Riserve di utili libere e vincolate: utilizzabilità e tassazione

L’utilizzo delle riserve di utili in fase di approvazione del bilancio propone sempre notevoli problemi di carattere contabile e fiscale: ecco una rassegna analitica dei principali tipi di riserve e della loro utilizzabilità.

La classificazione degli elementi del Patrimonio Netto

Secondo le definizioni contenute nel principio contabile OIC n. 281:

  • il patrimonio netto è la differenza tra le attività e le passività di bilancio, ed esprime la capacità della società di soddisfare i creditori e le obbligazioni in via residuale attraverso le attività (individuando il «capitale di pieno rischio», la cui remunerazione e il cui rimborso sono subordinati al prioritario soddisfacimento delle aspettative di remunerazione e rimborso del capitale di credito);
  • il capitale sociale rappresenta il valore nominale dei conferimenti in denaro e in natura che i soci hanno effettuato a tale titolo nonché quelli che si sono impegnati ad effettuare;
  • l’utile – o perdita – dell’esercizio è il risultato netto dell’esercizio che scaturisce dal conto economico e rappresenta la differenza tra i ricavi e i costi di competenza economica dell’esercizio questo risultato determina un incremento o un decremento del patrimonio netto della società;
  • le riserve di utili sono generalmente costituite in sede di riparto dell’utile netto risultante dal bilancio d’esercizio approvato, mediante esplicita destinazione a riserva, o mediante semplice delibera di non distribuzione («utili a nuovo»);
  • gli utili – o perdite – portati a nuovo sono una posta del patrimonio netto che accoglie: – i risultati netti di esercizi precedenti che non siano stati distribuiti ai soci o accantonati ad altre riserve, – le perdite non ripianate;
  • le riserve di capitale rappresentano le quote di patrimonio netto che derivano, per esempio, da ulteriori apporti dei soci, dalla conversione di obbligazioni in azioni, dalle rivalutazioni monetarie, da donazioni da parte dei soci o dalla rinuncia di crediti da parte dei soci, dalla rilevazione di differenze di fusione.

Nel presente contributo verrà compiuta una rassegna generale su caratteristiche e funzionamento delle riserve di utili (disponibili e non; distribuibili e non), indagandone quindi il trattamento sotto il profilo degli effetti tributari.

 

La destinazione dell’utile e le riserve

Sempre secondo il richiamato principio OIC n. 28, l’utile dell’esercizio può essere:

  1. accantonato in una o più delle riserve, di cui alle voci IV, V, VI e VII del patrimonio netto;
  2. attribuito ai soci fondatori, ai promotori, agli amministratori ed ai dipendenti e ai possessori (soci o terzi) degli strumenti finanziari emessi a seguito del loro apporto di opere o servizi;
  3. utilizzato a copertura di perdite pregresse;
  4. portato ad aumento del capitale sociale;
  5. rinviato ai futuri esercizi;
  6. distribuito ai soci.

 

Le riserve di utili previste dal codice civile

Come accennato sopra, l’art. 2424 del codice civile indica alcuni tipi di riserve che sono formate con utili: l’accantonamento dell’utile in queste riserve rappresenta una delle possibilità (ovvero, in taluni casi, degli obblighi) cui gli amministratori si trovano di fronte allorquando, appunto, l’esercizio si chiuda in utile.

Riserva legale [voce A.IV]

In questa voce viene iscritta la quota dell’utile dell’esercizio che l’assemblea ha destinato a tale riserva. L’art. 2430 c.c. obbliga ad accantonare in una apposita riserva almeno il 5% dell’utile dell’esercizio fino a quando l’importo della riserva non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale.

Se, per qualsiasi ragione, l’importo della riserva legale scende al di sotto del limite del quinto del capitale sociale, occorre provvedere al suo reintegro con il progressivo accantonamento di almeno 1/20 degli utili netti.

Se è stato emesso un prestito obbligazionario ed il capitale è stato ridotto in conseguenza di perdite, la riserva legale deve essere reintegrata finché l’ammontare del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili non sia pari alla metà dell’ammontare delle obbligazioni in circolazione (art. 2413 c.c.).

