L'usucapione di immobili ed i profili fiscali

L’usucapione è un modo di acquisizione della proprietà che richiede una situazione di possesso legittimo e protratto nel tempo: tale modo di acquisto della proprietà immobiliare ha alcuni interessanti ed anomali risvolti fiscali.

L’usucapione: aspetti generali

L’usucapione (art. 1158, codice civile) è un modo di acquisizione della proprietà che richiede una situazione di possesso legittimo e protratto nel tempo.

Può precisarsi a tale riguardo che un bene può avere un possessore non proprietario e un proprietario non possessore.

Se questa situazione si protrae, secondo le disposizioni del codice civile il proprietario perde il diritto di proprietà a favore del possessore.

Per condurre all’acquisizione della proprietà, il possesso del bene (mobile o immobile) deve essere pacifico, non violento e ininterrotto per un periodo di almeno vent’anni.

Trascorso il periodo, il giudice adito accerta l’effettivo possesso del bene e decreta il passaggio della proprietà.

È irrilevante che il possesso sia di buona o di mala fede (questa circostanza può influire solamente sulla durata del possesso necessario per l’usucapione).

Occorre però che il possesso sia goduto alla luce del sole: se il possesso è stato conseguito con violenza o in modo clandestino, il tempo utile per l’usucapione inizia a decorrere solo da quando viene a cessare la violenza o la clandestinità.

Per l’interruzione del possesso ad usucapionem, l’art. 1165 del codice civile richiama le norme sull’interruzione della prescrizione, in quanto compatibili con l’usucapione.

L’usucapione è quindi interrotta dall’atto con il quale il proprietario agisce in giudizio contro il possessore per recuperare il possesso della cosa e dal riconoscimento da parte del possessore del diritto altrui, non però dalla diffida stragiudiziale del proprietario.

 

 

L’usucapione di immobili

profili fiscali dell'usucapione

Nel caso dell’usucapione di beni immobili, la proprietà si consegue ordinariamente con vent’anni di possesso ininterrotto, ridotti a dieci nel caso di acquisto con un titolo astrattamente idoneo al trasferimento da chi non sia il vero proprietario ed a condizione che l’acquirente si trovasse in una condizione di buona fede al momento dell’acquisto.

L’usucapiente acquista la proprietà del bene o la titolarità del diritto nel giorno in cui si completa il termine (ventennale o decennale) a partire dal giorno di inizio del periodo di riferimento; l’usucapione ha perciò un giorno di perfezionamento, che, almeno in astratto, può essere individuato con esattezza, quello appunto di compimento del termine prescritto.

Potrebbe però risultare difficile stabilire la data esatta dell’inizio del possesso ad usucapionem, e, di conseguenza, anche quella del perfezionamento dell’usucapione.

Esiste però sempre una data «minima», a partire dalla quale è assolutamente certa l’esistenza di un possesso valido ai fini dell’usucapione, e perciò, di riflesso, anche una data a partire dalla quale è certo l’avvenuto compimento dell’usucapione (data cui dovrà far riferimento la sentenza dichiarativa di usucapione).

 

 

I terreni e le costruzioni edificate sugli stessi

usucapione di terrenoAttraverso l’usucapione di un terreno, l’usucapiente acquisisce per accessione, unitamente al terreno sul quale insistono, anche le costruzioni edificate prima che si sia verificata l’usucapione (e cioè sia prima dell’inizio del termine valido per l’usucapione che nel corso di esso).

Le costruzioni fabbricate successivamente al compimento dell’usucapione costituiscono invece accessioni direttamente in favore del nuovo proprietario .

La Cassazione – sez. trib., sentenza del 2.7.2003, n. 10435 – ha sottolineato che, in forza del principio dell’accessione delle costruzioni al suolo previsto dall’art. 934 del Codice, le costruzioni edificate su di un terreno appartengono al proprietario del suolo a meno che non venga costituita una separata proprietà superficiaria.

E’ quindi irrilevante che l’edificio costruito sul terreno usucapito possa essere stato costruito dallo stesso usucapiente, se lo ha fatto prima di acquisire il diritto di proprietà sul suolo con il pieno decorso del periodo prescritto di possesso qualificato; la legge dispone solamente che il terzo che abbia edificato su terreno altrui con materiali propri ha diritto al rimborso delle spese per materiali e mano d’opera, se il proprietario intende acquisire la costruzione e non chiede la remissione in pristino, oppure a un’indennità pari al maggior valore recato al fondo (art. 936, secondo comma, codice civile).

