito di attività accertativa, vengano recuperati costi dedotti o componenti positivi non dichiarati in violazione del principio di competenza e la loro corretta imputazione non influisce sul versamento dell’imposta ma incrementa la perdita dichiarata. Il contribuente, anche in questo caso, avrà quindi diritto a evitare che si verifichi una doppia imposizione negli esercizi in cui ha versato imposta in conseguenza della mancata utilizzazione della maggiore perdita. Ai sensi dell’art.84, dpr 917/86, la perdita deve essere utilizzata, nei limiti e alle condizioni stabilite nel medesimo articolo, a partire dall’esercizio in cui si determina un reddito imponibile.”.

 

3. ESITO DELL’ACCERTAMENTO CON ADESIONE.

L’ufficio non ha accolto la richiesta di accertamento con adesione e deduzioni difensive con richiesta rimborso delle imposte indebitamente versate in anni successivi a quello accertato e contestuale compensazione delle imposte dovute con rinuncia ad ogni azione di rimborso, sostenendo che non è possibile procedere al rimborso dell’imposta pagata in più per l’anno 2009 e compensarla con quella pagata in meno per l’anno 2008, in quanto, secondo il punto 4.1.2 della Circ. n.31 del 02.08.2012, la compensazione non può essere effettuata in tutte le ipotesi in cui il rimborso, se richiesto, non sarebbe erogabile. Nel caso in esame il contribuente ha dei “carichi pendenti che non consentirebbero l’erogazione del rimborso stesso.”.

 

A questo punto il contribuente deve decidere:

  1. se aderire all’accertamento con adesione come formulato dall’ufficio: cioè, niente compensazione e pagare le maggiori imposte per l’anno 2008, determinate in violazione del principio di competenza, oltre le relative sanzioni ridotte ad 1/3;

presentando “domanda di rimborso anomalo”, con i tempi lunghi della prassi dell’ufficio e con eventuali rischi di diniego del rimborso e compensazione, ai sensi dell’art.21, d.lgs. 546/92, in quanto, di fatto, la situazione al momento dell’accertamento con adesione (dei carichi pendenti) sarebbe la medesima di quella al momento di valutare successivamente il rimborso. Inoltre, con il rischio di incorrere in maggiori sanzioni e negli effetti preclusivi dell’agevolazione di rateizzazione, nell’ipotesi che il contribuente non sarebbe in grado di far fronte al pagamento delle rate concordate per estinguere il debito tributario (tenendo conto sia di quello in corso sia di quello di cui al presente accertamento con adesione).

  1. definire le sole sanzioni con riduzione ad 1/3, ai sensi art.17, d.lgs. 472/97;

presentando ricorso avverso l’avviso di accertamento, entro i termini di decadenza (cioè subito, tenendo conto della proroga), per chiedere al giudice tributario di emettere una sentenza che condanni l’ufficio a riconoscere il rimborso delle maggiori imposte pagate per l’anno 2009, che materialmente non verrebbe erogato al contribuente ma trattenuto in compensazione dei debiti tributari relativi all’anno 2008, sorti in conseguenza dello stesso reddito;

  1. presentare ricorso avverso l’avviso di accertamento contestando tutti i rilievi;

  2. non fare nulla.

Nel caso dell’accertamento con adesione, l’ufficio si difende dicendo di osservare le disposizioni previste dalla circolare citata n.31/2012, in considerazione della natura facoltativa della compensazione.

 

Lo strumento da utilizzare è l’istanza di rimborso prevista dall’art. 21, c. 2, d.lgs. 546/92, il quale stabilisce che la domanda può essere presentata entro due anni dal momento in cui la pretesa dell’A.F. sia divenuta definitiva.

Nella circolare n.23/E/2010, è stato chiarito che il termine di due anni per richiedere il rimborso previsto dall’art.21 citato, per evitare fenomeni di doppia imposizione, decorre:

  • dalla data in cui la sentenza del recupero del costo o del ricavo non di competenza è passata in giudicato,

  • ovvero dalla data in cui è divenuta definitiva la relativa pretesa dell’A.F..

A parere dello scrivente è da ritenere illegittimo il comportamento dell’ufficio che non ha accettato il rimborso delle maggiori imposte pagate in più nel 2009 in compensazione dei debiti tributari scaturiti per l’anno 2008.

Viene difficile comprendere il fatto come, in presenza contestuale di debiti e crediti “tra le parti”, non sia possibile la compensazione automatica, anche parziale.

Cioè, secondo l’ufficio, il contribuente deve pagare il proprio debito “ad ogni costo” e deve aspettare i tempi di un procedimento amministrativo “incerto” per il rimborso del proprio credito che, peraltro, non verrebbe erogato ma compensato, col rischio che si presenti lo stesso ostacolo (perché di fatto il contribuente ha in corso un piano lungo di rateizzazione, che secondo l’ufficio è preclusivo al rimborso con compensazione). Cioè di fatto sarebbe la medesima situazione. Non solo, nell’ipotesi di mancato/ritardo pagamento delle rate così gravose, si accumulerebbero ulteriori sanzioni.