Riserve statutarie [voce A.V]

In questa voce vengono iscritte tutte le tipologie di riserve previste dallo statuto societario. Le condizioni, i vincoli e le modalità di formazione e movimentazione di queste riserve sono disciplinate dallo statuto.

Riserva per azioni proprie in portafoglio [voce A.VI]

riserve di utiliIn questa voce si iscrive il valore delle azioni proprie acquistate dalla società che sono classificate nell’attivo patrimoniale. Essa è iscritta al momento in cui le azioni sono entrate nel patrimonio della società ed è destinata ad accogliere il valore delle azioni proprie iscritte all’attivo dello stato patrimoniale.

Se l’importo delle azioni proprie in portafoglio si riduce per qualsiasi motivo, la corrispondente parte della suddetta riserva si rende libera e può, così, essere distribuita ai soci, oppure girata in aumento di una o più riserve disponibili2.

La Riserva per acquisto azioni proprie può essere costituita nei casi nei quali l’assemblea deliberi il futuro acquisto di azioni proprie in misura corrispondente al corrispettivo massimo autorizzato per l’acquisto, ai sensi dell’art. 2357, primo comma 1, del codice civile. Essa è classificata tra le «altre riserve».

Altre riserve [voce A.VII]

In questa voce si classificano tutte le altre riserve che non sono già state iscritte nelle precedenti voci del patrimonio netto.

Secondo l’elencazione esemplificativa contenuta nel principio contabile, rientrano in questa voce le seguenti riserve:

  1. riserva straordinaria o facoltativa, che è generalmente una riserva di tipo generico, salvo che l’assemblea ne disciplini una specifica destinazione. In questo caso, il suo utilizzo è sottoposto alle formalità richieste per il futuro atto di destinazione;
  2. riserva da riduzione capitale sociale, che accoglie la differenza tra l’ammontare della riduzione operata nel capitale sociale e la perdita coperta, o la parte della riduzione del capitale non restituita ai soci (art. 2445 c.c.);
  3. riserva da deroghe ex art. 2423 c.c., che viene costituita nei casi eccezionali in cui l’applicazione di una disposizione del codice civile, riguardante le regole di redazione del bilancio, sia incompatibile con il principio di rappresentazione veritiera e corretta. Gli eventuali utili derivanti dall’applicazione della deroga, ai sensi dell’art. 2423, quarto comma, c.c., devono essere iscritti in detta riserva, non distribuibile se non in misura pari agli importi recuperati tramite l’ammortamento o il realizzo;
  4. riserva da conguaglio utili in corso, che accoglie il rateo di dividendo pagato dal socio che ha sottoscritto un aumento di capitale sociale nel corso dell’anno.
  5. riserva azioni (quote) della società controllante, che accoglie l’importo delle azioni della società controllante possedute dalla controllata, ai sensi dell’art. 2359-bis c.c.;
  6. riserva da rivalutazione delle partecipazioni, che deriva dall’adozione del metodo del patrimonio netto nella valutazione delle partecipazioni3;
  7. riserva per versamenti effettuati dai soci: questa ipotesi si verifica in occasione di apporti dei soci effettuati con una destinazione specifica, quali:
    1. i versamenti in conto aumento di capitale, che rappresentano una riserva di capitale con un preciso vincolo di destinazione, la quale accoglie gli importi di capitale sottoscritti dai soci in ipotesi di aumento di capitale scindibile, quando la procedura di aumento del capitale è ancora in corso alla data di chiusura del bilancio;
    2. i versamenti in conto futuro aumento di capitale, che rappresentano una riserva di capitale con vincolo di destinazione nella quale sono iscritti i versamenti non restituibili effettuati dai soci in via anticipata, in vista di un futuro aumento di capitale;
    3. i versamenti in conto capitale, che rappresentano una riserva di capitale che accoglie il valore di nuovi apporti operati dai soci, anche se non vi è l’intenzione procedere a futuri aumenti di capitale;
    4. i versamenti a copertura perdite, effettuati dopo che si è manifestata una perdita; in tal caso, la riserva che viene a costituirsi presenta una specifica destinazione.

Ulteriori precisazioni sulle riserve

La destinazione a specifiche riserve dell’utile di esercizio è effettuata in coerenza con l’art. 2430 c.c. (riserva legale), nonché con le regole presenti nello statuto e con le delibere assembleari.