Il principio dell’accessione delle costruzioni al suolo comporta la conseguenza che l’imposizione si applica solo sui beni già esistenti al momento del perfezionamento dell’acquisto per usucapione, comprese le accessioni avvenute prima di quel momento, ma non quelle successive, anche se già avvenute al momento del passaggio in giudicato della pronunzia dichiarativa.

Richiamando la precedente giurisprudenza di legittimità (Cass. civile 7.8.2000, n. 10372), i Supremi Giudici hanno quindi affermato che, in tema di imposta di registro, la tassazione del terreno usucapito deve avvenire in base al suo valore al momento del passaggio in giudicato della sentenza di accertamento, restando escluso che ai fini della determinazione del valore possano essere considerati quegli ulteriori beni (nella fattispecie proposta, la costruzione) sussistenti al momento del passaggio in giudicato della sentenza, ma non esistenti al momento di maturazione dell’usucapione.

Atteso che l’ordinamento giuridico italiano non prevede un negozio che consenta il riconoscimento da parte del precedente proprietario dell’avvenuta usucapione, è necessario procurarsi un titolo di formazione giudiziale per la trascrizione dell’acquisto sui registri immobiliari; perciò, nel caso dell’usucapione, l’atto da sottoporre a tassazione è costituito da un provvedimento giudiziario, di regola da una sentenza.

Le costruzioni edificate prima del perfezionamento dell’usucapione, e perciò anch’essi acquisiti per usucapione dal nuovo proprietario unitamente al terreno su cui sono costruiti ed al quale accedono, sono anch’esse soggette all’imposta di registro, con l’inserimento del loro valore nella base di calcolo dell’imposta, solo se dalla pronunzia dichiarativa risulta che la loro edificazione è avvenuta prima del compimento dell’usucapione.

In una precedente pronuncia della Corte (Cass. Civ. 23.10.2000, n. 13973), l’aliquota prevista dalla nota II-bis (introdotta dall’art. 23 del D.L. 2.3.1989, n. 69, convertito con modificazioni nella L. 27.4.1989, n. 154) all’art. 8 della Parte I della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986 per l’applicazione dell’imposta di registro sulle pronunce dichiarative dell’usucapione si applica anche

«al fabbricato già insistente sul suolo all’epoca della usucapione, solo nel caso in cui la sentenza menzioni la presenza del fabbricato, e dia esplicitamente o implicitamente atto dei presupposti per l’accessione di cui all’art. 934 c. c., in guisa da evidenziare l’inerenza della declaratoria anche alla edificazione, e non, invece, quando la pronuncia risulti chiesta ed emessa con esclusivo riferimento al suolo».

Ai fini dell’imposta di registro, che si ricollega all’acquisto da parte del nuovo proprietario, l’usucapione produce i propri effetti soltanto dal momento in cui il bene è stato acquistato dal nuovo proprietario in cui favore opera l’usucapione (ovvero dal momento in cui quest’ultima si è perfezionata).

 

 

La cessione senza previo riconoscimento giudiziale

Una questione importante – esaminata dalla Corte di Cassazione nella sentenza della sez. II civile, n. 2485, depositata il 5.2.2007 – riguarda, in materia di usucapione, il trasferimento della proprietà rogitato dal notaio in assenza del previo accertamento giudiziale di riconoscimento dell’acquisto della proprietà per effetto del possesso ultraventennale.

Nel relativo contenzioso era stata affermata dalla parte avente causa la mendacità della dichiarazione resa dal venditore di avere la piena proprietà e disponibilità dei beni compravenduti per possesso ultraventennale, oltre alla mancanza di diligenza del professionista (notaio), per aver espletato il proprio incarico violando gli obblighi imposti dalle norme disciplinanti la professione notarile (artt. 26 e 76, L. 16.2.1973, n. 891).

La Suprema Corte, pronunciandosi sull’argomento sulla linea della propria giurisprudenza pregressa2, ha concordato con la difesa del notaio ricorrente per cassazione, che aveva affermato la piena validità della cessione posta in essere da un proprietario che aveva acquisito il bene per usucapione, anche in assenza di un accertamento giudiziale.

A tale proposito, è stato osservato dalla Corte che, diversamente argomentando,

« … si verificherebbe la strana situazione per cui chi ha usucapito sarebbe proprietario, ma non potrebbe disporre validamente del bene fino a quando il suo acquisto non fosse accertato giudizialmente. Come ciò sia compatibile con il normale contenuto del diritto di proprietà non viene chiarito».