Infatti, in caso di ritardato pagamento di una rata, entro i termini del ravvedimento operoso, il contribuente potrebbe pagare la sanzione ridotta, in caso di mancato pagamento di due o più rate consegue la perdita del beneficio della rateizzazione e l’iscrizione a ruolo delle imposte da pagare oltre la sanzione del 60%.

 

4. “CARICHI PENDENTI” OSTATIVI AL RIMBORSO CON COMPENSAZIONE. EFFETTI DELLA PRESENTAZIONE DOMANDA RATEAZIONE E SUA ACCETTAZIONE

In effetti, il professionista aveva richiesto ed ottenuto dall’Ente della riscossione un piano di rateazione di diversi debiti tributari pregressi “definitivi” e, quindi, il contribuente non può considerarsi inadempiente e l’ufficio non può rigettare la compensazione richiesta.

Si evidenzia che, ai sensi dell’art.23, d.lgs. 472/1997 (Sospensione dei rimborsi e compensazione) 1. Nei casi in cui l’autore della violazione vanta un credito nei confronti dell’A.F., il pagamento può essere sospeso se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione, ancorchè non definitivo. La sospensione opera nei limiti della somma risultante dall’atto o dalla decisione della commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo. 2. In presenza di provvedimento definitivo, l’ufficio competente per il rimborso pronuncia la compensazione del debito.3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, che devono essere notificati all’autore della violazione sono impugnabili avanti alla commissione tributaria, che può disporne la sospensione ai sensi dell’art.47 d.lgs. 546/92. 4. Se non sussiste giurisdizione delle commissioni tributarie, è ammessa azione avanti al tribunale, cui è rimesso il potere di sospensione.”.

Pertanto, il comma 2 del citato art.23 introduce un’ipotesi di compensazione legale che prevede che in presenza di un provvedimento definitivo, l’ufficio competente per il rimborso pronunci la compensazione.

CIOE’ IN PRESENZA DI PROVVEDIMENTI DELL’UFFICIO DIVENUTI DEFINITIVI IL CREDITO SAREBBBE LIQUIDO ED ESIGIBILE, E NON AVREBBE INFATTI RAGIONE DI ESSERE LA MISURA DELLA SOSPENSIONE, PROVVEDENDOSI DIRETTAMENTE E IMMEDIATAMENTE ALLA DEFINITIVA SISTEMAZIONE DEL RAPPORTO DI DEBITO-CREDITO TRA AMMINISTRAZIONE E CONTRIBUENTE.

Secondo la norma citata, l’ufficio non può erogare alcun rimborso soltanto nel caso in cui il contribuente richiedente abbia in corso un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate contro un avviso di accertamento. In questo caso, l’Amministrazione è portatrice di una propria ragione di credito contrapposta, nella stessa materia, per gli stessi anni o per anni diversi, che impone, in via cautelare e in pendenza del giudizio già instaurato dallo stesso contribuente ricorrente, di non procedere al richiesto rimborso.

Ancora la Risoluzione n.86/2001 ha affermato che “sulla base di quanto previsto dall’art.23, D.Lgs. 472/1997, nonché dalla Circolare n. 180/E del 10.07.1998, in materia di sospensione dei rimborsi … rientra nella facoltà degli uffici sospendere il rimborso in presenza di provvedimenti non definitivi relativi anche a tributi diversi dall’imposta sul valore aggiunto. In presenza di provvedimenti definitivi anche relativi a tributi diversi dall’Iva, gli uffici devono invece pronunciare la compensazione del debito”.

 

È da dire che la presentazione della domanda di rateazione allo sportello di Equitalia, e la sua accettazione, comporta diversi vantaggi, quali:

  • Equitalia, durante il periodo di moratoria, non può procedere all’iscrizione di ipoteca su immobili o il fermo am/vo dell’automobile;

  • Equitalia non può procedere ad azioni esecutive su beni del contribuente (come pignoramenti, vendite all’asta di beni);

  • non può essere bloccato l’eventuale credito che il contribuente ha nei riguardi di una P.A.;

  • è possibile sia la compensazione dei crediti d’imposta sul mod. F24, sia l’esecuzione dei rimborsi dei crediti d’imposta.

 

In ogni caso, si evidenzia che secondo le disposizioni previste dal D.L. 262/2006, come convertito dalla L.286/2006, in materia di riscossione, è consentita la compensazione tra rimborsi d’imposta e somme iscritte a ruolo a carico del beneficiario del rimborso.

In questi casi, prima di disporre un rimborso, l’Agenzia delle Entrate deve verificare se il beneficiario sia iscritto a ruolo e, in caso affermativo, deve fare una segnalazione all’agente della riscossione, mettendo a disposizione le somme da rimborsare.

L’agente, a sua volta, deve formulare una proposta di compensazione, avente ad oggetto tutte le somme iscritte a ruolo a carico del contribuente. La proposta deve essere notificata al contribuente, che ha 60 giorni per comunicare se intende accettare.

16 luglio 2014

Antonino Pernice