L’assemblea dei soci di una S.p.a. può deliberare la destinazione dell’utile di esercizio alla riserva per acquisto azioni proprie, di cui all’art. 2357-ter c.c.

L’atto costitutivo può inoltre prevedere la destinazione dell’utile ai promotori e ai soci fondatori (artt. 2340 e 2341 c.c.).

L’assemblea può anche stabilire che gli amministratori siano remunerati attraverso una partecipazione all’utile di esercizio (art. 2389 c.c.). Le quote a loro destinate si computano sull’utile netto di esercizio, previa deduzione della quota da accantonarsi alla riserva legale (art. 2432 c.c.).

Lo statuto può attribuire privilegi nella ripartizione degli utili a favore dei detentori di speciali categorie di azioni e di altri strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali (artt. 2346, 2348 e 2350 c.c.).

L’iscrizione in bilancio delle riserve può avvenire in momenti diversi e con diverse modalità, a secondo che si tratti di riserve di utili o di capitale.

Iscrizione in bilancio delle riserve di capitali

Di regola, le riserve di capitale si iscrivono al momento del verificarsi della sottostante operazione che ne richiede l’iscrizione o direttamente in sede di formazione del bilancio, senza che occorra alcuna deliberazione dell’assemblea.

A titolo esemplificativo, secondo quanto osserva il principio OIC in esame, l’iscrizione può avvenire nel momento in cui la società ha ricevuto il sovrapprezzo azioni o è avvenuta la conversione di obbligazioni, ovvero ha ottenuto il versamento in conto capitale o in conto copertura perdite, etc.

Altre riserve sono iscritte nel patrimonio netto quando è la stessa disciplina civilistica che ne è richiede l’iscrizione in bilancio. Nel caso della riserva per azioni proprie in portafoglio, ad esempio, l’iscrizione avviene nel momento in cui le azioni entrano a far parte del patrimonio della società.

Iscrizione in bilancio delle riserve di utili

Le riserve di utili si iscrivono nel bilancio dell’esercizio successivo a quello da cui quell’utile emerge giacché, salvo eventuali rilevazioni previste da specifiche disposizioni normative, è necessaria l’approvazione del bilancio stesso da parte della assemblea dei soci e la successiva delibera assembleare sulla destinazione dell’utile.

L’utilizzo delle riserve

Le riserve possono essere utilizzate in taluni casi per la distribuzione di utili, e in altri sono disponibili solamente per utilizzi diversi (ad esempio per l’imputazione al capitale sociale o alla copertura di perdite).

Nel caso di utilizzo a copertura di perdite dell’impresa societaria, l’assemblea deve stabilire quali riserve del patrimonio netto dovranno essere intaccate per prime per la copertura della perdita.

A questo riguardo, occorre tener conto che alcune riserve sono soggette a vincoli circa la loro disponibilità.

Per il principio della tutela dei creditori, si utilizzano per prime le riserve disponibili esistenti.

Nel caso in cui il loro ammontare complessivo non superi quello della perdita, la delibera assembleare deve stabilire quali altre riserve si devono utilizzare. Se si devono utilizzare anche le riserve vincolate si dovrà tenere conto del diverso grado di vincolo, cominciando da quelle per le quali esso è meno rigido.

Distribuibilità e disponibilità delle riserve

la presunzione di distribuzione delle riserve di utili della societàSecondo le informazioni contenute nell’allegato B del principio OIC in rassegna, la nozione di distribuibilità della riserva può non coincidere con quella di disponibilità.

La disponibilità riguarda infatti la possibilità di utilizzazione della riserva (ad esempio per aumenti gratuiti di capitale), mentre la distribuibilità riguarda la possibilità di erogazione ai soci (ad esempio sotto forma di dividendo) di somme prelevabili in tutto o in parte dalla relativa riserva.

Una riserva può essere quindi disponibile per l’aumento di capitale, ma non distribuibile (ad esempio la riserva da soprapprezzo azioni finché la riserva legale non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale).