 

 

Il trattamento fiscale dell’usucapione

Con riguardo alla situazione dei cedenti persone fisiche che operano al di fuori del regime di impresa, il regime impositivo delle plusvalenze immobiliari si colloca nell’ambito dei redditi diversi, ex art. 67, D.P.R. 22.12.1986, n. 917.

In relazione a tale problematica, può essere richiamata la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 31.3.2003, n. 78/E, ove viene esaminata la seguente questione: il signor XZ, con altri due soggetti (XJ e XW) aveva ottenuto dal tribunale una sentenza nella quale era riconosciuta la piena proprietà su un fabbricato, acquisita per usucapione; nello stesso anno, l’immobile era ceduto a terzi.

Secondo la pronuncia di prassi,

sentenza su usucapione di immobile«l’acquisto mediante usucapione deriva da una situazione di fatto alla quale l’ordinamento giuridico riconduce, in presenza di determinati requisiti, l’effetto di acquisire a titolo originario la proprietà (o altro diritto reale di godimento) del bene.

Anche nelle ipotesi di usucapione abbreviata, che può essere invocata da chi abbia acquistato da un soggetto che non è proprietario, viene escluso che all’usucapiente venga trasferito il diritto del precedente proprietario e si afferma invece il titolo originario dell’acquisto.

La rivendita di fabbricati acquistati per usucapione non è quindi riconducibile alla previsione di cui all’art. 81, lett. b), in quanto l’acquisto avviene a titolo originario e non mediante atto traslativo di carattere oneroso.

Inoltre il tempo richiesto per il compimento dell’usucapione (20 anni in caso di usucapione ordinaria e 10 anni in caso di usucapione abbreviata) risulta concettualmente incompatibile con l’intento speculativo che è sottinteso dalla previsione di cui al richiamato art. 81, lett. b) [ora art. 67, lett. b), N.d.A.], secondo cui si evidenzia un incremento di ricchezza imponibile solo nelle ipotesi in cui l’operazione di acquisto e rivendita si realizzi nell’arco di un quinquennio».

 

Più avanti, la risoluzione chiarisce che, nel Testo Unico dell’imposta di registro (D.P.R. 26.4.1986, n. 131), le sentenze di usucapione vengono equiparate alle donazioni se il precedente proprietario del bene usucapito era il coniuge o un parente in linea retta e, negli altri casi, agli atti traslativi.

Tali previsioni, secondo l’Agenzia,

«sono state introdotte per reprimere le pratiche elusive consistenti nel mascherare gli atti di compravendita o di donazione facendo dichiarare dal giudice l’avvenuto acquisto mediante usucapione in modo tale da non corrispondere le relative imposte sui trasferimenti.

Tuttavia non si ritiene che la finalità antielusiva, che ha provocato l’intervento legislativo sopra richiamato, possa essere trasposta in via interpretativa nell’ambito della qualificazione fiscale delle plusvalenze derivanti dalle cessioni onerose dei fabbricati, in virtù della espressa previsione di esclusione da tale ambito impositivo degli acquisti a titolo gratuito.

Peraltro le considerazioni svolte non trovano riscontro per le plusvalenze derivanti dalla vendita di terreni edificabili.

L’art. 81, lettera b), ultima parte, infatti, dichiara “in ogni caso” tassabili “le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”».

 

 

Cessioni plusvalenti e non

Ciò precisato, alla luce delle considerazioni dell’Agenzia delle Entrate, mentre il trasferimento oneroso dei fabbricati non genera plusvalenze imponibili se i beni sono stati acquisiti per usucapione, la cessione dei terreni edificabili origina sempre plusvalenze, e, tenuto conto che le sentenze dichiarative di usucapione ai fini dell’imposta di registro sono soggette a tassazione come trasferimenti (ex art. 8, nota II-bis, della Tariffa, parte prima, all. al D.P.R. 131/1986)

«e che quindi hanno un valore dichiarato e liquidato, costituito dal valore venale del bene alla data in cui è passata in giudicato la sentenza dichiarativa dell’usucapione, si deve ritenere che tale valore costituisca il termine iniziale per determinare il valore da assoggettare a tassazione ai sensi dell’art. 82 del Tuir».

In definitiva:

  • la cessione, ancorché onerosa, di un bene immobile non è imponibile se l’immobile è stato acquisito per usucapione;

  • la cessione del terreno edificabile è sempre e comunque imponibile, ma, sia ai fini dell’imposta di registro che ai fini della determinazione del valore iniziale per la determinazione della plusvalenza, occorre guardare al valore manifestato nella sentenza dichiarativa.

 

In tale ultima ipotesi, evidentemente, la mancanza di una sentenza dichiarativa pone dei problemi quanto alla determinazione delle basi imponibili.

