Il problema della competenza territoriale

può accadere che un ufficio territorialmente incompetente riceva o, al contrario, emetta atti che incidono nel rapporto con il contribuente: cosa avviene in tali casi?

Breve premessa

Può accadere che un ufficio territorialmente incompetente riceva o, al contrario, emetta atti che incidono nel rapporto con il contribuente.

In questi casi gli atti , rivolti o provenienti da un ufficio diverso da quello deputato allo svolgimento della funzione di specie, vengono coinvolti da più di un dubbio sulla insorgenza di vizi patologici o sulla sopravvenienza di decadenze e questo in ragione del fatto che la ripartizione di competenza per territorio tra più organi, appartenenti alla stessa Amministrazione ed aventi medesima natura postula, da un lato, identità di competenza per materia e, dall’altro, una indubbia rilevanza delle attribuzioni ripartite alla luce di un profilo territoriale.

 

Va preliminarmente indicato che , nei casi di atti o di documenti presentati a un ufficio territorialmente incompetente, possono soccorrere due riferimenti normativi:

  • uno è il c.d. principio di buona fede e collaborazione tra amministrazione e contribuente, di cui all’art. 10 della L. n. 212/2000 (“Statuto dei diritti del contribuente”) che impone all’ufficio incompetente che ha ricevuto un atto da parte del privato l’onere di trasmetterlo a quello competente;

  • l’altro è l’art. 5 della L. 18 marzo 1968, n. 249, il quale prevede che “le istanze o i ricorsi rivolti, nel termine previsto dalla legge, a organi diversi da quello competente ma appartenenti alla medesima amministrazione centrale, non sono soggetti a dichiarazione di irricevibilità per scadenza di termine. Tali istanze e ricorsi sono trasmessi d’ufficio all’organo competente1.

Alcuni “campi” critici

Possono essere utili agli operatori del mondo tributario, i responsi giurisprudenziali e i documenti di prassi attinenti questa problematica. Di seguito se ne rappresenta un elenco, non esaustivo ma comunque riferibile ad alcune delle casistiche casi più frequenti.

  1. Non può ritenersi omessa, perché pervenuta in ritardo all’ufficio competente, la dichiarazione tributaria tempestivamente presentata ad ufficio territorialmente incompetente, e da questo ricevuta senza obiezioni, benché si trattasse di incompetenza riscontrabile già sulla base dei dati contenuti nella stessa dichiarazione, e, solo successivamente, oltre il termine per l’utile presentazione della dichiarazione trasmessa all’ufficio competente (Cass. civ., 30 gennaio 2007, n. 1949; Cass. civ., 29 ottobre 2008, n. 25908).

  2. In tema dei rimborsi, la presentazione dell’istanza di ripetizione del tributo ad ufficio territorialmente incompetente (ostando alla formazione del provvedimento negativo, anche nella forma del silenzio-rifiuto, e pur determinando l’inammissibilità del ricorso eventualmente presentato alla commissione tributaria per difetto di provvedimento impugnabile2) impedisce tuttavia la formazione della decadenza dalla proposizione dell’istanza di rimborso regolamentata dal termine di cui all’art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, (Cass. civ. n. 14212 del 28 luglio 2004 e n. 9407 del 6 maggio 2005 e comporta la necessità di rinnovo dell’istanza, da parte del contribuente nei confronti dell’ufficio competente, entro il termine prescrizionale decennale di cui all’art. 2967 c.c.; va tuttavia rammentato che un noto arresto della Cassazione, n. 4773 del 27 febbraio 2009, ha statuito persino l’ammissibilità del ricorso nella fattispecie prospettata);