Le seguenti riserve possono essere utilizzate per l’aumento nominale del capitale sociale:

  • riserva da sovrapprezzo azioni (a condizione che la riserva legale abbia raggiunto il limite di 1/5 del capitale sociale);
  • riserva da conversione obbligazioni (a condizione che la riserva legale abbia raggiunto il limite di 1/5 del capitale sociale);
  • riserva da utili netti su cambi;
  • riserva da deroghe ex. comma 4 art. 2423 c.c.;
  • utili portati a nuovo.

Le seguenti riserve possono essere utilizzate per la copertura di perdite di esercizio:

  • riserva da sovrapprezzo azioni (a condizione che la riserva legale abbia raggiunto il limite di 1/5 del capitale sociale);
  • riserva da conversione obbligazioni (a condizione che la riserva legale abbia raggiunto il limite di 1/5 del capitale sociale);
  • riserva legale;
  • riserva da utili netti su cambi;
  • riserva da deroghe ex art. 2423 quarto comma c.c.;
  • utili portati a nuovo.

Le seguenti riserve possono essere utilizzate per la distribuzione ai soci:

  • riserva da sovrapprezzo azioni (a condizione che la riserva legale abbia raggiunto il limite di 1/5 del capitale sociale);
  • riserva da conversione obbligazioni (a condizione che la riserva legale abbia raggiunto il limite di 1/5 del capitale sociale);
  • utili portati a nuovo.

Le seguenti riserve sono vincolate:

  • riserva per azioni proprie;
  • riserva per azioni o quote di società controllante;
  • riserva sovraprezzo azioni (può essere utilizzata per aumentare la riserva legale).

Non sono distribuibili la riserva legale e la parte della riserva da sovrapprezzo azioni corrispondente all’ammontare mancante alla riserva legale per raggiungere il quinto del capitale sociale (art. 2431 c.c.).

Non è distribuibile la riserva statutaria, salvo che lo statuto, nel sanzionarne la costituzione, le abbia assegnato una funzione di conguaglio dividendi, ovvero che abbia previsto che detta riserva, una volta raggiunto un dato livello, debba necessariamente restare a disposizione dell’assemblea. Al di fuori di queste ipotesi, la distribuzione della riserva statutaria richiede una specifica delibera da parte dell’assemblea straordinaria.

Le riserve di rivalutazione previste da leggi speciali si possono distribuire osservando la procedura imposta dai commi secondo e terzo dell’art. 2445 c.c., nonché, sotto il profilo tributario, le disposizioni previste dalle leggi di rivalutazione.

Le riserve assimilabili a quella da sovrapprezzo azioni (come, ad esempio, la riserva da conversione obbligazioni) sono distribuibili in conformità a quanto stabilito dall’art. 2431 c.c.

La riserva versamento soci in conto capitale è distribuibile in conformità alla disciplina di cui all’art. 2431 c.c.

La riserva da utili su cambi, ai sensi dell’art. 2426 c.c., n. 8 bis, può essere distribuita solamente dopo che l’utile netto su cambi è stato realizzato.

Sono distribuibili le riserve facoltative costituite con utili.

Nel caso di emissione di obbligazioni, alla distribuzione delle riserve disponibili si applicano i limiti indicati dall’art. 2413.

Gli aspetti fiscali in breve

Per le società di capitali – soggette all’IRES – la distribuzione di utili da parte di società dalle stesse partecipate assume rilevanza in quanto concorre al reddito di impresa limitatamente al 5% dell’ammontare, a fronte di un’aliquota dell’imposta sulle società fissata al 27,50%).

Il regime di tassazione degli utili (dividendi) per questi soggetti va idealmente allineato a quello delle plusvalenze determinate dal realizzo di partecipazioni dell’attivo immobilizzato (participation exemptionpex), anch’esse imponibili nei limiti del 5% dell’ammontare e ipoteticamente fungibili con la distribuzione appunto di dividendi.

Se una società soggetta all’IRES intende procedere alla distribuzione di riserve, in presenza dei necessari requisiti civilistici per procedervi, possono aver luogo i seguenti effetti tributari:

  • se avviene una distribuzione di riserve di utili, i relativi proventi concorrono al reddito imponibile dei soci secondo le regole degli artt. 89, 47 e 44 (relativamente ai soggetti IRES, per il 5% dell’ammontare; relativamente ai soggetti IRPEF esercenti attività di impresa, per il 49,72% dell’ammontare; relativamente ai soggetti IRPEF non esercenti attività d’impresa, alla stregua di redditi di capitale);
  • se si tratta di distribuzione di riserve di capitale, gli stessi proventi sono esclusi dal reddito ai sensi dell’art. 47, quinto comma, del TUIR, ma riducono il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione;
  • se disponibili, si considerano prioritariamente distribuiti – rispetto alle riserve di capitale – le riserve di utili e gli utili d’esercizio, per la parte di essi non accantonata in sospensione d’imposta (art. 47, primo comma, TUIR).