 

 

L’usucapione di immobile «prima casa»

Secondo la Corte di Cassazione (espressasi in materia con la sentenza n. 581 del 15.1.2010 della sezione tributaria), sulla sentenza dichiarativa dell’acquisto della proprietà per usucapione spettano i benefici «prima casa» solo in relazione all’imposta di registro (in forza della nota II-bis all’art. 8 della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986), a e non anche relativamente alle imposte ipotecaria e catastale, che rimangono dovute nella misura ordinaria.

La prassi interpretativa ufficiale ha accolto le indicazioni emerse in sede giurisprudenziale, precisando – con la risoluzione n. 25/E del 20.3.2012 – che i benefici fiscali previsti per l’acquisto a titolo oneroso dell’immobile «prima casa» si applicano anche alle sentenze dichiarative dell’acquisto per usucapione.

Questo orientamento è tuttavia circoscritto alla sola imposta di registro, e non anche alle imposte ipotecaria e catastale.

L’immobile acquisito per usucapione deve essere effettivamente destinato a prima casa di abitazione, e per l’applicabilità dell’agevolazione occorre comunque valutare la sussistenza delle condizioni stabilite per godere dell’agevolazione stessa, fra cui le dichiarazioni contenute nelle lettere a), b) e c) della nota II-bis), che dovranno essere dedotte dagli interessati nell’atto introduttivo o nel corso del giudizio per la dichiarazione di intervenuta usucapione.

Dette dichiarazioni riguardano le seguenti circostanze:

  1. ubicazione dell’immobile nel territorio del comune di residenza, ovvero le ulteriori condizioni indicate dalla norma;

  2. non titolarità di diritti su altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile;

  3. non titolarità di diritti su altri immobili agevolati su tutto il territorio nazionale.

Nonostante si tratti di un acquisto a titolo originario, con effetto ab origine, cioè sin dall’inizio del possesso ventennale, la verifica della sussistenza dei requisiti per l’accesso all’agevolazione «prima casa» deve essere effettuata, da parte dell’amministrazione finanziaria, con riferimento alla data della sentenza con cui viene pronunciato l’acquisto per usucapione dell’immobile da adibire a prima casa. Non assume invece rilevanza la data di decorrenza degli effetti giuridici della sentenza.

 

 

Le innovazioni decorrenti dal 2014

Si osserva conclusivamente che la nuova formulazione dell’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al T.U. n. 131/1986 – frutto delle innovazioni apportate dalla legge di stabilità per l’anno 2014 (art. 1, comma 609, L. 27.12.2013, n. 147) -, ha lasciato indenne la nota II-bis al medesimo art. 1, che individua le condizioni per l’applicazione dell’agevolazione prima casa, ma ha modificato il campo di applicazione del beneficio, precedentemente limitato agli immobili di non lusso a norma del D.M. 2.8.1969, e ora esteso a tutte le case di abitazione, fatta eccezione per quelle di categoria catastale A1, A8 e A9.

Sono quindi esclusi dall’agevolazione consistente nell’applicazione dell’imposta di registro al 2% i trasferimenti di abitazioni di tipo signorile (categoria catastale A1), nonché di abitazioni in ville (categoria catastale A8) e in castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici (categoria catastale A9).

In sostanza, le numerose e analitiche previsioni che consentivano in precedenza di poter qualificare come «di lusso» un bene immobile, in gran parte non più corrispondenti alla concezione corrente del lusso, lasciano il posto alla semplice classificazione catastale.

Nulla è invece cambiato in relazione alle cessioni agevolate ai fini IVA (con l’aliquota agevolata del 4%), per le quali vale tuttora il criterio di esclusione per gli immobili «di lusso» fondato sui parametri del D.M. 2.8.1969.

Nel caso delle cessioni di beni immobili «prima casa» usucapiti, in base agli orientamenti sopra richiamati dell’Agenzia delle Entrate, la data cui far riferimento ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 2% anziché del 3% è quella della sentenza dichiarativa.

 

 

20 giugno 2014

Fabio Carrirolo

 

NOTE

1In particolare, l’art. 76, L. 89/1973 dispone che «quando l’atto sia nullo per causa imputabile al notaro, o la spedizione della copia dell’estratto o del certificato non faccia fede per essere irregolare, non sarà dovuto alcun onorario, diritto o rimborso di spese. Negli accennati casi, oltre il risarcimento dei danni a norma di legge, il notaro deve rimborsare le parti delle somme che gli fossero state pagate».

2Cass., 26.11.1999, n. 13184, e 7.8.2000, n. 10372.