  3. Sin da epoca oramai risalente, la stessa Amministrazione finanziaria (pur affermando che non si può configurare alcuna responsabilità a carico dell’ufficio territorialmente incompetente nel caso in cui la dichiarazione di successione erroneamente pervenuta sia stata inoltrata intempestivamente all’ufficio competente)- ha raccomandato ai propri uffici, a salvaguardia dello stesso interesse erariale ed al fine di evitare ritardi nella liquidazione del tributo dovuto, il sollecito invio all’ufficio competente, ovvero, nel caso di scadenza del termine molto ravvicinata, di darne tempestiva comunicazione al contribuente, invitandolo a provvedere di conseguenza (Circ. 15 marzo 1991, n. 17/350134). A tal proposito vi è da dire che sul contribuente grava l’onere di una particolare attenzione in quanto, quando perviene ad un ufficio incompetente una dichiarazione di successione il cui termine di presentazione (art. 31 del D.Lgs. n. 346/1990) sia prossimo alla scadenza, la dichiarazione di successione (pur sollecitamente inviata dall’ufficio incompetente a quello effettivamente preposto) giunta a quest’ultimo fuori termine, è considerata tardiva, sortendo le conseguenze di cui all’art. 50 del D.Lgs. n. 346/1990 e restando salvo il temperamento rappresentato dall’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in tema di “ravvedimento”.

  4. L’istanza di interpello, ex art. 11 dello Statuto del contribuente, qualora sia presentata ad un ufficio territorialmente incompetente (ad esempio, alla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate non competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente oppure alla Direzione compartimentale diversa da quella nel cui ambito opera l’Ufficio competente ad applicare la norma tributaria oggetto di interpello ex art. 2 del D.M. 26 aprile 2001, n. 209) viene trasmessa alla Direzione centrale o regionale cui è riservata la trattazione dell’istanza in base all’art. 2 richiamato, avendo cura di darne contestualmente notizia al contribuente.

  5. In caso di notificazione di un atto giurisdizionale (ricorso o appello) o di una sentenza da parte del contribuente nei confronti di ufficio incompetente, la soluzione offerta dalla giurisprudenza ha indicato l’irrilevanza di un errore di tal guisa da parte del primo. Infatti, da parte delle commissioni di merito è stata esclusa l’inammissibilità del ricorso inoltrato all’ufficio territorialmente incompetente ed è stata invece affermata la sussistenza dell’onere dell’ufficio incompetente di trasmettere il ricorso all’ufficio competente, attesa la rilevanza esclusivamente interna suddivisione di competenza tra gli Uffici (CTP Milano 15 dicembre 2004, n. 92; CTP Genova 17 marzo 2004, n. 109).

L’accertamento emesso da ufficio territorialmente incompetente

Per quel che riguarda l’accertamento emesso da un ufficio territoriale non munito di competenza, esemplificativamente indicabile nell’atto impositivo manifestato da un ufficio ubicato fuori dalla provincia ove il contribuente ha il proprio domicilio fiscale, la giurisprudenza ha manifestato due indirizzi.

Uno ha, in più occasioni, confermato che l’incompetenza territoriale dell’ufficio è causa di insanabilenullità dell’atto di accertamento (Sent. n. 2414 del 16 giugno 1994, in “Giust. Impr.”, 1994, pag. 768; Cass. 24 luglio 1994, in “Riv. Dir. Trib.”, 1995, II, pag. 149; Cass. 26 giugno 1992, n. 8017; Sent. n. 2998 del 27 marzo 1987 in “il fisco” n. 27/1987, pag. 4459; Sent. n. 4277/1980; Sent. n. 4462/1977), in ragione del fatto che il difetto di competenza territoriale dell’ufficio tributario che ha provveduto all’accertamento, comportando l’assoluta carenza di potere dell’organo amministrativo, compone un vizio sostanziale e radicale dell’atto di accertamento dal quale discende la nullità assoluta (non suscettibile di sanatoria né per volontà del privato, per l’adesione ad essa prestata, dall’Amministrazione finanziaria) rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento tributario avente per oggetto tali atti.

L’orientamento difforme da quello dianzi descritto – concludendo per la nullità relativa, e non assoluta, dell’atto emanato da ufficio territorialmente incompetente – ritiene che l’incompetenza territoriale dell’ufficio accertatore determini un vizio dell’atto di accertamento che rimane valido ed efficace se l’interessato non lo contesta espressamente nel primo grado del giudizio (CTC, decisione n. 3702 del 17 marzo 1977 e decisione n. 3436 del 12 aprile 19723.).

