Cessione d'azienda e carichi fiscali pendenti

in caso di cessione d’azienda è fondamentale richiedere al Fisco il certificato per l’accertamento di carichi pendenti e quello sulla verifica dell’esistenza di contestazioni in corso

La Corte di Cassazione, con la sentenza del 14 marzo 2014 n. 5979, ha recentemente esposto il proprio orientamento in merito alla responsabilità solidale del cedente per le imposte e le sanzioni del cessionario, nell’ambito dell’articolata operazione di cessione d’azienda.

 

Prima, però, di entrare nel merito di quanto precisato dai giudici della Suprema Corte, è bene ricordare che, l’art. 14 del D.Lgs. 18.12.1997 n. 472 ha introdotto la responsabilità solidale del cessionario con il cedente per il pagamento delle imposte e sanzioni riferite a violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento dell’azienda e nei due precedenti, anche se non contestate o irrogate alla data della cessione: analoga responsabilità solidale (tra cessionario e cedente) sussiste, peraltro, in caso di violazioni commesse anche in epoca anteriore, e già contestate nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento. Tuttavia, sono previste delle limitazioni alla suddetta responsabilità solidale: è riconosciuto, infatti, al cessionario dell’azienda, il beneficio della preventiva escussione del cedente. In buona sostanza, nel caso in cui l’Erario non sia in grado di soddisfarsi sul patrimonio del cedente, questo potrà comunque rivalersi sul cessionario d’azienda per il pagamento di debiti tributari, anche se dette passività non siano certe e determinate nell’ammontare al momento del trasferimento dell’azienda.

 

In ogni caso, la responsabilità del cessionario non può eccedere il valore dell’azienda acquisita (o del ramo d’azienda) intendendosi per “valore” quello accertato dall’Ufficio, ovvero in mancanza di accertamento, al valore dichiarato dalle parti nell’atto di cessione. La responsabilità solidale è altresì limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli Uffici dell’Amministrazione Finanziaria e degli altri enti preposti all’accertamento dei tributi. Ad ogni modo, per consentire al cessionario di avere uno stato dell’arte delle pendenze con l’erario dell’azienda oggetto del trasferimento, l’art. 14 co. 3 del citato d.lgs. 472/97 prevede, infatti, la possibilità di chiedere all’Agenzia delle Entrate, territorialmente competente, il rilascio di un certificato da cui risulti l’esistenza di contestazioni in corso, nonché l’esistenza di contestazioni già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti.

 

A tal fine, l’Amministrazione Finanziaria (provvedimento del 25 giugno 2001) ha approvato due certificati (uno per l’accertamento di carichi pendenti, l’altro per la verifica dell’esistenza di contestazioni in corso) che possono essere richiesti all’Amministrazione Finanziaria sia dal cedente che dal cessionario.

Ad ogni modo, sia in caso di esito negativo, che in caso di mancata risposta entro precisi termini (30 gg dalla presentazione della certificazione dei carichi pendenti, ovvero 40 giorni dalla presentazione della certificazione dell’esistenza di contestazione in corso), il cessionario è pienamente liberato da qualsiasi responsabilità per i debiti tributari del cedente, purché la cessione dell’azienda non sia stata posta in essere in frode a dei crediti tributari: in tale ultima circostanza, infatti, per effetto di quanto prescritto al comma 4 dell’art. 14 del citato d.lgs. 472/97, le limitazioni alla responsabilità non hanno effetto nei confronti del cessionario.

In buona sostanza, con l’unica eccezione della cessione di azienda in frode all’erario, la responsabilità solidale del cessionario è limitata ai debiti dell’anno in cui la cessione è avvenuta e dei due antecedenti, oppure degli anni anteriori se già contenuti, ad esempio, in un atto di accertamento.

Sul punto, secondo quanto precisato dalla Suprema Corte all’interno della sentenza indicata in premessa, il predetto limite temporale non opera quando il cessionario non si è attivato presso gli uffici dell’ente impositore per ottenere il predetto certificato sull’esistenza dei carichi fiscali pendenti; certificato che assume, per il cessionario, anche efficacia liberatoria. Come si desume dalla lettura dello stralcio della sentenza in argomento, la responsabilità del cessionario è strutturata, infatti, “secondo un criterio incentivante volto a premiare la diligenza del soggetto cessionario nell’acquisire dagli Uffici finanziari, prima della conclusione del negozio traslativo, le informazioni sulla posizione debitoria del soggetto cedente nei confronti del Fisco” sicché, in base a tale interpretazione, se il cessionario non dovesse richiedere il certificato di cui sopra, oltre a non verificarsi l’effetto liberatorio, in capo a quest’ultimo non opererebbero nemmeno i limiti alla sua responsabilità per i debiti fiscali.

 

Al ricorrere di tale ipotesi, dunque, la responsabilità solidale del cessionario deve essere intesa entro il perimetro del valore dell’azienda o del ramo di azienda, ed è fatta salva la preventiva escussione del cedente. Una importante precisazione – sempre contenuta all’interno della decisione in commento – concerne il certificato dei carichi pendenti che riguarda l’esistenza di “contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti”: tale locuzione comprende, secondo la suprema Corte di Cassazione, sia gli accertamenti ancora non definitivi (ad esempio perché impugnati) sia gli atti di “constatazione” dell’infrazione o del presupposto impositivo. Si legge, infatti, nel contesto della sentenza in argomento che “nell’individuare la posizione debitoria del cedente la disposizione fa espresso riferimento (….) alla “esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti”, risultando inequivoco il rinvio operato dalla norma tributaria ai fini della verifica dei debiti risultanti dagli atti degli Uffici finanziari, alla nozione di “definitività dell’accertamento” d’imposta ed alla nozione di “contestazione in corso”, comprensiva quest’ultima tanto dell’accertamento impositivo privo dei caratteri della definitività (ad es. perché ritualmente opposto in giudizio), quanto – in senso lato – dell’atto di “constatazione” della infrazione o del presupposto impositivo.”

31 luglio 2014

Sandro Cerato