IRAP e professionisti, continuano i dubbi

la giurisprudenza su IRAP e professionisti è sempre in movimento: ecco un quadro delle ultime pronunce di Cassazione con le opportune valutazioni da fare in vista della dichiarazione dei redditi

Come è ben noto il presupposto d’imposta ai fini IRAP per gli esercenti arti o professioni è stato oggetto, nel corso del tempo, di numerose pronunce giurisprudenziali volte a chiarire la portata interpretativa del requisito dell’autonoma organizzazione, visto che – secondo il dettame di legge1 – l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce presupposto dell’imposta in argomento soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata.

Al riguardo, appare oramai consolidato il principio in ragione del quale – anche alla luce degli orientamenti evidenziati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001 – il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse ed impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’“id quod plerumque accidit”, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui2.

La Corte di Cassazione – ponendosi sulla medesima linea interpretativa già consolidatasi nel tempo – con la sentenza n. 7609 del 2 aprile 2014 si è pronunciata sul ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate e dei Monopoli avverso la decisione di una Commissione Tributaria Regionale, la quale aveva riconosciuto il diritto di un professionista ad ottenere il rimborso dell’IRAP versata nel periodo 1998-2004, non avendo ritenuto integrato il presupposto dell’autonoma organizzazione tenuto conto che il citato contribuente si era avvalso del solo lavoro di una segretaria part-time.

Secondo il giudice di merito, infatti, la condizione di fatto consistente nello svolgere – nel periodo in questione – l’attività professionale, utilizzando esclusivamente beni strumentali modesti ed avvalendosi di una segretaria part-time esclude la sussistenza di autonoma organizzazione, la quale richiede un quid pluris, ravvisabile laddove la particolare organizzazione del professionista determini un “valore aggiunto tassabile”: in altre parole, quando l’organizzazione sia tale da consentire lo svolgimento dell’attività anche in assenza del professionista ovvero quando non vi sia un intervento personale e diretto del medesimo e la sua attività sia limitata a mansioni di coordinamento e controllo. Pertanto, l’assoggettabilità all’Irap del lavoratore autonomo sussisterebbe solo se il medesimo si avvalesse di altri soggetti in grado di sostituirlo, esercenti la stessa attività.

La Corte di Cassazione, con la richiamata sentenza, ha censurato le dianzi delineate motivazioni del giudice di secondo grado, affermando che l’Irap è dovuta laddove il professionista “si avvalga di una significativa o non trascurabile organizzazione di mezzi e/o uomini in grado di ampliarne i risultati profittevoli”, con la conseguenza “che lo svolgimento di una libera professione come quella di medico, avvocato, commercialista, ragioniere, geometra, consulente, si colloca al di fuori dell’area di applicazione dell’IRAP solo a condizione (da provare da parte del contribuente e da accertare da parte del giudice di merito) che il professionista operi senza dipendenti (a prescindere dalla circostanza che essi siano o meno in grado di sostituire il professionista medesimo).

A detta della Corte, una diversa interpretazione“... porterebbe ad escludere i presupposti per la soggezione all’Irap in tutti i casi in cui l’attività del professionista si caratterizzi per il rapporto fiduciario (intuitus personae) che lega il prestatore al cliente, così impedendo che la predisposta struttura di risorse umane e materiali sia in grado di funzionare indipendentemente ed autonomamente dal suo intervento, nel senso che, per quanto valore e consistenza possa rivestire l’organizzazione dello studio nel potenziamento dell’attività professionale e dei profitti che ne conseguono, la prestazione d’opera intellettuale resterebbe personale, non potendo pertanto mai configurarsi un’autonomia organizzativa distinta dalla prestazione personale del professionista. costituisce il logico corollario dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di Irap”.

Proprio con riferimento alla circostanza dell’utilizzo – da parte del professionista – di prestazioni lavorative di terzi per verificare la sussistenza di una autonoma organizzazione ai fini Irap, si è registrata una ulteriore pronuncia della medesima Corte di Cassazione. Il suddetto organo, infatti, con la recente sentenza n. 8914 del 16 aprile 2014 ha affermato la non assoggettabilità ad Irap del medico veterinario che si avvale di una consulenza esterna, proprio perché – in tal caso – la necessità di avvalersi di un consulente dimostra la mancanza dell’autonoma organizzazione.

In particolare, mentre l’Amministrazione Finanziaria, resistente avverso una pronuncia sfavorevole di secondo grado, sosteneva che le spese del contribuente per “compensi a terzi” determinerebbero la sussistenza della “stabile organizzazione”, che è presupposto dell’IRAP, la Corte di Cassazione – poiché i compensi erano stati “erogati a consulenti esterni per materie che esorbitavano dal campo propriamente veterinario” – ha ritenuto che il ricorso a consulenti esterni non è affatto sintomo di “stabile organizzazione”, ma se mai il contrario, perché proprio chi non dispone di una organizzazione articolata è costretto a ricorrere a consulenze esterne.

Le dianzi delineate posizioni giurisprudenziali nonché gli indirizzi operativi diramati nel tempo dall’Amministrazione Finanziaria3 dimostrano che il presupposto dell’autonoma organizzazione ai fini Irap necessita di un intervento normativo volto a definire, secondo criteri oggettivi, la latitudine applicativa delle disposizioni impositive in argomento, chiarendo – altresì – l’incidenza del lavoro altrui con riferimento alla sussistenza della più volte richiamata autonoma organizzazione.

In tal senso – pertanto – appare auspicabile una celere attuazione di quanto presente nella L. 11-3-2014 n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita), la quale, all’art. 11, comma 2, dispone che, nell’ambito dell’esercizio della delega4, “il Governo chiarisce la definizione di autonoma organizzazione, anche mediante la definizione di criteri oggettivi, adeguandola ai più consolidati princìpi desumibili dalla fonte giurisprudenziale, ai fini della non assoggettabilità dei professionisti, degli artisti e dei piccoli imprenditori all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).”

5 maggio 2014

Nicola Monfreda

 

1 L’art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997, con riferimento al presupposto d’imposta ai fini Irap, dispone testualmente che “presupposto dell’imposta è l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”.

2 Cfr tra le altre, ordinanza nr. 15803 del 19 luglio 2011 e ordinanza nr.2702 del 10 gennaio 2008 della Corte di Cassazione.

3 Cfr tra le altre, circolare n. 45/E del 13 giugno 2008, circolare nr.141/E del 04.06.1998 e circolare n. 28 maggio 2010 n. 28/E.

4Vgs al riguardo MONFREDA N. “Delega fiscale: novità in termini di abuso del diritto e sistema punitivo tributario”, in Il Commercialista Telematico, edizione 13 febbraio 2014.