In questo quadro, la linea della giurisprudenza più rigorosa si è arricchita con un arresto della Corte di Cassazione (n. 5168 del 1° marzo 2013) riguardante le competenze territoriali di alcuni uffici della Agenzia delle Dogane. Nell’occasione, i giudici di Piazza Cavour hanno osservato che “nel comma 1 dell’art. 97Cost. non può ravvisarsi una semplice direttiva, rivolta prevalentemente agli organi dell’Amministrazione, né il suo contenuto può considerarsi limitato alla riserva di legge da esso disposta. Il comma in parola va, difatti, collegato con il successivo, il quale prescrive che “nell’ordinamento degli uffici siano determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari”. Tali determinazioni sono “… mezzi per raggiungere una razionale, predeterminata e stabile distribuzionedi compiti, nell’interesse del servizio. Al contempo – in una prospettiva chiaramente garantistica, a fronte dell’espletamento di poteri autoritativi da parte dell’Amministrazione – il riparto di competenze, sia per materia che per territorio, è finalizzato a far si che il cittadino, nel rivolgersi alla Pubblica Amministrazione, conosca con esattezza quale sia l’ufficio competente per il suo caso, quali ne siano le attribuzioni, quali le responsabilità di colui che vi è preposto e che rappresenta, nei suoi confronti il pubblico potere (cfr., in tal senso, C. Cost. 14/92)”.

Per maggior ampiezza di esposizione, va detto che tuttavia, per quel che riguarda la ripartizione (presente nelle grandi città di Milano, Roma, Torino, Napoli) in varie Direzioni Provinciali dell’Agenzia Entrate , la CTP Roma (sent. n. 555 del 12 gennaio 2007), facendo riferimento ai precedenti intercorsi e richiamando per analogia una fattispecie riguardante la competenza tra più uffici unici4, è pervenuta alla conclusione che l’inosservanza dei criteri che ripartiscono la competenza tra i vari uffici in cui si suddivide la medesima Agenzia non determina la nullità (o, se si preferisce, dopo le innovazioni della L. n. 15/20055: la annullabilità) dell’atto impositivo e questo in virtù della rilevanza meramente interna dei decreti direttoriali di ripartizione territoriale, con esclusione della loro natura normativa6.

21 luglio 2014

Antonino Russo

 

1CTP Roma 12 gennaio 2007, n. 555, con commento di F. Graziano, Validi gli avvisi emessi dagli uffici “locali” delle Agenzie fiscali privi di competenza territoriale, in Corriere tributario n. 23/2007, pag. 1887.

2Vizio rilevabile d’ufficio dal giudice anche in sede di gravame, salvo che si sia già fermato sul punto un giudicato interno.

3 Giurisprudenza richiamata da D. Marini, Atti di accertamento elevati da uffici delle Entrate incompetenti, in il fisco n. 47/2000, fascicolo n. 1, pag. 14003.

4 Sulla competenza delle Direzioni provinciali di Roma e con conclusioni sulla rilevanza meramente interna della distribuzione delle competenze territoriali: Comm. trib. reg. Roma, n. 662/14/11 del 25 ottobre 2011.

5 La L. 11 febbraio 2005, n. 15, ha introdotto nella L. 7 agosto 1990, n. 241 un nuovo capo (il capo IV bis), recante, tra l’altro, la disciplina dei vizi degli atti amministrativi. Così mentre l’art. 21-septies della L. n. 241/1990 stabilisce, al comma 1, che “è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”, l’art. 21-octies, c. 1, stabilisce invece che “è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”.

6I decreti direttoriali con i quali vengono distribuite le competenze all’interno dell’Agenzia delle entrate, infatti, “hanno natura oggettiva e soggettiva di atti amministrativi e sono privi di efficacia verso il pubblico degli utenti”. Così Cass., Sez. trib., 15 dicembre 2004, n. 23349. Più precisamente, i predetti decreti assumono natura di “norme interne”, vale a dire di atti che le Amministrazioni pubbliche emanano onde disciplinare l’organizzazione e l’azione dei propri organi ed Uffici, con valenza esclusiva nell’ambito dell’Amministrazione senza alcuna rilevanza nell’ordinamento giuridico generale.