Nel caso della distribuzione di riserve di capitale, se le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci eccedono il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni, secondo quanto chiarito dalla circolare 4.8.2004, n. 36/E – par. 4 -, l’eccedenza concorre al reddito:

  • per i soggetti IRES e per quelli IRPEF esercenti attività d’impresa, come plusvalenza (eventualmente, se in possesso dei prescritti requisiti, totalmente o parzialmente esente da imposizione);
  • per i soggetti IRPEF non imprenditori, come utile di capitale [circolare n. 26/E/2004, par. 3.1; circolare n. 36/E/2004, par. 5 e relativi sottoparagrafi].

La presunzione di prioritaria distribuzione

Come è già stato posto in luce in precedenti interventi, l’art. 47 primo comma del TUIR prevede che, indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti:

  • l’utile dell’esercizio;
  • (e) le riserve di utili, per la quota di esse non accantonata in sospensione di imposta.

Quella compiuta dal legislatore è una presunzione assoluta, intesa a evitare che le distribuzioni formalmente qualificate nelle tipologie di cui all’art. 47, quinto comma (riserve «di capitale», derivanti da riserve costituite con sopraprezzi di emissione delle azioni o quote, interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote, versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale e saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta) possano in realtà celare distribuzioni di utili, che in tal modo otterrebbero l’esclusione dal reddito imponibile dei percipienti.

Se nel bilancio della società sono contemporaneamente presenti riserve di utili e riserve di capitali, potrebbero essere distribuite solamente le seconde; in base alla presunzione di prioritaria distribuzione, si renderebbero però tassabili le riserve distribuite, alla stregua di riserve di utili.

In tale situazione, l’Assonime – circolare 14.7.2004, n. 32 – ha ritenuto che le effettive riserve di utili rimanenti in bilancio debbano assumere a propria volta, ai fini fiscali, natura di riserve di capitali, altrimenti si determinerebbe, in sede di successiva distribuzione anche di queste riserve, una doppia imposizione non giustificata dall’ordinamento.

Insomma: se così non fosse, tutte le riserve verrebbero riprese a tassazione, purché distribuite, come riserve di utili.

La prioritaria imposizione su riserve che sono qualificate come imponibili solo in via presuntiva, determinerebbe quindi la «riqualificazione» come riserve di capitali delle reali riserve di utili non distribuite.

Una particolare «criticità» collegata alla presunzione di distribuzione prioritaria investe il problema dell’impiego delle riserve a copertura di perdite.

La circolare dell’Assonime si chiede, a tale proposito se la società sia libera, nei termini civilistici, di impiegare a copertura di perdite le riserve di utili con rilevanza anche fiscale, oppure se anche in tal caso debba ritenersi operante la presunzione (con l’effetto di provocare la «scomparsa» delle riserve utilizzate, con un ordine inverso rispetto alla distribuzione ai soci, cioè prima delle riserve di capitali e quindi di quelle di utili.

Se la ratio della normativa in esame è quella di evitare la distribuzione degli utili fino all’esaurimento delle riserve di capitale presenti in bilancio, l’utilizzo a copertura di perdite non dovrebbe assumere rilevanza, come è stato affermato nella norma di comportamento n. 162 dell’AIDC (Associazione Italiana Dottori Commercialisti).

 

5 maggio 2014

Fabio Carrirolo

 

NOTE

1 Si fa riferimento al testo recentemente sottoposto a revisione (cfr. bozza per la consultazione del 14.1.2014).

2 Quanto alla contabilizzazione delle azioni proprie, il documento fa rinvio rinvia all’OIC 21 – Partecipazioni.

3 Viene richiamato al riguardo il principio OIC 17 – Il bilancio consolidato e il metodo del patrimonio netto.